Ade
Aperte le porte dell'Ade
ch'io vedo ridente lo Dimonio.
Oh anime cupe v'entrate,
immense colonnate d'avorio
fatte d'ossa, un mortorio.
La terra v'è calda,
esplode di magma,
piange 'l soffitto
del sangue che resta
dopo aver trafitto
ogne vacua carcassa.
Aperte le porte dell'Ade
vi entro, ora e per sempre.
S'erge immensa la serpe
Con le sue spade sguainate.
S'agita l'aria, vapore porpora
logora e riscalda,
ogne ferita che sanguina,
anche la terra mormora
una storia assai languida.
Schivo fendenti,
cadono teste,
riempiono ceste
quelle dei perdenti.
Prima la pelle si squarcia,
poi sputo sangue,
ma il Dio dell'infero
non ancora mi schiaccia.
Canta, una pallida melodia.
Oh su me lo dia!
L'ultimo fendente di gelosia.
Un mortale che lo sia,
d'un Dio disprezzato
dal creatore degli Dei stessi.
Che di riflessi l'odio se lo sia
messo nel core, d'oscure sembianze
di pallide ombre vissuto dinnanzi,
temuto e poi fattoci danze,
imparando a pagare quei dazi
d'anime tutt'altro che salve.
Arriva la lama
sul morbido collo mortale.
Quasi la ama,
gode vederla arrivare.
Blocca la lama
con le sue mani sporcate
dal sangue dei morti rivali.
Poi prende la spada,
strappa la scure al Dio serpente.
Lo guarda nell'occhi di rettile
dice:
"Tu perire non puoi,
nemmeno sparire.
Nemmeno bruciare,
nemmeno soffrire.
Ma s'io uccido lo mio
di Dimonio,
quest'Ade crollerà."
Capito il binomio
tra core infetto e Demonio
l'homo s'infila la lama nel petto
strappa il suo core di netto.
Lo lancia in fronte al suo Dio,
che tutt'altro che l'ha benedetto
e infila la spada trapassando
sia il suo core che il divino cervello.
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