All'alba

Respiro profondi stralci di vento,
macerie nei miei polmoni,
in silenzio, a starci divento
di gesso, di vetro, di ferro,
fino a tacere nei mille suoni
che tengo stretti nel petto,
quasi che stagnano dentro,
quasi non escono fuori.

Strapperò fiori dai campi,
per ogni sorriso rubato.
Senza più i fori nel capo,
ricordi esplodono in lampi.
Una guerra perenne col fato,
quasi che persa partenza,
non fosse che lotti ché campi,
fino a quell'ardua sentenza.

Un filo ci tiene legati,
uniti tra mille disagi,
separati da oscuri presagi,
alla fine ci vede fregati.

Non conto i minuti che vivo,
se lo facessi rimarresti delusa,
sono troppi da essere pochi,
pochi per trovare una scusa
plausibile per quello che scrivo.

Non conto le gocce di pioggia,
allagherebbero un mare,
un mare che stagna negli occhi,
di chi nel male si poggia.

Non conto nemmeno le volte,
che vieni mentre scopiamo,
che sarebbero troppe ogni volta,
ma ogni volta ce le scordiamo.

Non conto nemmeno le stelle,
che ogni notte ho visto cadere,
di muso su quell'asfalto,
alto, da sprofondare un cratere.
Quasi che credo a favelle,
belle solo all'impatto.
Belle perché all'infarto,
quasi non le voglio sapere.

Non conto più le ore di sonno,
sembrano troppe ogni volta,
poche per ogni mio sogno
interrotto sull'ultima nota.

Adesso che mi scordo di tutto
quasi non avessi vissuto,
quasi non fossi me stesso,
quasi non fossi complesso
che spesso non chiedo aiuto.

Respiro aria leggera,
quasi che vola il mio corpo,
ricolmo di ogni preghiera
pianta ad ogni Dio morto.

Sembra lasciarsi alle spalle
imponenti e pesanti macigni,
si nasce grigi, si muore cigni,
si mira alle stelle, lasciando le stalle,
togliendo il cuore da dentro gli scrigni.

Fino a che l'alba non è tramonto,
fino a che il tramonto non è notte.
Fino a che tu non ti giri di lato,
in un letto ormai colmo di orme
di sogni che non viviamo
e di vite che non sogniamo.

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