29. Meglio una verità che uccide che un bugia che illude
*Alex*
Prima dell'inizio del turno di lavoro, mi riprendo quasi completamente. Nonostante Melissa insista fino allo sfinimento perché io resti a casa, non ne ho nessuna intenzione di farlo: in queste condizioni passerei tutto il tempo a dormire con il rischio di sognare qualcosa di poco piacevole. La sensazione di malessere non è ancora sparita del tutto, ma almeno non sono più scosso dai tremori e la mia pelle non sta più andando a fuoco come prima.
Devo ammettere che mi ha sorpreso la premura di Melissa nei miei confronti, più che altro perché non riesco a spiegarmela. Sono quasi certo che ci sia sotto qualcosa che mi sfugge e sono determinato a scoprire cosa: se c'è una cosa che ho imparato in ventisette anni di vita è che nessuno fa mai niente per niente.
La mia collega mi osserva per tutto il tempo cercando di non farsi vedere, vuole controllare che io non sia così rincoglionito da sbagliare qualcosa probabilmente. Infondo, se è vero che ha garantito per me, in questo lavoro è anche suo interesse che io non faccia grandi danni. So che ogni mio movimento è più lento del solito, ma tutto sommato non ho ancora rotto nessun bicchiere. Ogni tre per due viene al banco a chiedermi come sto ed io rispondo sbuffando indispettito.
Giuro che se continua così potrei perdere la pazienza e tornarmene da dove sono venuto. Ho avuto solo un po' di febbre per la miseria, non sono mica sul letto di morte!
L'unica cosa positiva è che ho potuto parlare un po' da solo con lei e farmi dire come mai abbia fatto pace con il suo amico dalla fronte spaziosa. Da dove li osservavo, avevo notato che lui si stava scusando, ma aver saputo che lei non prova nessun interesse per quell'idiota mi ha messo di buon umore. Mi sarebbe dispiaciuto per lei se fosse stata così stupida da farsi abbindolare di nuovo, anche se, a parer mio, non avrebbe dovuto nemmeno perdonarlo. Quella povera ragazzina deve ancora capire come gira il mondo. E' convinta che le persone siano oneste e sincere, non si rende conto che in realtà è solo una facciata. Prima o poi capirà che l'unica persona che ha davvero a cuore il suo benessere è solo se stessa, che contare su altri porta solo a delusioni ed a raggiri. Bisogna imparare a cavarsela da soli, senza l'aiuto di nessuno. Invece lei, imperterrita, vede solo ciò che le fa più comodo: un mondo che esiste solo ai suoi occhi. Dove la gente sbaglia non perché meschina, ma perché umana.
«Sei sicuro di star bene?» Eccola che, con la scusa di portarmi un ordinazione, mi pone per la millesima volta la stessa domanda.
«Sei un po' pallido.» Aggiunge pensierosa. Grugnisco qualcosa in risposta, ma anziché andarsene e tornare ai tavoli, si mette a fissare concentrata le lancette dell'orologio dietro di me. Con le labbra mima dei numeri facendo il conto delle ore, poi soddisfatta mi raggiunge dietro al bancone e si mette a rovistare frenetica nella sua borsa.
«Tieni, ora ne puoi prendere un'altra. Forse ti sta risalendo la febbre.» Asserisce porgendomi la stessa pastiglia che mi ha costretto a bere questa mattina. La guardo male e inavvertitamente sposto lo sguardo nella sua borsa ancora aperta. Rimango basito nel constatare che all'interno si è portata dietro un'intera farmacia, compreso il termometro.
«Sei la persona più insistente che conosca.» Borbotto, ma alla fine opto per fare come mi dice, almeno tornerà a lavorare e mi lascerà finalmente in santa pace.
Finito il turno torniamo a casa e sfortunatamente mi è tornato nuovamente il mal di testa, ma non voglio che lei lo scopra altrimenti ricomincerà a tartassarmi, anche se in realtà non ha mai smesso. All'ora di cena finalmente sembra che si sia placata e mi lascia mangiare in tranquillità.
«Che succede Dade?» La domanda di Melissa esce all'improvviso. Mi giro verso mio fratello seduto alla mia sinistra e vedo solo in quel momento che è demoralizzato. Dato che la cosa non mi riguarda torno a concentrarmi sul mio piatto.
«Si tratta di Ashley. Credo sia arrabbiata con me.» Farfuglia lui. Fantastico, devono per forza parlare di queste cose quando ci sono io?
«Perché dovrebbe essere arrabbiata?» Domanda l'altra confusa. Saranno fatti suoi, no? Magari è solo una scusa per non vedere più mio fratello. Mi maledico mentalmente per la piega che stanno prendendo i miei pensieri. Chi se ne frega di Davide, qualsiasi cosa lo riguardi non è un mio problema.
«E' proprio quello il bello. Non lo so!» Si lamenta l'altro allontanando il piatto ancora mezzo pieno davanti a lui.
«Scusami Mel è tutto buonissimo, davvero... ma non ho appetito stasera.» Si giustifica sospirando. Lei gli sorride comprensiva ed allunga una mano per posarla rassicurante su quella di lui. Anche io allungo un braccio, ma per afferrare il piatto e metterlo sopra il mio ormai vuoto. Sono contro lo spreco di cibo.
«Non abbatterti. Prova a pensare a cosa potrebbe essere, quando è stata l'ultima volta che l'hai vista o sentita e non era arrabbiata con te?» Chiede dolcemente lei. Lui riflette per qualche istante e ho come l'impressione che lanci un'occhiata nella mia direzione, ma quando alzo gli occhi dal piatto lui sta fissando un punto indefinito in alto a sinistra, in una posa pensierosa.
«Alla festa di Filippo. Da lì in poi mi avrà risposto si o no a due messaggi, poi basta.» Rimangono in silenzio entrambi, mentre io mi alzo e svuoto il restante contenuto della pentola sul mio piatto. Questa cena è davvero ottima.
«Devi dimostrarle che ci tieni. Presentati a casa sua e non te ne andare finché non le avrai parlato. Prima o poi cede vedrai.» Consiglia Melissa a mio fratello. Non posso far a meno di farmi scappare una mezza risata. La ragazza mi osserva perplessa ed, ancora con la bocca piena, decido di dire la mia.
«Classico comportamento da una ragazzina come te. Prendere le persone per sfinimento.» La derido e lei socchiude gli occhi per quello che dovrebbe essere un'espressione minacciosa.
«Se vuoi un consiglio da uomo. Lasciala perdere, le donne si incazzano per niente, magari avrà avuto le sue cose.» Concludo e quasi quasi mi verrebbe da dare una pacca sulla spalla a Davide, ma mi trattengo rendendomi conto che non sarebbe da me.
«Classico discorso di uno stupido maschilista!» Sputa irritata la ragazza. Perfetto, era meglio che stavo zitto, ora mi toccherà sorbirmi una ramanzina delle sue. Ovviamente non mi delude, e comincia un monologo da vera femminista incallita. La lascio parlare, non registrando nemmeno una parola che esce dalla sua bocca, prima o poi finirà, no?
«Discutere con te è inutile.» Conclude acida, notando che non l'ho ascoltata per tutto il tempo. «Torniamo a noi.» Si gira verso Davide e la sua espressione di addolcisce di colpo. «Fidati di me, se si sta comportando così, sicuramente ci sarà un motivo valido e, se da solo non riesci a capirlo, dovrà essere lei a spiegartelo. Se però non le dimostri che ci tieni, lei si allontanerà ancora di più.» Sancisce sicura. Davide annuisce fidandosi completamente del giudizio della sua ingenua coinquilina. Ma dove sono finito? Strozzo un'altra risata, ma non mi riesce molto bene e la ragazza si volta nuovamente nella mia direzione.
«Magari il grande esperto di donne saprà consigliarti meglio di me.» Sputa. Alzo le spalle senza cedere alla sua provocazione, ma non sembra soddisfatta. «Magari ti dirà di andartene di soppiatto senza dire niente a nessuno e lasciare una donna da sola in una bar a giustificare la tua improvvisa assenza. Un po' quello che ha dovuto fare Silvia domenica.» Aggiunge incrociando le braccia al petto.
«I vostri amici sono una palla mortale.» Asserisco, come se niente fosse. Melissa affina lo sguardo e mi fissa truce pronta ad esplodere con un'altra ramanzina delle sue. «E poi non credo siano affari vostri quello che faccio io.» Esclamo con un tono che non ammette repliche. Il messaggio sembra essere recepito, perché nessuno dei due fiata, anche se la ragazza continua fissarmi minacciosa.
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