14. La superba sorpresa della verità

XIV

La superba sorpresa della verità

Di' tutta la verità ma dilla obliqua -
Il successo sta in un Circuito
Troppo brillante per la nostra malferma Delizia
La superba sorpresa della Verità
Come un Fulmine ai Bambini chiarito
Con tenere spiegazioni
La Verità deve abbagliare gradualmente
O tutti sarebbero ciechi.

(E. Dickinson)

Gli sembrò che il mondo tremasse violentemente, mentre veniva sballottato con forza e costretto a riemergere dalle placide tenebre del sonno. Lottando contro le palpebre pesanti, Scorpius aprì gli occhi e scoprì che Eleanor lo stava scuotendo con prepotenza.

«In piedi», ordinò non appena lo vide sveglio. «Sei in ritardo.»

Non gli lasciò il tempo di obbedire, forse perché era dell'opinione che non lo avrebbe fatto abbastanza in fretta, quindi trascinò le sue gambe giù dal letto dando prova di una forza notevole per una ragazza tanto esile.

«Collabora», aggiunse perentoria, tirandolo a sedere.

Scorpius la assecondò, ancora confuso. «Che succede? Dove sono tutti?»

Lo trascinò a qualche passo di distanza dal letto, per impedirgli di tornarci. La camera era vuota a eccezione di loro due. Sul comodino c'era del cibo che Albus doveva avergli portato nella speranza che mangiasse qualcosa.

«Non sotto le coperte», ribatté lei. «È mezzogiorno.»

Era strano che Albus lo avesse lasciato dormire. Si mostrava sempre comprensivo nei suoi confronti e assecondava quasi ogni suo desiderio, ma se c'era una cosa che non gli permetteva mai di fare era saltare le lezioni. Scorpius gli era grato per quello, non era sua intenzione attirare più attenzioni di quanto non facesse già.

«Perché...»

«È sabato», tagliò corto Len, leggendogli nel pensiero meglio di un Legilimens. «C'è la partita.»

I capelli neri della sua amica erano ordinatamente raccolti in una lunga treccia, gli occhi altrettanto scuri lo scrutavano e sembravano scavargli nell'animo alla ricerca di qualcosa che lui non avrebbe saputo indovinare.

Scorpius sospirò. «Sono stanco. La squadra ha già tutti i componenti necessari, io non vengo.» Così dicendo si voltò, ma Len lo trattenne afferrandolo per un braccio.

«Tu», sputò fuori come un insulto, iniziando a sbottonargli la camicia con cui aveva dormito perché la sera prima non aveva avuto neanche la forza di infilarsi il pigiama, «verrai eccome. Puoi anche non giocare, ma non abbandonerai il Quidditch, né i tuoi compagni.»

Gliela sfilò dalle spalle, imprigionandogli le braccia nelle maniche dietro la schiena, ma Scorpius non fece in tempo a liberarsi che lei prese ad armeggiare con i pantaloni.

«Ma che... Len, piantala!»

«No», rispose semplicemente lei, tirando giù i calzoni e sfiorandogli le cosce con le dita. Era evidente lo sforzo di toccarlo il meno possibile, per non violare la sua intimità più del necessario, ma era comunque niente in confronto alla fretta che sembrava avere. «Toglili», ordinò infine, rifiutandosi di abbassarsi a sfilarglieli dalle caviglie.

Si avviò verso l'armadio e lo aprì con un gesto deciso.

«Non posso lasciarti fare così», disse senza guardarlo negli occhi, mentre frugava tra i suoi vestiti. «Il Quidditch è una delle poche cose che ti tengono ancora attaccato alla vita e io non ti permetterò di lasciarti andare. Merlino, ma quanto sei disordinato... Accio!»

Scorpius si stava ancora spogliando, imbarazzato non tanto dalla sua presenza mentre era mezzo nudo quanto dalla ramanzina che stava ricevendo. Un mucchio di roba precipitò sul letto accanto a lui - la sua divisa da Quidditch, le protezioni, il mantello - e Len, che aveva estratto un piccolo oggetto dalla tasca, gli si avvicinò strofinandosi le mani. «Quando i miei si separarono, mio padre si chiuse in se stesso e si abbandonò completamente», disse, mentre con le dita gli spalmava qualcosa intorno agli occhi; non ne riconobbe l'odore pungente, ma conoscendola doveva essere una crema per le occhiaie. «Tutto ciò che riusciva a fare era lavorare e starsene per conto suo. E ubriacarsi nel tempo libero.»

La sua voce non tremò neanche per un secondo mentre pronunciava quelle parole, ma lui la conosceva abbastanza bene da intravedere nella posa rigida e nel modo in cui sfuggiva al contatto visivo quanto le costasse quel racconto. «Tuo padre andava a trovarlo, nonostante avesse già tante preoccupazioni per via di Astoria.»

Scorpius sussultò. Sembrava che nessuno avesse l'ardire di parlare di lei davanti a lui, addirittura alcuni evitavano di menzionare le proprie madri in sua presenza, e invece Len, con l'espressione improvvisamente addolcita, incrociò il suo sguardo e gli parlò in tono deciso. «Il dolore ci cambia, ma non abbiamo il diritto di lasciarci andare. Bisogna resistere, lo dobbiamo alle persone che ci amano.»

Lui ripercorse le sue parole, dimentico di essere mezzo svestito e di aver appena ricevuto la lavata di capo che nessuno aveva avuto il coraggio di fargli. «Credo che zia Daphne sia innamorata di tuo padre», ammise di getto, prima di rendersi conto che era assolutamente la cosa più fuori luogo da dire. Len aveva superato da tempo la separazione dei genitori ed era convinta che fosse stata la scelta migliore per tutti. Aveva buoni rapporti con il compagno della madre e sperava che anche il padre trovasse una persona con cui costruire qualcosa. Ma non era affatto quello il punto del suo discorso. Eppure era tutto ciò che Scorpius era riuscito a dire, perché ringraziarla per essergli rimasta accanto come aveva fatto Draco Malfoy con un vecchio amico di scuola era ben oltre la sua capacità di esprimere a parole ciò che sentiva. Rivelarle di sua zia, invece, era un modo un po' contorto di dirle che lui sapeva, in cuor proprio, che c'era sempre qualcosa che la vita avrebbe potuto offrire a qualcuno che aveva sofferto tanto da pensare che non rimanesse nient'altro.

Lei lo capì. «Credi bene. E se un giorno mio padre sarà di nuovo in grado di amare se stesso, potrebbe accorgersene e perfino ricambiarla.»

«Ti dispiacerebbe?»

«I miei genitori saranno sempre i miei genitori. Ma non sono più una coppia da molto tempo e non torneranno insieme. Voglio solo che siano entrambi felici.»

Scorpius sorrise. Non sempre era capace di mettere insieme le parole giuste, ma con Len non aveva mai avuto bisogno di sforzarsi. «Sarebbe figo averti come parente.»

Lei lo squadrò da capo a piedi, un sorriso sarcastico dipinto sulle labbra. «Scorpius Malfoy, io sono già quanto di più simile a una sorella tu abbia», gli fece notare. «Perciò piantala di startene in mutande di fronte a me e vestiti

***

Scorpius non aveva mai visto così tanti spettatori a una partita del torneo scolastico. Gli spalti erano gremiti, gli studenti di tutte e quattro le Case se ne stavano premuti gli uni contro gli altri con le teste sollevate a seguire il gioco. Le tifoserie di Grifondoro e Serpeverde non si stavano risparmiando, ma nel mezzo, forse complici il giorno festivo e la lunga attesa che aveva preceduto l'incontro, anche molti Tassorosso e Corvonero assistevano con interesse.

Quando arrivò, Scorpius rimase al margine della galleria di ingresso che avevano attraversato i suoi compagni poco prima, nella posizione ideale per abbracciare con lo sguardo l'intero campo senza essere disturbato dalla folla di spettatori. Negli spalti sopra la sua testa, Karen Jones presentava i giocatori mantenendo la consueta imparzialità.

«Alla mia sinistra, capitanata dal Caposcuola Luke Goldstein, la formazione di Grifondoro. Oltre a lui, Dominique Weasley e Phil Zeller completano il trio di Cacciatori. A difendere gli anelli, il ritrovato Portiere Jordan Kirke, sfortunatamente del tutto ripreso dal piccolo incidente che lo ha costretto in infermeria per un tempo non abbastanza lungo.»

«Signorina Jones!», esclamò la Preside McGranitt, oltraggiata. «Le sembrano cose da dire?»

«A difendere le teste calde dai Bolidi, i Battitori Eric Dawlish e Beth Randall», proseguì lei, ignorando il rimprovero. «Ultimo, ma non per importanza, il figlio d'arte James Potter, Cercatore della squadra di Godric.»

Un'acclamazione particolarmente accesa e prevalentemente femminile seguì la sua presentazione e il diretto interessato si esibì in un inchino a beneficio delle tifose che urlavano dagli spalti.

Scorpius alzò gli occhi al cielo. Sbruffone.

«Alla mia destra la formazione di Serpeverde, guidata dal Portiere Oliver Broadmoor, al suo esordio come capitano. Facciamogli un applauso di incoraggiamento!»

Il pubblicò obbedì e, non potendo vederlo per via della distanza, Scorpius dovette accontentarsi di immaginare l'imbarazzo che in quel momento stava certamente colorando le guance di Oliver.

«Ad aggredire gli anelli avversari, il trio delle meraviglie: i Cacciatori Mark Pearson e Darlene Wheeler, supportati da un giovanissimo Pete Deverill. E pronti a spedire Bolidi tra le scope dei Grifondoro, i gemelli Neil e Tom Sutter, Battitori.»

Scorpius seguì con lo sguardo Madama Bumb che si preparava a liberare le palle in gioco.

«Infine», completò Karen, con un tono che prometteva rivelazioni importanti, «a dare la caccia al Boccino per conto dei verdeargento, Albus Potter. Quella di oggi promette di essere una sfida agguerrita in famiglia!»

Per la prima volta da quando era arrivato, Scorpius si concesse di lanciare un'occhiata in direzione del suo migliore amico. Lo vide immobile a mezz'aria, le mani strette sul manico e la postura rigida che tradivano la sua tensione.

«Inizia la partita!», annunciò Karen. «Phil Zeller agguanta subito la Pluffa e avanza verso gli anelli, mentre Goldstein è pronto a intercettare un passaggio del compagno. Un colpo magistrale di Neil Sutter spedisce un Bolide direttamente contro Zeller - bravissimo! - ma Dawlish interviene in sua difesa, restituendolo ai Serpeverde. Ci pensa Tom Sutter a proteggerli dall'aggressione dei Grifondoro. Ma quanto sono bravi questi due giovani Battitori? Per non parlare di quanto sono belli. E sono due, quindi ce n'è per tutti.»

«Signorina Jones!», la redarguì la Preside, invitandola a commenti più neutrali.

«Qualche curiosità statistica per il nostro pubblico», proseguì lei in tono professionale, mentre il gioco rallentava per un arretramento dei Grifondoro in possesso di Pluffa verso la propria metà campo. «Il più giovane dei Grifondoro, Phil Zeller, è coetaneo del veterano dei Serpeverde, il capitano assente Scorpius Malfoy, che compirà sedici anni domani. Auguri, capitano!»

Il pubblico esplose in acclamazioni e Scorpius si appiattì contro la parete per non essere visto, nonostante l'affetto dei suoi compagni di scuola gli scaldasse il cuore.

«Considerando l'età media delle due squadre, possiamo dire che i Serpeverde sono giovani e prestanti, mentre i Grifondoro sono vecchi e...»

«Signorina Jones!»

«D'accordo, suppongo che per qualcuno anche la maturità abbia il suo fascino.»

«La partita!», le ricordò la Preside, ormai schiumante di rabbia.

Karen comprese l'antifona. «Goldstein riesce a liberarsi di Mark Pearson - e ci mancherebbe, visto che ha il doppio della sua esperienza. Passa la palla a Dominique Weasley, che scatta in avanti, mentre si prepara al tiro. Broadmoor si lancia verso l'anello, ma non ci arriva! Grifondoro segna.» Il tono di Karen si fece meno allegro, come se lo sforzo di mantenersi entusiasta fino a quel momento l'avesse prosciugata di ogni energia. «Dieci a zero per la squadra di Godric. Non disperare, Oliver, sei sempre il nostro preferito!»

Nonostante l'incoraggiamento continuo di Karen, i Serpeverde faticavano a ingranare.

Grifondoro segnò altre tre volte prima che i Serpeverde iniziassero a mostrare qualche segno di insofferenza.

Scorpius analizzò le posizioni dei suoi compagni e si rese conto che stavano facendo esattamente ciò per cui lui li aveva preparati. Il problema era che tutto il suo studio si era rivelato inutile, perché gli avversari si erano preparati meglio.

Pete volava con Mark e Darlene nella formazione compatta che avevano preparato, ma pur inserendosi alla perfezione era troppo mingherlino per contribuire alla pressione sui Cacciatori avversari. Darlene era ben marcata da Goldstein, che aveva sia l'intelligenza tattica di riconoscere in lei il vero pericolo che la capacità tecnica di neutralizzarla in maniera efficace. Mark, che era l'unico con abbastanza libertà di movimento e con la struttura fisica adeguata a competere contro gli avversari, si trovava in costante inferiorità numerica.

Albus volava diversi metri più in alto, tenendosi lontano dal raggio d'azione dei Bolidi e scrutando il campo con occhi attenti. Dal lato opposto, suo fratello faceva lo stesso.

Phil Zeller passò la Pluffa a Dominique, che subito la scagliò contro gli anelli. Oliver riuscì a pararla con la punta delle dita, ma incapace di trattenerla la lasciò cadere. Sotto di lui, Goldstein abbandonò la sua posizione alle calcagna di Darlene per intercettarla e segnare il sessanta a zero.

Fu Albus ad accorgersi per primo di lui, incrociando il suo sguardo con l'istinto infallibile con cui si erano sempre ritrovati anche in mezzo alla folla. Era abbastanza lontano, ma Scorpius seppe con certezza che lo aveva visto quando si lanciò in picchiata e si abbassò al livello dei Cercatori, sfrecciando in mezzo a loro - probabilmente per informarli. Pensando che avesse visto il Boccino, James lo seguì, ma abbandonò presto il movimento quando Albus riprese quota, tornando a osservare il campo dall'alto.

Darlene si voltò verso la galleria e Goldstein seguì il suo sguardo. Quando la sua presenza non fu più un segreto per nessuno, Scorpius fece un passo avanti, ottenendo una visuale ancora migliore sull'intero stadio e allo stesso tempo permettendo a tutti di vederlo, così che i suoi compagni sapessero che lui era con loro.

Il suo arrivo diede una scossa alla squadra. Darlene approfittò della distrazione di Goldstein per gettarsi in picchiata e rubare la Pluffa a Dominique. Mark indovinò le sue intenzioni, risultato dei numerosi allenamenti condivisi, e volò verso di lei per darle supporto, mentre Luke cercava di raggiungerla. Neil gridò il nome di Mark, che intuì lo schema e si abbassò, evitando il Bolide che costrinse il capitano di Grifondoro a rallentare. Perfino Pete, che aveva colto il movimento degli altri, sterzò per tagliare la strada a Zeller e impedirgli di seguire i suoi.

Con un colpo preciso, Darlene lanciò la Pluffa proprio sopra il capitano avversario, troppo in alto perché la intercettasse, ma con abbastanza precisione da consentire a Mark di afferrarla. Lui finse un tiro verso gli anelli e poi, sorprendendo tutti, la rispedì all'indietro verso la compagna. Darlene, rimasta sola nelle retrovie, la prese al volo e segnò, spiazzando completamente Jordan Kirke, che quasi finì contro uno degli anelli nel tentativo di parare.

La tifoseria verdeargento esplose in un'esultanza incontrollata.

«Dieci punti per Serpeverde, che inizia l'inesorabile rimonta contro Grifondoro con un'azione magistrale!»

«Signorina Jones!»

«Ma Preside, l'abilità di questi giocatori va celebrata

Scorpius sorrise, orgoglioso dei suoi compagni. Vide Darlene e Mark darsi il cinque, poi quest'ultimo raggiunse Pete e gli diede una pacca sulla spalla mentre tornavano verso il centro del campo. La Cacciatrice di Serpeverde si voltò verso il suo capitano e gli rivolse un'espressione fiera che lui fu in grado di distinguere anche a distanza.

Il gioco riprese con la Pluffa subito in possesso dei Grifondoro. Dominique scartò di lato ed evitò Mark con abilità, effettuando un tiro alto che Luke intercettò con precisione, segnando in un quarto del tempo che i Serpeverde avevano impiegato per portare a casa i loro primi dieci punti. Nonostante ciò, Scorpius riconobbe che i suoi compagni ce la stavano mettendo tutta: spingevano al massimo per tentare di recuperare la Pluffa, tornavano indietro a proteggere gli anelli ogni volta che Grifondoro attaccava.

Dopo tre ore di incontro la stanchezza iniziava a farsi sentire, i cambi di direzione erano meno frequenti, gli scatti meno rapidi e i tiri meno precisi, ma sebbene perdesse ormai novanta a dieci, Serpeverde non sembrava affatto disposta a mollare.

Scorpius attirò l'attenzione di Madama Bumb, che arbitrava l'incontro, chiedendo un time-out. Per tutta risposta, la strega strinse gli occhi gialli puntati su di lui.

«Malfoy, non sei tu il capitano in campo di Serpeverde!»

Oliver intuì la natura dello scambio tra loro e si affrettò a richiedere una sospensione. La professoressa fischiò e tutti i giocatori si diressero a terra.

Darlene si lanciò verso di lui stritolandolo in un abbraccio. Scorpius ricambiò la stretta e con la mano libera diede il cinque agli altri compagni. Albus gli rivolse un'occhiata incandescente e lui intuì che doveva essergli costato parecchio giocare la prima mezz'ora senza di lui.

«Scusate il ritardo», disse semplicemente, mentre tutti gli si radunavano attorno. Sollevò il braccio di Albus e dovette reprimere la soddisfazione che provò nel sentirlo fremere a quel contatto, a cui non si oppose. Diede un'occhiata teatrale all'orologio da polso dell'amico. «Spero che non siate troppo stanchi, perché adesso iniziamo a giocare la partita più importante dell'anno.»

I ragazzi risero, Neil e Tom levarono un grido di battaglia che probabilmente sentirono anche i Grifondoro dall'altra parte del campo.

«Ti ascoltiamo, capitano», disse Oliver, pronto a restituirgli, almeno informalmente, il titolo che gli spettava.

«Loro sono bravi, inutile nascondercelo», fece lui, in tono neutro. «Hanno preparato bene la partita, così come abbiamo fatto noi. Ma a parità di preparazione del gioco è la tecnica a prevalere e loro sono più grandi, più esperti e più veloci. Perciò dovremo trovare un altro modo per batterli.»

«E cioè?», chiese Darlene.

«Li sorprenderemo», rispose Scorpius, concentrato. «Giocheremo in un modo che loro non si aspettano e quando capiranno come fare a contenerci, perché lo capiranno, noi cambieremo ancora.»

Gli occhi accesi dei suoi compagni resero chiaro quanto credessero in lui e Scorpius si assicurò che dal proprio sguardo trasparisse la fiducia gemella che lui provava nei loro confronti, mentre spiegava come muoversi per spiazzare gli avversari e riuscire a segnare.

Alla fine, pronti a dare il massimo, tornarono tutti in sella alle proprie scope. Un attimo prima di prendere il volo, Pete si rivolse a lui dando fondo a tutto il coraggio che aveva.

«Capitano, non pensi che dovresti entrare al mio posto?»

In squadra, tutti rimasero in silenzio, in attesa di una risposta. Era oggettivo che Scorpius fosse più abile di Pete e gli altri, con l'eccezione di Albus, non avevano idea del suo problema con il volo.

«Io ti ho scelto», gli disse con decisione. «Ti ho fatto entrare in squadra, ti ho allenato e ti ho messo in campo oggi perché credo in te. Vuoi dirmi forse che mi sbaglio?»

Pete deglutì, poi scosse la testa.

«Allora vai e dimostralo.»

Un grido di incoraggiamento li accompagnò mentre si avviavano in campo, ma Scorpius affiancò Albus e gli strinse un braccio. «Devi prendere il Boccino prima che lo svantaggio aumenti», disse riconoscendo per la prima volta la superiorità schiacciante degli avversari.

Lui annuì. «James è veloce.»

«Lo so.»

«Farò del mio meglio.»

«So anche questo.»

Si scambiarono un sorriso, poi Albus raggiunse gli altri.

La partita riprese.

Mark riuscì ad appropriarsi della Pluffa e scattò in avanti, subito seguito da Dominique. Fu costretto a un passaggio rapido a Darlene e sebbene lei fosse ben marcata da Luke, la precisione che avevano sviluppato nel corso degli allenamenti li aiutò a mantenere il possesso palla. Neil e Tom scagliarono entrambi i Bolidi contro Phil Zeller, costringendolo a scartare mentre i Battitori di Grifondoro, Beth Randall e Eric Dawlish, volavano a proteggere il loro Cacciatore. Lasciato libero, Pete scattò in picchiata nel momento esatto in cui Darlene scagliò la Pluffa verso terra.

La afferrò con un movimento incerto, ma riuscì a non farla cadere, avanzò verso il più basso degli anelli e tirò.

«E altri dieci punti per Serpeverde!», trillò la voce allegra di Karen Jones. «Perché Pete Deverill non ci sta a farsi credere il più debole della squadra!»

Sbigottiti da quell'azione creativa e che puntava sul meno esperto tra i Cacciatori avversari, i Grifondoro impiegarono qualche secondo per riaversi dalla sorpresa. Luke urlò delle indicazioni, ma non era facile riassettare un'intera squadra a gioco in corso.

«Phil Zeller torna in possesso della Pluffa, la passa al suo capitano un istante prima che Darlene Wheeler riesca a recuperarla.»

Scorpius analizzò i movimenti dei Grifondoro. Erano più compatti rispetto a prima, ma Zeller non era più libero di scattare in avanti: adesso serviva che uno di loro marcasse Pete. Proprio come si era aspettato.

«Pluffa a Zeller. Di nuovo a Goldstein. Weasley. Goldstein. I Grifondoro sembrano preferire passaggi rapidi e corti senza di fatto avanzare verso gli anelli.»

Era naturale, pensò Scorpius. Avevano davanti tutto il tempo del mondo.

«Mark Pearson intercetta la Pluffa e si lancia in avanti, seguito a ruota da Zeller. Luke stringe Darlene al punto che il suo compagno non può passarle la Pluffa ed è costretto a preferire Pete, ma la buona posizione di Dominique Weasley permette ai Grifondoro di tornare in possesso della Pluffa e di riprendere i loro scambi veloci.»

Luke seguiva ancora Darlene, ma gli altri due marcavano a zona, pressando un avversario ciascuno a seconda di quale si trovassero più vicino, come se Mark e Pete fossero pericolosi allo stesso modo. Non era così, ovviamente, ma l'idea di Luke era buona, perché li aiutava a disporsi in campo in una difesa meglio distribuita e a riappropriarsi della Pluffa nel minor tempo possibile.

Nel giro di un'altra ora e mezza, Grifondoro aveva preso tutte le contromisure necessarie a dominare la partita anche contro una Serpeverde che aveva completamente rinnovato il proprio gioco. Un paio di volte James era stato sul punto di afferrare il Boccino, ma Albus, che non era abbastanza veloce da anticiparlo, era riuscito comunque a impedirglielo tagliandogli la strada o affiancandolo fino a spingerlo, in un caso anche facendo guadagnare a Grifondoro un rigore.

Scorpius stava cercando di farsi venire in mente nuove strategie, riflettendo sui punti di forza dei suoi compagni e tentando di sfruttarli contro gli avversari.

«Attenzione, Potter sembra aver visto il Boccino!»

La testa di Scorpius scattò in alto, come quelle della maggior parte degli spettatori.

«Scusate, James Potter. Ma suo fratello non sembra disposto a dargliela vinta tanto facilmente e lo insegue! Per Grifondoro prendere il Boccino significherebbe vincere con uno scarto che le assicurerebbe la vittoria del torneo.»

Scorpius portò lo sguardo sul tabellone del punteggio, come se fissarlo potesse servire a cambiare un risultato che detestava. Duecento a quaranta.

«Incredibile sterzata di Albus Potter, che costa a lui e al suo avversario un attimo di distrazione di troppo. Il Boccino sembra sparito di nuovo.»

Il pubblico si lamentò sonoramente. La partita andava avanti da ore e ogni volta che sembrava sul punto di concludersi Albus riusciva a prolungarla, non senza un certo sforzo.

Scorpius fece un segno a Oliver, che subito richiese a Madama Bumb un time-out.

I ragazzi atterrarono intorno a lui, esausti e con ben poco entusiasmo rimasto. Mark si stese a terra, approfittando dell'interruzione per riposare. Neil e Tom si appoggiarono l'uno all'altro, ma barcollavano entrambi e difficilmente avrebbero potuto sostenersi a vicenda.

«Sedetevi», ordinò Scorpius. «Tutti.»

I suoi compagni obbedirono, Mark sollevò la schiena, pronto ad ascoltare. L'unico troppo irrequieto per restare a terra era Albus, che si rialzò quasi subito con un'occhiata di scuse. Scorpius annuì, comprensivo rispetto alla sua esigenza di scaricare la tensione.

«È quasi finita», promise loro. «Quello che vi chiedo è un ultimo sforzo. Dobbiamo ridurre lo svantaggio e portarci a meno di centocinquanta punti da loro, nel frattempo Albus potrà prendere il Boccino e finalmente chiuderemo questa dannata partita.»

«E come facciamo?», si lamentò Darlene, per la prima volta troppo scoraggiata per mostrare la propria combattività. «Ormai non ci lasciano più giocare. Per ogni nostra mossa loro ne hanno una migliore. E Albus ha tante probabilità di prendere quel Boccino quante ne abbiamo noi di recuperare l'intero svantaggio da soli!» Poi si voltò verso il diretto interessato. «Scusa, ma è vero.»

«Allora ritiriamoci», propose Scorpius. Darlene sbiancò. «Piuttosto che tornare in campo e far finta di continuare a lottare per questa partita preferirei che ci ritirassimo e che gliela dessimo vinta.»

«Non era questo che...»

«Cosa? Non era questo che intendevi?»

«No», ribatté lei, arrossendo. «Mi dispiace. È che non abbiamo possibilità di vincere. Ma questo non vuol dire che dovremmo arrenderci.»

«E quando mai io vi ho chiesto di vincere?»

Il silenzio tra i Serpeverde fu una risposta sufficiente.

«Avete dimenticato qual è il nostro obiettivo?»

«Uscirne a testa alta», rispose Pete, ripetendo le parole che il suo capitano aveva pronunciato durante l'ultimo allenamento.

«Uscirne a testa alta», confermò Scorpius. «E per farlo dovremo provare a ridurre lo svantaggio e a prendere il Boccino. Se non dovessimo riuscirci pazienza, ma per Salazar, nessuno dirà che abbiamo perso questa partita senza aver tentato. E poi, se vogliamo dirla tutta», aggiunse, un po' sovrappensiero, «io non credo che sia così impossibile vincere. Se ognuno farà la sua parte, nel tentativo di fare del nostro meglio, potrebbe anche scapparci un successo inaspettato.»

«Allora come facciamo?», domandò Oliver, e questa volta parve più una richiesta di indicazioni che non una lamentela scoraggiata.

«Ve l'ho già detto», suggerì Scorpius.

«Li sorprenderemo!», rammentò Pete, che era sempre il più attento alle sue parole.

«Esatto. Abbiamo giocato a lungo, quindi noi li conosciamo tanto quanto loro conoscono noi. Sono più bravi nei passaggi corti? Allora non lasciamoglieli fare. Cercate di allargarvi, sparpagliatevi per tutto il campo. Neil e Tom, indirizzate i Bolidi in modo da allontanarli gli uni dagli altri.»

I gemelli annuirono, Darlene e Mark si scambiarono un'occhiata complice.

«Io sono meno preciso», gli ricordò Pete, ma questa volta suonò come una semplice constatazione: cercava soluzioni, non intendeva piangersi addosso.

«Ma questo loro non lo sanno», gli fece notare Scorpius. «Ti marcheranno esattamente come Mark e Darlene. Tu scatta in avanti, loro ti seguiranno come se stessi andando a segnare, invece lo faremo dalle retrovie con tiri più lunghi.»

Lo sguardo di Pete si illuminò, estasiato come sempre dalle idee del suo capitano.

Darlene si alzò in piedi. «Andiamo a giocarcela, allora.»

«Hai qualche consiglio per me?», domandò Albus, in tono amaro, accennando con il capo alla loro compagna. «Perché lei ha ragione, non ho molte possibilità.»

Scorpius sospirò. «No, non ne ho», ammise. «Per i Cercatori non c'è tattica che tenga. Non ci sono movimenti da studiare, posizioni da modificare o strategie da attuare. Siete tu, James e il Boccino.»

«Tu che faresti al posto mio?»

«Proverei a correre più veloce di lui.»

«E forse tu potresti anche riuscirci», replicò Albus. «Ma io no. Sono svantaggiato. Lui è più rapido e più preciso.»

«Lo so. Ma la chiave, quando sei svantaggiato, è sempre la stessa», spiegò.

«Sorprenderlo.»

«Già. Ma non so dirti come», riconobbe Scorpius. Poi gli mise entrambe le mani sulle spalle e puntò gli occhi nei suoi. «È tuo fratello, se c'è qualcuno che lo conosce abbastanza da sorprenderlo quello sei tu.»

Albus attese qualche secondo, come se un'idea stesse prendendo forma nella sua mente. Poi annuì.

Scorpius sorrise. «Adesso andate.»

***

Scorpius aveva avuto un'idea brillante. Come al solito.

Albus osservava dall'alto i propri compagni che si erano sparpagliati. Sui lanci lunghi, i Grifondoro non erano precisi quanto Darlene e Mark, e Neil e Tom scagliavano i Bolidi verso il centro del campo, impedendo loro di riavvicinarsi. Pete si muoveva in sincrono con gli altri, quasi fosse sul punto di ricevere la Pluffa da un momento all'altro, e Phil lo seguiva senza perderlo di vista un secondo.

Darlene segnò, sorprendendo Dominique con un lancio diretto agli anelli da una distanza impressionante. Nello scambio successivo, segnò anche Mark, con un tiro altrettanto spettacolare.

Grifondoro si riprese abbastanza rapidamente da contrattaccare, riuscendo, con non poca fatica, a segnare. La stanchezza aveva fiaccato tutti, ma i Serpeverde sembravano determinati a portare a casa il risultato più dignitoso che riuscivano a ottenere. Perfino Pete, con uno scatto in avanti che sorprese gli avversari, centrò nuovamente gli anelli.

La partita andava avanti da oltre cinque ore, ma Albus era teso come se fosse ancora sul punto di scendere in campo.

Poi lo vide: uno scintillio dorato al margine del suo campo visivo, che ondeggiava in aria riflettendo la luce del sole pomeridiano. Il punteggio era di settanta a duecentodieci e Albus pensò che probabilmente non avrebbe più avuto un'occasione come quella.

Il Boccino era più vicino a James che a lui, ma il fratello non sembrava averlo notato. Si sforzò di non guardare alla propria destra per non rivelargli la posizione del loro obiettivo comune, poi attese che James si distraesse a seguire il gioco dei suoi compagni.

Concentrato al massimo, Albus fece appello a tutto il proprio coraggio e prese un respiro profondo, poi inclinò il corpo verso destra.

E cadde giù dalla scopa.

***

Scorpius sbiancò. Impiegò qualche istante di troppo a comprendere le intenzioni dell'amico, troppo distratto dal terrore che si era impossessato di lui quando lo aveva visto sbilanciarsi.

Albus era appeso alla propria scopa per le mani, mentre il resto del corpo ondeggiava pericolosamente nel vuoto. La Preside McGranitt era in piedi, pronta a intervenire se ci fosse stato bisogno.

James volò in direzione del fratello, incapace di starsene a guardare mentre lui rischiava di sfracellarsi al suolo. Quando fu abbastanza vicino, Albus fece forza sulle braccia e con un solo movimento fluido tornò a cavallo della scopa, lasciando il fratello confuso su cosa fosse successo.

Nel tempo che James impiegò per riaversi dalla sorpresa, Albus scattò in avanti, puntando una direzione precisa che sembrava aver avuto in mente per tutto il tempo. James lo seguì, ma il vantaggio che aveva accumulato e l'intensità con cui stava spingendo la scopa al massimo della velocità permisero ad Albus di restare in testa. Allungò il braccio e...

«Albus Potter ha preso il Boccino!»

Lo stadio fu avvolto nel silenzio per alcuni interminabili secondi, mentre tutti fissavano il tabellone. Il punteggio si aggiornò.

«Serpeverde vince duecentoventi a duecentodieci!»

I tifosi esplosero in grida di gioia. Ci furono abbracci, cori e acclamazioni, e Karen celebrò la vittoria dei Serpeverde ignorando gli insistenti inviti della Preside a mantenere la neutralità.

James sembrava furente, si muoveva in volo più in alto degli altri, ma Goldstein lo raggiunse e lo affiancò, poi gli gettò un braccio sulle spalle e lo costrinse a dirigersi verso i compagni, radunati al centro del campo e pronti a scendere a terra tutti insieme.

I Serpeverde, al contrario, fecero il giro degli spalti, lasciandosi abbracciare dalle urla degli spettatori. Oliver si allungò per dare il cinque a Karen, che saltellava di gioia. Qualche metro più in là, Len sventolava una sciarpa verdeargento come se fosse una bandiera.

Lo vide arrivare a una velocità folle e per un attimo pensò che lo avrebbe travolto, ma Albus smontò dalla scopa a pochi metri da lui, riprendendo subito l'equilibrio e correndogli incontro. Scorpius allargò le braccia giusto in tempo per afferrare l'amico, che si era gettato contro di lui.

«È la tua vittoria», gli disse Albus urlandogli nell'orecchio, per farsi sentire al di sopra del frastuono.

Scorpius lo stringeva così forte che i suoi piedi non toccavano terra. «No, è la tua vittoria.»

Albus portò la testa all'indietro per guardarlo negli occhi, ma rimasero abbracciati. «Allora è la mia per te.»

Fu in quel momento che per la prima volta Scorpius ci pensò davvero.

Non era l'illusione alimentata da una speranza che aveva voluto soffocare per la sua natura arrogante, né la concessione razionale che faceva a se stesso nelle volte in cui sentiva di non avere più abbastanza forza per resistere. Solo in quel momento, mentre Albus condivideva con lui un successo di cui andava fiero, Scorpius sentì nella propria mente l'eco delle parole che lui aveva pronunciato due giorni prima - vorrei che avessi me - e gli lesse nello sguardo un desiderio sincero e spontaneo. E per la prima volta pensò davvero che avrebbero potuto stare insieme. Non in una fantasia strappata al silenzio della solitudine, ma nella realtà.

L'intera squadra li raggiunse e in pochi istanti furono circondati da un abbraccio collettivo.

Albus rise e fu bellissimo vederlo tanto sereno. I loro corpi erano premuti uno contro l'altro per via della stretta dei loro compagni, ma Scorpius non si preoccupò che la situazione potesse essere imbarazzante. Si lasciò schiacciare dall'entusiasmo della squadra e scoppiò a ridere anche lui, mentre strofinava la guancia contro quella del suo migliore amico.

***

Quella sera, la Sala Comune dei Serpeverde ospitò la festa più grande a cui Scorpius avesse partecipato da quando era arrivato a Hogwarts.

Aver battuto Grifondoro di soli dieci punti non rappresentava certo una vittoria schiacciante, ed era probabile che avrebbero comunque perso il campionato, ma la soddisfazione di aver raggiunto un risultato tanto insperato era troppo grande per passare inosservata.

Tutti i membri della squadra erano stati celebrati come campioni, soprattutto Albus, che con la sua trovata era riuscito a spiazzare il fratello e a conquistare il Boccino. Anche Scorpius aveva stretto tante mani e ricevuto complimenti per come aveva gestito la partita dalle retrovie, e si era sentito felice di essere in mezzo ai suoi compagni per la prima volta da quando era tornato a Hogwarts.

Dopo essersi unito ai cori creativi contro i Grifondoro e aver mangiato fin troppi dolci trafugati nelle cucine, Scorpius aveva salutato tutti e si era rifugiato in camera, esausto. Dalla porta chiusa sentiva ancora la confusione e la musica proveniente dalla radio che qualcuno aveva acceso a tutto volume, ma la solitudine della sua stanza gli bastava per trovare un po' di pace.

Era quasi mezzanotte quando Albus lo raggiunse con due calici di vetro tra le mani.

«Cosa leggi?», gli domandò a mo' di saluto.

Scorpius sollevò leggermente la copia di Miti, dei ed eroi dell'Olimpo per mostrare la scritta dorata sulla copertina azzurra. «È una raccolta di storie Babbane», spiegò, «ma piene di magia.»

Albus sorrise e si sedette sul letto, vicino alle sue gambe. «Suona piuttosto buffo.»

«Me le leggeva mia madre da piccolo.»

«Qual è la tua preferita?»

Lui non ebbe bisogno di riflettere. «Achille è il migliore tra tutti gli eroi», replicò. «È forte, coraggioso, ma ha anche un animo buono e leale. E il suo rapporto con Patroclo mi ha sempre affascinato.»

«Patroclo?»

«Il suo scudiero.» Tese le labbra, poi si corresse: «Il suo migliore amico, l'unico per cui Achille abbia mai messo da parte le proprie convinzioni. Per vendicare la sua morte rase al suolo una città intera, in preda al dolore. Erano molto legati, potevano contare l'uno sull'altro per qualsiasi cosa.»

«Come noi», commentò semplicemente Albus.

Scorpius percorse con le dita il margine intonso di una pagina, distogliendo l'attenzione da lui. «Erano più che amici: li univa un sentimento profondo e... il desiderio che provavano l'uno per l'altro.»

«Come noi», ripeté ancora Albus, senza alcuna esitazione.

Scorpius si lasciò sfuggire un sospiro e riportò gli occhi sul suo viso, conscio dell'emozione che l'amico avrebbe potuto leggergli nello sguardo. «Se continui a dire queste cose finirò per crederci.»

Albus si accigliò. «Sarebbe anche ora.»

Rimasero in silenzio per un tempo che parve interminabile. A un certo punto, Scorpius si rese conto di aver schiuso le labbra sotto lo sguardo fisso dell'amico. Le richiuse.

Avrebbe voluto baciarlo. Lo voleva sempre, in realtà, proprio come gli aveva confessato giorni addietro, ma adesso che esisteva la concreta possibilità di non essere respinto resistere all'impulso gli costava uno sforzo maggiore. Strinse i pugni e si impose autocontrollo.

Albus era in evidente difficoltà, ma non sembrava intenzionato a recedere dai suoi propositi. Sollevò gli occhi solo per puntarli nei suoi e con un'insolita risolutezza si sporse in avanti fino ad avvicinare i loro volti.

Scorpius trattenne il respiro.

Erano vicinissimi, quasi pelle contro pelle. Si erano sfiorati tante volte, eppure quel contatto sembrava troppo ingombrante per richiamare ciò a cui erano abituati.

Poi Albus crollò con la fronte sulla sua spalla. «Mi dispiace tanto», disse, nascondendogli il viso. «Non so che mi prenda.»

Scorpius gli avvolse un braccio intorno al corpo. «Non c'è niente di cui debba scusarti.»

Lui sospirò pesantemente, frustrato.

«E questi?», domandò Scorpius indicando i calici, per cambiare argomento. Il cuore gli batteva all'impazzata e aveva bisogno anche lui di distrarsi. Avrebbe voluto che il tumulto nella sua gabbia toracica passasse inosservato, ma Albus teneva l'orecchio premuto contro il suo collo, quindi doveva averlo notato.

Gli porse un bicchiere. «Per te. Ma non bere ancora.»

Lo accettò e attese in silenzio, mentre l'amico si separava da lui e gettava uno sguardo all'orologio.

«Sono veri o rischiamo che sia il rospo di qualcuno a contenere questo...», diede un'occhiata professionale al liquido scarlatto contenuto nei calici, «...Rum di Ribes Rosso?»

Albus scoppiò a ridere. «Puoi stare tranquillo.» Poi, d'improvviso, si fece pensieroso. «Almeno credo. In effetti non so come se li siano procurati.»

Scorpius inarcò un sopracciglio, ma non ebbe il tempo di fare un'altra battuta in merito che l'amico sollevò lo sguardo dall'orologio e gli rivolse un sorriso. «Buon compleanno!»

Fecero tintinnare i calici con un tocco delicato. «Grazie.»

Buttarono giù il contenuto in pochi sorsi: Scorpius ne apprezzava particolarmente il sapore, mentre Albus, che invero non ne era per niente attratto e si era limitato a sceglierlo secondo i gusti dell'amico, sembrava voler cercare il coraggio sul fondo di un bicchiere.

Vedendolo in difficoltà, Scorpius mise via il libro e prese la bacchetta. La puntò contro il calice ormai vuoto, si schiarì la voce e scandì: «Reparifarge

Non comparve alcun rospo, ma Albus rise di nuovo.

«Così mi sento più tranquillo», spiegò serafico.

Con l'ombra di una risata ancora sulle labbra, Albus lo baciò.

Fu un contatto leggero, quasi accennato, e Scorpius rimase immobile sotto la pressione impercettibile dalla bocca del suo migliore amico.

Gli sembrava impossibile che avesse esattamente lo stesso sapore che aveva sempre immaginato, quasi la conoscenza profonda di lui gli fosse stata sufficiente a ricostruire ciò che gli mancava da testare in prima persona. Soltanto il sentore del Ribes Rosso lo convinse che quanto stava accadendo era reale. E quando Albus schiuse le labbra e i loro respiri si fusero, Scorpius avvertì all'altezza dello stomaco una dolcissima fitta a cui non era affatto preparato.

Avrebbe voluto stringerlo, imporre a quel bacio il ritmo dettato dall'urgenza che gli faceva tremare le mani, ma rammentò a se stesso che l'amico stava sperimentando per la prima volta sentimenti con cui lui aveva potuto confrontarsi molto più a lungo. Perciò chiuse gli occhi e attese, godendosi la tenerezza del contatto e l'intensità delle proprie emozioni.

Albus si separò da lui con il fiato spezzato, come se avesse perso il ritmo del proprio respiro mentre lo baciava. Aveva gli occhi lucidi e l'espressione rapita. Non c'era più traccia dell'esitazione che aveva mostrato fino a poco prima e non si era allontanato di molto, quasi pensasse di riportare le labbra sulle sue da un momento all'altro.

Sembrava coinvolto.

Glielo aveva sentito dire più volte, ci aveva anche creduto, ma vederlo era tutt'altra storia.

Perciò, decise che il tempo di controllarsi era finito.

Gli tolse il bicchiere che aveva tra le dita e che sembrava sul punto di lasciar cadere, quindi lo posò sul comodino assieme al proprio. Gli circondò il viso con le mani ed esitò soltanto un istante, per dargli il tempo di tirarsi indietro se avesse voluto. Quando non lo fece, Scorpius si prese il bacio che aveva sempre desiderato.

Spinse la lingua a inseguire la sua, cercando il proprio respiro direttamente nella sua bocca. Non si era mai accorto di quanto bruciante fosse la mancanza che provava fino al momento in cui si era sentito completo.

Si era sporto in avanti e Albus aveva dovuto aggrapparsi a lui, ma non sembrava affatto infastidito dal suo impeto. Al contrario, gli aveva infilato le dita nei capelli e lo stava stringendo a sé.

Quando Scorpius si addolcì, imponendosi di non spingerlo a stendersi sul suo letto e portando un braccio dietro la sua schiena, Albus non si accontentò della carezza delle sue labbra e gli morse quello inferiore.

Scorpius sorrise e si spostò, depositando una scia di baci lungo la mascella fino all'orecchio. Sentì sfuggirgli un sospiro e fu felice di riconoscerlo come un apprezzamento.

Rimasero abbracciati a lungo, le labbra di Scorpius premute contro il suo collo nel tentativo di imprimersi nella memoria la dolcezza di quel momento e il sapore e l'odore della sua pelle.

Quando Albus strofinò il mento contro i suoi capelli, lui si sollevò per guardarlo. L'ombra della confusione che animava gli occhi verdi non bastava a nascondere le sue emozioni.

«Questo che significa?», gli domandò esitante.

Desiderava soltanto dargli la risposta giusta, qualunque essa fosse. Qualcosa dentro di lui che fino a quel momento era stata fuori posto era tornata a incastrarsi con tutto il resto. Sebbene fosse consapevole che aver conosciuto il sapore delle sue labbra avrebbe significato solo desiderarle ancora, in quel momento gli parve che quel singolo bacio avrebbe potuto bastargli per sempre.

«Quello che vuoi», rispose soltanto. «Tutto, niente, o solo qualcosa. Può significare quello che vuoi.»

«Per te che significa?»

Scorpius chiuse gli occhi. Non ce la faceva a sostenere il suo sguardo mentre gli chiedeva una cosa del genere, tanto più che non era certo di dover rispondere. Non voleva turbarlo, né fargli pressione, ma cosa avrebbe potuto dire di sincero che non fosse l'enormità di ciò che provava?

Albus comprese la natura del suo silenzio. «Per favore, dimmelo.»

«Significa che la mia immaginazione non ti rende giustizia.»

Non sapeva cosa aspettarsi, se un profondo imbarazzo o una punta di terrore improvviso, ma Albus lo stupì con il sorriso dolce che accompagnò la sua replica: «È bello sentirsi all'altezza di qualcosa, per una volta. Ma in realtà con te è sempre così: è incredibile che tu abbia aspettative tanto alte su di me, e allo stesso tempo che tu riesca a ritenerle sempre soddisfatte.»

Scorpius gli strinse una mano. Forse Albus non avrebbe mai capito cosa vedeva lui quando lo guardava. «Tu non mi hai mai deluso. Mai.»

La porta si schiuse, facendoli sobbalzare. Albus si allontanò leggermente e si voltò a fronteggiare l'intruso.

«Avete visto Freccia?», domandò Tom, guardandosi intorno distrattamente.

«No», risposero entrambi all'unisono.

L'amico ridacchiò. «Che buffo, l'avete detto insieme! Anche io e Neil lo facciamo.»

Era palesemente ubriaco e doveva aver già dimenticato il motivo per cui era tornato in camera perché rimase sull'uscio senza sapere bene cosa fare.

«Hai provato a trasfigurare i calici che hanno usato per la festa?», suggerì Scorpius.

Tom parve confuso.

«Reparifarge», gli rammentò.

Quella formula parve innescare qualche collegamento nella sua mente, perché spalancò la bocca, sconvolto. Poi si allontanò di colpo, lasciando la porta aperta. Scorpius la richiuse con un colpo di bacchetta.

Albus, che fino a quel aveva fatto del suo meglio per non scoppiare a ridere, si lasciò andare e Scorpius si unì a lui.

Placata l'ilarità, Albus gli si avvicinò di nuovo, poggiando la fronte contro la sua. «Perché non ti unisci alla festa? A quest'ora saranno tutti ubriachi, sarà divertente.»

Lui scosse piano la testa, senza interrompere il contatto. «Va' tu. Goditi la serata.»

Albus si allontanò e lo osservò, incerto sul da farsi.

«Mi troverai ancora qui al tuo ritorno. Forse addormentato, ma ci sarò», gli fece notare Scorpius. «E anche domani. E il giorno dopo.»

Lui si illuminò e gli rivolse un enorme sorriso.

«Vai», ripeté, dandogli una spinta affettuosa sulla spalla.

Albus gli sfiorò le labbra con un bacio rapidissimo. «Buonanotte.»

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Note

Così come i membri della squadra di Serpeverde, anche i giocatori di Grifondoro non appartengono tutti al canon. Con l'eccezione di James Sirius Potter (Cercatore) e Dominique Weasley (Cacciatrice), gli altri sono personaggi originali. Jordan Kirke, il Portiere, era già stato citato nei capitoli precedenti, così come Luke Goldstein, Capitano e Cacciatore. Si aggiunge Phil Zeller, terzo Cacciatore, il cui cognome è tratto dai libri della Rowling.

La scena di Karen Jones che commenta la partita con preferenza per i Serpeverde e viene ripresa dalla McGranitt è un voluto richiamo a Lee Jordan e alle situazioni analoghe che compaiono nel canon.

Reparifarge è il controincantesimo di Fera Verto, che serve a trasfigurare gli animali in calici.

Come al solito, un ringraziamento a chi continua a seguire questa storia. ♥

Alla prossima!

Futeki

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