16. Le persone possono sapere tutto di te, ma non conoscerti affatto

*Alex*

Il solito bambino protagonista dei miei sogni, ora è un adolescente e sta palleggiando abilmente con un pallone a pentagoni bianchi e neri. 

Sto correndo anche io. Vedo le spalle di quel ragazzo sempre più lontane. Lui si gira e mi guarda lanciandomi una sfida: "Prova a prendermi." Accelero, più che posso, ma lui è sempre stato più veloce di me, più bravo e più meritevole. Lo perdo di vista e comincio a chiamarlo per nome, mentre tutto intorno a me diventa nero. 

Una risata lontana. 

Sento qualcuno ridere sguaiatamente e mi precipito all'inseguimento di quella voce. La conosco molto bene, ma non l'ho mai sentita ridere, di solito supplicare. Infine lo vedo: un uomo tarchiato dalla canottiera bianca sporca di grasso. 

Mi guarda con un ghigno malefico, deridendomi. Mi fermo per riprendere fiato appoggiando le mani alle ginocchia. Il mio sguardo viene catturato dalla palla bianca e nera ai piedi di quell'uomo. Ispeziono tutto intorno a me, ma del ragazzo non c'è nessuna traccia. Un rumore di freni improvviso e mi trovo a faccia a faccia con l'asfalto nero. 

Ancora una risata. 

L'uomo è vicino a me, alza un piede calzato da degli anfibi neri e colpisce il mio ginocchio. Uno, due, tre volte. Senza sosta. Poi un flash, il viso del ragazzo con i suoi occhi bianchi. 

L'uomo ride ancora. Tutto diventa scarlatto...

«ALEX!»

Un urlo di donna sopraggiunge dal nulla. L'uomo comincia a sbiadire. No, non te ne andare proprio ora.

«SVEGLIATI!» Stavolta è grido disperato ed un rumore di vetri in frantumi mi riporta alla realtà. Mi sveglio di soprassalto tirandomi su con la schiena. Sento le orecchie pulsare al ritmo fuori controllo del mio cuore, il petto si alza e si abbassa in affanno. Cerco di concentrami sul mio respiro mentre mi guardo intorno. 

Incrocio gli occhi scuri di Melissa che mi guardano sconvolti. E' schiacciata alla parete dall'altra parte della stanza. Mi indica con la testa qualcosa alla mia destra, seguo il suo sguardo che si posa sulla mia mano che stringe ancora il palo della lampada. Durante l'incubo devo aver afferrato l'oggetto posizionato vicino al divano dalla parte della mia testa e averlo sbattuto per terra. Infatti oltre ad aver piegato il palo, la cupola di vetro della lampada è in piccoli pezzettini ai piedi del divano. Ho ancora le mani che tremano e non riesco a riprendere il controllo delle mie dita che non vogliono lasciare il metallo.

«Non muoverti.»
Sento dire alla ragazza, ma sono concentrato sui miei arti che non riesco a fermare. Torna un instante dopo con scopa e paletta rimuovendo tutti i vetri dal pavimento.
«E' tutto ok, è stato solo un sogno.» Sussurra appena e per quanto stupito, il suo tono dolce mi tranquillizza leggermente.
Sparisce di nuovo buttando via ciò che ha raccolto, poi torna da me e mette la sua mano sulla mia che sta ancora stringendo il palo di sostegno di quella che fino a poco fa era una lampada da terra. 

«Va tutto bene, puoi lasciarlo ora.» Sospira aprendo con delicatezza le mie dita una ad una e sfilandomi l'oggetto.
Glielo lascio fare e chiudo gli occhi per riprendere il controllo, ma il viso di quell'uomo è ancora impresso nella mia mente. Li riapro e mi alzo bruscamente spaventando Melissa che cade con il sedere a terra. 
Quell'uomo... odio quell'uomo. Stringo i pugni lungo i fianchi, mi prudono le mani e sento il sangue pulsare nelle vene. Con un calcio scaravento il tavolino davanti a me contro il mobile di fronte facendolo ribaltare. 

Devo uscire da qui. Devo correre via dai miei incubi.

Comincio a cambiarmi indossando una tuta e non faccio nemmeno caso che il mio cassetto che funge da armadio è tornato pieno di abiti puliti. Non sento più la presenza di Melissa, meglio così non voglio avere a che fare con nessuno in questo momento, tanto meno con una ficcanaso.

«Sei pronto?» Come non detto.
Mi giro e la vedo cambiata pronta per inseguirmi come la mattina precedente.
«Tornatene a letto.» Ordino avvicinandomi all'ingresso, ma lei non mi ascolta e mi segue.
Giro su me stesso e mi ritrovo a pochi centimetri dalle sue iridi nere come una notte senza luna.
«Non ti voglio tra i piedi.» Aggiungo meschino. Lei rimane a fissarmi impassibile, nessuna esitazione. 

«Non mi interessa quello che vuoi tu. Io verrò con te.» Alza il mento orgogliosa.
La gatta sta tirando fuori le unghie. Sento una scarica elettrica lungo le braccia, il desiderio di colpire qualcosa è tanto, ma non posso rischiare che ci sia qualcuno intorno a me in quel momento. 

«Possibile che tu sia sempre così pesante?» Domando retoricamente.
Sento la tensione salire e le parole vogliono uscire prepotentemente. Mi avvicino minaccioso e lei indietreggia fino a finire con le spalle al muro.
«Sei solo una bambina viziata, che si diverte a fare la studentessa modello a scapito dei genitori. Se sapessero che la loro figlia se ne va in giro vestita con quegli abitini succinti nei weekend non ti pagherebbero più quella stupida università.» Attacco senza esitazione.
Rimane a fissarmi dritta negli occhi, nessun segno di cedimento sul suo volto.
«Non sei altro che una stupida ragazzina che vuole giocare a fare la donna. Sai perché Davide ti permette di vivere qui? Perché gli fai pena. Fai tanto la dura, ma sei il suo animaletto da compagnia. Sempre a fare quello che vuole lui. Dimmi la verità quando gli ubbidisci ti lascia mangiare anche il biscottino?» Continuo sempre più vicino. 
E' rimasta impassibile per tutto il mio sfogo, solo quando ho menzionato i suoi genitori l'ho vista tentennare leggermente, ma si è trattato solo di un attimo.
 «Davvero bravo Alex.» Commenta acida e stavolta è lei che fa un passo verso di me. «Ho capito lo sai. Non vuoi nessuno intorno è per quello che tratti tutti di merda. E devo dire che la maggior parte delle volte ti riesce pure molto bene.» Faccio per ribattere, ma lei riprende subito zittendomi. «Tu parli senza conoscere le cose, ma va bene... Non ti è mai importato degli altri. Pensi solo a te stesso, credi che siccome ti è successo qualcosa di brutto hai il diritto di trattare male chiunque ti giri intorno.» Colpisce con sicurezza.
«Anche tu parli di cose che non conosci.» Ribatto a denti stretti.
«E' vero.» Conferma, incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio nella sua solita posa di superiorità che tanto odio. «Però io non sparo sentenze a casaccio come fai tu.» Precisa con un mezzo sorriso.
«Non sai niente di me.» Borbotto non avendo altro da aggiungere.
«Nemmeno tu di me.» Asserisce sicura.
Nonostante questa ragazzina mi faccia innervosire, devo ammettere che ora la mia mente è tornata lucida nel presente e le immagini dell'incubo sono sfumate via.
«Andiamo?» Incita lei andando verso la porta e aprendola.
«Una cosa di te l'ho capita.» Intervengo superandola velocemente.
Lei mi guarda interrogativa mentre richiude la porta alle sue spalle.
«Sei la persona più cocciuta ed esasperante che abbia mai conosciuto.» Concludo serio.
Sono convinto che se non ha ancora trovato un ragazzo che se la scopi è solo a causa del suo caratteraccio. Vuole avere sempre l'ultima parola lei e questo la rende insopportabile. 
Sento la sua risata esplodere cristallina e rimbombare nell'androne delle scale. Si tappa la bocca per non disturbare i vicini, ma le sue spalle si abbassano e si alzano ancora a causa dell'ilarita che tenta di soffocare.
Percorriamo le scale a passo spedito ed usciamo dal portone respirando la fresca brezza del mattino. Respiro a pieni polmoni, ormai la tensione è quasi sparita. La risata di quell'uomo è stata sostituita da quella di Melissa che sembra divertita della mia affermazione nonostante fosse tutt'altro che un complimento. 
«Sai, anche io ho capito una cosa di te.» Mi raggiunge saltellando allegramente, sembra essersi dimenticata dello scontro poco amichevole che abbiamo avuto qualche minuto prima.
La guardo di lato senza far trapelare troppo il mio interesse alle sue parole. Mi sorride soddisfatta certa di avere la mia attenzione. Inaspettatamente scatta in avanti cominciando a correre. Si gira con la testa quanto basta per urlare.
«Te lo dico solo se riesci a prendermi.» Mi istiga.
Senza pensarci più di tanto, comincio a correre anche io nella sua direzione. 
Che cosa stupida, si comporta come una bambina.
La sento ancora ridere in lontananza, povera illusa, pensa davvero di potermi battere? La raggiungo in poco tempo e quando l'affianco mi giro per guardarla e un angolo della bocca si incurva verso l'alto.
«Dicevi?» Domando senza smettere di fissarla.
Lei si volta appena e accenna un sorriso abbassando la testa. Ha ancora quell'espressione da gatta sexy che le ho visto fare al bar prima di andare da quel facchino. 
Accidenti...
Quasi inciampo sui miei piedi permettendole di recuperare terreno. Sorride ancora e ora i suoi occhi sono luminosi come quelli di un bambino il giorno di Natale. Accelero di nuovo stavolta superandola senza guardami indietro. Non mi farò abbindolare da una ragazzina qualunque.

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