Capitolo 6

Enrico

Finalmente il suono della campanella.
Recuperai le cuffie dallo zaino, sapendo già come avrei passato l'intervallo. Non arrivai però a inserirle nel cellulare che la voce squillante di Sofia spezzò il filo invisibile dei miei pensieri.

- Enrico cosa fai? -

- Niente, perché? - le risposi senza nessun entusiasmo.
Mi ero ritrovato in classe con Sofia e avendola come vicina di banco, avevo avuto modo di scoprire quanto fosse chiacchierona.

- Mi chiedevo... sabato prossimo tu e Francesco avete impegni? - nel pronunciare il nome di mio fratello la vidi arrossire leggermente e sorridere.

- Ehm, credo di no -

- Mattia compie gli anni e organizza una festa, ha invitato tutti, venite? -

Mattia era un ragazzo che avevamo conosciuto al bar l'altra sera; sembrava simpatico e con mio fratello aveva parlato molto.

- Sì magari veniamo - dissi sovrappensiero, pensando a quale canzone avrei potuto ascoltare per prima.

- Perfetto a sabato! - Sofia battè le mani contenta e se ne andò in cortile con le sue amiche.

Scossi la testa sapeno già che sarei rimasto a casa.
Il resto dell'intervallo lo passai ad ascoltare gli In Flames.

*

- Ragazzi, ho una sorpresa per voi ! -

- Davvero? Quale mamma? - gridò Francesco riempendo la brocca dell'acqua.

Mia madre riempì i piatti di entrambi e poi si sedette al tavolo, per pranzare con noi.

- Vi ho iscritti alla scuola di musica del paese vicino, così potrete andare avanti a prendere lezioni di strumento e di formazione musicale - terminò con un sorriso smagliante e gli occhi che le brillavano.

Per la prima volta dal trasferimento, sorrisi senza sforzo.

- Sei la mamma migliore del mondo!! - corsi ad abbracciarla.

All'età di otto anni avevo cominciato a studiare violino e in breve tempo mi ero completamente innamorato dello strumento. Nella città dove abitavamo, ero da diversi anni primo violino dell'orchestra.
Francesco suonava la tromba ed era appassionato di jazz.

- Tu Enrico hai lezione di violino domani, martedì, Francesco giovedì. Entrambi alle 14:00. Va bene? -

- Perfetto, grazie mamma - rispose Francesco, tra un boccone e l'altro.

*

Nel pomeriggio mi chiusi in camera e aprii la custodia del mio violino.
Da quando avevamo lasciato la Toscana non avevo più suonato nulla.
Mi avvicinai alla finestra e appoggiai l'archetto sulle corde.
Osservai il peassaggio innevato.

Suonai Aria sulla terza corda di J.S. Bach, un brano semplice ma che amavo. Lo eseguii due volte di fila, senza interrompermi, assaporando ogni nota.

Tutto scomparve, c'ero solo io e il violino.
Quando suonai l'ultima nota, il silenzio finale mi fece tornare al presente.

Per le successive due ore suonai senza fare alcuna pausa.
Eseguii L'inverno e Follia di Vivaldi, il Capriccio n. 24 e La Campanella di Paganini, Ständchen di Schubert, un pezzo de La Gazza Ladra di Rossini. Infine cominciai a studiare La Tempesta di Vivaldi.

Fu Francesco a interrompere il mio studio.
Entrò in stanza senza che me ne accorgessi, dovette toccarmi una spalla per farmi smettere di suonare.

- Ehm Enrico scusami mi spiace disturbarti - cominciò a parlare ed intanto lanciava occhiate alla finestra.

- Cosa c'è? Qualcosa non va? - lo guardai alzando un sopracciglio.

- Mamma e papà tornano a casa tardi da lavoro, ti va di andare a mangiare la pizza da qualche parte? -

Sospirai e mi diressi verso la custodia del violino appoggiata sul letto.

Odiavo quando i miei genitori facevano il turno di lavoro notturno, eppure capitava spesso; mia madre lavorava come infermiera e mio padre era ortopedico. Entrambi lavoravano nello stesso ospedale a una quindicina di chilometri dal paese dove ci eravamo trasferiti proprio a causa del loro lavoro.

- Allora ti va? -

- Sì va bene Franz - accennai a un sorriso, subito ricambiato da mio fratello.

- Perfetto, tra venti minuti andiamo, ti aspettiamo nella sala delle colazioni - detto questo scomparve dalla stanza.

- Cosa?! In che senso aspettiamo?! - gridai dietro di lui ma ormai era già al piano di sotto.

Chiusi la custodia del violino, mettendola accanto al comodino, dopodiché indossai un paio di jeans puliti e la felpa nera con il logo degli Slipknot.
Andai in bagno per lavarmi le mani e la faccia. Rimasi un attimo a guardare il mio riflesso nello specchio, ripensando agli ultimi giorni trascorsi.

Quando scesi al piano terra trovai Francesco appoggiato a un mobile e Sofia seduta su una sedia.

- Ciao Enrico - la ragazza mi salutò sorridendo.

- Sei in anticipo - mio fratello rise guardando l'orologio.

- Ciao Sofia - mi resi subito conto di aver interrotto un discorso.

Erano solo le sei e un quarto di sera. Andai accanto alla finestra, appoggiandomi al davanzale.

- Beh andiamo anche se è presto? Possiamo fare un giro prima di andare in pizzeria - propose Francesco.

- Sì dai, perché no - Sofia si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta di uscita subito seguita da mio fratello e da me.

Appena fuori, il freddo pungente mi costrinse a infilare le mani nelle tasche della giacca.

Ci scontrammo con Stefano e Valentina; lui con un fascicolo di fogli in mano, lei con in braccio un agnellino avvolto in una coperta.

- Oddio quanto è carino! Posso accarezzarlo Vale? - Sofia allungò una mano in attesa di una risposta.

- Sì certo, tanto la sua mamma non l'ha accettata. -  Valentina annuì, con lo sguardo spento.

- Che triste, povero agnellino - anche Francesco si avvicinò per accarezzare la bestiola.

- È una femmina, l'ho chiamata Iris, è nata da solo sei ore -

Osservai la creatura senza avvicinarmi. Per sbaglio incrociai lo sguardo di Stefano che mi osservava.

- Quindi cosa farai con Iris adesso? - Sofia era curiosa di sapere la sorte della cucciola.

- Visto che le altre pecore del gregge hanno già agnelli o devono partorire, lei dovrò allattarla con il biberon e poi svezzarla quando sarà il momento. Per adesso la porto in stalla al caldo, insieme ad altre due pecore di nove mesi. - mi stupii di come avesse già la soluzione pronta a un imprevisto del genere.

- Enrico vieni, è tenerissima - Sofia mi afferrò per un braccio e mi trascinò difronte a Valentina.

Controvoglia accarezzai delicatamente la testa di Iris. Senza accorgermene sorrisi nel sentire sotto le mie dita il morbido pelo che ricopriva il corpo dell'agnellina.

- Ehi ma che ne dite di venire con noi a mangiare la pizza? - chiese Francesco facendo scorrere lo sguardo da Valentina a Stefano.

- Perché no? Tanto per oggi abbiamo finito. Dobbiamo solo darci una lavata, cosa dici Vale? - Stefano spostò il plico di carte da una mano all'altra.

- Non saprei, sta sera ho ancora da strigliare i cavalli e preparare il calesse per domani -

- Puoi farlo anche domani, se per un giorno non strigli i cavalli fa lostesso. Ti darò una mano io. - Stefano la guardò con fare insistente.

- Okay allora, basta che non torniamo troppo tardi - Valentina, palesemente a disagio, si arrese sospirando e alzò lo sguardo dall'agnellina.

Per qualche attimo i suoi occhi ambrati incontrarono i miei. Avvertii subito uno strano calore invadermi le guance e persi l'uso della parola finché lei non distolse lo sguardo e si allontanò con Stefano.

- Andiamo in macchina al caldo intanto che gli aspettiamo - Francesco ci indicò la ripida mulattiera che portava al parcheggio, così ci incamminammo tutti e tre verso la macchina di mio fratello.

Sofia parlava allegramente delle varie pizzerie nei diversi paese della valle e Francesco le faceva domande o rideva.
Io non la ascoltavo, ero immerso nei miei pensieri.
Una domanda mi tormentava più del resto: perché Valentina mi faceva quell'effetto?
Mi sentivo fragile sotto il suo sguardo, eppure ne ero attratto.
Decisi di ignorare tutto ciò che sentivo e cominciai a odiarla. Non potevo provare qualcosa per lei, era impossibile, la conoscevo da pochi giorni.

Salii sui sedili posteriori della macchina, lasciando Sofia davanti, accanto a mio fratello.
Dopo pochi minuti arrivarono Stefano e Valentina.
Mentre con la coda dell'occhio osservavo la ragazza avvicinarsi, decisi che avrei impedito ai miei sentimenti di rendermi fragile, non volevo innamorarmi di lei, non volevo soffrire di nuovo per una ragazza, non volevo diventare l'oggetto di presa in giro di mio fratello.

Un'ondata di odio verso quella ragazza mi attraversò la mente.
Strinsi la mascella, imponendomi di non osservarla più.



Anima Ferita continua...

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