70. Il primo bacio è fatto di sguardi, il secondo di labbra

Melissa

Uno degli insegnamenti più ricorrenti di mia nonna era quello che nella vita ognuno raccoglie ciò che semina. Me lo ripeteva ogni volta che correvo da lei in lacrime perché qualche bambino mi aveva preso in giro, mi stringeva forte a sé cullandomi dolcemente e spronandomi a dare sempre il meglio, così finalmente mi sarei fatta apprezzare per quello che ero e non sulla base delle dicerie o sugli errori dei miei familiari. E così avevo fatto, cominciando dopo qualche anno a raccoglierne soddisfatta i frutti convinta che mi sarebbe bastato continuare così per circondarmi di persone che mi volessero bene.

Capisco solo in questo momento quanto tutto ciò in cui ho sempre creduto finora sia sbagliato: pensare che gli altri ti tratteranno bene perché tu tratti bene loro, è come pensare che uno squalo non ti mangerà solo perché tu non mangi lui.

Quando mi sono trasferita a Milano, tre anni fa, confidavo che non avrei più dovuto dimostrare niente a nessuno, qui nessuno conosceva il mio passato quindi potevo essere semplicemente me stessa senza temere pregiudizi. Ho avuto la fortuna di conoscere Davide e Keiko che sono diventati quello che di più simile a una famiglia potessi avere, ho incontrato Filippo, il mio ex collega, che finché non ha deciso di intraprendere una nuova avventura in un paese straniero, è stata la mia guida e infine c'è Alex, che, nonostante i modi rozzi, mi è sempre stato accanto in un modo diverso da chiunque altro, tanto che ora mi sembra impossibile immaginare le mia vita senza di lui. Se sono riuscita a superare qualsiasi situazione spiacevole che si è creata finora, è stato anche grazie alla consapevolezza di avere persone al mio fianco su cui poter fare affidamento, eppure nel giro di pochi minuti il piccolo mondo che avevo costruito, un mattone alla volta, è crollato rovinosamente. Le mie certezze si sciolgono come cera al sole quando realizzo che per Davide, una delle persone a cui sono più affezionata in assoluto, mi considera una semplice coinquilina utile solo per avere gli appunti delle lezioni.

A fatica riesco a mantenere un'espressione impassibile, mentre ignoro la faccia di Ashley offesa dall'epiteto che le ho appena attribuito, anche se dentro di me mi sento morire, ogni parola di quello che credevo essere il mio migliore amico è stata come come una pugnalata dritta al centro della schiena. Incasso il colpo, cerco di concentrarmi solo sulla rabbia che provo per essere stata nuovamente usata e poi gettata alla prima occasione, senza lasciarmi trasportare dall'effetto che mi fa rendermi conto che tutto ciò che ho condiviso fino a questo momento con il mio coinquilino, è stato dettato solo dall'interesse e non dall'affetto.

«Melissa, hai frainteso. Non ti sto cacciando.» Davide cerca di giustificarsi, ma i suoi occhi solitamente così limpidi e chiari, celano un'ombra colpevole.

Balbetta altre scuse senza senso, gesticola in evidente difficoltà voltandosi di tanto in tanto verso la propria ragazza alla ricerca di un aiuto che non accenna ad arrivare. Non posso credere di avere davanti a me la stessa persona a cui non ho mai negato una spalla su cui piangere, che incoraggiavo ogni qualvolta si trovasse davanti un ostacolo e a cui dispensavo consigli su come conquistare una ragazza, la stessa che ora mi lancia sguardi infuocati da dietro le sue spalle.

«Mi ha insultato e non le dici niente?» Sputa acida la rossa, mettendo ancora più in ansia il suo fidanzato.

«Io non insulto le persone, le descrivo.» Ringhio tra i denti.

La mia attenzione viene catturata completamente dalla ragazza. Sono consapevole che non dovrebbe essere l'unica destinataria della mia rabbia, in fondo non è con lei che ho convissuto finora e non è stata lei che ha voltarmi le spalle solo perché glielo ha detto qualcun'altro, tuttavia non riesco proprio a non pensare che se fosse rimasta nella sua amata Inghilterra, invece di venire qui a Milano, avrebbe fatto un piacere a tutti. Sono stata sempre paziente, nonostante il suo carattere di merda solo per far piacere a Davide, però considerato il trattamento che mi è stato riservato direi che posso permettermi di togliermi qualche sassolino dalla scarpa.

«Melissa, ti prego...» Supplica Davide, lasciandosi andare allo sconforto.

Per quale motivo tutti si ostinano a usarmi solo finché gli faccio comodo, poi non appena non servo più, mi gettano come se fossi immondizia? E' stato così per Samuele, per Elia e adesso per Davide: non ne posso più!

«Sei solo un'arrampicatrice sociale!»

«Ashely, non anche tu, per favore...»

Se la vita ti impone di sopportare persone cattive e piene di odio, tu considerale come carta vetrata: magari ti graffia, forse ti fa anche male... ma alla fine tu sarai liscia come il mogano, la carta vetrata invece sarà consumata. Gli insegnamenti di mia nonna vengono in mio soccorso, eppure stavolta non ho intenzione di lasciar perdere, ho intenzione di strapparla questa carta vetrata!

«Smettila di sparare cazzate! E' da quando ti conosco che, nonostante tutti i miei sforzi, non fai altro che guardarmi con superiorità dal tuo piedistallo.»

Faccio un passo verso di lei, mostrando una sicurezza che in realtà non ho; di solito cerco sempre di evitare gli scontri e prediligo i compromessi, stavolta però è diverso. Non capisco se sia perché sono giunta al mio limite di sopportazione oppure se la presenza di Alex nella stanza mi infonde coraggio, ma ho tutte le intenzioni di imporre le mie ragioni e per una volta non essere sempre quella che se la prende in quel posto.

Per tutto il tempo, anche se si trovava dall'altra parte della stanza, ho sentito lo sguardo di Alex addosso come un mantello. Non ha proferito parola, lasciandomi gestire la situazione come meglio credevo, tuttavia sono certa che se incrociassi le sue iridi smeraldine troverei la stessa fiamma che sento bruciare dentro di me.

«Pensi che non abbia capito che genere di ragazza sei?» Sibila Ashley, avanzando nella mia direzione dopo aver dribblato Davide con eleganza.

«Sicuramente una ragazza che non chiede al proprio fidanzato di cacciare di casa la coinquilina solo perché qualcuno potrebbe farsi delle strane idee!» Scimmiotto le sue parole, azzerando la distanza che ci separa.

«Non fare la finta tonta! Prima hai provato a mettere i tuoi artigli su Davide poi, quando hai capito che lui con te non ci sarebbe mai stato, ti sei lanciata a gambe aperte su suo fratello.» Rimango così stupita delle sue parole che non riesco a formulare un pensiero compiuto. «Quelle come te, vanno a caccia di uomini di buona famiglia per poi fare le mantenute per il resto della vita.» Conclude la sua insensata tesi soddisfatta.

Lo sbuffo irritato di Alex, mi sblocca, pertanto mi affretto a rispondere, sconcertata da come possa la sua mente aver partorito delle simili idee.

«Io non mi sono lanciata addosso a nessuno. Vivo con due ragazzi e allora? Io e Davide siamo sempre stati amici, almeno era quello che credevo io.» Lancio una fugace occhiataccia al diretto interessato «Si può sapere che problemi hai? Non è che forse hai la coda di paglia? O forse sei gelosa?»

Le mie ultime parole sembrano pungerla sul vivo, perché il suo viso già deformato dall'ira diventa dello stesso colore dei capelli.

«Gelosa di te? Ma non farmi ridere!» Sbraita, indicandomi con fare minaccioso.

Colpita e affondata.

Sorrido soddisfatta e questa la fa imbestialire più di qualsiasi insulto le avessi potuto rivolgere.

«A ogni modo te ne devi andare.» Ordina, mentre cerca di darsi un contegno, incrociando le braccia al petto. «Giusto, tesoro? Dille anche tu che in questa casa non è più benvoluta.»

Entrambe ci voltiamo verso Davide, una piccola parte di me spera che le assurde accuse di Ashley abbiano risvegliato un briciolo di buonsenso in lui e che intervenga a far ragionare la sua ragazza, purtroppo però il suo viso angosciato dissolve ogni mia speranza. Decido comunque di dargli fiducia, per quanto in questo momento il suo giudizio è sotto l'influenza di quell'arpia, non posso credere che non sia rimasto nemmeno una piccola parte del ragazzo buono che ritengo di conoscere.

«Non mi merito questo.» Esordisco, superando Ashely con passo sicuro per poter guardare negli occhi il mio coinquilino. «Non mi interessa quello che dice lei. Voglio saperlo da te, Davide. Vuoi veramente che me ne vada?»

Resto in attesa, mantenendo il contatto visivo. Lui mi fissa di rimando, le sue iridi cerulee sembrano cercare in me la forza necessaria per questa scelta difficile. Eppure dovrebbe essere una decisione così semplice...

«Meli...»

Sembra finalmente pronto a rispondere, tuttavia un colpo di tosse di Ashley lo fa vacillare. Sospira rassegnato e, mentre una parte del mio cuore va in frantumi, distoglie l'attenzione abbassando la testa sommessamente.

«Ti darò il preavviso previsto, ma dovrai trovarti un altro posto dove vivere.»

Non posso credere che l'abbia detto veramente. Questo non è lui!

«D'accordo.»

E' l'unica parola che riesco a dire, mantenendo una parvenza di calma mi dirigo fuori dalla stanza. Quando passo accanto ad Alex la mia avanzata viene sbarrata dal suo braccio. Mi volto appena nella sua direzione, pregandolo mentalmente di lasciami andare per non scoppiare a piangere davanti a tutti e provocandomi così l'ennesima umiliazione. Lui mi osserva solo un istante ed è come se stesse guardando la mia anima, riporta il suo braccio alla posizione originale irrigidendosi. I suoi occhi verdi diventano più scuri, come se attraversati da una nube nera e le sue labbra sottili si stringono in una linea duro; conosco perfettamente cosa preannuncia tutto questo e di solito non è mai una reazione pacifica.

Nella stanza cala un silenzio ricco di tensione, Alex fa un passo in modo da mettersi davanti a me e nascondermi con la sua stazza, mentre cerca di trattenersi.

«Ma si può sapere che cazzo stai facendo?» Sputa, rivolgendosi al fratello.

Davide deglutisce a fatica senza alzare nemmeno la testa per rispondere.

«Non intrometterti.» Sbotta Ashley infastidita.

Lo sguardo di fuoco di Alex si scontra con la ragazza che, in soggezione per la prima volta da quando la conosco, arretra istintivamente.

«Se c'è qualcuno che non deve intromettersi quella sei tu, stupida ragazzina viziata. Io sono proprietario di questa casa quando lo è Davide, quindi ho tutto il diritto di parlare.»

L'inglese schiude le labbra per ribattere, ciò nonostante l'aria minacciosa del ragazzo moro non le fa emettere alcun suono.

«Sono stufo di queste stronzate. Hai detto che era opportuno che Melissa mi cedesse la sua camera, ma chi te l'ha chiesto? Pensa piuttosto a risolvere i tuoi problemi, perché è evidente che ne hai tanti, ragazzina. Comunque, Melissa non va da nessuna parte, tu invece puoi anche portare il tuo culo fuori da qui e non farti rivedere mai più.»

Per quanto lo odi ammettere, contraddicendo le mie stesse affermazioni e la mia convinzione di sapere badare a me stessa, assistere alla presa di posizione di Alex dal mio lato del ring mi rincuora. E' assurdo come, nonostante ci conosciamo solo da pochi mesi, la sola sua presenza mi rafforzi e le sue premure mi lusingano a tal punto da farmi sentire speciale.

Ashley si volta verso il suo ragazzo, nella speranza che intervenga per difendere la propria donna dalle offese del fratello, ma lui non proferisce parole assorto completamente nei suoi pensieri che dalla sua espressione sembrano dargli il tormento. Non riesco però a compatirlo stavolta, è stato lui a creare questa situazione e quindi che si prenda le sue responsabilità e accetti le conseguenze.

La ragazza non sembra per niente preoccupata dello stato catatonico in cui è caduto Davide, anzi il suo improvviso disinteresse la innervosisce ancora di più. Borbotta qualche parola nella sua lingua madre che non riesco a udire, dopodiché si allontana stizzita dalla stanza, prima passando accanto ad Alex, mantenendo però una distanza di sicurezza, poi a me, riservandomi un'occhiata piena di rancore.

Capisco la sua rabbia, non deve essere piacevole quando anziché prendere le tue parti nel momento in cui ne hai più bisogno, il tuo uomo si rifugia in sé stesso, soprattutto se l'attacco arriva da un altro uomo che difende la sua... la sua cosa? La sua amica, cos'altro altrimenti? A ogni modo non è piacevole nemmeno essere cacciati di casa, in particolare modo quando non si ha altro posto in cui andare.

Il suono della porta d'ingresso desta Davide dal suo torpore riportandolo alla realtà. Si guarda confuso, alla ricerca immagino della ragazza, quando capisce che se n'è andata la sua espressione diventa ancora più angosciata.

«Non doveva andare così...» Farfuglia, senza rivolgersi a nessuno in particolare.

«Immagino che tu volessi gestire la cosa diversamente, vero? Stavi tergiversando con la tua fidanzatina per tenerla buona, così potevi lasciare che Melissa ti aiutasse a studiare. Una volta dati tutti gli esami le avresti parlato in privato, lagnandoti come al solito e puntando sul suo lato più ingenuo e buono. In questo modo avresti ottenuto tutto quello con volevi e nessuno si sarebbe arrabbiato con te. Peccato solo che la rossa psicopatica avesse altri progetti.» Sentenzia il fratello maggiore impassibile.

I due si fissano per alcuni istanti, come se fossero impegnati in una conversazione che non posso udire. Non mi sfugge il fatto che Davide non abbia nemmeno provato a contestare le accuse che gli sono appena state rivolte. Possibile che fosse proprio quello il suo piano? E secondo lui sarei stata così stupida da accettare di andarmene di mia spontanea volontà se si fosse lamentato con me che la mia presenza metteva a rischio la sua storia d'amore con Ashley? La risposta ovviamente è sì.

Fisso la schiena nuda del ragazzo dinanzi a me, ammettendo che ormai mi conosce fin troppo bene, tanto da prevedere ogni mia reazione. Accarezzo con lo sguardo ogni centimetro della sua pelle scoperta, le spalle larghe, la curva delle scapole, la cicatrice lungo il fianco, il solco della spina dorsale e, più lo osservo, più mi rendo conto di quanto i suoi muscoli siano in tensioni, pronti a scattare da un momento all'altro, tutto questo solo per me. Sono per me anche le sue premure, come quella di nascondermi dietro di sé dopo aver intuito che non volevo mostrare la mia fragilità.

«Ricordi che una volta mi avevi detto che sono solo un egoista a cui non importa del male che fa alle persone che gli vogliono bene?» Riprende Alex serio.

Davide annuisce appena e sembra pronto a ribattere, ma il fratello lo ammutolisce con un gesto della mano.

«Avevi ragione.» Ammette. «Oggi, però, hai dimostrato che io e te siamo uguali.»

Pronunciate queste ultime parole, si volta e, afferrandomi per le spalle mi trascina via con sé, lasciando il fratello solo nella sua stanza.

Entrambi percorriamo il breve tratto di corridoio e ci chiudiamo dentro quella che, per ora almeno, è ancora camera mia. Alex mi libera dalla sua presa e si appoggia alla porta di legno facendo dei respiri profondi.

«Ti spiace se resto un po' qui con te, non vorrei mi venisse la tentazione di tornare di là e appendere al muro quell'idiota.» Sospira nervoso.

«Senti Alex...»

Vorrei dirgli qualcosa che lo aiuti a tranquillizzarsi, tuttavia non mi viene in mente nulla di efficace. La mia titubanza però deve essere mal interpretata, perché mi rivolge uno sguardo allarmato e azzera le distanza che ci divide.

«Non vorrai andartene, vero? Se vai via tu, me ne vado anche io...»

«Alex...»

«No, anzi. Nessuno dei due andrà da nessuna parte, resteremo qui. Non la daremo vinta a quella psicopatica.»

Nonostante il mio obiettivo fosse quello di rasserenarlo, l'unica cosa che sono riuscita a fare è quella di metterlo ancora più in ansia.

«No, io...»

«Adesso vado di là e lo ammazzo.»

Riesco ad afferrarlo per un braccio e a bloccarlo, inaspettatamente però è lui ad agguantarmi con l'altro braccio e a spingermi verso di sé. Mi trovo con il viso in mezzo al suo petto, una sua mano appoggiata alla nuca e l'altra che mi stringe i fianchi.

«Non andartene.» Mi sussurra all'orecchio.

Un brivido mi percorre la schiena, facendomi venire la pelle d'oca nonostante cominci a sentire caldo. Il suo naso mi solletica il collo e, nel vano tentativo di riprendere il controllo del mio corpo, mi allontano da lui premendo i palmi delle mani sul suo petto.

«Non... non vado da nessuna parte.» Ribatto, alla disperata ricerca delle mie facoltà mentali. «Non la daremo vinta a quella psicopatica.» Aggiungo, riprendendo la sua stessa espressione nel tentativo di sdrammatizzare.

Con un mezzo sorriso alzo la testa, nella speranza di distrarmi dalla piacevole sensazione della sua pelle calda a contatto con la mia. Mi rendo subito conto di aver commesso un errore: i nostri visi si ritrovano vicini come non lo erano mai stati e i miei occhi si incatenano ai suoi illuminati da una strana luce. Nelle sue iridi verdi la rabbia e la frustrazione sono spariti, per lasciare posto a qualcosa che non riesco a identificare. Resto a osservarle ammaliata da questa nuova sfumatura di lui e, senza rendermene conto, le mie dita cominciano a tratteggiare disegni immaginarli lungo le linee del suo petto. Il suo respiro accelera, ma non si ritrae al mio tocco, lasciandomi esplorare ogni centimetro fino ad arrivare al suo addome. Le sue mani si stringono leggermente sui miei fianchi e i polpastrelli sfiorano leggeri il lembo di pelle lasciata scoperta dalla canottiera facendomi desiderare che venga strappata via. Il mio sguardo si posa sulle sue labbra leggermente schiuse, ho come l'impressione di sentire il suo cuore battere prepotente contro la cassa toracica, oppure è il mio?

Lentamente avvicino la sua bocca alla mia, pronta a scoprirne il sapore e a lasciarmi andare. Chiudo gli occhi e...

***

«E cosa?»

Keiko, mi fissa in attesa che prosegua il racconto degli ultimi avvenimenti. Oggi era passata da casa solo per un saluto veloce, poi notando il clima teso che si respirava mi ha trascinato in camera mia per essere aggiornata. Quando ha saputo di Davide ho dovuto bloccarla di peso per impedirle che si precipitasse da lui a "riavviargli il cervello a suon di schiaffi", citando le sue esatte parole. Sono riuscita a dirottare i suoi istinti omicidi rivelandogli all'improvviso di aver rivisto Elia e riportando tutti i fatti accaduti quella sera. Lei, dopo una serie di insulti rivolti al ragazzo, che si sarà sentito fischiare le orecchie in luna di miele, si è scusata ancora per avermi dato buca, ma Nicola non si era sentito bene e aveva preferito non lasciarlo da solo. Se quella sera, non fossi stata tanto indaffarata, avrei trovato sul cellulare un suo messaggio dove mi spiegava tutto.

«E niente.»

Non so bene come sia finita poi a raccontargli di come abbia provato (di nuovo) a saltare addosso ad Alex, forse speravo che parlandone avrei fatto chiarezza anche con me stessa. E' da mesi che Alex mi gironzola attorno, eppure non avevo mai sentito tutta quella attrazione nei suoi confronti. Ammetto di averlo sempre considerato un bel ragazzo, di essermi ogni tanto soffermata ad ammirare il suo fondo schiena e aver fatto apprezzamenti tra me e me per il suo fisico, ma si trattava solo di pochi attimi prima di tornare in me.

«Cosa vuol dire niente?» Domanda confusa, seduta sul mio letto.

Sospiro frustata mentre misuro a piedi la lunghezza della mia camera. Se solo ripenso a quel momento... vorrei solo nascondermi dall'imbarazzo.

«All'ultimo momento ha girato la testa, così sono finita sulla sua spalla e in qualche modo, per mantenere un bricioli di dignità, l'ho abbracciato così che sembrasse che fosse quella la mia intenzione fin dall'inizio.»

Keiko si gratta la testa pensierosa, come se le sfuggisse qualcosa d'importante.

«E' strano però. Credevo che tu a lui piacessi.»

«E cosa te lo faceva pensare?» Chiedo impaziente.

Se c'è anche una sola speranza che io possa interessare ad Alex, nonostante non rispecchi minimamente i suoi soliti standard, voglio saperlo!

«Ti stava sempre intorno e poi il mondo in cui ti guardava... Senza contare che era super geloso di Mister Mojito. Forse l'hai solo preso alla sprovvista.» Conclude con un'alzata di spalle.

Rifletto sulle sue parole, tuttavia non riesco a farmele bastare. Il fatto che mi stesse intorno era dovuto sicuramente alla situazione, abitando e lavorando insieme era inevitabile, e nei confronti di Elia più che gelosia ho sempre pensato fosse istinto di protezione.

«Comunque non capisco perché fai quella faccia delusa, non sapevo ti piacesse.» Ammicca divertita, facendomi arrossire.

«No, io non ho detto che mi piace.»

«Ma nemmeno che non ti piace!»

«Io...» Faccio una pausa, per raccogliere i miei pensieri e dare una risposta decisa. «Non lo so.»

Keiko sorride sorniona controllando di sfuggita il telefono.

«A ogni modo... mi farò chiarezza. Gli ho chiesto di passare con me l'estate a casa di mia nonna, dato che sarebbe rimasto in questo appartamento tutto da solo.» Evito di menzionare che Davide andrà in Inghilterra a conoscere la famiglia di Ashley, così da risparmiarle altro nervoso nel sentirli nominare.

«E verrà?»

«Sì.» Mormoro, ricordandomi di come abbia pronunciato quell'invito ancora prima di averci pensato.

«Ottimo, era proprio quello che speravo.»

«Però...» Mi fermo al centro della stanza, bloccando il mio continuo avanti e indietro.

«Però cosa?»

«Non mi sembra corretto lanciarmi tra le braccia di un altro ragazzo, quando è solo da poco che ho chiuso la storia con Elia.» Sempre che di storia si possa parlare.

«Probabilmente non eri sentimentalmente legata a quel traditore tanto quanto credevi.» Asserisce sicura, ma quanto nota la mia perplessità mi raggiunge.

«Non stai facendo niente di male, Russo.» Mi rassicura. «Pensa solo a passare una bella estate e a divertiti. Poi quando tornerai penseremo a come ammazzare Ashley e nascondere il corpo senza farci arrestare.» Conclude con un'espressione malefica.

Sorrido alla mia amica, per quanto possa scherzare so di per certo che escogiterà un piano per farla pagare alla ragazza di Davide, nonostante abbia cercato di spiegarle in tutti i modi che non è affatto necessario. Keiko controlla l'orario ancora una volta e da gioiosa la sua espressione diventa preoccupata.

«Ora devo proprio scappare, sono già in ritardo.» Asserisce, raccogliendo le sue cose e dirigendosi verso la porta della mia camera.

«Tu sei sempre in ritardo.» Le faccio notare.

«Si, lo so, ma ho appuntamento con Nicola per pranzo e lui non sopporta quando arrivo in ritardo.» Ammette sconsolata.

«Va tutto bene con lui?» Domando, sentendo una strana cadenza nella sua voce.

«E' solo che ha un po' di problemi con il lavoro ed è sempre un po' nervoso, quindi non voglio dargli altri grattacapi.» Sospira preoccupata.

«Quando me lo farai conoscere?»

«Quando tornerai a Milano...» Risponde, aprendo la porta e trovandosi davanti Alex che proprio in quel momento stava per entrare in bagno.

Il ragazzo si gira nella nostra direzione, il suo viso è stanco e dolorante come ogni volta che finisce un turno di lavoro al magazzino. Sentendosi osservato alza un sopracciglio perplesso.

«...potremo fare un'uscita a quattro.» Conclude Keiko, guardando prima lui e poi me con malizia.

Alex sembra non aver seguito il filo del discorso, eppure ha capito che in qualche modo lo riguarda, prima però che possa dire qualcosa, la mia amica si avvicina con passo felpato e gli da qualche pacchetta sulla spalla.

«Mi raccomando, conto su di te!» Pontifica, prima di scappare fuori e raggiungere il suo ragazzo.

Prima che Alex possa accorgersi del mio imbarazzo, richiudo la porta mettendoci più forza del previsto. Mi appoggio con la schiena a essa e scivolo fino a toccare il pavimento freddo con il sedere. Non capisco cosa mi sia preso, ho sempre creduto nel colpo di fulmine, non mi era mai capitato di svegliarmi da un giorno all'altro e ritrovarmi come una ragazzina in piena crisi ormonale alle prese con la sua prima cottarella. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top