18. Per esperienza è provato che chi non si fida mai sarà ingannato

*Melissa*

Quando torno a casa per pranzo, Alex non mi rivolge nemmeno la parola. Cucino la carne della sera prima e nonostante provi ad intavolare un discorso qualsiasi, lui non mi considera. Provo anche a provocarlo dandomi le risposte da sola imitando la sua voce, ma anche questo mio tentativo fallisce miseramente.

Durante l'orario di lavoro pronuncia qualche parola in più, ma sempre tutto inerente al bar. Niente chiacchiere inutili o battute sarcastiche come questa mattina. Comincio a temere che sia stato un caso che non ricapiterà mai più.

Alla fine del turno torniamo a casa e dopo essermi cambiata e lavata, mi dedico ai fornelli. Preparo un risotto e metto in fresco anche una bottiglia di vino rosso che tenevo segretamente nascosta per qualche occasione particolare. Sono conscia del fatto che sia una serata ordinaria, ma ho la sensazione di dovermi far perdonare qualcosa anche se non ho ben chiaro cosa.

Quando finalmente tutto è pronto, lo chiamo, e ci mettiamo entrambi a tavola. Cerco di intavolare qualche discorso, fallendo miseramente. «Che programmi hai per la serata?» Domando raccogliendo i piatti uno sopra l'altro per riporli nel lavabo. Lui mi guarda riducendo gli occhi a fessura, come se trovasse strano il mio quesito. Eppure non mi sembra una cosa tanto complicata. «Oh, andiamo!» Ribatto fissandolo esasperata. «La mia è una semplice domanda, non ti ho mica chiesto quando hai perso la verginità!» Concludo. Lui spalanca gli occhi colto allo sprovvista dalla mia uscita. Quando anche io mi rendo conto di quel che ho detto mi sento le guance avvampare e mi volto di scatto concentrandomi sui patti sporchi per non farmi vedere da lui. Direi che per stasera ho bevuto abbastanza.

Strofino convulsamente con la spugna quando un suono strozzato cattura la mia attenzione. Finisco di sciacquare e mi rigiro verso il tavolo sperando di aver ripreso il mio solito colorito facciale.

Incrocio il viso di Alex e lo vedo chinato in avanti, le sue spalle fanno dei piccoli scatti. Mi avvicino e lui alza la testa incatenando le sue iridi alle mie. Fa una strana smorfia con la bocca e poi scoppia a ridere.

Ride. Ride di me. Ride con me.

Si, perché la sua risata ha provocato anche la mia involontariamente. Il momento dura troppo poco per i miei gusti e lui si ricompone, anche se ora ha stampato in volto un sorriso al posto della sua solita espressione corrucciata. «Avresti dovuto vedere la tua faccia.» Mi schernisce. «Non ho detto niente di male...» Farfuglio in evidente imbarazzo. Sistemo la tavola per non dovermi concentrare su di lui, ma sento il suo sguardo addosso. Per un po' non parliamo più e io mi limito a mettere sul fuoco la moca del caffè.

Non so come mai mi sia imbarazzata così tanto con lui. Di solito mi capita raramente e sopratutto per motivi ben più gravi. Figure di merda colossali per esempio. Se una frase del genere mi fosse uscita tra i miei amici, ci saremo fatti una risata tutti insieme e poi finita lì. Certo, Keiko mi avrebbe preso in giro per mesi, citandomi ad ogni occasione, ma niente di più. Sarà che forse infondo io e lui siamo ancora due estranei, eppure ho avuto una reazione a me completamente inaspettata.

«Avevo quasi quindici anni.» La sua voce arriva da dietro le mie spalle, mentre verso il liquido nero nelle rispettive tazzine. Le afferro e le porta in tavola, posizionandone una davanti a lui. Mi siedo guardandolo di sottecchi. 

«Eri ancora un bambino.» Commento. Lui alza le spalle e sorseggiamo entrambi il caffè scrutandoci da sopra le tazze. Lui la posa sul tavolo e ricomincia a parlare. «Lei aveva due anni più di me. Le ho dovuto fare una corte serrata, nemmeno mi cagava visto che ero più piccolo. Ma poi ha ceduto e me l'ha data. Diceva di non essere ancora vergine, ma mentiva. Inoltre è stato un disastro per entrambi.» Mi racconta con semplicità facendo vagare i suoi occhi per la stanza. Poi li riporta su di me, in attesa di una mia reazione. «Spero che almeno ti sia impegnato a rendere la sua prima volta romantica.» Dico e lui alza un angolo della bocca divertito. «Se per romantico intendi entrare di nascosto dalla finestra del camper dei suoi genitori ed aver consumato tutto in fretta e furia per la paura di essere scoperti.» Risponde sarcastico. «Povera ragazza. Spero che poi avrai avuto modo di farti perdonare.» Lui scuote la testa al ricordo. «Non mi ha più voluto vedere.» «Non la biasimo.» Esprimo la mia vicinanza a quella povera ragazza. «Credo di essere servito al suo scopo.» Continua con leggerezza. Fissa la tazzina del caffè con un mezzo sorriso, probabilmente immerso nei ricordi della sua adolescenza. Improvvisamente lo vedo incupirsi e così decido di prendere in mano la situazione.

«Io ne avevo quasi diciotto invece.» Confesso. Di solito non mi piace parlare di affari così personali, ma piuttosto che il clima si geli di nuovo, sono disposta anche a questo. Riporta i suoi occhi su di me e lo vedo sinceramente incuriosito. Ovviamente vuole saperne di più. Sospiro sognante, richiamando alla memoria i bei tempi spensierati. «Era il mio ragazzo da due anni. Siamo praticamente cresciuti insieme. Prima è stato il mio migliore amico, poi piano pianino è diventato qualcosa di più.» Racconto ripensando a Carmine, il mio primo amore. «E poi?» Mi incoraggia a proseguire riportandomi alla realtà. «Poi niente. Mi ha portato sulla spiaggia la notte di Ferragosto, c'erano i fuochi d'artificio per la festa di Sant'Assunta ed il rumore del mare come sottofondo.» «Si era dato da fare il ragazzo.» Commenta acido. «Già, ovviamente per quanto sia stata magica la prima volta è sempre un po' così. Ma lo ringrazio per avermi lasciato un bel ricordo di quella sera. Una volta finito siamo rimasti abbracciati a lungo ad aspettare l'alba.» Continuo sognante. Credo di essere stata fortunata ad essermi innamorata di Carmine la prima volta, mi ha fatto un regalo che mai potrò dimenticare. Ancora oggi, se ripenso alla mia prima volta, per quando inesperta, ne conservo un bellissimo momento.

Alex mi guarda con la faccia schifata. «Che c'è?» Domando offesa. «Niente, è solo che credo mi sia venuto il diabete.» Mi deride. «Non ti facevo così ingenua.» Aggiunge con disprezzo. «Sono romantica! E non c'è niente di male ad esserlo!» Ribatto impettita incrociando le braccia la petto. «Se lo dici tu.» Commenta alzando le spalle con noncuranza. «Inoltre, un po' di romanticismo farebbe bene anche a te!» Asserisco convinta. "Magari saresti meno stronzo" penso, ma decido di tenerlo per me.

«Se non fossi così ingenua avresti capito che quel povero ragazzo ci ha messo due anni per raggiungere il suo scopo. E siccome devi essere stata una che se la teneva stretta ha dovuto inventarsi quella scenetta smielosa per farsela dare.» Insinua il bastardo. «Era innamorato di me ed ha aspettato i miei tempi!» Replico indispettita. Ecco come rovinare in pochi secondi la mia storia d'amore con Carmine. «E dimmi romanticona, questo ragazzo una volta ottenuto quel che voleva è scappato a gambe levate?» Dice e sembra divertirsi a istigarmi. «Certo che no!» Nego forse con troppa enfasi. Lui alza un sopracciglio con sufficienza, evidente segno che non crede alla mia risposta. «Siamo stati ancora insieme dopo.» Aggiungo per avvalorare la mia tesi. 

Ed è vero. Finché non sono partita per Milano siamo stati insieme. Certo, fosse stato per me saremo ancora insieme, ma lui non era pronto ad una relazione a distanza ed io, anche se ci sono rimasta male, ho rispettato la sua decisione. Tanto che siamo rimasti ottimi amici... a volte quando torno a Portici e ci incontriamo per le vacanze siamo anche qualcosa di più, ma questi sono dettagli irrilevanti.

Lui mi fissa concentrato e ho l'impressione che abbia notato che nella mia mia testa si affollano i ricordi, spero solo che non abbia qualche capacità di lettura nel pensiero, non credo gli piacerebbe vedere l'immagine del mio ex nudo. «Non mi ha ancora detto una cosa.» Asserisce lentamente incollando i suoi occhi ai miei. «C-cosa?» Farfuglio colta di sorpresa dall'intensità del suo sguardo. «Stamattina hai detto che avevi capito anche tu una cosa di me.» Spiega e si appoggia comodamente allo schienale della sedia. «Sono tutto orecchi.» Conclude. «La condizione era che avresti dovuto riuscire a prendermi.» Ribatto contenta del cambio di argomento. «Considerando che ti ho superato quasi subito direi che le condizioni ci sono.» Dice prendendo un bicchiere e sorseggiando altro vino. «Dovevi prendermi, non superarmi.» Preciso imitandolo. Sono conscia di star perdendo tempo, ma non sapendo cosa rispondere cerco di allungare il più possibile la nostra conversazione. Stamattina quando ho detto quella frase in realtà non mi riferivo a nulla in particolare, volevo solo battibeccare amichevolmente con lui. 

«Non fare la preziosa. Non mi farai mica aspettare due anni per dirmi questa cagata!» Sorride malizioso. Arrossisco istantaneamente alla sua allusione. Maledetto! Ho fatto male a confidarmi con lui, ora lo userà a suo favore ogni volta che ne avrà voglia. «Magari potrei aspettare che scassini un camper per me e poi potrei dirtelo.» La mia bocca parla prima che il cervello abbia formulato la frase. Mi sorprendo delle mie stesse parole pungenti. Lui annuisce senza smettere di sorridere e sembra soddisfatto della mia risposta. Lo sono anche io sinceramente, mi stupisco di essere stato così reattiva, magari lo fossi sempre.

«Comunque.» Riprendo per riportare il nostro discorso meno sul personale. «Ho capito che sei meno stronzo di quel che vuoi far credere.» Improvviso. Sono troppo a mio agio con lui stasera, devo smetterla di bere. Abbandona il suo sorriso e mi guarda perplesso. «E' vero.» Rispondo ad una domanda che non mi ha posto. «Non ho detto che tu non lo sia. Solo che sei un pizzico meno stronzo di quel che vuoi far credere alla gente.» Spiego convinta. Un po' lo penso, soprattutto riportando alla mente i suoi occhi preoccupati questa mattina. Lui alza nuovamente le spalle ed ho l'impressione che il momento di confidenze sia concluso.

«E tu che programmi hai per la serata?» Chiede sorprendendomi. «Beh...» Farfuglio. «Dovrebbe venire qui, un amico che devo aiutare per un esame.» Spiego e mi sento in colpa. Ho la sensazione di avergli fatto un torto. Lui annuisce senza proferire parola. Mi sarebbe piaciuto passare una serata sul divano insieme anche solo a guardare una delle sue solite sitcom, magari avrei avuto modo di ascoltare qualche altro episodio della sua vita. «Quindi mi hai domandato cosa facessi io perché speravi ti lasciassi casa libera.» Espone maligno, lanciandomi un'occhiataccia di ghiaccio. «Ma cosa... NO!» Rispondo offesa. Come può anche solo pensarlo? «Le persone che vivono insieme spesso si raccontano i proprio programmi. E' un modo per organizzarsi.» Spiego come fossi una maestrina e lo vedo infastidirsi ancora di più. «Ti ho fatto quella domanda perché volevo semplicemente introdurre il discorso con te per avvisarti che stasera avremo avuto ospiti.» Cerco di salvarmi in corner. Quando gli ho posto il quesito non avevo pensato veramente a ciò, ma la mia era una semplice domanda per parlare del più e del meno. Lui mi scruta ancora poco convinto.

«Chi è?» Chiede freddo. «Chi è chi?» «Il tuo amico. Chi è?» Sbuffa scocciato. «E' Samuele, quello alto che è venuto qui a vedere il film qualche sera fa.» Spiego sentendomi in dovere di giustificarmi. Ma perché? Sono adulta e vaccinata e posso fare quello che voglio. «Ok.» Conclude alzandosi e dirigendosi verso il suo adorato divano. Fine della nostra tregua. il silenzio torna prepotentemente tra di noi, pesante come un macigno.

***

Sam arriva in ritardo di almeno mezz'ora e passa quella successiva a scusarsi. Quando entra mi saluta con dei baci sulla guancia, fa anche un cenno ad Alex, ma quest'ultimo non lo degna nemmeno di uno sguardo. Prendiamo posto sul tavolo della cucina uno davanti all'altro e cerco di spiegargli in modo esaustivo tutto quello che mi domanda. Andiamo avanti per qualche ora, gli concedo solo una pausa pipì, per il resto non ci fermiamo mai. Voglio concludere questa serata il prima possibile e andarmene a letto a dormire.

«Grazie Meli, del tuo aiuto.» Samuele chiude il libro con aria soddisfatta. Finalmente è finita, non ne potevo più. «Devo sdebitarmi con te!» Asserisce poggiando i gomiti sul tavolo e protendendosi verso di me. «Per così poco, figurati. Siamo apposto davvero.» Minimizzo. Lui aggrotta le sopracciglia, per me la questione è conclusa, ma per lui ho il dubbio che non sia così. «Dico davvero. Permettimi di offrirti una cena.» Propone con ostentata spensieratezza. Cerca di fissarmi dritto negli occhi, ma io lascio vagare i miei in giro per la cucina. Perché ho la sensazione che questa serata sia stata solo un pretesto per chiedermi un appuntamento? «Potremo andare al ristorante giapponese che hanno appena aperto vicino al multisala. E poi andare a vedere quel nuovo film appena uscito sui supereroi Marvel.» Rincara la dose per convincermi. «Sam, io non...» Comincio con un tono di voce sinceramente dispiaciuto, ma lui mi zittisce con un gesto della mano. «Niente di impegnativo, solo una serata tra amici.» Asserisce ed i suoi occhi mi supplicano. «Forse faresti meglio a chiederlo a Silvia, no?» Azzardo titubante. Lui spalanca gli occhi e mi guarda ferito. «Eravate una bella coppia.» Aggiungo cercando di rimediare. Lo penso veramente e mi era dispiaciuto un sacco quando l'anno scorso ero venuta a sapere che tra loro due era finita. «Davvero non lo sai?» Domanda abbassando la voce e lanciando un'occhiata verso la sala. «Cosa?» «Di Silvia e...» Fa un cenno con la testa verso il ragazzo stravaccato sul divano nella stanza accanto. «Oh...» Esclamo sorpresa. 

Avevo visto che Silvia e Alex avevano parlato la sera che ho invitato tutti qui in casa nostra per il film, ma non mi aspettavo fosse in atto qualcosa. Anche se con il senno di poi ci sarei dovuta arrivare visto che il mio nuovo coinquilino non parla con nessuno a meno che non voglia ottenere qualcosa. «Mi dispiace.» Mi scuso sussurrandolo appena. Lui scuote la testa lentamente. «Non è un problema davvero.» Commenta, ma non gli credo. Nonostante tutto Silvia non gli è mai stata indifferente anche dopo la loro separazione. Hanno avuto dei ritorni di fiamma che poi si sono spenti tanto veloci quanto erano apparsi. «E' passato ormai, devo pensare al futuro.» Continua, ma ho l'impressione che tenti più di convincere sé stesso che me. «Ok.» Replico chiudendo il discorso per non infierire ancora di più.

«Potrei scriverlo sul gruppo del film. So che Keiko lo voleva vedere, magari anche gli altri!» Esclamo con troppo entusiasmo, ma non so come rifiutare il suo appuntamento senza offenderlo. «Ma...» Cerca di ribattere. «Sarà divertente, è da tanto che non andiamo tutti insieme al cinema.» Azzardo ancora. Ti prego Sam arrivaci da solo che non voglio uscire con te, non è difficile. Non farmelo dire. Il ragazzo davanti a me si inumidisce le labbra e sospira rassegnato. «Va bene, ma alla cena saremo solo io e te.» Ordina con tono che non ammette repliche. «Ma...» «Niente "ma"! Voglio ringraziarti come si deve. Poi andremo al cinema in compagnia!» Mi interrompe. Che gli dico ora? Mi fissa in attesa ed i suoi occhi mi sembrano supplicare. Una cena non ha mai ucciso nessuno, no? Però corro il rischio di illuderlo per niente. Devo rifiutare, non c'è altra soluzione. «D'accordo.»

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