Capitolo 9
Valentina
Uscii dalla scuola di musica con mille pensieri per la testa.
Enrico che suona con me. Impossibile.
Quel cafone maleducato che mi odia a morte senza che io gli abbia fatto nulla.
Quando un attimo prima mi offende dicendo che strimpello al pianoforte e poi suona con me.
Scossi la testa cercando un senso a tutto ciò.
Trovai Drago esattamente dove lo avevo lasciato, con addosso la coperta invernale. Dopo avergliela tolta e sistemata sul calasse, salii a cassetta e con un leggero fischio feci votare il cavallo incitandolo al trotto.
Andare con i cavalli in paese o per strade frequentate, era una cosa che odiavo; troppe auto, troppa gente di fretta, troppo rumore inutile.
Perfortuna i cavalli diventavano molto obbedienti in quei casi, forse si accorgevano che tenevo le redini leggermente più corte e molto salde.
Decisi di passare per una strada che di solito era un po' meno frequentata e che non passava per il centro del paese.
Quella sera però il traffico invadeva anche quel tratto lì.
Tenni Drago al passo, facendomi odiare dagli automobilisti, ma preferii stare attenta a tutto ciò che ci circondava ed evitare di far correre il cavallo.
Mi fermai davanti alle strisce pedonali in prossimità dell'ospedale e quando vidi Manuel che mi salutava tra le persone che attraversavano, ricambiai il saluto.
Lo vidi fermarsi alla fermata dell'autobus.
Ordinai a Drago di accostarsi alla pensilina.
- Ehi ciao Valentina!! Cosa fai da queste parti? -
- Ciao Manuel, vado a casa se vuoi un passaggio - indicai con la testa il calesse.
- Ah volentieri, grazie - sorrise e salì vicino a me.
Guidai il cavallo tra le auto e finché non fummo fuori dal traffico Manuel non parlò, lasciandomi concentrata sulla strada.
- Allora? Come stai ? - mi chiese ad un certo punto.
Lo vidi sorridere.
- Uh bene direi, ero a lezione di pianoforte -
- Sei brava a suonare, ti ho sentita l'altra sera -
- Ehm grazie... - risposi un po' in imbarazzo.
- C'era anche Enrico oggi a scuola di musica, l'hai visto? Domani invece ha lezione Francesco -
- Sì l'ho incontrato -
A
lzai gli occhi al cielo.
Per qualche chilometro rimanemmo in silenzio.
Eravamo più o meno a metà strada, avevo lasciato Drago libero di scegliere l'andatura che preferiva quando Manuel si girò a guardarmi.
- Ma Valentina, ho sentito diverse versioni sulla tua storia -
Parlava lentamente osservando la mia espressione.
Rimasi impassibile, mascherando le emozioni che cominciavano a invadere il mio essere.
- Poi un collega mi ha fatto leggere l'articolo di giornale... in giro tutti sanno chi sei ma mi chiedevo quanto realmente ti conoscono. Sei famosa in valle - sorrise amaramente.
- Avrei preferito non esserlo, vorrei che ci fosse ancora il papà... - mi bloccai pentendomi immediatamente di quelle parole. Non avevo mai parlato con nessuno della morte dei miei genitori, il dolore lo avevo tenuto per me, non volevo che qualcuno usasse questa mia debolezza a suo favore e non volevo la compassione degli altri, non me ne facevo nulla.
Sentivo però che di Manuel avrei potuto fidarmi.
- Come sono andate le cose realmente? - me lo chiese con discrezione e con una calma rassicurante.
- Io... beh i giornali hanno detto che il tipo che ci è venuto addosso ha avuto un colpo di sonno al volante... il furgone non ha fatto la curva... credo che mia madre sia morta sul colpo, ma mio padre... si è girato a guardarmi... è morto guardandomi negli occhi... c'era... c'era sangue ovunque e trpppo silenzio... - evitai di guardare Manuel negli occhi. Mi toccò una spalla facendomi irrigidire subito.
Non potevo crollare davanti a lui. Non poteva vedermi così debole e vulnerabile.
Strinsi la mascella e mi concentrai sul trotto sostenuto di Drago.
Con uno sforzo allucinante riuscii a rimanere impassibile, a nascondere per l'ennesima volta tutto ciò che sentivo da mesi ormai.
- So bene com'è vedere qualcuno morire... ma i propri genitori... mi pesa solo immaginarlo. Sei forte Valentina -
"Non così tanto in realtà" pensai senza parlare.
- Io non mi sono fatta nulla... solo tagliata con la cintura... non è gius... -
- Non dirlo. So che può sembrare una cosa ingiusta. Ma è andata così e credo che il tuo papà sarebbe eternamente orgoglioso se sapesse che porti avanti l'azienda, che non hai abbandonato tutto. - parlava dolcemente ma con sicurezza.
Cercò di guardarmi negli occhi ma non glielo permisi.
- Il resto della tua famiglia dov'è? Ti hanno lasciata sola vero? -
- Ho una sorella più piccola, ha 17 anni... non le è mai piaciuta l'agricoltura. Vive con i miei zii e i miei nonni sul lago di Garda. Hanno provato a portarmi via da qua, ma sono maggiorenne il sei dicembre compio i diciannove anni quindi faccio quello che voglio. -
Nel frattempo arrivammo a casa.
Fermai il calesse nel piazzale.
- Grazie del passaggio, ragazza - Manuel mi rivolse uno dei suoi sorrisi luminosi e cercai di ricambiare.
Incrociai il suo occhi osservatori, ma mi affrettai a ditogliere lo sguardo.
Dopo aver sistemato Drago e il resto dei miei animali per la notte, mi organizzai per dar da mangiare ai cani.
La più vecchia aveva sette anni ed era un pastore maremmano abruzzese di nome Perla, era stata il cane di mio papà.
Poi c'era il mio primo cane, Luna, anch'essa un pastore maremmano abruzzese di due anni.
Dopo la morte dei miei avevo adottato un rottweiler soprannominato Iron, un border collie e un pastore australiano che mi aiutassero con le pecore, chiamati Lucky e Flocky, un terzo pastore maremmano abruzzese soprannominato Tobia e infine tenevo il cocker spaniel di mia sorella, una femmina molto dolce chiamata Ambra.
Dare da mangiare ai cani senza che nessuno litigasse era un lavoro piuttosto impegnativo.
Quando finii trovai Stefano in cucina.
- Ehi ma buonasera! Com'è andata la giornata? -
- Ciao Stefano, bene - risposi con noncuranza e andai in camera mia.
Il ragazzo mi seguì subito, perplesso.
- Cos'è successo Vale? Dai vieni a cena, poi se vuoi mi racconti -
- Non ho fame -
- Non cominciare perfavore... dai ti aspetto giù -
Lo ignorai ovviamente e presi un libro dallo scaffale.
Poco dopo Stefano ricomparve sulla porta, con le braccia incrociate sul petto.
- Valentina vieni o no?! -
Non ottenendo risposta lo sentii sbuffare. Si passò una mano sugli occhi.
- Si può almeno sapere cosa ti prende adesso? È successo qualcosa? Sta mattina eri diversa... - mi lanciò uno sguardo disperato.
- E va bene, io vado a casa allora... a domani - si girò per andarsene.
- Scusa Stefano - mormorai cominciando a sentire le lacrime invadermi gli occhi, ma lui sentì ugualmente.
Mi guardò ancora una volta con sguardo rassegnato.
- Buonanotte Vale -
Sentii la porta di ingresso chiudersi.
Mi alzai e accesi lo stereo inserendo un CD degli In Flames. Alzai il volume al massimo.
Rimasi così per quasi un ora prima di ricordarmi della piccola agnellina. Mi alzai dal letto e spensi la musica.
Scesi in cucina e vidi sul tavolo che Stefano mi aveva lasciato la cena.
Preparati il latte per la piccola e scesi in stalla a controllare che il biberon da dove mangiava fosse pieno.
- Beh una cosa in comune l'abbiamo... siamo senza papà entrambe - presi in braccio Iris e la coccolai un po'.
Di mia madre non mi era mai importanto tanto. Lei mi odiava, io la odiavo. Avevo un pessimo rapporto con lei e se anche se ne fosse andata di casa, non me ne sarebbe importato.
Ma con il papà... sapevo che senza di lui sarei stata persa e saperlo morto aggravava le cose.
Quando uscii dalla stalla erano ormai le nove di sera passate.
Andai in cortile a preparare la sella di Pippo per l'indomani, Stefano l'avrebbe usato.
Ero lì da pochi minuti quando arrivarono Enrico e Manuel.
- Ciao Valentina -
Si avvicinarono entrambi.
- Ciao -
- Papà io vado a dormire, domani devo alzarmi presto - senza nemmeno calcolarmi, Enrico girò i tacchi e entrò nel bed&breakfast.
Avrei tanto voluto sputargli in faccia.
- Non hai ancora finito per oggi? - scherzò Manuel indicando i finimenti del cavallo.
- Quasi, questi li usa domani Stefano. Adesso mi serve assolutamente un caffè -
- Vieni allora, stavo andando anch'io a prepararmene uno -
Seguii più per cortesia che altro Manuel nella sala delle colazioni del bed&breakfast.
- Abbiamo incontrato Stefano prima - mi disse, quando fummo seduti al tavolo.
- Ah, era arrabbiato com me vero? -
Si sedette di fronte a me con le tazze di caffè fumante.
- No, non era arrabbiato... -
Dal nulla scoppiai in lacrime.
Mi alzai dalla sedia per andarmene, odiavo che qualcuno mi vedesse piangere.
Manuel però precedette le mie mosse e mi afferrò in un abbraccio.
Sentivo il dolore che bruciava come mai era successo, mi sembrava di avere dei coltelli conficcati nello stomaco.
Quel dolore che mi portavo addosso da mesi, che non avevo permesso a nessuno di vedere.
Provai a liberarmi dalla sua presa ma lui non me lo permise.
- Ehi Valentina... stai tranquilla va bene cosi, tranquilla -
Mormorava parole che non ascoltavo ma la sua voce mi diede fiducia.
Poco dopo mi trascinò sul divano della sala.
Piansi tutto il mio dolore e lui non cercò di fermarmi.
Non so quanto tempo restammo lì, ma quando smisi di singhiozzare ero distrutta.
Mi addormentai tra le braccia di Manuel osservando il quadro di un pascolo alpino, appeso alla parete di fronte.
Anima Ferita continua...
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