Capitolo 1
Destiny
Ogni bambina sin da quando è piccola sogna di vivere in un grande castello, di essere una principessa e di trovare il suo principe azzurro ma questo può essere l'inizio di una fiaba, di una illusione, ma non il mio. Il castello in cui vivo sembra una fortezza, un po' come la torre in cui era rinchiusa Fiona. Un posto un po' sperduto, in mezzo al nulla perché a papà non piace avere dei vicini rumorosi. Almeno questo è quello che lui dice però la verità è che a lui non piacciono le persone in generale eppure detiene un casinò che praticamente è pieno di gente ogni sera e qui mi viene da pensare che il signore Hunter Turner sia un po' incoerente.
<È ancora sporco?> la voce di Owen arriva alle mie orecchie, spaventandomi leggermente dato che ero assorta nei miei pensieri.
<Eppure a me sembra pulito> continua a parlare mentre mi indica con lo sguardo il bicchiere che ancora tengo fra le mani.
<Forse perché lo è> rispondo borbottando mentre sciacquo finalmente quel povero bicchiere che ho insaponato per minuti interi.
<A cosa pensi?> domanda curioso mentre prende due bicchierini e preparare due shot come ormai fa ogni sera dopo la chiusura del locale, come se fosse una specie di tradizione, nata per caso una sera come tante altre ma quella sera, la prima in assoluto avevamo brindato a un qualcosa che lo resi felice e nonostante non mi confessò il motivo io accettai di fargli compagnia ugualmente e da quella sera ogni volta che siamo felici o semplicemente tristi, o pensierosi come nel mio caso questa sera, lui prepara puntualmente qualcosa da bere.
<A niente di importante> rispondo mentre afferro il bicchiere da sopra il bancone e finirlo in un colpo solo.
<Destiny> mi chiama con fare di rimprovero al che io sbuffo. Ho conosciuto Owen un anno fa quando avevo deciso di festeggiare il mio compleanno qui al suo locale e penso che è nata sin da subito una simpatia tra di noi dato che da quel giorno siamo diventati amici e adesso lavoro con lui. Due o forse tre mese dopo il mio diciottesimo compleanno seppi che Owen ebbe dei problemi con il locale e ricordo ancora la sua disperazione nel trovare una soluzione per non chiudere questo posto che lui tanto adora così senza pensarci due volte mi proposi come sua socia, mettendo a disposizione una grande quota di denaro, la stessa di cui aveva bisogno per pagare i fornitori e se inizialmente rifiutò in un secondo momento accettò la mia proposta, salvando così il Chandelier, mentre io ho solo salvato me stessa.
<Hunter> mormoro infastidita il nome del mio problema principale. Mio padre Hunter certe volte mi porta alla disperazione, ecco perché avevo deciso di diventare socia di Owen. Avevo solo visto una grande opportunità che mi permettesse di uscire da quella fortezza e devo ammettere che inizialmente il signor Hunter non era così felice di questa mia iniziativa ma ha dovuto cambiare idea quando mi è venuta la brillante idea di ricattarlo. La cosa era molto semplice, o mi dava il permesso di lavorare con Owen oppure mi faceva lavorare al casinò e dato che lui non vuole neanche che io mi avvicini solo all'entrata di quel posto ha dovuto sostenere controvoglia questa mia iniziativa.
<Avete litigato di nuovo?> domanda curioso. Owen ormai mi conosce così bene che sa praticamente tutto di me, anche delle mie discussioni con mio padre.
<Noi litighiamo sempre> rispondo facendo spallucce. Mio padre è il tipo di persona a cui piace dare ordini mentre a me non piace essere comandata e spesso, anzi, quasi tutti i giorni ci scontriamo e non sempre per un motivo valido. La maggior parte delle volte succede perché lui ha la luna storta e non sa con chi prendersela e dato che in casa i componenti sono diminuiti lui vede solo me nel suo radar visivo.
<Cosa ti ha fatto?> domanda preoccupato mentre fa un passo in avanti, avvicinandosi ancora di più a me.
<Niente, solo, ultimamente è più irascibile del solito ed è diventato molto assillante. Praticamente mi controlla in continuazione> rispondo disperata. Hunter ha sempre avuto la mania di controllarmi ma da un periodo a questa parte mi stressa più del dovuto, impedendomi di fare tante cose, come frequentare l'università e nonostante le mie innumerevoli domande non ha mai voluto darmi una risposta e se cercavo di insistere usciva fuori di senno, tant'è che una volta, per la prima volta quel giorno mi diede uno schiaffo.
<Ti ha infastidito?>
<Se vuoi sapere se mi ha alzato mani la risposta è no Owen. Quella è stata la prima e l'ultima volta che lo ha fatto> confesso sincera. Per quanto mio padre possa essere stronzo per via del suo comportamento lui non mi ha mai fatto del male e dopo quel giorno si è sentito in colpa per una settimana di seguito, scusandosi praticamente ogni giorno.
<Ho sentito dire che qui c'è una festa> la voce acuta della mia migliore amica Trixy arriva alle mie orecchie, ricordandomi del fatto che è sparita dalla mia visuale un po' di tempo fa.
<Ma dove sei stata?> domando curiosa mentre punto lo sguardo verso la sala dove al centro si trova la mia amica che barcollando si avvicina al bancone del bar.
<In bagno> risponde facendo spallucce.
<Tutto questo tempo?> domando davvero curiosa mentre faccio il giro del bancone per avvicinarmi a lei e aiutarla a sedersi sullo sgabello. È così ubriaca che riesce a malapena a reggersi su quei affari che si ostina a chiamare tacchi. Per me invece quelle scarpe sono il demonio in grado di torturare i miei poveri piedi ogni qualvolta mio padre si ostina a farmeli indossare con la forza a quelle stupide cene che di tanto in tanto organizza a casa nostra con i suoi soci.
<Ho fatto amicizia> risponde la ragazza dai capelli biondi.
<E con chi mai avresti potuto fare amicizia in bagno Trixy?> domanda Owen, togliendomi praticamente le parole di bocca.
<Con quella cosa bianca che si usa per fare i bisogni> risponde mentre scoppia a ridere, nonostante la squallida battuta che ha fatto non è affatto divertente.
<Con il gabinetto?> chiede Owen sconvolto.
<Si, è stato davvero carino sai? Mi ha permesso di rovesciare> continua a farfugliare mentre ridacchia.
<Forza, è ora di andare a casa> dico seria quando capisco che l'alcol che circola nel suo corpo la fa parlare a vanvera.
<È la festa?> domanda seria.
<La festa è finita Trixy. Come vedi non c'è più nessuno e per tua informazione è tardissimo> la informo mentre la tiro su ma lei essendo imbranata perde l'equilibrio e casca per terra.
<Oh, guarda, il pavimento visto da questa prospettiva è più bello> mormora piano al che io alzo gli occhi al cielo per la frustrazione. Odio quando esagera con l'alcol.
<Owen, tirala su e mettila in macchina>
<Ti ricordo che sei venuta in moto>
<Vero. Allora la accompagni tu> propongo seria, anche se il mio commento più che altro è un ordine.
<Non ci penso neanche. Se si sente male dentro la macchina come minimo mi verrà un blocco al cuore. Ti ricordo che l'altra volta ha vomitato in macchina> dice in modo melodrammatico facendomi sbuffare.
<Ed io sarò pronta a farti riprendere, non ti preoccupare>
<Destiny!>
<Avanti Owen, io non posso accompagnarla e sicuramente non possiamo mandarla da sola con il taxi o peggio ancora a piedi. È notte fonda e per strada gira brutta gente. E se magari qualcuno la rapisse?>
<Te la riporterebbero indietro. È davvero fastidiosa> risponde in modo sincero mentre sposta lo sguardo e puntarlo su Trixy che si trova ancora con la faccia sul pavimento mentre con la mano lo accarezza lentamente.
<Che persona orribile che puoi essere. Vuoi lasciare una povera anima indifesa...>
<Beatrix è tutt'altro che indifesa> risponde a bassa voce, interrompendo il mio momento melodrammatico, facendo riferimento a quella volta quando la mia migliore amica si è trovata in una situazione orribile qualche sera fa quando due ragazzi ubriachi l'avevano accerchiata qui fuori dal locale ma lei ha saputo tirare fuori gli artigli e ha preso a colpo di tacchi quei poveri ragazzi che sotto le sue mani sono scappati a gambe levate. Forse infondo quei affari non sono così inutili, sussurra la mia vocina interiore ed io per una volta sono costretta a darle ragione.
<E va bene, tranquillo. La porterò io a casa. Non so come farò ma sappi che se finirò dentro un burrone la colpa...>
<La accompagno io basta che non ti lamenti più> dice infine in modo disperato per poi tirare su la mia amica e caricarsela in spalla come se fosse un sacco di patate.
<Oh, che gentiluomo> rispondo con il sorriso sulle labbra mentre mi affretto a prendere la mia borsa e anche quella della mia migliore amica.
<Tu sei più fastidiosa di lei quando fai così> Owen borbotta a bassa voce mentre si incammina verso l'uscita.
<Anche io ti voglio bene> rispondo ridacchiando mentre imposto l'allarme del locale per poi uscire fuori e chiudere tutto a chiave.
<Mi raccomando, parcheggia la macchina sul retro e la chiave la trovi dentro il vaso che c'è accanto>
<Vuoi per caso che le imbocco pure le coperte?>
<Mi faresti un grande favore. Trixy è così sbadata che dormirebbe sopra le lenzuola e congelerebbe dal freddo>
<Ero ironico Des> dice in modo disperato mentre appoggia Trixy sul sedile posteriore.
<Tu fallo ugualmente> dico l'attimo dopo per poi salutarlo e dirigermi verso la mia moto che si trova dall'altra parte della strada ma mi fermo di colpo quando vengo schizzata da una macchina che ha preso in pieno una grande pozzanghera.
<Idiota!> sbotto in modo forte, sperando che chiunque fosse al voltante mi abbia sentito.
<Solo io posso incontrare stronzi del genere> borbotto arrabbiata mentre mi affretto a tirare fuori dalla borsa le chiavi ma sobbalzo quando vengo bagnata nuovamente.
<Coglione!> urlo incazzata mentre mi giro, trovando a pochissima distanza da me la stessa macchina di prima ossia un pick-up nero.
<Chiedo perdono signorina> dice la persona che si trova al volante, dopo aver abbassato il finestrino. Uno stronzo, altro che persona, sussurro la mia vocina interiore mentre guardo il ragazzo in questione.
<Oh, non si preoccupi> rispondo, usando un tono di voce così dolce che sorprendo persino me stessa dato che è la prima volta che questo tipo di timbro viene fuori. Sicuramente l'acqua era contaminata, borbotta la mia coscienza.
<No, davvero, insisto a scusarmi...> inizia a borbottare e per quanto vorrei ascoltarlo non posso dato che mi concentro su quello che sto per fare. Lentamente prendo dalla borsa la bottiglia di acqua che mi porto sempre appresso per poi aprirla in modo veloce e bagnare lo sconosciuto che perplesso strabuzza gli occhi all'istante.
<Chiedo perdo signore, mi è scivolata la mano> dico in modo aspro per poi salire in sella al motore e svignarmela il prima possibile.
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