9. L'alto privilegio di aver sofferto
(TW: Tematiche delicate associate a malattia, lutto, morte di una persona cara.)
IX
L'alto privilegio di aver sofferto
A un cuore in pezzi
nessuno s'avvicini
senza l'alto privilegio
di aver sofferto altrettanto.
(E. Dickinson)
Quel pomeriggio i giardini di casa Malfoy-Greengrass erano più splendenti del solito. Il curatissimo prato aveva una lucentezza innaturale ottenuta con la magia, le siepi erano rigogliose e ordinate e il riflesso del sole sul marmo della fontana era così intenso da ferire gli occhi.
Scorpius era uscito di casa quando gli Elfi Domestici avevano già organizzato tutto.
Alcune - troppe - sedie dal tessuto candido erano state sistemate in più file ai lati del vialetto, di spalle rispetto ai cancelli. Davanti alla fontana, era stato predisposto un basso piano rettangolare in marmo e su di esso trovava posto una bara bianca, coperta di un drappo dello stesso colore e circondata da fiori al punto che era difficile distinguerne i contorni. Gigli, calle e piccolissime margherite erano intrecciati a ricoprire i fianchi del feretro e scendevano in una cascata sulla tavola d'appoggio. Gladioli e orchidee di un rosa tenue sulla sommità costituivano l'unico tocco di colore in un quadro altrimenti latteo.
A Scorpius sembrava di essere a un matrimonio, più che a un funerale. C'era decisamente troppo bianco e lui, nel suo umore grigio, si sentiva fuori posto. Trovava familiari solo gli arbusti più distanti - dove sua madre gli mostrava, quando era piccolo, i primi germogli che spuntavano in primavera -, e il suono incessante dell'acqua, che faceva da sottofondo a una cerimonia dalla quale avrebbe voluto fuggire.
Suo padre era in abito scuro e stava dando disposizioni per gli ultimi aggiustamenti.
La bara bianca era stata un errore, il mago che aveva preso in carico la commissione aveva capito che il defunto era un bambino; compreso il fraintendimento, qualcuno si era offerto di modificarne il colore con un incantesimo, ma Draco Malfoy aveva rifiutato, perché la presunta innocenza suggerita dall'allestimento non stonava affatto con la personalità della moglie.
Scorpius non aveva più pianto, ma ogni volta che sentiva il padre parlare con amore di sua madre, o che intravedeva la sofferenza nei suoi lineamenti composti, una piccola ferita gli segnava l'anima con il sangue. Si era aggirato nel luogo in cui si sarebbe tenuta la commemorazione senza toccare nulla, quasi temesse di deturparne la limpidezza con le macchie indelebili del suo dolore.
Zia Daphne era già lì da ore, aveva contribuito con qualche suggerimento a spostare dei fiori e a sistemare più indietro la prima fila di sedie.
Dopo di lei, i primi ad arrivare furono Mathilda Greengrass-Burke e i suoi familiari. Zia Mathilda era la sorella del nonno materno che Scorpius non aveva mai conosciuto, ma per sua sfortuna non aveva potuto fare a meno di intrattenere rapporti educati con lei e i suoi figli, i cugini di sua madre. Helen, la maggiore, aveva due gemelli, Alex e Matthew, che erano l'incarnazione del male. Scorpius ricordava che durante un pranzo di Natale, quando lui aveva dieci anni e loro soltanto sei, avevano rubato la bacchetta del padre Edgar e si erano messi a lanciare colpi a caso in quegli stessi giardini, distruggendo alberi e siepi e ridendo a crepapelle; quando Scorpius li aveva scoperti e sgridati, loro gli avevano consegnato subito la bacchetta e poi erano corsi ad avvisare i genitori che lui aveva devastato le piante. Draco e Astoria, ovviamente, non avevano creduto alla loro versione, ma zia Helen e suo fratello Marcus, che nella vita non faceva altro che viziare i nipoti con giocattoli acquistati con i Galeoni della madre, avevano preteso che fosse messo in punizione, con una veemenza che serviva solo a coprire la palese colpevolezza dei più piccoli. Solo zio Edgar, che era riuscito a farsi derubare della bacchetta da due marmocchi, aveva avuto il buon senso di tacere. Per mettere fine alla questione, sua madre lo aveva mandato in camera, fingendo un rimprovero che non era altro che un'ancora di salvezza: l'opportunità di abbandonare un pranzo insopportabile in favore di qualche ora tranquilla trascorsa a leggere.
Dopo averlo abbracciato, zia Mathilda si asciugò compostamente le lacrime, tamponandosi gli occhi. Era vestita a lutto e i capelli grigi erano tirati in una crocchia talmente stretta che la pelle del viso sembrava meno rugosa del solito. Infilò il fazzoletto in una minuscola borsa di perline e gli sussurrò parole di conforto in un tono troppo severo perché fosse davvero rasserenante. Scorpius rimase ad ascoltarla e a guardare i suoi gesti controllati con uno straniamento di cui si liberò soltanto quando zia Helen attirò la sua attenzione stringendolo a sua volta.
«Che tragedia», gli disse, prendendogli il viso tra le mani e cancellando con i pollici lacrime invisibili sulle sue guance. «Non ti preoccupare, tesoro, noi non ti lasceremo mai solo.»
Dietro di lei zio Edgar annuì, concorde. Accanto, Alex e Matthew erano immobili e silenziosi come non li aveva mai visti prima. Soltanto in quel momento Scorpius realizzò che ormai avevano undici anni e una bacchetta ciascuno con cui fare danni; dovevano aver chiesto il permesso di lasciare Durmstrang per partecipare al funerale della zia.
Scorpius non rispose. Strinse molte mani, sopportò abbracci a cui si obbligava nella segreta convinzione che fossero un'inutile invasione del suo spazio personale e annuì nei momenti che gli parvero più opportuni mentre zio Marcus parlava delle responsabilità che avrebbe avuto in famiglia ora che sua madre non c'era più.
Voltò la testa verso i cancelli senza neanche sapere quale istinto lo avesse spinto a farlo. Diverse altre persone avevano raggiunto la villa, Materializzandosi appena fuori i confini della proprietà: amici di sua madre, amici e colleghi di suo padre, parenti di entrambe le parti. Un gruppetto di persone stava varcando la soglia in quel momento in una formazione quantomeno insolita. Len camminava accanto al padre, ma talmente vicina a Rose che se Scorpius non avesse saputo la verità avrebbe pensato che fossero amiche da sempre. Due passi più indietro, il Ministro della Magia Hermione Granger e il Salvatore del Mondo Magico Harry Potter procedevano affiancati e in silenzio, diretti verso di lui. Leggermente in disparte, Albus seguiva il gruppo, ma fu il primo a incrociare il suo sguardo e lo fece senza alcuna esitazione, quasi sapesse esattamente dove trovarlo, nonostante la distanza.
«Scusami», disse lui istintivamente, interrompendo zio Marcus a metà di una frase. «Devo allontanarmi per qualche minuto.»
Non ebbe neanche l'educazione di aspettare la sua risposta, non gli importava. Scorpius si incamminò in direzione dei nuovi arrivati senza rifletterci troppo e il percorso del vialetto, dimezzato dal loro venirgli incontro, non bastò per decidere cosa dire una volta che li avesse raggiunti.
Aveva visto Albus e assecondato liberamente il desiderio di avvicinarsi a lui. Aveva considerato gli altri solo distrattamente, ma quando voltò la testa sul resto del gruppo, il signor Zabini lo stava già guardando con aria addolorata. Ricambiò i saluti, ringraziò tutti loro per le parole gentili e per essere venuti, realizzando solo allora quanto fosse eccezionale la presenza del Ministro della Magia, anche se in veste di madre.
Fu quest'ultima a domandargli dove fosse suo padre, trascinando via con sé il signor Potter e salvando Scorpius dallo sforzo di evitare i suoi occhi, in cui la pietà macchiava un colore che lui conosceva fin troppo bene.
Quando gli adulti si furono allontanati, Rose lo abbracciò e Scorpius la strinse con una sincerità che era del tutto nuova, in quel giorno di finzioni.
«Grazie per essere venuti», mormorò, e gli sembrò che quella formula già ripetuta decine di volte avesse un sapore diverso.
«Non ti avremmo mai lasciato solo», rispose Len, abbracciandolo a sua volta. Rose annuì.
Scorpius tornò a guardare Albus, particolarmente silenzioso.
«Ciao», gli disse soltanto, sperando di infondere in quella parola tutto ciò che non avrebbe potuto esprimere ad alta voce - che era felice di vederlo, che il mondo sembrava andare in pezzi, che avere lui al suo fianco rendeva più tollerabile la presenza di tutti gli altri.
Albus capì. Gli si avvicinò senza dire nulla e gli gettò le braccia al collo. Scorpius lo strinse a sé con forza, incurante delle due ragazze e delle decine di altri presenti che avrebbero potuto vederlo comportarsi in maniera poco composta. Nascose il viso contro la sua spalla, sfiorando con la guancia il colletto della camicia. Pensò che se esisteva un luogo sicuro in cui soffocare il proprio dolore, lo aveva appena raggiunto.
«Mi dispiace tanto», sussurrò Albus, le labbra così vicine al suo orecchio che lui avvertì il suo respiro sulla pelle e soffocò un brivido. Nella voce aveva una sofferenza che era la gemella di quella di Scorpius.
Si costrinse a lasciarlo andare, con uno sforzo che, era certo, presto o tardi non sarebbe più stato in grado di compiere.
***
Draco inspirò a fondo. Le sedie erano già parzialmente occupate: nelle ultime file, nei posti più lontani dal vialetto, i suoi genitori si erano accomodati con discrezione, lo sguardo rivolto alla fontana bianca. Si domandò se avessero notato che, per il giardino della casa che condivideva con Astoria, ne aveva voluta una simile a quella della dimora in cui era cresciuto.
Erano lì per amore suo, per sostenere lui - e un nipote che a malapena conoscevano - per la morte di una moglie e di una madre che non aveva mai trovato il loro favore.
Lui e Astoria si erano scelti, il loro matrimonio era stato pieno e felice e Draco non si era mai pentito di aver dovuto lottare contro la propria famiglia per lei. Aveva sperato che la nascita di Scorpius li avrebbe addolciti, ma la disapprovazione di Lucius e Narcissa Malfoy trovava ragione in un credo troppo radicato per essere estirpato facilmente. Nemmeno la paura di finire ad Azkaban aveva cambiato suo padre, che doveva la libertà a un'indulgenza che non aveva meritato e a un pentimento in cui non aveva creduto. Perciò Draco li aveva lasciati andare, arreso all'impossibilità di far cambiare loro idea. Aveva scelto di percorrere una strada diversa, di farsi guidare da ideali nuovi, e nemmeno adesso che il dolore gli straziava il cuore e la paura gli avvelenava il sangue rimpiangeva le proprie scelte.
Il braccio gli doleva nel punto in cui un indelebile marchio d'infamia gli segnava la pelle, sotto i vestiti. Sbiadito e inutile, non aveva mai smesso di rammentargli chi era stato e chi sarebbe potuto diventare, se avesse preso decisioni differenti. Il timore di perdersi ancora, soprattutto adesso che era una facile preda, vittima della solitudine, lo avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.
Blaise, uno dei pochi suoi conoscenti che potesse definire amico, gli posò una mano sulla spalla, poi si allontanò in direzione di sua cognata. Abbracciò Daphne con una confidenza che non avevano mai perso dai tempi della scuola. Lei si lasciò stringere e Draco vide che, con il volto nascosto contro il bavero della giacca di lui, aveva ricominciato a piangere.
Distolse lo sguardo da una scena che gli sembrava ingiusto osservare e incontrò quello inaspettato di un uomo che non vedeva da molto tempo, se non in foto pubblicate sui giornali.
«Malfoy.» La voce di Harry Potter era educata e priva dell'inflessione di sfida con cui era solito rivolgergli quello stesso saluto quando erano studenti. «Sono molto dispiaciuto per la tua perdita.»
Draco gli strinse la mano. «Grazie.» Si voltò verso la donna al suo fianco e chinò rispettosamente il capo. «Ministro.»
Hermione Granger aveva la fronte aggrottata e un'espressione contrita. «Le mie condoglianze», gli disse piano. Poi si avvicinò e gli cinse delicatamente le spalle con un braccio. Colto alla sprovvista, Draco rimase impietrito. Lei era solo una delle numerose persone a cui avrebbe dovuto porgere delle scuse che non aveva mai pronunciato. Aveva fatto ammenda in altri modi, piegato se stesso fino a spezzarsi - o forse lo aveva fatto Astoria -, ma non aveva mai chiesto perdono, né a lei, né a nessun altro.
Non poteva dire di conoscerla, se non dai ricordi imprecisi di un ragazzino che guardava il mondo con occhi macchiati dal pregiudizio, eppure, nel sorriso leggero che quella donna gli stava rivolgendo, Draco fu certo di scorgere un condono che non sapeva di essersi meritato.
«Grazie.»
Astoria sarebbe stata fiera di lui, pensò. Poi realizzò che non c'era niente di cui essere fieri, perché lui non aveva fatto altro che accettare passivamente un'indulgenza, ma sua moglie avrebbe celebrato come una vittoria perfino quello, perché riconoscere il perdono altrui, gli aveva detto una volta, era il primo passo per perdonare se stessi; e quello sì che richiedeva coraggio.
«Mi fa piacere che siate qui.»
«Albus ci teneva a essere presente per Scorpius», spiegò Potter. «È terribile perdere la madre.»
Draco si chiese se non stesse pensando a se stesso, ai genitori che non aveva mai davvero conosciuto e di cui aveva sentito la mancanza per tutta la vita.
Si era aspettato la presenza del figlio, ma aveva creduto che sarebbe stata la madre ad accompagnarlo. Forse non aveva potuto, o magari era stato Potter a scegliere di esserci, quel giorno, per partecipare al dolore di un ragazzo che diventava orfano, se non a quello di un vecchio compagno di scuola che, con giusta ragione, aveva disprezzato. «Grazie», ripeté.
«Lo stesso vale per Rose», intervenne la Granger. «Vuole molto bene a Scorpius.»
«So per certo che è reciproco.»
Quando Scorpius gli aveva detto di aver iniziato a frequentare la figlia di Hermione Granger, era rimasto sconvolto. Aveva creduto a uno strano scherzo del destino, ma di fronte all'entusiasmo di Astoria e ai sorrisi sinceri del figlio, si era limitato a sospirare. Aveva avvisato Scorpius che difficilmente i genitori della ragazza sarebbero stati contenti della loro relazione, per via dei trascorsi con lui, ma poi gli aveva semplicemente augurato di essere felice.
Si erano lasciati da un paio di mesi, Scorpius glielo aveva raccontato in una lettera, ma non gli era parso troppo affranto. D'altronde, era abbastanza comune che un amore adolescenziale si esaurisse nell'arco di qualche mese. I due ragazzi, comunque, sembravano ancora in buoni rapporti.
Strappandolo a quelle riflessioni e alla conversazione, Daphne si avvicinò, per rivolgersi direttamente a lui. «È ora.»
Draco sospirò, esausto prima ancora di cominciare. «Se volete scusarmi», disse in tono serio agli altri due, «è il momento che io dica alcune parole in memoria di mia moglie.»
***
Scorpius aveva preso posto nell'ultima fila, dove nessuno dei presenti, rivolti tutti alla fontana, avrebbe potuto guardarlo senza voltare platealmente il capo nella sua direzione.
Stava osservando la moltitudine di persone che si erano riunite per rendere omaggio ad Astoria e tentava di richiamare alla memoria i nomi di alcuni maghi e streghe che aveva salutato e ringraziato senza sapere chi fossero.
Qualche fila più avanti, zia Mathilda continuava a tamponarsi gli occhi a intervalli regolari e, ai due lati, zia Helen e zio Marcus consolavano la madre. Dall'altra parte, Rose era seduta accanto al Ministro e al signor Potter, tutti in religioso silenzio. Len e il padre erano davanti a loro, altrettanto taciturni.
Albus gli si avvicinò e Scorpius si chiese se disapprovasse la sua scelta di mettersi in fondo, ma cancellò subito il pensiero, perché non sarebbe stato da lui. L'amico, infatti, si limitò a prendere posto al suo fianco.
«Quelli sono i genitori di papà», sussurrò Scorpius, accennando con il capo all'indirizzo di un uomo e una donna piuttosto anziani, seduti un paio di file più avanti, dall'altra parte del vialetto.
Albus voltò il capo per osservare Lucius e Narcissa Malfoy. «Li hai salutati?»
«Sì. Sono dispiaciuti e mi vogliono bene e non mi lasceranno mai solo», snocciolò, freddo. «Come tutti gli altri.»
Lui non commentò.
«Li avrò visti quattro o cinque volte da quando sono nato», proseguì. «Odiavano mia madre.»
«Credo sia impossibile aver conosciuto tua madre e averla odiata», replicò con gentilezza. «Qualunque fosse il loro problema, era basato su un'idea di lei che non era la realtà.»
«In ogni caso, non capisco perché siano qui», mormorò Scorpius, dando voce per la prima volta a quel pensiero cinico. «Non capisco perché la metà di queste persone sia qui.»
«Sono qui per te», rispose Albus. «E per tuo padre. I funerali sono per i vivi.»
Lui sospirò. «Sei sempre troppo buono.»
«E tu troppo severo.»
«Lo so», ammise con un velo di amarezza.
Albus gli posò una mano sul ginocchio, tentando di confortarlo. «Non c'è niente di male, in senso assoluto. Anche essere troppo buoni ha dei risvolti negativi. Ci compensiamo a vicenda.»
Scorpius si domandò come fosse possibile che delle decine di persone presenti, tra parenti e amici, nessuno fosse stato in grado di dire una parola che lo facesse sentire meglio anche solo la metà di quanto riuscisse a fare lui. Mise la mano sulla sua e la strinse, ringraziandolo in silenzio. Albus ruotò la propria, rivolgendo in alto il palmo e intrecciando le loro dita.
Lui non si mosse. Il calore di quel contatto si propagò lungo il suo braccio e poi fino al cuore, tranquillizzandolo all'istante.
Quando suo padre cominciò a parlare, Scorpius non lo ascoltò. Lui non aveva bisogno di una cerimonia. Non aveva bisogno di sentirsi raccontare che meravigliosa persona fosse sua madre, né di lasciarsi consolare da persone che non sentiva affatto vicine, a cui aveva dovuto rivolgere ringraziamenti di rito in risposta a frasi di circostanza.
Se i funerali erano per i vivi, se quel funerale era per lui, allora Scorpius non lo voleva.
Voleva starsene seduto lì, in silenzio, a guardare gli arbusti del giardino in cui amava passeggiare con lei; voleva ignorare i presenti in favore dell'unica persona che desiderava davvero avere accanto e stringergli la mano per sentirsi ancorato alla vita, nonostante tutto.
Anche zia Daphne parlò, ma Scorpius non ascoltò nemmeno lei. Vide le sue labbra muoversi e gli occhi diventare lucidi, seguì il suo sguardo che passava in rassegna tutti loro, soffermandosi in particolare sui volti di coloro che le erano più vicini - suo cognato, suo nipote, il signor Zabini.
Forse era così per tutti, si disse Scorpius. Forse, ancora una volta, non c'era niente che non andasse in lui, perché i funerali erano uno strazio per chiunque. Forse a tutti piaceva ricordare le persone per come erano da vive, piuttosto che commemorarne la morte. E forse tutti avrebbero preferito rifugiarsi soltanto tra le braccia dei loro cari, senza doversi costringere a condividere il proprio dolore con una moltitudine di sconosciuti.
Parlarono altre persone e Scorpius non ascoltò nessuno di loro.
Quando la cerimonia finì, Albus gli lasciò la mano. I primi maghi iniziavano ad alzarsi dai propri posti e lui dovette sbattere le palpebre un paio di volte, per rimettere a fuoco i giardini, perso com'era nei propri pensieri.
«Stai bene?», sussurrò l'amico. Nessun altro glielo aveva chiesto, in quei giorni, perché tutti avevano dato per scontata la risposta. Ma c'erano modi e modi di stare male, e Albus lo sapeva.
«Me la caverò. Grazie.»
«Non dirlo nemmeno.»
Si alzarono entrambi e Albus lo abbracciò di nuovo.
Scorpius sospirò. «Credo mi tocchi un altro giro di saluti.»
«Puoi farcela», mormorò l'altro. Harry Potter si stava già avvicinando a loro, probabilmente per congedarsi e portare via il figlio.
«Ci vediamo a scuola, va bene?»
Albus annuì. Il suo sguardo limpido sembrava recare traccia di qualcosa di diverso, qualcosa che Scorpius non riuscì a decifrare. «Ti aspetto.»
***
Da che Scorpius avesse memoria, durante le feste in cui la famiglia si riuniva per cenare insieme, il tavolo di casa sua aveva sempre visto una disposizione di posti a sedere ben precisa. Quell'occasione non era certamente da festeggiare, ma la storica tradizione era stata comunque rispettata: suo padre e zia Mathilda si trovavano a capotavola, mentre gli altri erano divisi sui due lati tra adulti e ragazzi. Scorpius era alla destra di Draco e accanto a lui sedevano i gemelli e zio Marcus - che si ostinava a definirsi giovane dentro. Dall'altra parte, zia Helen e zio Edgar affiancavano l'anziana capofamiglia e zia Daphne, a seguire, mangiava in silenzio.
Il posto tristemente vuoto tra lei e suo padre era esattamente di fronte a Scorpius, che teneva gli occhi bassi sul proprio piatto e cercava di ignorare la conversazione dei commensali.
«Dico solo che se non vuoi diventare una vecchia zitella acida, dovresti trovarti un uomo da sposare, prima che l'età ti porti via le ultime qualità di cui disponi», stava commentando zia Mathilda.
«Le mie qualità non hanno a che fare con la gioventù, zia», replicò Daphne. «E non è colpa mia se non ho trovato l'amore.»
«E chi ha parlato di amore!», protestò l'altra, scioccata da tanta ingenuità. «Parlo di sistemarsi. Adesso che tua sorella non c'è più...»
«Io ho una casa mia e un lavoro», la interruppe lei, palesemente infastidita. «E Draco e Scorpius restano comunque la mia famiglia.»
«Naturalmente», intervenne suo padre, che fino a quel momento aveva evitato di intromettersi nella discussione. «E sei sempre la benvenuta in casa nostra.»
Scorpius annuì concorde, un piccolo gesto rivolto soltanto a lei.
«Questo non significa che tu debba accontentarti di non avere un marito e dei figli tuoi», insisté l'anziana donna.
Zia Daphne alzò gli occhi al cielo. «Fai lo stesso rimprovero anche a Marcus?»
Il diretto interessato alzò gli occhi dal piatto - che stava ripulendo con gusto - solo perché allertato dall'udire il proprio nome. «E io che c'entro?»
«Non è la stessa cosa», ribatté zia Mathilda. «Un uomo sa badare a sé.»
«E io no?»
«Quello che mia madre vuole dire», intervenne Helen, ergendosi ad arbitro della discussione, «è che le esigenze di una donna sono diverse. L'istinto di diventare madre...»
«Io non ce l'ho.»
«... è naturale», proseguì lei, senza dare segno di averla sentita. «I figli sono la più grande gioia che la vita può darci», concluse con un'occhiata smielata ai suoi bambini.
Scorpius considerò con una smorfia i suoi cugini e si trattenne dal commentare in maniera sgradevole.
«La mia vita non vi riguarda», tagliò corto zia Daphne. «E nemmeno il fatto che io non sposerò un uomo qualunque, né avrò figli che non desidero.»
«Però non puoi sorprenderti se la consideriamo una scelta egoista, cara», ribatté Helen.
«Egoista?»
«Ma certo!», insisté lei. «Pensa a tutte le donne che vorrebbero essere madri e non possono, e...»
«Adesso basta», tuonò Draco in tono severo, spegnendo immediatamente la conversazione.
Scorpius si rese conto di aver stretto la forchetta tra le dita con tanta forza da essersi impresso un segno sulla pelle chiara. La posò subito, attento a non farla tintinnare contro il piatto.
«Oh, mio caro!», proruppe Helen, rivolgendosi direttamente a lui. «Tutti questi discorsi sulla maternità devono averti turbato.» Lanciò un'occhiata a Daphne, come a rimproverarla.
Discretamente, Scorpius trasse un profondo respiro. Voleva soltanto che sparissero tutti.
«Tua madre resterà sempre con te», intervenne zio Edgar, rivolgendogli un'espressione comprensiva. «Una parte di lei vive in te.»
«Una piccola e molto nascosta», borbottò zia Mathilda, senza curarsi di essere udita perfettamente da tutti.
«Mamma!», la richiamò Helen.
Scorpius voltò la testa di scatto. «Che vuol dire?» Erano le prime parole che pronunciava da quando si erano seduti a tavola, e gli erano uscite dalle labbra senza che potesse impedirlo. Draco gli mise una mano sul braccio.
«Be', lei era un raggio di sole, pace all'anima sua», replicò la donna, portandosi una mano al petto. «Tu sei tutto tuo padre, burbero e silenzioso. Ma lei ti ha dato la vita e questo te lo porterai dentro per sempre.» Poi tornò a rivolgersi a Daphne. «Tu non potrai dire lo stesso, se non avrai figli.»
Scorpius si alzò, spostando rumorosamente la sedia e facendo ricadere la mano del padre, che aveva cercato di intimargli la calma. Impiegò tre lunghi secondi a riacquisire il controllo, un lasso di tempo durante il quale il silenzio calò su tutti loro, congelando l'espressione mortificata di Helen, quella sgomenta di Daphne e quella impassibile di zia Mathilda.
«Se volete scusarmi», dichiarò Scorpius in tono duro, «io preferisco andare a riposare, sono molto stanco. Auguro a tutti voi una buona serata.»
Un'occhiata fugace al padre gli confermò che lui non avrebbe obiettato, quindi, senza aspettare una risposta, Scorpius si diresse a grandi passi fuori dalla sala da pranzo.
***
Le pagine del libro erano state sfogliate a lungo, ma resistevano perfettamente all'implacabile scorrere del tempo. Solo i bordi della copertina erano leggermente consumati e la prima lettera della parola "miti" iniziava a perdere qualche pigmento dorato.
Scorpius si promise di chiedere a suo padre un incantesimo di protezione per evitare che i danni aumentassero, ma senza rimediare all'usura che era testimone degli anni in cui lo aveva letto con la madre.
Draco Malfoy possedeva il più grande commercio di libri rari della Gran Bretagna Magica. Aveva restaurato volumi antichi e riabilitato il nome di testi di Magia Oscura dal valore storico incontestabile, ma aveva abbandonato quasi del tutto la propria attività per prendersi cura della moglie malata.
Era così che si erano conosciuti: Astoria Greengrass lo aveva contattato perché in cerca di alcuni libri poco comuni e prima che lui si rendesse conto che erano testi Babbani - che un Malfoy non solo non avrebbe mai trattato, ma che neanche avrebbe potuto conoscere - si era già innamorato di lei. Alla fine sua madre aveva trovato ciò che cercava altrove e suo padre aveva trovato lei senza averla cercata - e non l'aveva più lasciata andare.
Quando la porta della camera si aprì, Scorpius stava ancora studiando la copertina di un libro che conosceva a memoria. «Se ne sono andati?»
Suo padre entrò e se la richiuse alle spalle. «Non ancora.»
Si spostò per fargli un po' di spazio sul letto e lui accolse l'invito, sedendosi di fronte al figlio.
«Oggi non ho molta pazienza», ammise Scorpius senza guardarlo direttamente. «E tutti loro sono insopportabili. Tranne zia Daphne.»
«Lo capisco», disse suo padre. «Ma non sono cattivi. A volte pensano cose stupide o parlano senza riflettere e dicono cose ancora più stupide. Però sono la tua famiglia e ti vogliono bene, anche se non sembra.»
Scorpius non replicò. Era stanco di assecondare discorsi insensati e di lasciarsi ferire da parole poco ponderate.
Suo padre parve intuire la ragione del suo silenzio. «Le somigli moltissimo, sai?»
«Ma se sono la tua copia!», brontolò lui, sentendosi piuttosto infantile. «Non che mi dispiaccia», si affrettò a precisare, ed era sincero, «ma somiglio a te di più.»
«Solo se ti guardi allo specchio.» Rise e gli accarezzò i capelli. «C'è molto di lei in te, hai la sua stessa passione.»
Scorpius abbassò lo sguardo sul libro che aveva tra le mani. «Intendi gli stessi interessi?»
«No. La stessa passione», ripeté suo padre. «L'intensità con cui fai ogni cosa e la profondità di quello che provi.»
«Non ne sono convinto», ammise lui, alzando nuovamente il viso.
«È così. Si vede in tutto quello che fai, nel modo in cui ti impegni e in quanto tieni alle persone che ami.»
Scorpius si lasciò sfuggire un mezzo sorriso amaro. «Potrebbe essere una bella delusione per te, sai?»
Era cresciuto con l'ideale di amore perfetto che aveva visto tra lui e sua madre e poi si era ritrovato ad affrontare una realtà fatta di sentimenti inopportuni.
«Che vuoi dire?»
«Potrei amare le persone sbagliate.»
Suo padre si accigliò. «Sei tornato con la Weasley?», domandò.
Scorpius riconobbe l'ironia dietro la finta preoccupazione. Non si era arrabbiato quando gli aveva raccontato di Rose, né aveva provato a ostacolarlo in alcun modo, contrariamente a quanto si era aspettato. Forse perché aveva voluto garantirgli la libertà di scelta che lui, rispetto ai propri genitori, aveva dovuto ottenere lottando.
«No», rispose in un soffio. Era molto peggio, ma non avrebbe avuto il coraggio di dirglielo, quindi tacque. D'altronde, perché rivelare una realtà scomoda che non avrebbe mai portato a niente?
«Le sole persone sbagliate sono quelle che non ci ricambiano o non ci rispettano», affermò suo padre, sorprendendolo. «Se i criteri fossero altri, tua madre non avrebbe mai dovuto sposarmi.»
Scorpius sospirò. «Non mi piace che lo pensi.»
«È così. Che avevo da offrirle, se non i miei sentimenti?» Sorrise, divertito da qualcosa che doveva essergli venuto in mente. «E i soldi, ma quelli non le mancavano, né le interessavano.»
«Non è poco», ribatté Scorpius, e non si riferiva affatto al patrimonio dei Malfoy.
«No, non lo è», concesse suo padre.
Si guardarono in silenzio per qualche secondo e lui si chiese se non fosse meglio dirgli la verità. Avrebbe potuto tacere di Albus, dei sentimenti sbagliati che non avrebbero mai trovato seguito, ma avrebbe potuto rivelare se stesso con una sincerità che non aveva ancora avuto motivo di mostrare, solo per donare al padre una prova di fiducia. Sua madre avrebbe capito, Scorpius ne era certo. Lo avrebbe abbracciato e gli avrebbe detto che non importava chi amava, purché fosse felice. Adesso, però, non avrebbe potuto dirle più niente.
Non sapeva come avrebbe reagito suo padre, ma immaginava che sarebbe stato sorpreso e che avrebbe avuto bisogno di tempo per metabolizzare l'idea che il suo unico figlio potesse stare con un ragazzo, anziché con una ragazza. Probabilmente lo avrebbe accettato, con la compostezza che era tipica di lui e della sua famiglia, ma dentro di sé avrebbe sperato in un amore più facile, una relazione che non rischiasse la condanna di una società retrograda.
«Vorrei tornare a scuola già domani», disse invece, mettendo da parte l'idea di affrontare quei discorsi tanto ingombranti. «Mi pesa stare qui.»
«Lo so», rispose lui, tranquillo. «Va bene. E non devi tornare per Natale, se non vuoi.»
Scorpius si irrigidì. Non ci aveva pensato. Mancava appena una settimana all'inizio delle vacanze e lui sarebbe dovuto tornare in quella casa piena di ricordi insopportabili. «Non intendo lasciarti solo.»
«Non sei tu a doverti prendere cura di me», gli ricordò suo padre. «Ma non sarò solo. Se non tornerai, partirò anch'io. Blaise andrà in Germania per lavoro e mi ha parlato di un suo amico collezionista che vive lì e tratta libri antichi. Potrei accompagnarlo e riprendere in mano la mia attività. Staremmo via per qualche settimana.»
Scorpius annuì. «Allora va bene.» Gli porse il volume che aveva tra le mani e l'uomo lo prese con la delicatezza di chi è abituato a trattare merce preziosa e delicata. «Puoi proteggerlo con qualche incantesimo? Senza rimediare ai danni che ci sono già.»
«Farò in modo che sia pronto prima del tuo rientro a scuola», gli rispose in tono sicuro. «Così potrai portarlo con te, se vorrai.»
Lui sorrise. «Grazie, papà.»
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Note
Non sappiamo con precisione come si svolgano i funerali per i maghi nel canon, perché viene descritto nel dettaglio soltanto quello di Silente, che è un caso eccezionale. Ho immaginato una cerimonia simile a quelle Babbane, ma non religiosa, in cui si potesse dare l'estremo saluto a un caro defunto.
Mathilda Greengrass-Burke è un personaggio originale, sorella del padre di Astoria e Daphne e moglie di un mago della famiglia Burke, nota famiglia Purosangue della saga, che ho considerato deceduto. Anche gli altri sono personaggi inventati: i figli Marcus e Helen, quest'ultima sposata con Edgar e madre di due figli, Alex e Matthew. Marcus e Helen sono quindi cugini di Astoria e Daphne, mentre i ragazzi più piccoli sono cugini di secondo grado di Scorpius, che si riferisce agli adulti chiamandoli indistintamente "zio" e "zia", inclusa zia Mathilda, che per lui è una prozia.
Ho scelto di mantenere il cognome Granger per Hermione nonostante il suo matrimonio con Ron, perché è così che l'ho sempre immaginata. Allo stesso tempo, Draco si riferisce a Rose usando solo il cognome Weasley, sebbene in realtà sia Granger-Weasley, perché ho immaginato che la ragazza stessa usi quello dei suoi cugini per brevità. Sono piccoli dettagli in realtà piuttosto insignificanti, ma li riporto per evidenziare incongruenze con il canon.
Il mestiere di Draco da adulto è di mia invenzione, così come lo sono le circostanze del suo primo incontro con Astoria. Anche il suo rapporto conflittuale con i genitori per via di lei è una mia scelta, ma ha qualche appiglio nel canon e nel rifiuto di Lucius e Narcissa per una visione più aperta al mondo Babbano. Il fatto che per questo non abbiano mai avuto rapporti con Scorpius è, di nuovo, una mia invenzione.
Come segnalato all'inizio, in questo capitolo e nel prossimo sono presenti tematiche delicate legate alla morte di Astoria, che possono urtare la sensibilità di alcuni lettori. Dal prossimo capitolo, questi temi saranno comunque presenti, ma in maniera meno grafica e dettagliata.
Come sempre, un ringraziamento a tutti i lettori, spero che la storia continui ad appassionarvi. ♥
Alla prossima!
Futeki
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