67. Ccà nisciuno è fesso.
Melissa
La situazione al bar si sta letteralmente riscaldando. La temperatura si è alzata con il passare delle ore, l'aria condizionata puntata al massimo non riesce a sopperire il calore emesso dal numero crescente di persone che non fa altro che muoversi a ritmo di musica in ogni angolo del locale. La signora Carola e suo marito hanno fatto bingo invitando questo Dj stasera che ha attirato molti nostalgici della musica anni novanta, peccato che sia tocca a noi l'infausto compito di servire tutta questa gente. Anna, l'altra cameriera, sembra cavarsela molto meglio di me, sorride e scherza con tutti scivolando con grazia da un tavolo all'altro, al contrario, io fatico a capire qualsiasi cosa mi venga urlata sopra la musica, oltre a rischiare a ogni passo di andare a sbattere contro i ragazzi che ballano.
Tiro un sospiro di sollievo appoggiando l'ennesimo vassoio pieno di bicchieri ormai vuoti sul bancone, davanti a me Matteo è già pronto a sostituirli con una nuova ordinazione. Anche Alex è indaffarato, non fa altro che alternare la preparazione di cocktail all'andare a prendere casse dal magazzino, si è tirato su le maniche della camicia nera e ha la fronte imperlata di sudore: entrambi siamo abituati a ritmi ben più tranquilli. Finché aspetto che il mio vassoio torni pieno per lanciarmi in un'altro percorso a ostacoli, mi guardo intorno alla ricerca di Keiko, ormai dovrebbe essere qui a momenti per farmi conoscere la sua nuova fiamma. Controllo l'entrata del locale, ancora parzialmente visibile in mezzo alla folla; non appena la mia amica farà il suo ingresso verrà sicuramente diretta verso il bancone e finalmente incontrerò questo famigerato Nicola. Proprio in quel momento, la porta si apre e fanno la loro comparsa un gruppo numeroso di soli uomini, dagli schiamazzi e dalle magliette che indossano sembra essere un addio al celibato. Nel mezzo un ragazzo dalla maglietta di colore diverso, presumo il futuro sposo, viene sballottato tra le risate da una parte all'altra del gruppo, sembrano tutti già abbastanza sbronzi probabilmente questo bar è l'ennesimo in cui mettono piede questa sera.
E poi alla fine lo vedo. Un paio di ragazzi si spostano e tra di loro fa capolino il suo viso. E' ancora più bello di quanto mi ricordassi e sorride come poche volte mi era capitato di vederlo.
Mi manca il fiato e per un attimo dimentico che tra noi è finita, istintivamente faccio un passo nella sua direzione, tuttavia il desiderio di avvicinarmi viene a mancare quando mi rendo conto di un'amara realtà: il ragazzo con la maglietta di colore diverso è proprio lui.
«Ecco Melissa, tavolo quattro.» Matteo, mi porge il vassoio.
Anche lui mi vede, ma non è preoccupato, anzi sembra stupito e felice di vedermi allo stesso tempo, alza una mano in segno di saluto, dopodiché si lascia trascinare dai suoi amici e sparisce in mezzo alla gente. Il tutto con una naturalezza disarmante.
«Melissa?»
E' il suo addio al celibato ed è venuto qui. Con tutti i bar che ci sono a Milano, lui è venuto in questo che sapeva essere il mio posto di lavoro. Prima mi lascia con un messaggio, poi si presenta come se niente fosse e mi saluta come se fossimo amici. Non siamo mai stati amici... io sono stata solo la sua amante. Da qualche parte c'è una donna che tra poco lo sposerà e dubito che si siano conosciuti dopo la nostra rottura, sicuramente mentre stava con me vedeva anche lei.
«Ti senti bene?»
Che stupida! Mentre stava con lei vedeva me. Era lei la fidanzata ufficiale, quella che ha presentato ad amici e famiglia, io ero solo la ragazzetta da scopare in macchina, dopo qualche ora passata in luoghi dove fosse sicuro che nessuno lo avrebbe riconosciuto, giusto per darmi la parvenza che la nostra fosse una sorta di relazione. Niente di più sbagliato. Sono stata usata e una volta finito il mio compito, gettata via come spazzatura.
Porto il mio sguardo al pavimento cercando di fare dei respiri profondi, i miei polmoni però sembravano stretti in una morsa che non riesco a sciogliere, mentre cerco di trattenere le lacrime che prepotenti spingono per uscire.
Non posso crollare ora... non qui davanti a tutti.
Una mano calda afferra la mia rimasta a mezz'aria e mi rendo conto solo in quel momento di star tremando.
«Respira, ok?» La voce di Alex, mi aiuta a riprendere un po' di controllo, ma mi risulta ancora difficile fare come dice.
«Elia... è il suo addio...» Farfuglio a fatica.
Alex si avvicina di più coprendomi con la sua stazza e annuendo fissandomi serio, deve averlo visto anche lui.
«La porto fuori, non si sente bene e ha bisogno d'aria.» Pontifica rivolto verso Matteo, che acconsente preoccupato.
Mi cinge le spalle e mi trascina via con sé. Mi abbraccio e tenendo lo sguardo basso per evitare di incontrare di nuovo il viso di Elia, ma anche se volessi sbirciare incontrerei solo la figura di Alex che mi fa da scudo. Ci ritroviamo nel vicolo sul retro in men che non si dica, lentamente mi lascia andare senza mai perdermi d'occhio, barcollo fino al muro e appoggio la schiena per lasciarmi cadere sull'asfalto. Qui fuori l'aria è fresca e pulita, ne approfitto per fare dei respiri profondi e riprendere il controllo della situazione.
«Maledetto bastardo. Gli avevo detto di sparire!» Farfuglia Alex, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Mi rannicchio contro la parete, stringo le ginocchia al petto incassando il capo tra di esse e chiudo gli occhi. Non posso credere di essere stata la causa delle corna di una donna che non conosco e che presto convolerà a nozze, ignara di tutto ciò. Avrei dovuto andarci più cauta e sincerarmi che fosse un uomo libero prima di buttarmi a capofitto tra le sue braccia. Se mi fossi soffermata a pensare un po' di più, tutto questo non sarebbe successo... in fondo è anche un po' colpa mia che l'ho in qualche modo "sedotto".
«Andiamocene via, ti porto a casa.»
«No!» Sbotto, dando voce ai miei pensieri.
Rialzo la testa e incontro lo sguardo di Alex che mi fissa confuso dal mio tono deciso.
Devo smetterla di giustificare sempre tutti. Io non ho colpe in questa storia, se non quella di essere stata tanto ingenua da farmi prendere in giro: i segnali c'erano tutti e io li ho volutamente ignorati per rincorrere un'utopia. Ora, però, non scapperò a casa con la coda tra le gambe, quando l'ho conosciuto io ero libera da ogni legame, lui invece no; se c'è qualcuno che dovrebbe andarsene quella non sono di certo io.
«Il nostro turno non è ancora finito, quando sarà finito torneremo a casa.» Ribadisco, rimettendomi con calma in piedi e ripulendo con le mani i pantaloni.
«Non è una buona idea considerata la tua reazione di poco fa.» Mi rimprovera contrito.
«E' stato un attimo di debolezza, ora è passato.» Ribatto convinta e lo sono davvero, eppure Alex mi lancia un'occhiata che sembra voler dire: "sì, come no".
«Non me ne andrò da qui. Questo è il mio posto di lavoro, dovrebbe essere lui ad andarsene, considerando che potrei andare davanti ai suoi amici e raccontare della sua tresca con me e non credo voglia rischiare che qualcuno lo vada poi a riferire alla sposa.»
«Dovresti farlo.»
Ha ragione, se mi stessi per sposare e il mio fidanzato mi avesse tradito con un'altra, lo vorrei assolutamente sapere. Dovrei essere solidale con quella donna, tuttavia, nonostante sono consapevole di doverlo odiare e desiderare per lui ogni male, proprio non ci riesco.
«Invece non lo farò, non voglio più avere nulla a che fare con niente che lo riguardi. Mi farò i fatti miei e svolgerò il mio lavoro.»
Alex borbotta qualcosa di incomprensibile, visibilmente contrariato dalla mia filosofia pacifista, lui è più il tipo di persona che cercherebbe la vendetta. Ma cosa potrei mai guadagnare se ora gli facessi una sfuriata davanti ai suoi amici? Chissà se proverebbe almeno un po' di vergogna o se invece verrebbe acclamato come un eroe.
Mentre sono persa nelle mie considerazioni, mi vengono in mente le parole di Alex non appena abbiamo messo piede all'esterno.
«Cosa intendevi dire prima con: "gli avevo detto di sparire"?» Domando, mentre un dubbio si insinua dentro me e spiegherebbe la poca sorpresa di Alex nello scoprire che Elia è prossimo alle nozze.
Preso in contropiede, esita prima di rispondermi e non mi sfugge un velo di colpevolezza passare per un istante sul suo viso.
«Dimmi cosa hai fatto.» Ordino, cercando di tenere sotto controllo la rabbia che sento crescere.
Mi racconta tutto, dai suoi appostamenti, alla scoperta del matrimonio nella pasticceria fino alle minacce sotto casa sua. Mi spiega di come Elia non abbia fatto come gli era stato detto, né quando mi ha lasciato con un messaggio sul telefonino, né stasera presentandosi qua e di come adesso ha intenzione di fargliela pagare.
Io resto in silenzio lasciandolo parlare, anche se vorrei urlare. Non posso credere che sapesse tutto da più di una settimana e non mi abbia detto niente; è rimasto in silenzio, mentre non facevo altro che controllare il telefono in attesa di una motivazione valida che lui già conosceva. Per assurdo, mi sento quasi più tradita da Alex che da Elia, con lui ho condiviso molto di più in questi mesi e credevo che tra noi ci fosse qualcosa di speciale.
«Perché?»
E' l'unica domanda che riesco a porgere sforzandomi di controllare la voce.
«Lo avevo avvertito che se non avesse fatto come gli avevo detto...»
«No, quello! Perché non me lo hai detto subito?» Strillo, facendo un passo nella sua direzione.
Alex resta sorpreso della mia reazione e istintivamente indietreggia, riflettendo bene sulle parole da usare.
«Era la cosa giusta.» Farfuglia, titubante.
«Davvero? Quindi secondo te dovrei ringraziarti?» Lo schernisco acida, non posso credere che mentirmi per lui sia "la cosa giusta".
«Io...»
«Ti sembrava giusto quando giravo per casa come un'anima in pena tormentandomi su cosa avessi fatto di sbagliato, quando tu avresti potuto spiegarmi tutto sin dall'inizio? Hai lasciato che pensassi per tutto il tempo che il problema ero io! Oppure aspettavi l'occasione ideale per dirmi la verità e dimostrarmi che avevi sempre avuto ragione tu e io per tutto il tempo sono stata una stupida ragazzina con i paraocchi?» Insinuo, lasciandomi condizionare dell'ira.
«Te la stai prendendo con la persona sbagliata.» Ribatte lui, punto sul vivo.
Le sue risposte mi fanno arrabbiare ancora di più, azzero la distanza che ci separa e alzo gli occhi per guardarlo dritto nei suoi.
«Mi hai mentito Alex! Se veramente volevi fare la cosa giusta, come dici tu, avresti dovuto dirmi subito quello che avevi scoperto.»
Non perdo il contatto visivo, voglio che capisca che la sua trovata mi ha ferito, non mi interessa se nella sua mente contorta quella fosse la scelta da fare.
«Mi hai fatto male... e da te proprio non me l'aspettavo. Odio i bugiardi!» Concludo perentoria.
Nei suoi occhi vedo qualcosa farsi strada, apre la bocca come per dire qualcosa, ma poi la richiude ripensandoci. Non aggiungendo altro, decido che è il momento di tornare al lavoro, abbiamo perso fin troppo tempo. Giro i tacchi e mi avvio all'interno del locale, sono stufa di essere sempre io quella che se la prende in quel posto.
«Volevo proteggerti!» Confessa, prima che possa varcare la soglia.
«Non ho bisogno della protezione di nessuno. Sono più forte di quel che pensi.» Ribatto, prima di richiudermi la porta alle spalle.
Nella mia vita, ho superato cose ben peggiori di una delusione d'amore. E' vero, con Elia mi ero fatto tanti castelli in aria credendo fosse l'uomo perfetto per me, ma la verità è che mi ero innamorata dell'idea che avevo di lui. La persona che pensavo di amare non è mai esistita, al suo posto c'è un uomo che non è capace di tenerselo nei pantaloni quando una ragazza gli fa due moine e questo, non solo non lo rende perfetto, ma nemmeno uomo. Ho pianto per lui, è vero, la mia emotività spesso prende il sopravvento, tuttavia questo non fa di me una persona debole, anzi nonna me lo diceva sempre: "Chi nun sape chiagnere, nun sape manche rirere".
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