Capitolo 10
Destiny
<Non è colpa mia se si è addormentata qui. Ti ho detto che ha dormito sul divano. Anzi, sta ancora dormendo> dei mormorii fastidiosi arrivano alle mie orecchie, interrompendo il mio sonno.
<Sta zitto> mormoro infastidita mentre mi giro, cercando di coprire le mie orecchie. Odio essere svegliata in questo modo. Era una cosa che Roxane faceva praticamente tutti i giorni mentre parlava al telefono ed era alquanto fastidiosa come cosa e se pensavo che con la sua morte questo sarebbe cambiato mi sono sbagliata di grosso dato anche Clarita mi sveglia ogni mattina con la sua voce stridula.
<Zitto Steph> mormoro piano mentre ormai incapace di riprendere sonno apro lentamente gli occhi, vedendo a pochi passi da me questo splendido ragazzo a torso nudo mentre allontana il telefono dall'orecchio.
<Ma che problemi ho?> mi pongo da sola questa domanda appena mi rendo conto di aver fatto uno stupido pensiero.
<Sicuramente uno abbastanza serio dato che mi guardi in modo insistente. Hai visto qualcosa di interessante?> domanda mentre sul suo viso si forma un sorriso beffardo.
<Ti guardo solo perché vorrei fulminarti con lo sguardo per avermi svegliata> rispondo in modo serio cercando di sembrare davvero credibile nonostante la verità fosse ben diversa. Questa forse è la seconda volta in cui lo vedo senza maglietta addosso e devo ammettere che la visuale non è male, lui non è male.
<Mi scusi sua maestà ma è quasi l'ora di pranzo e io devo andare>
<Praticamente mi stai invitando di andarmene?> domando mentre mi alzo dal divano praticamente contro voglia. Non ricordo l'ultima volta in cui ho dormito su un divano ma questo è decisamente comodo, o semplicemente ho solo dormito bene dopo tanto tempo.
<In poche parole si> risponde serio e non so per quale motivo questa sua risposta mi mette di cattivo umore, tant'è che istintivamente abbasso lo sguardo.
<Scusa per il disturbo> mormoro piano mentre mi abbasso a recuperare le mie scarpe e senza guardarlo minimamente mi dirigo verso la porta.
<Devo, ho delle cose da sbrigare> sento la sua voce mormorare nello stesso momento in cui appoggio la mano sulla maniglia della porta.
<Non devi giustificarti con me. Scusa ancora per il disturbo> ripeto nuovamente mentre apro la porta di casa sua ma l'attimo dopo sussulto leggermente quando lui appoggia la mano su di essa, chiudendola all'istante.
<La tua presenza non mi ha disturbato> mormora a bassa voce.
<Va bene> dico solamente senza neanche girarmi per poi aprire nuovamente la porta ma anche questa volta lui la chiude, facendomi innervosire.
<Posso andarmene adesso oppure hai intenzione di tenermi qui all'infinito?> sbotto in modo duro mentre mi giro verso di lui. Questo ragazzo ha il potere di farmi cambiare umore all'istante, proprio come succede a lui ogni volta che mi ha davanti e questa cosa, questo modo di infastidirci così mi irrita.
<Magari>
<Come scusa?> domando incredula dopo aver sentito un sussurrio uscire dalla sua bocca.
<Puoi andare ho detto> dice in modo veloce mentre fa un passo all'indietro e come sempre ormai la sua espressione cambia nuovamente, diventando serio davanti a me ed è allora che esco da casa sua senza neanche guardarmi indietro.
<È bipolare> mormoro a bassa voce mentre a piedi mi dirigo verso la stazione per prendere la metropolitana per tornare a casa visto che ieri sono uscita praticamente a piedi e dato che Stephen abita dall'altra parte della città sono decisamente lontana da casa.
<Ma perché abbiamo dovuto cambiare casa?> mormoro tra me e me a bassa voce mentre prendo posto. Non sempre abitavo dove vivo adesso. Anni fa, prima di quel incidente io, mia sorella e i nostri genitori vivevamo praticamente a due passi da Brooklyn e nonostante non fosse grande e lussuosa come casa io la adoravo tanto, prima di tutto proprio perché dal mio balcone di vedeva quel immenso ponte che era una meraviglia ma la cosa che più amavo di quella casa era il fatto che in quel posto eravamo tutti felice ma soprattutto insieme e uniti.
<Trixy> mi affretto a rispondere al telefono quando mi rendo conto che stava squillando già da un po'.
<Ora mi racconti perché sei andata a casa di quello?> domanda, arrivando dritto al punto senza neanche salutarmi.
<È stato lui a portarmi ieri sera> rispondo mormorando.
<Perché? Cosa ci facevi con lui?> domanda curiosa.
<Ieri sera sono andata al casinò e...>
<Perché non mi hai chiamato?> domanda in modo veloce senza neanche darmi il tempo di finire la frase. Tanto lei lo sa.
<Perché in seguito sono andata al pontile e ho cercato di raggiungere la boa>
<Destiny>
<Sto bene Trixy. Adesso sto bene> rispondo a bassa voce. Ieri sera Stephen stranamente mi ha raggiunto in acqua per poi farmi uscire senza chiedermi niente e con mia grande sorpresa mi ha portato a casa sua dove mi ha permesso di farmi un lungo bagno caldo.
<Allora perché a me sembra che non stai tanto bene?>
<Sto così per colpa di Stephen> rispondo sbuffando. Io non riesco a inquadrare quel uomo è questa cosa mi crea alcuni problemi. Il suo modo di cambiare umore riesce a destabilizzarmi.
<Cosa ti ha fatto?> domanda in modo aspro.
<Ieri sera sembrava come se stessi cercando di mettermi a mio agio a casa sua e giuro che io in quel momento mentre mi ha preparato un tè caldo oppure quando mi ha appoggiato sopra le spalle una morbida coperta mi sono sentita realmente bene Trixy. Era come se fossi in un posto sicuro> sussurro tristemente l'ultima frase quando penso che l'ultima volta quando mi sono sentita in quel modo è stato una settimana prima dell'incidente. Ricordo che quel giorno papà mi rimproverò per essermi intrufolata nel suo studio mentre era in riunione e dato che era una cosa che a lui non piaceva affatto quel giorno mi mise in punizione senza neanche farmi uscire dalla stanza quando sapeva benissimo che sarei dovuta andare a mare con Roxane. Inutile furono le mie preghiere, lui non cambiò affatto idea ma alla fine quel giorno quando il sole calò e il buio copri il cielo dal mio balcone salì quello che all'epoca era il ragazzo di Roxane e passò la serata a raccontarmi storie e a mangiare insieme a me la pizza che lui stesso comprò. Era una cosa che faceva sempre. Lui cercava sempre di rallegrare le mi giornate quando papà si arrabbiava con me.
<E cosa ha rovinato il tuo buon umore?>
<Appena ho aperto gli occhi lui praticamente mi ha invitato di andarmene anche se in un secondo momento ha cercato di giustificarsi con me> rispondo mormorando mentre scendo alla mia fermata per poi dirigermi verso il nulla dove si trova la mia casa.
<E adesso dove sei?> domanda preoccupata.
<Praticamente ho fatto il giro della città per arrivare a casa>
<In che senso?>
<Ho preso la metro>
<Potevi dirmelo che eri a piedi, sarei venuta a prenderti> dice con fare di rimprovero.
<Volevo solo stare un po' da sola> rispondo mormorando mentre apro la porta di casa ma
sussulto quando davanti a me trovo Stephen.
<Cos, cosa...>
<Dio mio, stai bene> sussurra sollevato mentre a passi felpati si avvicina a me per poi sorprendermi quando mi circonda con le sue braccia, stringendomi in un forte abbraccio.
<Trixy ti chiamo dopo> mormoro piano per poi staccare la chiamata e senza volerlo appoggio la testa sul suo petto, lasciandomi cullare dalla strana sensazione che questa avvicinanza mi trasmette.
<Te l'ho detto che stava bene> la voce di Owen arriva alle mie orecchie, interrompendo questo strano momento quando io l'attimo dopo mi allontano da Stephen.
<Cosa ci fai qui?> domando curiosa mentre punto lo sguardo sul mio amico.
<Questo qui mi ha fatto preoccupare inutilmente> risponde sbuffando per poi continuare a mangiare il gelato che decisamente ha preso nel mio freezer.
<Preoccupato? E per cosa?> chiedo confusa mentre punto lo sguardo su Steph.
<Sei sparita per troppo tempo. Dove sei stata?> chiede il mio amico.
<Ho fatto il giro con la metro, perché?> domando curiosa mentre mi dirigo verso le scale.
<Margot!> chiamo la mia cagnolina preoccupata.
<Hai visto Margot?> chiedo in modo veloce mentre salgo gli scalini altrettanto in modo veloce, dirigendomi il prima possibile nella mia stanza.
<No, perché? Margot!> la chiama l'attimo dopo preoccupato quando capisce che lei non si è fatta vedere da quando sono entrata da quella porta. Se c'è una cosa che la mia cagnolina non sa fare quella è di starmi lontana, per questo appena torno a casa lei si fa trovare praticamente davanti la porta di casa, come se lei sentissi già da lontano la mia presenza.
<Gota> sussurro piano quel nomignolo che le diedi da piccola quando arrivando dentro la mia stanza la vedo distesa sul pavimento.
<No, no, no. Margot!> urlo il suo nome mentre corro da lei e buttarmi praticamente sul pavimento accanto a lei.
<Apri gli occhi piccolina> dico con la voce spezzata quando capisco che lei purtroppo non respira più.
<Ti prego Margot, non lasciarmi. Non anche tu> dico con la voce spezzata mentre le lacrime iniziano a bagnare il mio viso.
<Apri gli occhi> la supplico ancora e ancora mentre cerco di farle il massaggio cardiaco.
<Des> sento Owen chiamarmi a bassa voce mentre la sua mano si appoggia sulla mia spalla.
<Lei deve vivere> dico con la voce fioca mentre continuo a massaggiarla ma se la mia mente sa che tutto questo ormai è invano il cuore non lo vuole accettare.
<Devi lasciarla andare>
<No! Non anche lei!> dico fra le lacrime mentre la prendo fra le mie braccia e stringerla al mio petto.
<Perché tutti mi abbandonano?> chiedo a bassa voce mentre punto lo sguardo su Stephen senza neanche comprendere il motivo.
<A volte non dipende da noi> sussurra piano mentre si abbassa e lasciare un tenero bacio sulla testa di Margot e questa sua risposta mi fa tornare indietro con il tempo quando Stephen mi diede la stessa risposta.
<Perché non puoi restare qui con me per sempre?> domando tristemente a colui che considero come un fratello maggiore.
<Vorrei tanto piccolina ma a volte non dipende da noi> risponde a bassa voce per poi abbracciarmi fortemente e uscire di casa dopo aver di rivolto un'occhiataccia a mio padre.
<Destiny mi senti?> domanda Owen preoccupato mentre mi scuote leggermente.
<Ti sento> mormoro piano mentre punto nuovamente lo sguardo su Stephen, rendendomi conto solo adesso del fatto che lui ha lo stesso nome del mio Stephen. Di quel ragazzo che da piccola consideravo mio fratello è che anche lui mi abbandonò con la morte di Roxane.
<Come ti chiami?> domando di punto in bianco mentre guardo attentamente questo ragazzo.
<Hai la memoria corta per caso?>
<Sicuramente sarà solo scossa> mormora Owen a bassa voce dopo aver sentito la domanda di Stephen.
<So il tuo nome idiota ma non lo conosco per intero> rispondo irritata. Questo ragazzo è in grado di tirare fuori il peggio di me anche in momenti come questo.
<Ma cosa c'entra adesso?> domanda Owen decisamente confuso.
<Voglio solo sapere come ti chiami> rispondo a bassa voce mentre mi alzo da terra, tenendo ancora Margot fra le mie braccia.
<Stephen Scott> risponde mentre mi rivolge uno strano sguardo.
<Non sei lui> sussurro a bassa voce mentre tristemente abbasso lo sguardo. Per un secondo ho pensato, forse ho sperato che lui fosse il mio Stephen, quello che mi ha abbandonato senza neanche venire a trovarmi in ospedale dopo quel incidente o presentarsi al funerale di Roxane.
<Des, tutto bene?> domanda Owen preoccupato mentre si avvicina a me ma io l'unica cosa che faccio è mettere fra le sue braccia il mio cagnolino per poi chiudermi nel bagno e piangere in silenzio. Con la morte di mia sorella ho pensato che almeno lui mi sarebbe stato vicino ma la verità è che lui ha rinunciato a me ancora prima di quel incidente. Per l'esattezza una settimana prima di quel giorno, quando la mattina dopo il nostro pigiama party improvvisato papà lò trovo dentro la mia stanza, ed è stato in quel momento che lui mi lasciò da sola con le lacrime agli occhi.
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