61. Se il piano non funziona, cambia il piano, non l'obiettivo

Alex

Spesso mi sono sentito dire che il tempo rimargina ogni ferita, tuttavia l'ho sempre trovata una di quelle frasi di circostanza per far stare meglio chiunque si trovi davanti una persona sofferente, ma mai il diretto interessato. Personalmente lo scorrere degli anni non è stato molto d'aiuto, speravo però che per quel che riguardava la delusione d'amore di Melissa qualche giorno fosse più che sufficiente.
Sono stato paziente con lei, l'ho lasciata crogiolarsi nell'autocommiserazione fissando le pareti di casa con aria assente, controllare ogni secondo il cellulare e sobbalzare al suono di un messaggio ricevuto per poi rimanerci male subito dopo. L'ho sentita rigirarsi nel letto per ore senza trovare pace, l'ho coperta quando, troppo distratta, ha rotto qualche tazzina al lavoro o ha preso degli ordini sbagliati. Nonostante tutto non ho detto una parola, reprimendo la voglia di prenderla per le spalle e scuoterla fino a farla tornare in sé.
Ho mantenuto il controllo anche quando sono arrivati i mazzi di rose, un giorno dopo l'altro, sempre più ingombranti. Richiamando a me tutta la calma possibile, li ho adagiati comodamente nel cassonetto dell'immondizia più vicino, sopprimendo così il mio istinto di farlo a pezzi non appena ricevuti a casa. Mi sarei sicuramente sentito meglio se avessi fatto a quei fiori quello che avrei voluto fare a quel damerino per tutti i grattacapi che mi ha provocato.
La mia unica consolazione è che finalmente non sarò più costretto ad avere a che fare con lui, o meglio, a sapere di Melissa insieme a lui. Ovviamente non si tratta di gelosia, sono solo stufo di vedere lei che continua a farsi abbindolare dai suoi modo da finto galantuomo. Certe cose non puoi prolungarle all'infinito, viene il momento in cui devi strappar via il cerotto; fa male, ma poi passa e ti senti meglio. Li conosco quelli come lui, sono persone subdole e hanno sempre un secondo fine, è una lezione che ho imparato sulla mia pelle.

Dopo esattamente sei giorni e sedici ore, oggi l'ho vista finalmente fare qualche sorriso sincero, niente rispetto alla solita Melissa, eppure mi sono sentito più leggero e finalmente potevo tornare a respirare dopo giorni di apnea. Non credevo di potermi sentire così sollevato per qualcosa che nemmeno riguarda me direttamente, tuttavia il mio buonumore non è durato a lungo.
Mano a mano che ci avviciniamo a casa, si fa più nitida la figura di un uomo vestito elegantemente appoggiato alla propria auto. Stringo i pugni e serro la mascella, mentre accanto a me sento Melissa trattenere il fiato. Avevo già intenzione di andarlo a cercare per fargli conoscere il mio punto di vista, tanto che, il giorno dopo quella sera, mi ero anche fatto portare da Melissa davanti a casa con una scusa. Facendosi trovare lui qua, mi ha risparmiato il disturbo di andarlo a trovare.
Accelero il passo per impedire qualsiasi contatto tra i due, ma la ragazza mi afferra per un braccio bloccandomi.

«Aspettami su.» Ordina, senza staccare lo sguardo dall'uomo davanti a noi.

Anche il damerino si è accorto della nostra presenza e non fa altro che fissare Melissa con quella faccia da cane bastonato che spaccherei volentieri.

«Aspettami tu, su.» Ribatto deciso.

«Per favore, Alex... fammi chiudere questa storia da sola.» Supplica e io cedo.

Sapere le sue intenzioni mi tranquillizza e mi convinco ad ascoltarla. Salgo le scale, dopo aver lanciato uno sguardo d'avvertimento all'uomo che però non lo coglie minimamente, restando concentrato solo su di lei.

Arrivato in casa mi affaccio alla finestra per osservare la scena: voglio vedere la faccia di lui quando lei finalmente girerà i tacchi e lo lascerà lì come un'idiota. Attendo a lungo quel momento, tuttavia mi rendo presto conto che qualcosa non sta andando nel verso giusto e ne ho la conferma quando la ragazza si lancia tra le braccia di lui. Quando poi si scambiano un bacio appassionato decido che è il momento di distogliere lo sguardo, vado in cucina, mi prendo un paio di birre e mi butto sul divano scolandomene una dopo l'altra.

Non doveva andare così. Lui doveva sparire. Mi sono lasciato coinvolgere troppo, non avrei dovuto. Sono stato uno stupido, cosa pensavo di fare? Cosa credevo succedesse? Che lei corresse tra le mie di braccia?

La porta sbatte con violenza e la figura di lei mi si para davanti, il mio sguardo però rimane inchiodato alla televisione: sono così arrabbiato che non mi va nemmeno di guardarla.

«Si può sapere cosa credevi di fare?» Sbotta irritata, con le mani ben puntate sui fianchi. «Rispondimi, Alex!»

Non ribatto, non voglio né vederla né sentirla. Perché non se ne va via con il suo fidanzatino? Non si è presa abbastanza gioco di me?

Mi alzo lentamente, intenzionato a uscire da questa casa che ora mi sembra stretta per entrambi, ma la mia avanzata viene fermata da Melissa che non sembra intenzionata a farmi proseguire.

«Lo so che non provi simpatia per Elia, ma non avrei mai creduto che ti divertissi a vedermi star male.» Dichiara, mentre i suoi occhi si inumidiscono.

La sua affermazione mi colpisce sul vivo e involontariamente porto tutta la mia intenzione su di lei.

«Avevi detto che non volevi più avere a che fare con lui. Ti ho solo semplificato il compito.» Replico, piccato.

«L'ho detto solo perché ero arrabbiata!»

«Ho solo fatto la cosa giusta.»

«Giusta per chi?» Domanda perplessa.

Per te, stupida!

Evito il suo sguardo indagatore e la supero pronto a porre fine a questa inutile conversazione.

«Dove credi di andare? Merito almeno una spiegazione. Hai idea di cosa ho passato questa settimana?»

Certo che ce l'ho, ero io accanto a te se non te ne fossi accorta.

«Se avessi saputo che Elia mi aveva inviato delle rose e una lettera di scuse in cui mi spiegava il motivo per cui non era venuto venerdì sera, non mi sarei tormentata così tanto. Lui aspettava che fossi io a contattarlo in caso avessi deciso di perdonarlo e così mi ha lasciato i miei spazi. E tu stavi per rovinare tutto!» Ringhia isterica.

«Io non stavo per rovinare un bel niente.» Sputo, non riesco più a starmene zitto, se è la guerra quella che vuole l'avrà. «Sei troppo stupida per capire che quell'idiota ti sta solo usando come passatempo. E tu non fai altro che scondinzolargli intorno come un cagnolino.»

Le mie parole vanno a segno, indietreggia spalancando le palpebre incredula.

«Un cagnolino? Davvero?» Balbetta, poi sembra riprendere lucidità. «Io non sono il cagnolino di nessuno. Sto bene insieme a lui e lui insieme a me, quindi ci piace passare del tempo insieme. Ma tu questo non lo puoi sapere, con il carattere di merda che ti ritrovi nessuno vuole stare vicino a te.» Conclude agguerrita.

«Almeno io non mi faccio prendere per il culo da nessuno.» Sibilo tra i denti.

La voglia di spaccare qualcosa mi assale, anzi in questo momento romperei tutto.

«Ci pensi già da solo a prenderti per il culo. Passi le giornate su un divano a bere birra e guardare la televisione, non hai interessi, scopi o ambizioni. Forse io sarò uno "stupido cagnolino" come dici tu, ma almeno ho degli amici su cui contare. Pensavo tu fossi uno di questi, ma evidentemente mi sbagliavo.»

Le freddezza con cui pronuncia le ultime parole, mi paralizza e mi lascia senza niente da aggiungere.

«Non avevi il diritto di nascondermelo, era una mia scelta non tua! Sei il solito egoista!»
Ha scelto lui, di nuovo.

Sento qualcosa dentro di me andare in frantumi; non ho più nessuna voglia di spaccare qualsiasi cosa mi capiti a tiro, vorrei solo cercare di tenere uniti tutti i pezzi, peccato che non ho la più pallida idea di come si faccia.
Mantengo un'espressione neutrale, non voglio che veda che effetto hanno avuto le sue parole. Lei attende qualche istante e, quando si rende conto che non ho altro da aggiungere, si allontana ed esce di casa; peccato che io qualcosa da dire lo avevo...

Un auto che sgomma e poi il silenzio.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top