40. La miglior difesa è l'attacco
Melissa
«Nooo!!!»
Le urla di Alex mi svegliano di soprassalto. Scendo velocemente dal letto e corro scalza verso il soggiorno, sbattendo su ogni mobile che trovo durante il tragitto, non essendo ancora completamente lucida. Barcollo dolorante fino ai piedi del divano e cado rovinosamente sulle ginocchia sfinita, come se avessi appena concluso una maratona.
Alex è rannicchiato su se stesso, girato verso lo schienale, tiene il viso nascosto tra i gomiti. Il suo corpo è scosso da tremori e sussurra qualcosa sommessamente che non riesco a decifrare.
«Alex...»
Cerco di chiamarlo dolcemente costringendolo a voltarsi verso di me, ma la sua rigidità me lo impedisce. Mi rialzo afferrandolo con entrambe le mani per le spalle e, facendo leva sulle gambe, riesco a raddrizzarlo. Continua a farfugliare parole incomprensibili, ma dal tono della sua voce ho l'impressione che si stia scusando per qualcosa.
Ha ancora il viso racchiuso tra i gomiti, così decido di liberarlo, con molta difficoltà, da quella presa stretta. La mia azione però lo desta, si tira su a sedere di scatto e spalanca gli occhi mostrandomi le sue iridi, solitamente smeraldine, cosparse da un tumulto di chiazze marroni. L'angoscia che mi trasmettono è tale che cado nuovamente in ginocchio davanti al divano. Istintivamente appoggio una mano al centro del suo petto. Il suo cuore batte velocemente dietro la canotta bianca che indossa.
«Va tutto bene.» Sussurro appena, cercando di infondergli un po' di tranquillità.
I suoi occhi saettano nei miei, nonostante ciò non mi sta guardando veramente, sembra ancora imprigionato nel suo incubo.
«Alex.» Lo chiamo.
Restiamo a fissarci a lungo finché pian piano i suoi respiri tornano regolari e il suo sguardo non è più vacuo. Lo osservo attentamente e noto che le sue occhiaia sono più evidenti del solito sul viso pallido.
Una volta tornato completamente in sé, aggrotta le sopracciglia e con un gesto brusco sposta la mia mano dal suo petto indispettito. Ritiro l'arto velocemente come se mi fossi scottata e non posso fare a meno di rimanere perplessa dalla sua reazione. Sembra quasi arrabbiato con me, solo che non riesco a capire cosa possa aver fatto.
Con uno scatto repentino si alza in piedi e si dirige verso il mobile della sala, apre un cassetto e comincia a rovistare al suo interno. Poi, senza preavviso, scaraventa tutto sul pavimento spaventandomi.
«Alex, calmati!» Esordisco, alzandomi e facendo qualche passo nella sua direzione.
Lui si volta verso di me e lo sguardo che mi riserva è intriso d'ira. Ho come l'impressione di essere tornata al nostro primo incontro.
«Devi smetterla!» Ringhia, buttando all'aria un altro cassetto.
«Di cosa stai parlando?» Chiedo sempre più confusa.
Che sia sonnambulo e stia ancora sognando? È l'unica spiegazione plausibile.
«Devi finirla di starmi sempre addosso!» Sputa, guardandosi prima i piedi e poi me.
«Non...»
Non faccio in tempo a formulare la frase che lui subito mi è addosso. Mi afferra per le spalle e mi costringe a guardarlo negli occhi pieni d'odio puntati dritti nei miei, a qualche spanna più in basso.
«Basta! Lo vuoi capire che non ti voglio tra i piedi?» Mi da uno scossone senza allentare la presa.
Il mio buonsenso mi invita ad andarmene il più lontano possibile da lui. E' completamente fuori di sé e potrebbe farmi del male.
Impossibile. Lui è Alex, non lo farebbe mai.
Ne sei sicura? Credi davvero di conoscerlo così bene? Il mio buonsenso continua a mettermi in guardia e non posso dargli torto.
Ripenso a quella sera nella zona fumatori, dopo che Sam mi aveva baciato, al modo in cui Alex mi aveva consolato. Al suo abbraccio caldo e protettivo, alla sua premura da nascondermi dagli occhi curiosi della gente con il suo stesso corpo.
Ripenso al suo viso preoccupato quando mi ero sentita male dopo una delle nostre corse mattutine e di come lui mi abbia tenuto sotto controllo per le ore successive al lavoro, svolgendo con malcelata noncuranza mansioni che sarebbero dovute spettare a me.
Lui è il vero Alex, non il ragazzo che ora è davanti a me. Può fare ciò che vuole per convincermi del contrario, ma io ho visto chi è veramente e non mi faccio influenzare dai suoi modi bruschi.
Lui sembra aver intuito i miei pensieri, perché lascia la presa sulle mie braccia e mi guarda stupito della mia impassibilità. Lo noto ispezionare colpevole il punto dove fino a poco prima mi stringevano le sue mani, come se avesse paura di avermi causato dolore.
«Non mi hai fatto male.» Gli confesso per tranquillizzarlo.
Sospira frustato, si volta dandomi le spalle e cominciando a vestirsi. Vuole andare a correre da solo, ma se lo può scordare. Prima mi urla contro e poi mi lascia qui? Mi deve una spiegazione e spero per lui che sia plausibile.
«Vengo con te.»
«No.»
«Invece sì.» Ribatto decisa.
Si gira nuovamente verso di me, stavolta però anche se la sua espressione è seria e decisa, i suoi occhi non sono più furiosi, ma timorosi.
«Ascoltami ragazzina, lo so che tu credi di stare simpatica a chiunque, ma non è così. Fai di tutto per essere gentile con tutti, ma alla gente non frega niente di te. Non hai ancora capito che le persone ti stanno accanto solo perché gli servi? Non hai ancora imparato la lezione?»
Scuoto la testa cercando di non dare peso alle sue parole.
«Il tuo amico, quello capellone, non è veramente tuo amico. Ti ha usato solo per avere qualcuno che lo aiutasse con lo studio e poi, visto che tanto tu sei una tonta, gli sei stata utile pure per far ingelosire la sua ex. Di te a lui non importa niente.»
Perché sta cercando di ferirmi a tutti i costi?
«Nemmeno a Davide ti sopporterebbe se non gli fossi utile.» Rincara la dose con un sorrisino di scherno. «Tu gli servi solo come domestica. Ti ha mai aiutato lui in qualcosa? Quando avevi bisogno di lui cosa faceva? Spariva lasciando a te i problemi. E' questo che tu chiami amicizia?»
«Non è vero.» Farfuglio.
Vorrei tapparmi le orecchie per non ascoltare le sue false illazioni. Mi sta respingendo, l'ho capito perfettamente, ma lui non sa cosa ho dovuto passare per arrivare dove sono ora e non sa che alcune parole possono ferirmi più di un coltellata nel petto.
«Sei solo una stupida.» Esordisce interrompendo il contatto visivo.
No, questo non lo posso accettare.
«Basta Alex, se volevi renderti insopportabile ci sei riuscito benissimo, complimenti!» Lo schernisco. «Non vuoi essere giudicato, però a giudicare gli altri senza conoscerli fino in fondo sei bravissimo.»
Lui non mi risponde, finisce di cambiarsi e mi supera dandomi una spallata.
«Ti ricordo che quando Davide ti ha cacciato di casa, sono venuta io a cercarti! E questo è il tuo ringraziamento?» Gli rinfaccio urlando alle sue spalle.
Non posso permettergli di trattarmi in questo modo. Chi si crede di essere? Non mi importa cosa lo turbi e cosa io possa aver fatto per farlo arrabbiare in questo modo, ma il suo comportamento non è comunque giustificabile. Sono una persona anche io e come tale merito rispetto.
«Perchè credi che io abbia deciso di restare?» Domada atono.
"Perché qui con noi stai bene e ti senti a casa" vorrei rispondergli, ma rimango zitta, consapevole che mi stia per dare il colpo di grazia mettendo così fine al nostro futile litigio senza capo ne coda.
«Perché mi fai pena.»
Lo dice così, senza nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia, con un tono asciutto che non ammette repliche e la cosa mi colpisce più di quanto vorrei mai ammettere. La porta d'ingresso si richiude con un tonfo.
Resto immobile in mezzo al soggiorno nel più completo silenzio, dalla finestra non entra nemmeno un raggio di luce, indice che fuori è ancora buio.
Sono combattuta tra il precipitarmi giù dalle scale alla ricerca di Alex e farlo tornare in sé così che tutto possa tornare come prima oppure buttarmi sul pavimento e scoppiare a piangere lasciandomi sopraffare da emozioni ormai dimenticate.
Decido di non fare nessuna delle due cose e di fingere che tutto questo non sia mai avvenuto. Oggi è un giorno importante e stamattina ho in programma di portare a termine svariati compiti e non posso perdere altro tempo. Approfitterò di questa alzataccia per iniziare subito a darmi da fare. Nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di sorgere.
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