31. In alto i bicchieri, abbasso i pensieri
*Alex*
Questa serata ha preso una piega inaspettata. Sono arrivato insieme a Silvia la quale inizialmente sembrava ancora arrabbiata con me poi, dopo l'arrivo di Frankeinstein, è tornata appiccicosa come al solito. Il suo ex ragazzo ci ha fissato per tutto il tempo con la faccia scura, questa volta non ha potuto contrattaccare usando Melissa e di ciò, lo devo ammettere, sono molto contento. Sono stato al gioco della biondina, divertendomi da morire a far incazzare quell'idiota.
Ad un certo punto la ragazza ha tentato di convincerci ad andare in pista a ballare con lei. Ma dico, stiamo scherzando? Ho rifiutato fin troppo bruscamente e se n'è andata tutta impettita. E' stato in quel momento che ho sentito la risatina di scherno arrivare da Samuele. Mi sono girato di scatto e l'ho fulminato con lo sguardo, stavo anche per alzarmi e prenderlo per il collo, ma il suo amico, che evidentemente è più furbo di lui, ha proposto una sfida interessante.
«Ragazzi, siamo adulti e vaccinati, non dovremo farci i dispetti e tanto meno arrivare alle mani.» Aveva asserito con fare saccente, mi ero voltato verso di lui e per poco non gli sputavo in faccia per insegnargli a stare al suo posto. «Sapete qual è il modo migliore per mettere fine alle vostre divergenze? Una bella gara di bevute e, ovviamente, offro io!»
E' così che sono finito per scolarmi non so quanti shottini, uno dietro l'altro insieme al gatto ed alla volpe. Stranamente si è unito a noi anche mio fratello. All'inizio della serata si era allontanato con la rossa, ma non è passato molto prima che facesse il suo ritorno da solo e con la coda tra le gambe. Si è messo a brindare insieme a noi, cosa alquanto strana visto che ho sempre presunto fosse astemio, evidentemente la scopata persa con quella ragazza inglese deve averlo turbato più del previsto. Se avesse ascoltato i miei consigli, anziché quelli della sua coinquilina, a quest'ora non sarebbe così triste per una donna.
Alla fine la gara gli bevute l'ho vinta io, Frankeistein è sparito all'improvviso dopo che Silvia era tornata al nostro tavolo per dirmi che sarebbe andata in bagno e mi chiedeva di accompagnarla. Ovviamente non ho minimamente considerato la sua richiesta anzi, sono giunto alla conclusione che devo levarmela dalle scatole il prima possibile, sta diventando una palla al piede. L'amico di "fronte spaziosa" si è ritirato quasi contemporaneamente a mio fratello che collassava sul divanetto. Mai nella mia vita avrei creduto di passare una serata a bere insieme a lui ed inoltre a vederlo per la prima volta in vita mia ubriaco.
In tutto quel marasma, tra musica alta e bicchierini dai liquidi colorati, non ho ben capito come sono finito nella zona fumatori. Sono sorpreso di essere stato abbastanza lucido da arrivare fin qui, in altre occasioni avrei acceso la sigaretta direttamente su quel divanetto infischiandomene dei divieti.
Alla terza sigaretta consecutiva, necessaria per assorbire un po' l'alcool ingerito, Melissa fa il suo ingresso repentino nell'area.
La osservo incuriosito dalla sua presenza nella zona, mentre alcuni ragazzi intorno a lei si lasciano scappare qualche apprezzamento poco galante. Questa sera è davvero sexy, con quell'abito bianco in perfetto contrasto con la sua pelle olivastra, i capelli mossi ed il trucco che allunga ancora di più i suoi occhi da gatta. Mi domando il motivo che l'ha portata ad uscire da sola in un'area che non sembra voler utilizzare.
Improvvisamente qualcosa nella sua espressione mi mette in allarme ed il mio cervello torna ad elaborare pensieri più o meno coerenti. Mi avvicino in poche falcate, facendomi spazio poco educatamente tra la folla di fumatori. Lei ha gli occhi puntati a terra e si abbraccia stretta, ma appena sente i miei movimento alza lo sguardo mostrandomi uno strano luccichio tra le lunghe ciglia nere.
«Alex...» Sussurra, correndomi inaspettatamente incontro. Mi blocco preso alla sprovvista, ma lei mi raggiunge e nasconde il viso sul mio petto giusto un istante prima di scoppiare in lacrime.
Ma cosa?
Rimango interdetto, colto completamente alla sprovvista, è la prima volta che nella vita mi capita che una donna venga a piangere da me, di solito sono abituato a sentirle frignare mentre scappano lontano, stufe dei miei comportamenti. Non so bene come comportarmi, ma fortunatamente l'alcool non mi fa pensare troppo, così agisco d'istinto. La racchiudo tra le mie braccia, come a volerla proteggere da un'invisibile minaccia esterna, e fulmino con lo sguardo tutti quelli vicino a noi che ci stanno guardando.
«Vieni con me.» Bisbiglio vicino al suo orecchio, e resto sorpreso dalla dolcezza della mia voce. Dolcezza? Ho pensato davvero questa parola? Ho bevuto troppo, è ufficiale.
Ci allontaniamo in una zona meno affollata, mentre lei continua a singhiozzare ed ha bagnarmi la camicia nera che indosso. Ci fermiamo in un angolo e mi metto davanti per farle da scudo, così che nessuno la possa vedere. Non sapendo come consolarla, le do della piccole pacche di incoraggiamento sulla spalla, lasciando che continui il suo sfogo e l'unica cosa che riesco a capire tra un lamento e l'altro sono le parole: "Sono una stupida" e "Dovevo ascoltare te e Keiko".
Al momento non ho la più pallida idea di chi sia questa Keiko, ne tanto meno cosa entrambi le avremmo detto di così veritiero. Quando finalmente si calma, si allontana leggermente e con il dorso della mano si asciuga le ultime lacrime, cercando di pulirsi il trucco sbavato. Vedendo che provoca ancora più danni, decido di intervenire. Le prendo con entrambe le mani il viso e con i pollici sfioro le guance rimuovendo gli ultimi residui di mascara.
«Grazie.» Balbetta, quando ho finito e si allontana leggermente.
Questo comportamento stranamente mi ferisce, resto ad osservala mentre incrocia le braccia al petto e fissa qualcosa alla sua destra. «Scusami per la camicia.» Borbotta e sembra non voler aggiungere altro.
Se crede di cavarsela così, si sbaglia di grosso. Non può pensare di scoppiare a piangere addosso a me e liquidarmi senza nemmeno una spiegazione. Decido di non forzare troppo la mano, mi dirà tutto di sua spontanea volontà, ne sono sicuro, anche perché in caso contrario a quest'ora sarebbe già rientrata.
Con ostentata tranquillità, estraggo il pacchetto di sigarette dai jeans, e me metto una tra le labbra prima di porgerlo verso di lei. Titubante guarda prima l'oggetto e poi me, infine con un'alzata di spalle rivolta a sé stessa, ne afferra una e mi imita. Accendo la mia cartina, prima di passarle l'accendino e vederla fare la stessa cosa, con una manualità che mi dimostra che non è la prima volta e, probabilmente, nemmeno l'ultima. Restiamo ancora in silenzio finché lei non esplode come una pentola a pressione.
Comincia a parlare raccontandomi tutto, un fiume di parole che faccio fatica a seguire, ma il nocciolo della questione mi è chiaro: Frankeistein è un uomo morto. Si ripete e balbetta senza sosta, è ancora evidentemente turbata. Dentro di me fremo dalla voglia di far collidere le mie nocche con la faccia di quell'idiota; le mie mani tremano a tal punto che sono costretto a infilarle nelle tasche dei jeans.
«Lo so che tanto tu dirai che è solo un bacio.... ma non è quello... è che...»
Non conclude e rimane a fissarmi con gli occhi nuovamente velati di lacrime. Sospira frustrata e sbatte ripetutamente le palpebre guardando in alto.
«E' solo che mi sono sentita in trappola... e non mi è piaciuto.» Conclude infine quasi in un sussurro.
Spegne il mozzicone in un posacenere vicino e fa dei respiri profondi. Temendo che sia intenzionata a rientrare, decido di prendere in mano la situazione.
«Noi due abbiamo in sospeso una scommessa.» Annuncio più freddo di quanto vorrei.
Lei mi fissa perplessa, poi lentamente vedo che si ricorda di quando siamo andati sotto casa di quello che credeva fosse un suo amico e di come io avessi avuto ragione nel trovarlo dentro casa, nonostante avesse dichiarato di aver perso le chiavi.
«Cosa vuoi farmi fare?» Chiede confusa.
Nella mia mente si creano scenari per nulla casti, ma mi sforzo di mantenere la concentrazione per mettere in atto la mia idea.
«Ora tu recuperi Davide, chiami la tua amica cinese...»
«Non è cinese.» Mi interrompe.
«E ve ne andate da qui.» Concludo ignorando il suo intervento.
Mi fissa perplessa, senza capire dove voglio andare a parare.
«Perchè vuoi che me ne vada?» Domanda.
Perché voglio farla pagare una volta per tutte a quello spilungone e quando accadrà non voglio che tu sia presente dato che sicuramente non approveresti i miei metodi.
«Hai scommesso.» Ribatto freddo.
Lei continua a scrutarmi cercando di leggermi nel pensiero, mentre io resto impassibile nascondendo le mie intenzioni. Alla fine cede e sbuffando annuisce poco convinta.
«D'accordo.» Mente con un'alzata di spalle. «Ci sarei andata comunque a casa.» Aggiunge senza guardarmi negli occhi.
Bugiarda. Lo vedo che avrebbe voluto rimanere, ma per non darmela vinta è disposta a dire qualsiasi cosa. Inoltre non mi è chiaro il motivo per il quale vorrebbe rimanere, cosa ha intenzione di fare? Vuole affrontare lo stronzo oppure vuole dimostrare a sé stessa di non essere una debole scappando alla prima occasione?
«Come vuoi. Ora vai!» Ribatto infastidito: ci stiamo perdendo in chiacchiere inutili.
«Dov'è Davide?» Domanda guardandomi seria.
«Sta dormendo sul divano vicino al tavolo che il tuo amico ci ha riservato.» Istruisco e mi sposto di lato per incoraggiarla a rientrare.
Spalanca le palpebre sorpresa dalle mie parole, nemmeno lei deve aver mai visto mio fratello completamente ubriaco.
«C-Cosa? Lo avete fatto bere?» Farfuglia improvvisamente in agitazione.
«Ho bevuto da solo.» Sancisco. «E' grande e vaccinato, sa badare a sé stesso. Dovresti smetterla di fargli da baby-sitter.» Aggiungo, non so nemmeno io per quale motivo.
Certo, ho sempre pensato questo del loro rapporto, ma solo dicendolo ad alta voce e udendo il tono della mia voce, mi rendo conto che la cosa mi irrita più di quanto immaginassi.
«Non sono la sua baby-sitter, mi preoccupo per lui. E' un mio amico e credevo fosse astemio... quindi mi domando cosa lo abbia portato a comportarsi così.» Si giustifica con un'espressione corrucciata.
Sono stufo di starla a sentire, soprattutto se l'oggetto della conversazione è mio fratello.
«Sarà meglio che lo porti a casa.» Conclude, afferra il cellulare e manda un messaggio veloce probabilmente alla sua amica.
Rimette tutto nella borsetta e torna a guardarmi. Il suo viso ora è di nuovo disteso e mi regala un sorriso carico di gratitudine. Poi, senza preavviso con uno slancio repentino, mi abbraccia.
Resto completamente basito, le mani ancora ben infilate nelle tasche mentre le sue mi circondano il busto. Mi scappa un verso di sorpresa quando appoggia la testa sul mio petto.
«Grazie Alex.» Sussurra appena, ma la sua voce mi rimbomba nelle orecchie. Non ho ricordi dell'ultima volta che sono stato abbracciato in questo modo, è un gesto inaspettato e carico di... affetto, credo. Rimango immobile, completamente attonito, lei non sembra farci caso e si allontana da me sempre sorridente.
«Vieni a casa con noi.» Dice, ma sono talmente confuso che non capisco se sia una domanda od una supplica.
Nel dubbio scuoto la testa e lei mi guarda perplessa, sta per chiedermi il perchè, ma la blocco sul tempo.
«Intanto andate voi. Io devo fare una cosa prima, vi raggiungerò.» Prometto, chiudendo gli occhi per riprendere il controllo di me.
Quando li riapro il suo sorriso è scomparso lasciando posto ad un'espressione delusa.
«D'accordo.» Dice, anche se non lo è.
Una delle poche cose che ho capito di Melissa è che quando dice "d'accordo" non è mai veramente così. A questo punto però non importa, deve andarsene senza perdere altro tempo. Sembra intuire la mia volontà, perché senza aggiungere altro, mi saluta e rientra nel locale.
Quando sparisce dalla mia visuale, prendo il cellulare dalla tasca e cerco nella rubrica il numero che mi serve. Ho pochi ricordi di quella notte, ma la scena di lei che mi prendeva il telefono per salvare il proprio contatto è ben impressa nella mia memoria. Faccio partire la chiamate e dopo tre squilli la sua voce giunge al mio orecchio attraverso l'apparecchio: «Ciao.»
«Devi raggiungermi subito.»
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