2. Incontri inaspettati
Melissa
Mi trascino su per le scale, facendo più rumore di quanto vorrei. Il suono dei miei tacchi echeggia per tutto l'androne, finchè non raggiungo il terzo piano e mi posiziono davanti all'interno sette.
L'appartamento in cui vivo appartiene a Davide Dalmasso, uno studente di Economia come me, nonché amico e coinquilino. In realtà, per essere precisi, è di proprietà dei suoi genitori, ma gli hanno consentito di avere un affittuaria per aiutarlo, sia con la gestione della casa, che delle spese derivanti. Inoltre, la piccola quota che gli pago ogni mese, permette a lui di togliersi qualche sfizio in più e a me di risparmiare, dato che, in un normale appartamento della zona, sarei stata costretta a pagare almeno il doppio di quanto pattuito. Come se non bastasse, è anche molto vicino, sia all'Università, che al mio posto di lavoro e questo mi permette di muovermi liberamente a piedi non avendo un mezzo proprio.
Infilo le chiavi nella toppa e lentamente faccio scattare la serratura, aprendo la porta d'ingresso. Senza accendere nessuna luce, mi appresto a raggiungere la mia stanza, quando qualcosa cattura la mia attenzione. Passando davanti alla cucina, sento dei rumori di stoviglie e noto un barlume che riconosco come i faretti della cappa.
"Strano che Davide sia ancora sveglio a quest'ora" Penso, tuttavia sono troppo stanca per soffermarmi ulteriormente sui miei dubbi, così sempre di soppiatto, entro in camera mia.
L'appartamento non è molto grande, ma per due è più che sufficiente: è composto da una cucina abitabile con un cucinotto annesso, un salotto che da sull'ingresso e da un lungo corridoio dal quale si possono raggiungere entrambe le camere da letto, una destra e una a sinistra dell'unico bagno della casa. Tutto arredato con un mobilio classico che, senza alcun dubbio, è stato scelto con cura dalla signora Dalmasso e devo ammettere che, nonostante sia un po' datato, ha comunque il suo fascino. La mia stanza è quella più piccola, mentre Davide giustamente si è accaparrato quella matrimoniale. Nonostante ciò, adoro la mia cameretta, è il mio piccolo rifugio. Lunga e stretta, ha le pareti panna ed è fornita di tutto ciò che mi serve: un armadio sulla destra appena varcata la soglia, un letto singolo poco più in là e la finestra sul lato parallelo alla porta, con sotto la scrivania e il mio portatile. Sulla sinistra di quest'ultima è stata posizionata una libreria utile per contenere tutti i miei testi di studio, invece sulla parete destra, perpendicolare alla porta, ho appeso molte foto che mi ricordano i bei momenti passati sia con i miei amici di Milano, sia con quelli di Portici, la mia città natale, e una foto che ritrae me insieme alla mia amata nonna.
Appoggio la borsetta sulla scrivania, accendo l'abat-jour e attacco il cellulare al caricabatterie, visto che all'inizio della serata questo mi ha vigliaccamente abbandonato, spegnendosi. Mi tolgo le scarpe con il tacco prendendole in mano, dopodiché scalza, torno nuovamente in corridoio per inserirle all'interno della scarpiera comunitaria.
Indosso le mie comode pantofole, lasciandomi scappare un sospiro di sollievo. Da dove mi trovo, sento un leggero russare provenire dalla stanza di Davide.
Strano, non l'ho nemmeno sentito passare per andare dalla cucina in camera sua.
Scelgo nuovamente di non badare alla cosa, non ho le forze per farmi delle domande, tantomeno per darmi delle risposte sensate. Così decido di andare in bagno a struccarmi e lavarmi, ma altri rumori provenienti dalla cucina mi distraggono.
Aspetta un attimo...
Il mio cervello torna improvvisamente lucido e una spia di allarme si accende nella mia testa.
Corro in camera di Davide, spalancando la porta che, fortunatamente, non chiude mai a chiave. Senza ulteriore indugio, comincio a scuoterlo ripetutamente per destarlo.
«Dade, svegliati! C'è qualcuno in casa! Forse un ladro! Dai, svegliati!» Lo incito, senza però ottenere alcun risultato.
Davide ha sempre avuto il sonno particolarmente pesante e nonostante i miei innumerevoli richiami, continua a dormire inconsapevole di quello che sta accadendo in casa.
Si rigira dall'altra parte, dandomi le spalle e mugugnando qualcosa di a malapena comprensibile: "Mazza". Ma certo, la mazza!
All'inizio della nostra convivenza, il mio coinquilino mi confessò di nascondere una mazza da baseball sotto il letto per le emergenze. Mi sdraio sul pavimento e allungo una mano alla ricerca dell'oggetto. Lo trovo quasi subito e mi rialzo tenendolo con entrambe le mani, come fosse un'arma estremamente pericolosa.
«Non vorrai far fare il lavoro sporco a me! Svegliati, forza!» Ci provo un'ultima volta, ma lui non sembra considerarmi minimamente.
Magari con una mazzata in testa mi darebbe retta...
Altri rumori sopraggiungono dalla cucina e mi fanno sobbalzare dallo spavento.
Devo agire, prima che l'intruso ci svaligi tutta casa.
Lentamente mi avvicino alla cucina, lasciando Davide a beare nel mondo dei sogni; quando avrò risolto questa faccenda, faremo un bel discorsetto io e lui sui doveri dell'uomo di casa.
Mi blocco sulla porta e cerco di spiare all'interno della stanza, imitando gli attori dei film polizieschi in televisione. Riesco a scorgere qualcuno, probabilmente un uomo, coricato alla ricerca di qualcosa nei mobiletti inferiori della cucina. Sembra vestito di stracci e posso sentire sin da qui il cattivo odore che emana.
"OK." Mi dico per infondermi coraggio. "Ora vado là e lo caccio fuori. Io ho una mazza e lui no. Io ho la mazza e lui no..." Me lo ripeto un paio di volte come un mantra.
Dopo qualche minuto e parecchi segni della croce, apro leggermente la porta; con passo leggero, mi avvicino all'intruso.
Ancora un passo. Un altro ancora.
Sono praticamente sopra di lui, quando sembra accorgersi di me. Si gira lentamente e la prima cosa che scorgo, sono due smeraldi che mi scrutano pieni di stupore. Presa alla sprovvista, porto la mazza sopra la testa e mi preparo a colpire.
«Ma, cosa...» Lo sento farfugliare, con un biscotto al cioccolato infilato in bocca.
Il ragazzo si alza e fa un passo sicuro verso di me. Non capisco se abbia intenzioni buone o cattive così, nel dubbio, chiudo gli occhi e abbasso con tutta la forza che possiedo l'arma verso di lui.
Sento la mazza colpire il pavimento, l'intruso deve aver schivato all'ultimo il mio colpo. Apro lentamente un occhio alla volta per vedere dove sia finito.
«Tu sei pazza!» Lo sconosciuto afferra la mia arma improvvisata e me la strappa dalle mani bruscamente.
Indietreggio, spaventata, andando a sbattere con la schiena contro il frigorifero.
«Ho già chiamato la polizia! Ti conviene andartene!» Lo minaccio, cercando di non far tremare la voce.
Lui non si muove e rimane a osservarmi con uno sguardo di fuoco. Ho l'impressione di sentire la sua furia colpirmi a ondate.
Sono fottuta.
«Cosa combinate voi due a quest'ora?» La voce di Davide arriva corredata dalla luce del lampadario che irradia tutta la stanza.
Io e lo sconosciuto ci giriamo simultaneamente verso l'ingresso della cucina. Il mio coinquilino, con tutta la sua tranquillità, ci osserva sbadigliando e infilandosi gli occhiali da vista per mettere a fuoco la scena.
«La tua fidanzata ha cercato di uccidermi.» Risponde l'intruso, lasciando cadere per terra la mazza con un tonfo.
Mi ritrovo a voltarmi prima verso Davide, poi verso lo sconosciuto e di nuovo verso il mio amico. Lo faccio con una tale velocità che mi sorprende non mi venga il colpo della strega.
«Fatemi capire. Voi vi conoscete?» Chiedo incredula.
«Non hai ricevuto il mio messaggio?» Mi domanda Davide perplesso.
Faccio segno di no con la testa e decido di staccarmi dal frigorifero prima di diventare tutt'uno con esso. Ormai la situazione non sembra più pericolosa, ho l'impressione che sia stato tutto un gran malinteso, anche se mi accorgo che lo sconosciuto non mi stacca gli occhi di dosso e il suo sguardo non promette niente di buono.
Lo avessi almeno colpito!
«E' mio fratello, Alex. Nel messaggio ti avvisavo che mi ha fatto una... sorpresa, diciamo... Sarà nostro ospite per un po'.» Spiega titubante Davide, ma dal suo tono qualcosa non quadra.
Lo vedo lanciare un'occhiata preoccupata al fratello per poi tornare su di me con un sorriso forzato di circostanza . C'è dell'altro sotto, è palese, ma evidentemente non vuole parlarne davanti al nostro nuovo visitatore: alla prima occasione gli farò vuotare il sacco.
«D'accordo.» Mi limito a dire, accorgendomi, solo in quel momento, che Alex mi sta penetrando ancora con lo sguardo, il viso completamente immobile, come una statua.
Comincia a mettermi a disagio. Alzo un sopracciglio sprezzante, nella mia solita espressione che si traduce in: "Qualche problema, amico?".
Lo vedo chiudere gli occhi e giuro di aver udito anche i suoi denti digrignare dalla rabbia. Calcia la mazza a distanza di sicurezza, per poi serrare i pugni e voltarsi in direzione del fratello.
«Dovresti tenere d'occhio la tua ragazza. Mi stava quasi per colpire in testa con questo affare. E' pazza dovresti farla rinchiudere.» Dice acido, dandomi le spalle come se non valessi niente.
«Ehi, sono qui, se non te ne fossi reso conto. E non ti permettere di darmi della pazza, si da il caso che quando uno sconosciuto fa irruzione in casa mia io cerco di...»
«Casa tua?» Mi interrompe, con un sorrisino maligno sul volto.
Ma che problemi ha questo ragazzo?
«Qui non c'è niente di tuo! E' dei miei genitori questa casa. Tu sei solo la puttana che si scopa mia fratello.» Sputa con cattiveria.
Lo guardo, incredula della sua arroganza.
Giuro che adesso raccolgo la mazza e gliela spezzo in testa.
Deve essere per forza stato adottato, non può venire dalla stessa famiglia che ha educato Davide.
«Punto numero uno: non ti azzardare a chiamarmi puttana se non vuoi morire giovane.» Lo minaccio avanzando verso di lui con il dito puntato.
Si gira verso di me e mi fissa impassibile.
«Punto numero due: è vero questa casa non è mia. Ma ci vivo pagando l'affitto e contiene anche miei oggetti personali, quindi se permetti, non mi va che venga derubata.» Faccio un altro passo, ma per quanto cerchi di intimidirlo è lui che mette in soggezione me con quello sguardo assassino.
Proseguo ancora nella sua direzione, ma sono costretta ad alzare la testa per non perdere il contatto visivo. Dev'essere alto almeno un metro e novanta, perché gli arrivo a malapena sotto il mento. Da questa vicinanza riesco però a osservarlo meglio e non posso fare a meno di pensare quanto sia diverso dal fratello. Davide è alto all'incirca come me, ha la faccia da bravo ragazzo e i capelli biondi sempre in ordine il tutto addolcito da dei limpidi occhi azzurri che ricordano il cielo d'estate.
Alex invece è tutta un'altra cosa. Oltre a essere particolarmente maleducato ed offensivo, ha i capelli scuri che porta lunghi e scompigliati, la barba sembra non vedere un rasoio da mesi, nonostante tutto quel pelo però, si vede chiaramente che il suo viso è scavato e che profonde occhiaie contornano i suoi occhi verdi. Il naso appuntito, leggermente storto, la mascella squadrata e le labbra fini strette in una linea dura gli danno un'aria minacciosa.
Deve notare che mi sono un attimo incantata a scrutarlo, perché incrocia le braccia al petto beffardo, in attesa della mia prossima mossa.
«Punto terzo...» Riprendo, ma mi rendo conto di non avere più la stessa decisione nella voce.
Mi sono lasciata distrarre, accidenti!
«Punto terzo: se uno mi si presenta in casa vestito come un barbone, la cosa non mi mette a mio agio.» Improvviso.
Lui rimane immobile a fissarmi. Potrebbe anche dire qualcosa, magari spiegarmi il perché del suo brutto rapporto con acqua e sapone.
«Hai finito?» Mi domanda neutro e io annuisco in attesa della sua replica.
«Bene, ero stufo di sentirti parlare, ragazzina. Ora se non ti dispiace, vorrei finire di fare quello che stavo facendo prima che tentassi di uccidermi.» Aggiunge avvicinandosi di nuovo alla cucina.
Ragazzina? Io? Avrà si o no qualche anno più di me, dovrei vederlo senza quel cespuglio di barba che si ritrova per capirlo meglio. Lo vedo rovistare nella dispensa e afferrare un pacchetto di patatine al formaggio. Con aria strafottente supera sia me che Davide, rimasto all'ingresso della cucina, riservando a entrambi una spallata nel passare. Si stravacca sul divano della sala e appoggia i piedi, calzati da delle orribili scarpe infangate, sul tavolino di fronte. Apre il sacchetto di patatine facendone cadere, di proposito, ne sono sicura, qualcuna sul pavimento e poi, sempre sotto il nostro sguardo, accende la televisione come se fosse il padrone del mondo.
«Siete ancora qui?» Domanda a entrambi, senza mai staccare gli occhi dallo schermo.
«Andiamo a dormire.» Mi sussurra Davide, poi mi prende per un braccio e mi trascina in camera, mentre mi appunto mentalmente di disinfettare il giorno dopo divano, tavolino e ogni cosa sia passato tra le grinfie di quell'essere.
«Buonanotte Meli.» Mi augura il mio coinquilino imbarazzato.
«Buonanotte anche a te.» Rispondo confusa.
Gli indico con una mano la sala e gli sussurro, con un tono che è un misto tra una minaccia e una promessa: «Domani mi spieghi tutto.»
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