66. Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni
Alex
«Hai trovato un altro lavoro?»
Melissa resta letteralmente a bocca aperta dopo aver ascoltato la notizia, mentre entrambi ci dirigiamo verso il bar. Mi rendo conto di quanto possa sembrare strano, io stesso sono sorpreso dal mio comportamento, tuttavia ormai la ragione mi è più chiara che mai e ha dei vaporosi capelli ricci e dei profondi occhi scuri.
«Sì, inizio lunedì, si tratta di caricare e scaricare della merce al supermercato. Sono un paio d'ore la mattina, così non dovrò lasciare questo lavoro.» Spiego, affondando le mani nelle tasche sentendomi leggermente a disagio per tutto questa attenzione.
Stasera il nostro orario di lavoro è stato posticipato rispetto al solito, non ho capito bene perché, ma poco mi importa, quello che mi interessa è che mi verranno pagati degli straordinari.
«Wow, sono fiera di te!»
Il sorriso che mi regala le illumina gli occhi, sono costretto a volgere lo sguardo da un'altra parte per l'imbarazzo, mentre anche un angolo della mia bocca si incurva verso l'altro. Da quanto mi sono trasferito a Milano credo di essermi rimbecillito, ho cominciato a provare delle assurde sensazioni che fatico a controllare e che non ho ancora capito come gestire. Tutto questo ha un'unica causa scatenante: Melissa. Avrei dovuto lasciarla a distanza di sicurezza, come ero solito fare con chiunque mi circondasse, non dovevo permetterle di conficcarsi sotto la pelle come una scheggia, sarei dovuto scappare lontano al minimo sentore che c'era qualcosa di diverso così da impedirle di diventare tanto importante per me. Avevo finalmente trovato un mio equilibrio, dove non permettevo a niente e a nessuno di ferirmi, eppure lei è riuscita a sconvolgere il mio mondo un po' alla volta e, quando ormai me ne sono reso conto, era troppo tardi.
Ho passato un'intera notte accanto a Melissa, ben attento a non addormentarmi per paura di poterle fare male durante uno dei miei incubi e non ho fatto altro che tormentarmi sulla motivazione della mia riluttanza ad approfittare della situazione. Ho sempre pensato che l'attrazione fisica fosse l'unica ragione che mi spingesse verso di lei, quindi se avessi finalmente seguito i miei istinti, non avrei più avuto nessun interesse nei suoi confronti, tuttavia in quel momento, mi sono reso conto che non volevo solo il suo corpo: io volevo tutto. Bramo di vederla ridere spensierata ogni giorno, desidero cancellare dal suo cammino ogni sofferenza o delusione, voglio che realizzi ogni suo sogno, anche il più stupido, così da poterla ammirare risplendere.
La sua luce dissipa la mia oscurità, la sua vicinanza è in grado di riscaldarmi quando dentro tremo e la sua voce riesce a guidarmi quando vago sperduto.
Nella mia vita non ho mai combinato niente di buono, non sono mai riuscito in niente, come non ha mai perso l'occasione di ricordarmelo mio padre, se non in quella di rovinare tutto quello che mi passava tra le mani. Non sono mai stato il figlio ideale, lo studente modello o un amico fedele... non sono degno di niente se non dell'esistenza insignificante che ho scelto. Se Melissa conoscesse tutto ciò che ho fatto in questi anni, non vorrebbe avere niente a che fare con me; mi guarderebbe con disgusto e, devo ammettere, è proprio quello che mi merito. Tuttora però, sono troppo egoista per rinunciare a lei e preferisco vivere nella menzogna piuttosto che lasciarla andare, troppo assuefatto e, nonostante il senso di colpa che non fa altro che gridarmi che dovrei starmene da solo a crogiolarmi nella mia infelicità, non posso che sentirmi così dannatamente vivo quando mi guarda.
Non so dove mi porteranno queste sensazioni, ma di una cosa sono certo: voglio provarle il più a lungo possibile. Sono consapevole di non avere nessuna possibilità di avere qualcosa di più con Melissa, lei è attratta da quelli come il damerino e io non potrei essere niente di più lontano, tuttavia non voglio rischiare che si stufi di me, quindi non posso essere quello che "passa le giornate stravaccato sul divano, a bere birra e a guardare sit-com senza nessuna prospettiva per il futuro...", voglio essere qualcosa di più, qualcosa di migliore.
Probabilmente la mia è solo un'utopia, a prescindere dalle mie buone intenzioni prima o poi conoscerà qualcuno che la renderà più felice di quanto io potrò mai fare e per me non ci sarà più posto. Odierò quella persona con tutto me stesso, mi porterà via qualcosa di prezioso, tuttavia, se ne sarà degno, non farò niente per ostacolarlo. Rimanere da solo è la giusta punizione per quello che ho fatto a Diego, l'effimera serenità che sto assaporando in questo periodo è immeritata, ma ormai non riesco più a farne a meno e, quando arriverà il momento, diventerà un altro rimpianto doloroso che mi perseguiterà quando sarò di nuovo solo.
«Buonasera!»
Un ragazzo biondo dietro il bancone, ci saluta, una volta entrati nel bar.
«Ciao Teo!»
Ci avviciniamo, mentre veniamo raggiunti nello stesso momento da una ragazza anch'essa bionda, entrambi sembrano avere qualche anno più di me.
«Ciao tesoro!»
La ragazza si avvicina a Melissa baciandola amabilmente sulle guance e fissando me con curiosità. Vengo presentato ai miei due nuovi colleghi di stasera, stringo loro la mano e Melissa, che pare conoscerli bene, pone le solite domande di circostanza, mentre io mi rendo conto di aver già scordato i loro nomi.
«In magazzino trovate le nuove divise. Andate a cambiarvi, ci vediamo dopo.» Ammicca la bionda allontanandosi.
Seguo Melissa verso il magazzino, ma mi accorgo che il suo umore, fino a poco fa allegro, è improvvisamente cambiato.
«Che succede?» Domando, chinandomi verso il suo orecchio per mantenere la conversazione privata.
Lei scuote la testa in risposta, tuttavia non ho nessuna intenzione di cedere. Spero solo non sia di nuovo colpa di quel pinguino, proprio ora che sembrava averlo dimenticato per sempre!
«Anna è proprio il tuo tipo, non trovi?» Chiede vaga, senza guardami in faccia.
«Chi è Anna?»
«Ma come chi è? E' la ragazza che lavorerà con noi stasera!» Ribatte stupita portando la sua attenzione su di me.
La guardo stranito non capendo dove voglia arrivare: di che diavolo sta parlando?
«E' bionda come piace a te!» Aggiunge, come se fosse una cosa ovvia, interpretando la mia confusione.
Se la sua fosse una sorta di gelosia ne sarei lusingato, quasi eccitato, ma sono certo che la sia una semplice constatazione visto che, come mi ha gentilmente svelato da ubriaca "mi sono scopato qualsiasi cosa respirasse". Non sapendo che razza di risposta si aspetti esattamente da me, decido di prendermi una piccola rivincita.
«Non sono io quello che di punto in bianco si spoglia e salta addosso alle persone.»
Si blocca sulla porta del magazzino, dandomi così la possibilità di superarla e avanzando fino allo scaffale dove è appesa su una gruccia la camicia nera con il logo del locale. Sia io che Melissa, come gli altri due che ora stanno lavorando, siamo stati costretti a indossare dei pantaloni neri lunghi da abbinare ai nuovi indumenti, peccato che per le donne sia state previste le maniche corte, mentre per noi uomini, nonostante il caldo anomalo di inizio giugno, le maniche sono lunghe.
Non sentendola ribattere, mi giro verso di lei e la trovo ancora immobile con lo sguardo fisso sul pavimento, i pugni chiusi lungo i fianchi e il viso rosso come un peperone: la sua espressione è imbarazzata e arrabbiata allo stesso tempo.
«Avevi promesso di non parlare mai più di quel che è successo.» Farfuglia, riprendo il controllo del suo corpo e avvicinandosi alla sua camicia che invece è di colore bianco.
«La mia era una semplice constatazione.» Dico, alzando le spalle con tranquillità.
«Certo, come no... ogni fatto o riferimento a persone è puramente casuale!» Scimmiotta offesa.
Sorrido appena, divertito dalla sua reazione, sicuramente approfitterò di questa situazione giusto per punzecchiarla quel tanto che basta. Mi sfilo la maglietta e infilo la camicia cominciando ad abbottonarla dal basso, sentendomi osservato però, alzo lo sguardo e trovo gli occhi della ragazza osservarmi perplessa.
«Cosa aspetti a cambiarti?» Chiedo, confuso.
«Non è che potresti voltarti almeno?» Borbotta distogliendo lo sguardo.
«Come mai sei diventata improvvisamente pudica? In fondo ho già visto tutto quello che c'era da vedere, no?» Affondo un altro colpo basso e mi godo il suo disagio.
Farfuglia frasi incomprensibili, qualcuna credo anche sia in dialetto napoletano, mentre mi volta le spalle offesa, l'unica parola che riesco a captare è "strunz", così mi trattengo dal ridacchiare e ne approfitto per dare una sbirciatina quando la scorgo sfilarsi la maglietta alla velocità della luce e infilarsi di fretta la camicia. Non mi permette di vedere un granché, la volta scorsa ero stato io stesso a costringermi a non guardare, ma stavolta credo di aver intravisto dell'inchiostro sulla sua pelle. Si rigira, ancora rossa in volto, purtroppo però completamente rivestita, ci leghiamo entrambi i grembiuli e siamo pronti a cominciare il nostro turno. La raggiungo e, per un istante, l'occhio mi cade involontariamente vicino alla sua scollatura, senza che se ne accorga torno a guardare dritto davanti a me mentre lei mi affianca per oltrepassare la porta.
«Hai dimenticato un bottone.» Mi sfugge prima di mettermi dietro al bancone.
Questa è l'ennesima conferma che il mio cervello è andato a farsi fottere: come mi è venuto in mente di uscirmene con una frase del genere? Adesso mi metto pure a fare quello geloso? Ma che mi è preso? Dovrei strappargliela quella camicia, non dirle di coprirsi! Lei fortunatamente pare non notare il mio conflitto interiore e, per niente infastidita o confusa dalla mia uscita, infila nell'asola l'ultimo bottone e inizia il proprio turno di lavoro non prima di darmi un leggero pugno sulla spalla.
«Smettila di prendermi in giro.»
Smettila tu, di farmi innamorare di te.
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