49. Non promettere mari e monti: cucinali.
Buondì,
sono viva! Voi come state?
Mi scuso per la mia momentanea sparizione e i mancati aggiornamenti, spero non si ripeta mai più! Avevo detto che avrei aggiornato prima di partire, ma non c'è stato proprio verso :(
Ora dovrebbe tornare tutto alla normalità fortunatamente!
Spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo :)
Fatemi sapere.
Rey
Melissa
Sono in ansia. Un'ansia positiva, sempre se esiste. Stasera ho appuntamento con Elia, mi ha invitato a casa sua per una cenetta romantica, preparata personalmente da lui. Ho scoperto che, oltre a essere l'uomo più bello, educato e sexy che io conosca, è pure un cuoco provetto. Sono curiosa di scoprire cosa mi cucinerà di buono, ma di qualsiasi cosa si tratti sono certa che sarà perfetto, come lui d'altronde.
Esco dalla doccia e mi infilo in camera, alla ricerca dell'abito ideale per la serata. Passo in rassegna minuziosamente tutto il contenuto del mio armadio, provando di tanto in tanto qualche vestito. Alla fine opto per un abitino nero a fiorellini rossi con le maniche lunghe che mi arriva fin oltre le ginocchia, sopra ci metto una giacca senza maniche di jeans e ai piedi indosso delle All-Stars scarlatte. Asciugo i ricci con il diffusore, lasciandoli ribelli al naturale e mi trucco solo il minimo indispensabile.
Fino al nostro ultimo incontro ho cercato di essere sempre al meglio, indossando mise che potessero mettere in risalto i punti forti della mia figura, ma ora, dato che staremo comunque in casa, credo sia arrivato il momento di fargli conoscere anche la Melissa semplice, acqua e sapone per così dire.
Sono stranamente in anticipo, così esco dalla camera per andare in cucina a preparare la cena per i due uomini di casa, che al momento hanno deciso ancora di ignorarsi beatamente, uno in camera sua a studiare e l'altro sul divano a fare zapping. Sto per entrare nella stanza, quando suona il campanello, così devio e rispondo al citofono.
«Russo, sono io. Apri!»
La voce di Keiko arriva forte e chiara. Le apro il portone e aspetto che salga le scale, chiedendomi cosa sia venuta a fare: eppure mi pareva di averle detto che ero impegnata stasera.
La mia amica entra in casa come uno tsunami, mi afferra un braccio e mi trascina via con lei.
«Andiamo!» Ordina decisa.
Torniamo in camera mia, socchiude la porta e mi osserva attentamente. Dalla sua fronte corrugata capisco che non è soddisfatta di quello che sta vedendo. Sbuffa e si strofina gli occhi con una mano.
«Non mi posso distrarre nemmeno un momento con te, Russo. Cosa ti sei messa addosso? Devi andare a cena a casa di un uomo, non a raccogliere margherite in campagna!» Mi rimprovera.
Mi osservo dall'alto perplessa.
«Cos'ho che non va? Non sono carina così?» Domando confusa.
«Appunto, sei carina!» Risponde, pronunciando l'ultima parola come fosse qualcosa di disgustoso. «Non devi essere carina! Devi essere una bomba sexy! Vogliamo toglierle si o no le ragnatele da lì sotto?» Conclude indicando il mio basso ventre.
Arrossisco imbarazzata. Non sono stupida, ci avevo pensato anche io che essendo da soli a casa sua, potrebbe accadere che la serata termini in maniera... interessante, ma non credevo fossero importati i vestiti dato che in quel contesto verranno tolti.
«Non mi avevi detto che l'uomo dei Mojito ha bisogno di una spinta? Che sei dovuta saltargli addosso per farti baciare.» Asserisce saccente.
Annuisco in risposta. Durante quell'appuntamento aveva fissato le mie labbra per tutto il tempo, ma si era sempre tenuto a debita distanza. Così, presa da un coraggio inaspettato, avevo fatto io la prima mossa e avevo unito la sua bocca alla mia. Dopo qualche istante di esitazione, lui finalmente si era lasciato andare, regalandomi un bacio pieno di passione. Da quel momento, il ghiaccio tra noi si è finalmente sciolto, dando un consenso implicito alle nostre mani di esplorare il corpo l'uno dell'altro senza vergogna.
«Cos'hai sotto quello straccio?» Chiede, ma dalla sua espressione è consapevole che la mia risposta non le piacerà. «Va bene, non lo voglio sapere. Saranno le solite mutande con le mucche.» Conclude scuotendo la testa.
«Le mucche sono carine.» Mi giustifico, la mia amica mi conosce come le sue tasche.
«Per fortuna sono arrivata io.» Ribatte, fiondandosi sui cassetti del mio armadio.
«Sei una pessima amica, Russo. Io ti faccio i regali e tu nemmeno ne fai buon uso.»
«Ciao Keiko.»
Ci giriamo entrambe nella direzione da cui proviene la voce. Davide, sorride educato, vicino alla porta della mia camera. L'espressione di Keiko, dapprima sorpresa, diventa di finta indifferenza. Temo che sia ancora arrabbiata con lui per il modo in cui l'ha trattata al pub sabato sera.
«Ah, sei tu.» Borbotta infastidita.
Davide mi guarda interrogativo, eppure dovrebbe saperlo che la mia migliore amica è sempre stata parecchio permalosa e che se è convinta di aver subito un torto, non le passa facilmente. Gli faccio dei gesti con le mani per invitarlo a lasciar perdere.
«Keiko, cosa ti prende?» Domanda lui, ovviamente non ha capito niente di quello che volevo dirgli.
«Cosa mi prende?» Keiko blocca ogni movimento, poi lentamente si alza e si gira verso il suo interlocutore con aria minacciosa. «Adesso improvvisamente ti interessa di me? Non sei più impegnato a fare il grande uomo indipendente?»
Ecco, lo sapevo.
«Di cosa stai parlando?» Davide fa un passo indietro, completamente in confusione.
«Cos'è adesso non hai più tutto sotto controllo?» Lo scimmiotta lei, avvicinandosi.
«Keiko...» Mi intrometto cercando di fare da paciere, ma la mia amica mi fulmina con lo sguardo.
«Keiko, un corno! Lo abbiamo solo difeso, perché è quello che facciamo sempre e lui che fa? Ci sgrida? Per cosa poi? Per fare bella figura con quell...»
«Keiko!» Quasi urlo per zittirla.
So cosa stava per dire, e so anche che se la lasciassi fare la loro amicizia ne risentirebbe per sempre.
«Non dire cose di cui poi potresti pentirti.» Le sussurro, in modo che solo lei possa sentirmi.
Keiko rimane zitta, con ancora un'espressione arrabbiata in viso. Lentamente riprende il controllo e riporta la sua attenzione al mio cassetto della biancheria intima.
«Se non ti dispiace, Russo ora si deve cambiare.» Sentenzia lanciandomi con forza uno dei miei reggiseni addosso.
Lo afferro e subito dopo mi arriva in faccia anche il perizoma in coordinato. Li osservo attentamente, è un completino abbastanza sexy nero di pizzo, regalatomi per Natale da Keiko. E' ancora nuovo e questo la dice lunga sulla mia intensa vita sessuale.
«Oh, si certo...» Davide sparisce, lasciandoci nuovamente sole.
«Non credi di aver esagerato?» La rimprovero, lei non viene minimamente scalfita, anzi alza le spalle con noncuranza.
«Mi hai fermato giusto in tempo. Ma quello che stavo dicendo era la verità. Non si è comportato bene con noi e dovresti essere anche tu arrabbiata con lui. Lo sai che ho ragione, da quando sta tentando di fare colpo su quell'inglesina viziata non è più lo stesso Davide di sempre.» Spiega seria.
Ragiono sulle sue parole e, nonostante all'inizio credessi fosse una scenata di gelosia, ora mi rendo conto che ha un fondo di verità. Non mi va però di pensare queste cose del mio coinquilino, sono sicura che esiste sicuramente una motivazione più sensata. Forse il suo comportamente è semplicemente influenzato dallo stress. Si, deve essere così.
«Comunque... Non perdiamo altro tempo e indossa questo.» Ordina, buttando addosso una delle sue creazioni.
«Non sarà troppo? Si tratta pur sempre di una cena in casa.» Le ricordo osservando imbarazzata il gioco di trasparenze dell'abito che ho tra le mani.
«Russo, vogliamo arrivare si o no in terza base stasera?»
Sono davanti al condominio più signorile della zona, ricontrollo l'indirizzo che mi ha fornito Elia e mi accerto di non aver sbagliato. Keiko mi ha dato un passaggio, convenendo come me che, con lo spacco vertiginoso del vestito che indosso e i tacchi alti, non era il caso che io salissi su un autobus. Avanzo lentamente fino al portico e suono il campanello titubante all'altezza del suo cognome.
E se avessi esagerato? Se fosse troppo? Perchè mi lascio sempre convincere da Keiko, devo smetterla di darle retta...
«Chi è?» La voce meccanica di Elia esce dall'apparecchio.
«Sono i... Melissa. Sono Melissa.» Balbetto frettolosamente.
«Ultimo piano.» Il portone si apre immediatamente lasciandomi intravedere un ingresso ampio ed elegante.
Intimorita salgo nell'ascensore e premo il pulsante più in alto. Le porte si chiudono e si mette in moto silenziosamente, di sottofondo solo una musica classica che dovrebbe essere rilassante, ma che su di me invece ha l'effetto opposto. Quando finalmente la cabina si riapre, varco la soglia e mi ritrovo all'ultimo piano. Mi guardo intorno e mi rendo conto esserci una sola porta d'ingresso, contornata da vasi con piante talmente verdi da sembrare finte.
L'uscio si spalanca mostrandomi la figura slanciata di Elia, anche lui mi osserva e sono contenta di vedere una scintilla di malizia nei suoi occhi scuri. Mi avvicino sforzandomi di sembrare sicura di me e concentrandomi su ogni passo per non finire a terra davanti al suo sguardo ardente.
«Sei bellissima.» Sussurra quando sono a pochi centimetri da lui.
Senza nessuna esitazione mi afferra per la vita attirandomi a sé e insinua la lingua nella mia bocca senza nemmeno chiedermi il permesso. Sorpresa del suo insolito impeto, lo lascio fare ricambiando come meglio posso.
La mia pelle comincia a diventare incandescente sotto il suo tocco, e proprio nel momento in cui decido di saltare la cena e di passare direttamente al dessert, lui si stacca velocemente. Abbiamo entrambi il fiatone, come dopo una lunga corsa, i nostri corpi sono ancora abbastanza vicini e sembrano attirarsi come due calamite.
«Accomodati.» Come al solito è lui a riprendere il controllo prima di me.
Si sposta leggermente per lasciarmi spazio e mi fa cenno di entrare. Mi liscio nervosamente la gonna da delle pieghe inesistenti e faccio come dice, ritrovandomi così in un grande spazio aperto dove il colore bianco regna sovrano.
«Seguimi.» Con la risolutezza che lo contraddistingue, Elia mi fa strada.
Mi guardo intorno curiosa di carpire qualcosa di più su di lui, ma non c'è molto che lo possa identificare. Lo stile è minimale, non ci sono soprammobili, nè foto, nè qualsiasi altro oggetto personale; l'unico dettaglio fuori posto sono degli scatoloni sigillati qua e là.
«Scusa per il disordine, ma mi sono trasferito da poco.» Esordisce intercettando i miei occhi indagatori.
Entriamo nella zona pranzo, grande come l'appartamento in cui vivo e arredata da un'enorme cucina con penisola. Tutt'intorno delle grandi vetrate mostrano le luci della città, ma niente è più raggiante del sorriso che il padrone di casa mi riserva. Mi sposta uno sgambello, da vero gentiluomo, e mi fa accomodare sulla penisola apparecchiata per due con addirittura una candela rossa nel mezzo. Con un telecomando accende lo stereo alle mie spalle e le note di una ballata romantica si espandono nella stanza, stappa una bottiglia di vino rosso e ne versa il contenuto in due calici.
Afferra il suo bicchiere e mi invita a fare lo stesso. Facciamo un piccolo brindisi scambiandoci occhiate languide, dopodichè ne beviamo un sorso contemporaneamente.
La cena prosegue liscia come l'olio, le sue doti culinarie sono innegabili e anche se ci scambiamo poche parole, i suoi occhi sono sempre nei miei e la sua mano non fa che sfiorare la mia. Vorrei non ci fosse questa penisola a separarci, così per evitare i momenti di imbarazzante silenzio, sorseggio il liquido rosso del mio bicchiere che sembra essere sempre allo stesso livello senza mai diminuire.
Alla fine del secondo piatto, la mia pazienza è esaurita, il mio livello alcolico è abbastanza elevato da permettermi di spegnere il buonsenso e lasciami andare all'istinto. Mi alzo e, con qualche passo ben studiato per mostrare le gambe grazie allo spacco, mi vado a sedere sulle ginocchia di Elia che, sorpreso, alza le mani in segno di resa. Allaccio le braccia dietro al suo collo, spingo il seno contro il suo petto e con la punta della lingua percorro la base del collo fino al lobo, prendendolo poi tra i denti e innescando nei suoi pantaloni la reazione che desideravo.
Si lascia scappare un gemito, prima di alzarsi con impeto in piedi prendendomi in braccio e, con passo urgente, lasciamo la stanza mentre io continuo a mordicchiare la zona del suo collo, finchè non mi lascia cadere su qualcosa di morbido e poi... il paradiso.
***
Un fascio di luce mi sveglia dal mio sonno tranquillo, mi rigiro nel morbido letto, tra le lenzuola di seta che sanno di lavanda. Non ricordavo di aver usato un ammorbidente con quel profumo, di solito il mio coinquilino preferisce il talco. Sono appagata e pacifica, era da tempo che non mi sentivo così al risveglio. Una volta ruotata dall'altra parte, sento il respiro di qualcuno che mi colpisce il viso insieme a un leggero russare.
Il mio cervello mette in moto lentamente tutti gli ingranaggi, riportadomi alla memoria le immagini e le sensazioni avvertite la notte precedente con Elia. Il suo modo di toccarmi, baciarmi, possedermi... è stato magnifico. Solo che a un certo punto tutto si fa confuso, non rammento il momento in cui sono tornata a casa.
Spalanco gli occhi improvvisamente e vengo distratta dal viso, ancora seraficamente addormentato, dell'uomo che ha condiviso il suo letto con me. Così rilassato sembra dimostrare meno dei suoi trentatré anni. Potrei restare a guardarlo sognare per ore...
Aspetta un attimo... c'era qualcosa che non quadrava...
«Oh, no!»
Schizzo fuori dal letto e i miei movimenti bruschi destano anche il padrone di casa.
«Che succede?» Domanda sbadigliando.
«Scusami, non volevo svegliarti!» Farfuglio, raccogliendo i miei indumenti sparsi per la stanza. «Solo che ora devo proprio scappare a casa.»
«Perché?» Domanda perplesso. «Non rimani per colazione?» Aggiunge languido.
Mi blocco tentata dalla sua offerta, non credo si riferisca a cornetto e cappuccino, magari potrei... NO! Avevo fatto una promessa e dopo nemmeno ventiquattro ore sto già per infrangerla! Non è da me, devo tornare subito a casa!
«Vorrei davvero... ma non posso proprio.» Dico, facendogli un sorriso di scuse.
Lui mi osserva non molto convinto, ho l'impressione che voglia chiedermi maggiori spiegazioni, ma per fortuna si trattiene dal farlo.
«Ti accompagno.»
Quando finalmente sono sotto al mio appartamento, l'ansia di non arrivare in tempo e di non mantenere fede alla mie parole, mi provoca un senso di nausea che fatico a controllare.
«Grazie per il passaggio.» Guardo Elia negli occhi, cercando di esprimergli tutta la mia gratitudine.
Non ha parlato per tutto il tragitto e credo sia arrabbiato con me. Come posso biasimarlo, lo sarei anche io se la persona con cui ho appena passato la notte, volesse scappare da casa mia il più velocemente possibile. Avrebbe tutto il diritto di avere maggiori delucidazioni, ma non credo che Alex sarebbe contento di sapere che vado a raccontare i suoi problemi di incubi in giro.
«E' stata una serata magnifica, tu sei fantastico. Solo che... avevo promesso al mio coinquilino che lo avrei aiutato stamattina con l'esame che deve fare più tardi.» Mento.
Non so come mi possa essere venuto in mente di dire una bugia, sarebbe bastata una mezza verità, ma se è detta a fin di bene non vale come menzogna, giusto?
«Non preoccuparti, avremo modo di recuperare.» Elia annuisce e sembra più sollevato.
Riesce a regalarmi anche un sorriso che mi fa sentire terribilmente in colpa per non avergli detto la verità, ci tengo che il nostro rapporto sia basato sulla sincerità, ma ormai la frittata è fatta.
«Allora, ciao.» Farfuglio, indecisa sul da farsi.
Poso una mano sulla portiera dell'auto pronta per aprirla e scendere, ma un improvviso imbarazzo mi fa tentennare. Fortunatamente, stavolta è lui a prendere in mano la situazione, incornicia il mio viso con le sue grandi mani e mi stampa un bacio a fior di labbra.
«Ci sentiamo lunedì. Anche se sarà dura aspettare tutto il weekend prima di rivederti.» Asserisce fissandomi dritta nelle iridi, a pochi centimetri da me.
Mi sento avvampare, non so bene per quale motivo, e non riesco a trattenere una risata nervosa. I suoi occhi lasciano i miei per qualche istante e scrutano qualcosa alle mie spalle, non ho il tempo per girarmi a controllare di cosa si tratti che avvicina nuovamente la mia bocca alla sua. Stavolta il bacio è molto più passionale, tanto da spiazzarmi completamente e darmi il tempo di contraccambiare quando ormai si è già allontanato.
«A presto, piccola.» Il tono roco della sua voce mi da il colpo di grazia.
«S-si...» Farfuglio.
Il mio cervello è andato in pappa. In uno stato confusionale, scendo dall'auto e salgo le scale fino ad arrivare alla porta dell'interno sette. Rimango così finchè non varco l'uscio e mi si presenta davanti agli occhi l'effetto che la mia promessa non mantenuta ha scatenato.
Il soggiorno è completamente sottosopra: i mobili più piccoli sono stati ribaltati, quello che restava dei ninnoli della Signora Dalmasso, giace a terra in mille pezzi, i cassetti sono stati scardinati insieme a tutto il loro contenuto, numerosi frammenti di vetro sono sparsi vicino alla pareti dove sono appese stampe alle quali è rimasta solo la cornice attorno e le ante di legno della cristalliera sono tutte ammaccate. Alex è già uscito.
Sono arrivata troppo tardi.
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