1. Cuore e mente insieme

Anima nuda

Il tuo Respiro ha il tempo di riprendersi –
Il Cervello – di gorgogliare Indifferente
Scatta – Solitario – imperiale – il Fulmine –
Che scotenna la tua Anima nuda.

(E. Dickinson)

Volavano i sussurri, a Hogwarts, voci leggere come fiocchi di neve trasportati dal vento. S'infiltravano nelle fessure e scivolavano lungo le pareti, come instancabili spifferi capaci di penetrare perfino le imponenti mura del castello. Laddove al freddo invernale non era concesso di entrare e la brina si fermava contro le ampie vetrate della scuola, le voci degli studenti avanzavano implacabili, sospinte dal caldo entusiasmo che scioglieva la corazza ghiacciata dei segreti come neve al sole, mentre la storia di uno diventava la storia di tutti.

I

Cuore e mente insieme

Il cuore è la capitale della mente –
la mente è uno stato singolo –
cuore e mente insieme compongono
un singolo continente. [...]

(E. Dickinson)

Poiché aveva le mani troppo impegnate per poterle utilizzare, Albus aprì la porta della propria stanza nel dormitorio maschile di Serpeverde usando il gomito e facendo forza sulla spalla, con l'abilità di chi ha imparato ad arrangiarsi anche senza utilizzare una bacchetta. Il suo migliore amico era seduto sul proprio letto, accanto al suo, ed era così preso da ciò che stava scrivendo da impiegare qualche istante per alzare gli occhi su di lui.

Albus aprì i fagotti di cibo, adagiandoli sul comodino. «Vengo portando doni», annunciò con un mezzo sorriso. «Non eri a cena, quindi ho pensato avessi fame.»

Catturata la sua attenzione, Scorpius Malfoy sbatté le palpebre più volte, in un'espressione a metà tra la sorpresa e la commozione che risultava piuttosto divertente. «Sei il mio eroe.»

Come a sottolineare quell'affermazione, il suo stomaco brontolò e Albus scoppiò a ridere.

«Che stai facendo?», gli domandò sedendosi accanto a lui e sbirciando al di là della sua spalla. Portò il viso vicinissimo al suo, sfiorandogli l'orecchio con la guancia. «Il tema di Pozioni», si rispose da solo, per evitare il fastidio a lui, che aveva addentato un panino. «Com'è possibile che tu non l'abbia ancora finito?»

Scorpius scosse la testa, fintamente contrito. «Il tempo cospira contro di me», annunciò quando ebbe mandato giù il boccone. «È impossibile che io riesca a fare tutti i compiti e contemporaneamente ricordarmi di attività secondarie quali mangiare e dormire.»

Albus alzò gli occhi al cielo, ma non poté impedirsi di sorridere. «Se ti alleni quasi tutti giorni e nei restanti studi schemi di Quidditch anziché le materie di scuola, è ovvio che il tempo non ti basti.»

«Non rimproverarmi», brontolò l'altro. «Ricordati che mi hai abbandonato.»

Lui sbuffò, stavolta senza alcuna traccia di divertimento. Gli era dispiaciuto lasciare la squadra, soprattutto nell'anno in cui il suo migliore amico era diventato capitano, ma se voleva essere sicuro di superare i G.U.F.O. con buoni voti, non poteva permettersi distrazioni. A differenza di Scorpius, che riusciva a ottenere sempre risultati impeccabili con il minimo sforzo, lui aveva dovuto imparare a sacrificare qualcosa in favore di obiettivi più importanti.

«Ci sei già tu come Cercatore», ribatté. «Non avete bisogno di me.»

La motivazione debole spinse Scorpius a rivolgergli uno sguardo deciso e ad approfondire la questione. «Certo che ne abbiamo bisogno», gli fece presente. «Mi serve assolutamente un Cacciatore per sbattere in panchina Pete, quel ragazzino del secondo anno che ho dovuto ammettere in squadra solo perché eravamo disperati.»

«Io sarei un pessimo Cacciatore.»

«Vero, ma io no», replicò senza alcuna traccia di arroganza. «E se ci fossi tu come Cercatore...» Lasciò la frase incompleta, sperando forse che Albus pronunciasse ad alta voce l'ovvia conclusione che gli sarebbe valsa una speranza.

Lui scosse la testa. «Devo studiare, lo sai.»

«Ci divideremo i compiti», suggerì con semplicità. «Tu Pozioni ed Erbologia, io Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure. Poi ce li scambiamo, li copiamo, e il gioco è fatto.»

Albus scoppiò a ridere, strappando un sorriso anche a lui, che fino a quel momento era rimasto incredibilmente serio, a sostenere la lucidità della sua proposta.

«Non sto scherzando», insisté. «Vorrei che tornassi in squadra. Amo il Quidditch, ma odio fare le cose senza di te.»

Lui scosse la testa, ma anziché rispondere con un altro rifiuto estrasse la bacchetta e appellò il suo compito di Pozioni dalla borsa, adagiandolo sul letto di Scorpius.

In quel momento, la porta si aprì e Neil Sutter fece capolino all'interno. «Avete visto Freccia?»

Segni di diniego da entrambi.

Un'imprecazione di cui Salazar Serpeverde in persona sarebbe andato fiero si levò dal corridoio e Neil sospirò. «Ha perso di nuovo il nostro dannato ratto.»

I gemelli Sutter erano tanto simili nell'aspetto quanto diversi nel carattere. Albus li aveva conosciuti al primo anno, quando lui e Scorpius avevano scoperto che avrebbero diviso la stanza con loro, e avevano costruito nel tempo una buona amicizia. Ma mentre Neil era pacifico ed equilibrato, suo fratello Tom era piuttosto irascibile, soprattutto quando il suo adorato topo – che tentava la fuga a giorni alterni per sottrarsi ai tremendi tentativi del padrone di esercitarsi nei basilari incantesimi di Trasfigurazione – spariva senza lasciare traccia.

«Qui non c'è», disse Scorpius convinto. «Sono chiuso in questa stanza da un paio d'ore e se ci fosse stato dubito che sarebbe rimasto nascosto senza muoversi.»

Albus non era affatto sicuro che avesse ragione: Freccia era discretamente intelligente e lui non sarebbe stato sorpreso di scoprirlo infilato da qualche parte per sfuggire a Tom.

Neil scivolò all'interno della camera e si chiuse la porta alle spalle con un sospiro. «Questo dormitorio sta diventando una gabbia di matti», sentenziò, guardandoli annuire concordi.

«Che state facendo?», domandò. «Ditemi che vi serve il mio aiuto, così posso piantare in asso mio fratello e lasciarlo a dare la caccia al topo da solo.»

«Cercavo di convincere Albus a tornare in squadra», rispose Scorpius, addentando poi il panino e lasciando il diretto interessato in balia delle pressioni del nuovo arrivato.

Gli occhi di Neil si illuminarono, mentre si avvicinava a loro e giungeva a una grande conclusione. «Merlino, se tornassi potremmo fare a meno di Pete.»

«È quello che ho detto anch'io!», sottolineò l'amico tra un morso e l'altro.

Albus scosse la testa. «Non se ne parla.»

Neil e Tom erano entrati in squadra due anni prima, rivelandosi un'ottima coppia di Battitori grazie alle spalle larghe e all'altezza imponente di entrambi. Tuttavia, Scorpius sosteneva che il loro reale punto di forza fosse la sintonia con cui istintivamente si spostavano sul campo.

«Per favore!», insisté Neil, ormai entusiasmato dalla possibilità di mettere da parte il povero Pete. «Hai idea di quanto ci saresti utile? Se sabato scorso avessimo giocato contro Grifondoro come da calendario ci avrebbero stracciati. Non si vincono le partite con un Cacciatore in meno.»

Albus scoppiò a ridere, sentendosi in colpa per quel ragazzo le cui abilità erano state già denigrate a lungo senza che lui potesse difendersi.

«Avremmo perso anche se la partita non fosse stata rimandata e Grifondoro avesse giocato con un sostituto Portiere incapace», precisò Scorpius. «Perché Pete sarebbe in grado pure di segnare negli anelli sbagliati

«È per questo che hai accettato la richiesta di Grifondoro di spostare l'incontro», intuì Albus. «Volevi guadagnare tempo.»

«Ho dovuto farmi pregare un po'», spiegò. «Sai, per salvare le apparenze. Ma è stato un vero colpo di fortuna.»

«Sarà stato uno dei nostri ad affatturare il loro Portiere, salvandoci dalla figuraccia», intervenne Neil, battendo con la mano sulla spalla di Scorpius.

«Che gli è successo?»

«La sua pelle si è misteriosamente ricoperta di bolle che Madama Abbott non riesce a far sparire in nessun modo. Forse è opera di un incantesimo, ma lui dice di non ricordare chi sia stato a lanciarglielo.»

Albus rivolse un'occhiata tagliente a Scorpius, che scosse il capo. «Non guardare me, io non ci avevo pensato. Mi sono limitato ad accettare a malincuore di andare incontro ai nostri avversari.»

Lui ridacchiò, ma gli credette. «Quando si recupera la partita?»

«Subito prima delle feste di Natale», rispose Neil. «Ma non metterci troppo a tornare, non vedo l'ora di fare un allenamento come si deve.»

Sogghignò e Scorpius si unì a lui.

Per quanto fosse tentato, Albus sapeva di non potergliela dare vinta. Il suo sogno era di diventare un Auror e per accedere ai M.A.G.O. che gli servivano per farlo doveva superare i G.U.F.O. con il massimo dei voti.

«Ci penserò», disse in tono leggero, per evitare che insistessero ancora.

Scorpius lo guardò dispiaciuto, cogliendo il significato nascosto nelle sue parole, ma Neil si lasciò ingannare.

Batté la mano sulla spalla anche a lui. «Fa' in fretta, abbiamo una coppa da vincere.»

***

I fuochi erano già accesi sotto i calderoni mentre gli studenti di Serpeverde e Corvonero prendevano posto per la lezione di Pozioni e raccoglievano gli ingredienti necessari. Scorpius si avvicinò alla cattedra e vi lasciò cadere il rotolo di pergamena con il suo tema, accanto agli altri che i suoi compagni avevano consegnato. Nel ritornare al proprio posto, lanciò un'occhiata carica di gratitudine ad Albus, che gli aveva permesso di prendere spunto dal suo.

L'amico gli sorrise. «Sbaglio o la professoressa Snyde è in ritardo?»

Per tutta risposta, lui si illuminò. «Minuti sottratti allo strazio delle lezioni.»

Il tonfo con cui un libro atterrò sul loro banco, abbandonato da una mano tanto elegante quanto priva di cura, interruppe quello scambio di battute, assorbendo completamente l'attenzione dei due ragazzi. Eleanor Zabini li salutò con un sorriso che a Scorpius suggerì l'immagine di una meravigliosa pianta carnivora, pronta a sedurre le sue vittime e a divorarle alla prima disattenzione.

«Buongiorno a te», bofonchiò lui, mentre Albus si sporgeva per osservare la copertina. «Che c'è, il tuo zaino è troppo pesante e vuoi che ti alleggeriamo il carico?»

La ragazza si illuminò. «Sarebbe carino», commentò, soppesando l'idea.

«Sillabario dei sortilegi», lesse Albus, confuso. «Noi neanche lo seguiamo, il corso di Antiche Rune.»

«Questo non è mio», precisò lei, gettando un'occhiata disgustata al volume, che sebbene in buono stato presentava inequivocabili segni di usura. «Vorrei che lo riconsegnaste per me.»

«Quando la smetterai di trattarci come se fossimo i tuoi Elfi Domestici?», sbottò Scorpius, senza fare nulla per nascondere il proprio fastidio.

La replica fu anticipata dalla domanda di Albus, che nel frattempo aveva aperto la prima pagina. «Perché hai tu il libro di Rose?»

Lei si produsse in una scrollata di spalle che era la quintessenza dell'indifferenza. «E chi lo sa. Quel che è certo è che tua cugina lo ha cercato disperatamente per giorni in vista del compito da consegnare domani, ma ho saputo che alla fine è riuscita a procurarsene un altro dalla Biblioteca.»

Lui le rivolse un'occhiata di traverso. «Hai rubato il sillabario a Rose per metterla in difficoltà?»

«Io non l'ho mai detto.»

Scorpius alzò gli occhi al cielo. «Non che ci sia bisogno di confermarlo, Len.»

«Sei tremenda», fece Albus, scuotendo la testa. «Questa rivalità tra voi inizia a diventare controproducente.»

Len spalancò la bocca in un'espressione di finto sbigottimento. «Per carità!», ribatté portandosi la mano al cuore. «La nostra sana competizione è uno stimolo per entrambe.»

«Certo», fece Scorpius. «Come quella volta in cui le hai riempito la borsa di terriccio durante la lezione di Erbologia. Molto stimolante

«Il professor Paciock ci ha tolto venti punti», rimarcò Albus.

«O quella volta in cui lei ha lanciato una fattura sulle tue piume, che iniziarono a volare in giro per l'aula durante la lezione di Incantesimi.»

«Dieci punti in meno a noi, ma venti a Grifondoro», concesse l'amico.

«O quella volta in cui...»

«Va bene», tagliò corto Len. «Ci siamo fatte qualche scherzetto innocente a vicenda, negli ultimi tempi.»

«Perché non la lasci in pace?», suggerì Scorpius, sapendo di dare voce anche ai pensieri di Albus, che si limitò ad annuire.

La ragazza si accigliò. «Le farò la cortesia di essere l'unica a non trattarla con i guanti.»

Quella risposta li zittì entrambi, colpevoli di essere stati fin troppo protettivi nei confronti di Rose. Scorpius, in particolare, aveva fatto del suo meglio per evitarle qualunque fastidio, forse per lenire il senso di colpa che provava da quando si erano lasciati.

Era stata lei a porre fine alla loro relazione, ma solo perché lui, dopo numerose insistenze da parte della ragazza, aveva trovato il coraggio di ammettere di non esserne innamorato. C'era una sottile differenza tra provare un sentimento e desiderare che fosse così, e a Rose non erano bastate le sue buone intenzioni, perché, gli aveva detto, volere tanto una cosa su cui non si ha controllo non contribuisce affatto a farla accadere. Perciò lui aveva taciuto: aveva sopportato il suo sguardo ferito e il peso delle lacrime che lei non era riuscita a celargli con la sola forza dell'orgoglio, quando il dolore era diventato troppo perché potesse nasconderlo in profondità dentro di sé. Era rimasto in silenzio anche mentre lei, in pochi secondi, si ricomponeva e gli diceva che tra loro era finita, che aveva bisogno di stare da sola e di non vederlo per un po'. Scorpius aveva annuito, risparmiandole di sentirsi chiedere se poteva fare qualcosa, perché la conosceva abbastanza bene da immaginare la risata amara che avrebbe accompagnato una risposta altrettanto graffiante – «Se sei il problema, come potresti essere anche la soluzione?»

«Sei proprio una persona caritatevole», commentò acido. «Mi domando come mai tu non sia tra i Tassorosso.»

Len gli rivolse un sorriso furbo che tradiva una vena di dolcezza, forse intuendo la reale direzione dei suoi pensieri. Gli diede un colpetto sul braccio, che a modo suo voleva essere affettuoso – anche se nessuno, a parte lui che la conosceva così bene, avrebbe potuto capirlo.

«Perché senza di me sareste persi.»

Fu il turno di Albus di alzare gli occhi al cielo, mentre la professoressa Snyde varcava la soglia dell'aula, seguita da un uomo dai capelli scuri e la barba curata.

Len lo vide e si accigliò.

«Che ci fa qui il professor Corner?», sussurrò Scorpius, dando voce ai dubbi di tutti.

Albus si incupì. «Forse siamo nei guai.»

Affascinante insegnante di Incantesimi e direttore della Casa di Corvonero, il professor Michael Corner vantava una passata frequentazione adolescenziale con Ginny Weasley e lui lo aveva avuto in antipatia fin dal primo giorno senza alcun motivo che non riguardasse il semplice figurarselo mentre pomiciava con sua madre. Scorpius osservò il suo amico guardare in tralice il docente e represse a stento una risata di fronte alla sua espressione infastidita.

«Prendete posto, ragazzi», li richiamò all'ordine la professoressa Snyde, con il consueto tono severo.

«Se siamo riusciti a riunire i direttori di ben due Case l'abbiamo fatta grossa», mormorò Len, troppo divertita per dare il giusto peso alle sue stesse parole. Si sistemò nel banco accanto al loro, con la sua compagna di Pozioni, Karen Jones, proprio mentre l'insegnante cominciava a parlare.

«Quest'anno il corpo docenti ha deciso di introdurre una nuova opportunità didattica finalizzata a farvi cooperare per mettere in pratica le conoscenze che avete acquisito in questi anni», annunciò con espressione soddisfatta.

«Perché gli esperimenti toccano sempre a noi?», si lamentò Scorpius sottovoce, ottenendo in risposta un sospiro di comprensione dal suo amico.

«In previsione dei G.U.F.O., vi proponiamo di lavorare a qualcosa che metta in risalto le vostre qualità di maghi», intervenne il professor Corner, «dando prova di ciò che vi riesce meglio e al contempo imparando a gestire da soli un'iniziativa per la quale avrete la massima libertà, il che può essere un vantaggio oppure no, a seconda che riusciate o meno a collaborare, sfruttando i vostri punti di forza e compensando le debolezze dei vostri compagni.»

Nell'aula si era già diffuso un mormorio sommesso, mentre tutti si chiedevano che cosa avrebbero dovuto fare nello specifico.

«Non mi piace», sussurrò Albus, la fronte solcata da rughe di preoccupazione.

Nascosto dal banco, Scorpius gli strinse il braccio in un gesto rassicurante. Sapeva che era piuttosto inquieto riguardo al rendimento scolastico che avrebbe dovuto mantenere quell'anno, e un nuovo impegno da aggiungere alla già notevole mole di compiti non era una buona notizia.

«Sarà un lavoro di gruppo», gli ricordò nel tentativo di infondergli un po' di fiducia, forte della convinzione che insieme potevano fare qualunque cosa. Lui si limitò a rivolgergli un mezzo sorriso.

La professoressa Snyde lisciò una piega invisibile sulla gonna e si sistemò i capelli biondi già perfettamente in ordine, per lasciare loro qualche istante per assimilare la notizia, prima di procedere all'annuncio definitivo. Si schiarì la voce.

«Lavorerete in gruppi di tre e avrete due mesi e mezzo di tempo, vale a dire fino alla fine di gennaio. Il vostro compito sarà di portare a termine un progetto interdisciplinare.» Una breve pausa le assicurò l'attenzione di tutti e il silenzio assoluto. «Dovrete inventare e realizzare, secondo la vostra fantasia, un oggetto magico

***

«Potremmo affatturare delle piume», suggerì Albus, guardando speranzoso verso di lui. «Rose sa certamente come fare.»

Sapeva benissimo anche da solo che il tentativo di cavarsela in quel modo era piuttosto debole, ma Scorpius non ebbe il cuore di dirglielo ad alta voce.

Len, invece, non si fece problemi. «Non vogliono un oggetto incantato, ma un oggetto magico», precisò in tono esausto. «Dev'essere realizzato in modo da esercitare la magia e non da subirla e basta.»

Quando avevano dovuto scrivere sulla pergamena della professoressa Snyde i loro nomi per il progetto, nessuno di tutti e tre aveva esitato nel considerarsi parte dello stesso gruppo. Se da un lato era chiaro che Scorpius e Albus avrebbero lavorato insieme in ogni occasione, dall'altro l'aggiunta di Len rendeva eccellente un lavoro di squadra che era già molto buono. Nonostante il suo caratterino, voleva sinceramente bene a entrambi e loro ricambiavano quell'affetto con una semplicità che ad altri sarebbe sfuggita. C'erano solide basi di stima reciproca nel loro rapporto, anni di scuola condivisi tra compiti e crescita personale, durante i quali lei aveva messo da parte il suo atteggiamento altezzoso per rivelarsi una vera amica e loro avevano imparato ad aprire la ristretta cerchia composta di soli due elementi a un terzo componente molto prezioso.

Scorpius la conosceva fin da quando erano piccoli, perché i loro padri erano stati compagni di scuola e si frequentavano ancora da adulti, ma non le aveva mai prestato troppa attenzione fino a che, al secondo anno, lei gli aveva chiesto di copiare dei compiti accennando all'amicizia dei loro genitori come giustificazione per la sfrontatezza di quella domanda. Scorpius aveva riso della sua sfacciataggine e ammirato la capacità che aveva di cavarsela con la retorica, quindi aveva acconsentito senza battere ciglio. Lei, da parte sua, come gli avrebbe confidato solo tempo dopo, era rimasta piacevolmente colpita dalla sua reazione e dalle qualità che aveva mostrato di apprezzare in lei.

«Si accettano proposte», bofonchiò Albus scoraggiato, appoggiandosi a un muro nel bel mezzo del corridoio.

Len non seppe cosa replicare, quindi rimase insolitamente silenziosa.

La lezione di Pozioni era trascorsa in fretta tra le domande dei ragazzi e le risposte degli insegnanti sul progetto. L'eccitazione era progressivamente cresciuta, coinvolgendo quasi tutti i presenti, che non vedevano l'ora di lanciarsi in un compito che, per una volta, prometteva di essere davvero interessante. L'unica eccezione all'entusiasmo generale era rappresentata proprio da Albus, che vedeva di fronte a sé soltanto un impegno ulteriore che gli avrebbe impedito di fare al meglio tutto ciò che doveva.

«È un lavoro extra», gli ricordò Scorpius, per restituire il giusto peso alla situazione. «Se andrà bene avremo un buon voto nelle materie che avremo mostrato di saper mettere in pratica, ma se dovesse andare male», esitò, puntando gli occhi nei suoi e sfidandolo a osare preoccuparsi anche solo per un secondo di quell'eventualità, «non accadrà niente.»

Albus sospirò. «Hai ragione, mi sto facendo prendere dal panico senza motivo.»

«Consideriamolo come qualcosa di divertente», suggerì Len, mostrando un briciolo di quell'empatia che solitamente celava con cura. «Un'occasione per passare del tempo insieme e sperimentare un po'. Ci sarà pure un oggetto interessante che vorresti inventare: qualunque cosa sia possiamo provarci, non abbiamo niente da perdere.»

Lui sorrise e Scorpius finalmente si rilassò nel vederlo meno turbato. Continuò a scrutarlo con attenzione, mentre l'altro si rivolgeva a Len.

«Be', se la metti così, posso pensare a decine di cose che mi piacerebbe realizzare senza avere la minima idea di come farlo», rispose Albus, che tornò a guardarlo, puntando gli occhi nei suoi. Per un brevissimo istante, Scorpius si lasciò distrarre dal verde impalpabile delle sue iridi e gli sovvenne che una volta, moltissimo tempo prima, aveva pensato che fossero esattamente del colore che nella sua immaginazione avrebbe avuto la vita, se avesse dovuto attribuirgliene uno.

Verdi come foreste di alberi rigogliosi, distese d'erba infinite, rampicanti che rivestivano il freddo grigio della pietra di un'esistenza nuova.

Si riscosse giusto in tempo per elaborare nella mente le parole che le sue orecchie avevano appena udito.

«Sarebbe molto utile un oggetto capace di mostrare ciò che c'è nell'anima delle persone», aveva detto Albus, senza alcuna traccia dell'inquietudine che aveva provato fino a poco tempo prima. «Qualcosa che riveli i pensieri più intimi e i segreti più profondi di ognuno.»

Scorpius gli regalò un mezzo sorriso. «Un incubo degno delle Arti Oscure», commentò amaro.

Lui si accigliò. «Io veramente pensavo a una magia molto positiva, in grado di raggiungere il cuore della gente.»

Le labbra gli si distesero involontariamente in un'espressione più dolce e Scorpius mise una mano sulla sua testa, scompigliandogli i capelli in un gesto affettuoso che gli rivolgeva spesso. Certo che lo pensava, rifletté, lui immaginava sempre la versione più pura di ogni cosa. Era Scorpius a cercare l'inganno e il pericolo in tutte le occasioni, anche nelle più innocue, ed era ben felice di lasciare che tra loro due fosse Albus a vedere la bellezza ovunque.

«Farò un po' di ricerche», si offrì Len.

Avevano un'ora libera prima della lezione successiva, ma tutt'intorno a loro i ragazzi si affrettavano per raggiungere le rispettive aule. Fu Scorpius a vedere per primo quella che considerava la faccia più irritante di tutta Hogwarts, ma tacque nella speranza di non essere costretto a uno scontro mattutino.

«C'è mio fratello», disse invece Albus, accorgendosi della sua presenza.

James Sirius Potter era un insopportabile arrogante che si ritrovava a condividere il sangue di quel ragazzo per quello che Scorpius riteneva uno scherzo del destino. Se da un lato Albus era la persona più gentile che avesse mai conosciuto, dall'altro suo fratello metteva quotidianamente alla prova la sua pazienza, provocandolo ogni volta che ne aveva l'occasione e avvicinandosi pericolosamente al momento in cui il pensiero del suo migliore amico non sarebbe più bastato a trattenerlo dal mollargli un pugno sul naso.

Accanto a lui, Luke Goldstein esibiva l'espressione tranquilla che rifletteva il carattere di uno dei ragazzi più amati della scuola. Prima Prefetto e poi Caposcuola, Cacciatore e capitano della squadra di Grifondoro, era una persona equilibrata, rispettosa e determinata, e Scorpius avrebbe perfino potuto ammirarlo se non si fosse ostinato ad andarsene in giro con quell'idiota di Potter.

Albus attirò l'attenzione di entrambi con un cenno della mano, invitandoli ad avvicinarsi attraverso il corridoio affollato.

«Al», fece suo fratello, dimenticando come al solito che lui, quel diminutivo, lo detestava. Rivolse un saluto educato anche a Len. «Malfoy.»

«Potter.»

Si erano scambiati letteralmente due parole e già si guardavano come se fossero sul punto di saltarsi alla gola. Scorpius non si sarebbe lamentato se lui gli avesse dato un motivo per iniziare lo scontro, non avrebbe neanche estratto la bacchetta e si sarebbe tolto la soddisfazione di rompergli la mascella. Se si tratteneva, era soltanto per Albus. Quest'ultimo, apparentemente inconsapevole – ma forse solo incurante – dell'aria di guerra, teneva in mano il Sillabario dei Sortilegi che gli aveva dato Len e si stava rivolgendo al fratello in tono pacato.

«Sai dov'è Rose?», gli domandò. «Ho trovato un suo libro e vorrei restituirglielo al più presto, temo che le possa servire.»

Lo sguardo del ragazzo si assottigliò e le sue labbra si tesero in una linea dritta. James il Perfetto, lo aveva ironicamente soprannominato Scorpius, lui che di perfetto non aveva proprio niente, soprattutto se paragonato a quel fratello minore di cui si credeva inconsciamente superiore e che non teneva mai abbastanza in considerazione da evitare di ferirlo con la sua indifferenza. Perfetta era solo la capacità con cui rendeva difficile dividere una stanza con lui e il suo ego, che occupava troppo spazio perché ce ne fosse per gli altri.

«Credi che te lo dirò davanti a lui?», ribatté, indicandolo con un pollice.

Scorpius inspirò, tentando di mantenere la calma; ad Albus non sarebbe piaciuto se avesse reagito a quella provocazione.

«Andiamo, piantala», replicò quest'ultimo. «Devo solo restituirle un libro.» Sollevò il volume che aveva tra le mani, cercando di attirare la sua attenzione su qualcosa che non fosse Scorpius, a cui stava lanciando occhiate cariche di astio.

James tornò a rivolgersi al fratello, poco convinto. «Come se non facessi sempre tutto con lui

Il disprezzo in quell'ultima parola era troppo evidente perché Scorpius potesse rimanere impassibile, ma Len si frappose tra loro, fissandolo dritto negli occhi e regalandogli un sorriso furbo dei suoi.

«Lo ammazzo», mormorò alla sua amica, lasciandosi distrarre abbastanza da distogliere lo sguardo dall'oggetto del suo odio.

«No, non lo farai, perché ad Albus non piacerebbe», sussurrò lei di rimando, proprio mentre il diretto interessato catturava le sue parole e avanzava con fare minaccioso.

«Come hai detto?»

Goldstein intervenne trattenendo il suo compagno per un braccio prima che gli si scagliasse addosso e perfino Len rimase fisicamente interposta tra loro, nonostante Scorpius avesse reagito istintivamente ai movimenti di Potter avanzando di un passo e guardandolo in tralice da sopra la sua testa.

«Amico», fece Luke, in tono conciliante. «Datti una calmata. Non costringermi a togliere punti a Grifondoro per una stupidaggine, sai che lo detesto.»

Scorpius non era mai piaciuto a James, lo aveva capito quando la prima volta in cui si erano incontrati lui aveva rivolto un'espressione carica di disappunto al fratellino che era stato smistato in Serpeverde e aveva fatto amicizia con un Malfoy. Non che gli importasse, visto che l'antipatia era assolutamente ricambiata, ma Albus era troppo buono per accettare tutto quel rancore tra due persone a cui voleva bene e lui, suo malgrado, si era adattato alla finzione di una tolleranza reciproca che evitava loro di litigare ogni volta che si incrociavano in un corridoio. Poi, però, aveva cominciato a frequentare Rose.

«Dovrebbe avere il coraggio di dirmi in faccia quello che pensa, invece di sussurrare come la serpe codarda che è.»

L'atteggiamento protettivo che mostrava nei confronti di sua cugina era qualcosa che rasentava il patologico. Scorpius l'aveva pensato dal primo momento, ma inizialmente lo aveva ignorato, perché Rose gli piaceva e a lei piaceva lui, quindi l'opinione di James il Perfetto riguardo alla loro relazione gli interessava quanto una colonia di Vermicoli.

Tuttavia, da quando si erano lasciati e lei stava male a causa sua, lui aveva smesso di evitare lo scontro e chiedeva solo un'occasione per sfogare la rabbia e l'impotenza che provava nel vedere sua cugina soffrire, direttamente sulla causa dei suoi problemi.

«Adesso basta, smettetela, tutti e due», intervenne Albus, spazientito. Si voltò verso i suoi amici. «Andate, ci vediamo dopo.»

Len non se lo fece ripetere due volte e trascinò via Scorpius per un braccio, tentando di costringerlo a interrompere il contatto visivo che si ostinava a mantenere con Potter, quasi considerasse una sconfitta essere il primo ad abbassare gli occhi.

Albus si avvicinò a suo fratello e lo spinse a voltarsi, riuscendo nell'impresa solo grazie all'aiuto di Goldstein.

«Prima o poi finirete per fare a botte», disse Len, stringendosi a Scorpius per invitarlo a non smettere di camminare, mentre si allontanava.

«È stato lui a cominciare.»

Lei alzò gli occhi al cielo, mormorando qualcosa sui loro comportamenti da cavernicoli, poi sorrise tra sé, come pensando a qualcosa di particolarmente divertente.

Lui alzò un sopracciglio con aria interrogativa, ottenendo in risposta una scrollata di spalle.

«Voi maschi siete fatti così, è la vostra natura», spiegò in tono di rassegnata consapevolezza. «È più forte di voi: non vi siete mai del tutto evoluti da quando i maghi tentavano ancora di fare magie con la clava

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Note

I gemelli Neil e Tom Sutter sono personaggi originali; non esiste, nel canon, una famiglia "Sutter". Anche l'esistenza del topo Freccia, quindi, è di mia invenzione.

La professoressa Snyde, insegnante di Pozioni e direttrice della Casa di Serpeverde, deve il suo cognome a Merula Snyde, del gioco Hogwarts Mystery, e al fatto che adorassi la somiglianza con Snape. A parte questo piccolo riferimento, si tratta di un personaggio originale.

Eleanor "Len" Zabini è la figlia di Blaise Zabini, appartenente al canon e amico di Draco Malfoy, ma ancora una volta la sua esistenza è di mia invenzione. Allo stesso modo, Luke Goldstein è un personaggio originale, figlio di Anthony Goldstein, che compare nei libri.

Anche Karen Jones, appena menzionata, è di mia invenzione, ma deve il cognome a Hestia Jones.

Grazie per essere arrivati fin qui! E grazie a chi deciderà di intraprendere la lettura di questa long e di conoscere il mondo di Anima Nuda.

Questa è una storia a cui lavoro da tre anni e che ho aspettato tanto a pubblicare, perché ci tenevo ad arrivare alla fine o quasi della stesura prima di condividerla.

Posso quindi rassicurare tutti coloro che sono restii a iniziare una long-fic in corso per timore che resti incompiuta: mi rimangono da scrivere soltanto pochi capitoli e non esiste alcun pericolo che io la abbandoni. Gli aggiornamenti saranno circa ogni due settimane, tendenzialmente nel weekend, e la storia conterà intorno ai venticinque capitoli.

Anima Nuda è la long centrale di una serie, di cui fanno parte due OS prequel (Non ne troviamo cicatrice e Amari spiccioli contesi) e varie drabble, e come per tutte le altre storie della serie, ogni capitolo avrà per titolo un estratto da una poesia di Emily Dickinson.

Questa fanfiction non tiene conto degli eventi di TCC, ma solo dell'epilogo di Harry Potter e i Doni della Morte. I personaggi della nuova generazione sono per me quasi degli OC, e a loro ho aggiunto anche personaggi che OC lo sono per davvero. Spero che possiate apprezzarne la caratterizzazione.

Ho segnalato la presenza di tematiche delicate, anche se non sono argomento centrale della narrazione, e inserirò gli opportuni TW all'inizio dei capitoli interessati. Si tratta prevalentemente di scene che riguardano la perdita di una persona cara.

Per questo e per tutti i futuri capitoli, un grandissimo ringraziamento va a Legar, beta-reader di questa fanfiction (e di tante altre!), che ha dato e continua a dare un contributo inestimabile alla serie.

Grazie anche a Mati, che pur senza averla letta, mi ha permesso di parlare di questa storia per mesi, sostenendomi sempre, soprattutto nel passo decisivo alla pubblicazione.

Spero che questo primo capitolo vi abbia incuriosito e che il resto della storia vi entusiasmi!

Alla prossima!

Futeki

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