Capitolo 5
Enrico
Salii le scale, dirigendomi verso la stanza assegnatami.
I miei genitori si fermarono nella sala al pianoterra a bere qualcosa di caldo.
Mi tolsi le scarpe e la giacca.
- Allora? Cosa pensi del posto? - Francesco entrò in camera poco dopo di me, con una tazza fra le mani e si sedette sul suo letto.
- Lo odio, sembra di essere nel deserto. Hai visto la piazza? Non c'era anima viva! -
- Dai Enrico è ovvio, siamo in un piccolo paese non in città -
Mi sdraiai sul letto e presi a guardare fuori dalla finestra con l'umore a terra.
- Beh... non ti piacerà il posto, ma Valentina sì - mio fratello prese a ridacchiare.
- No! Non mi piace nessuno! -
- Uuuuh il mio fratellino innamorato - Francesco mi tirò un cuscino, accrescendo la mia rabbia.
- Smettila di rompere i coglioni! Ci manca solo quello - gli urlai contro.
- Enrico sto scherzando non serve che te la prendi -
Non gli risposi e con le mani ghiacciate presi le cuffie e le attaccai al telefono.
I brani dei Children of Bodom mi calmarono un po', ma non diedero tregua ai miei pensieri.
*
Dopo pranzo mi chiusi in camera mentre il resto della mia famiglia andava a vedere la villetta dove avremmo abitato.
Passai poco più di mezz'ora a fissare il soffitto della stanza prima di rendermi conto che se non avessi trovato qualcosa per distrarmi, tutte le angosce e i miei problemi mi avrebbero sopraffatto.
Mi misi la giacca e uscii dal bed&breakfast.
Il vento gelido mi scompigliò i capelli.
Senza pensare troppo mi diressi verso il parcheggio e quando lo raggiunsi, vidi Stefano scendere da una macchina.
- Eila, buongiorno giovanotto - mi salutò allegramente.
- Buongiorno -
- Cosa fai in giro da solo? - si fermò a qualche metro da me, osservandomi.
- Oh niente... volevo fare due passi qui intorno, ma non so dove andare -
- Se vuoi godere della vista della valle, ti consiglio di seguire quel sentierino sulla sinistra. Scusami ma ho un paio di cose da fare altrimenti ti accompagnerei. -
- Figurati, grazie del consiglio - avrei voluto sorridergli, ma non ci riuscii.
Dopo aver imboccato il sentiero, mi accesi una sigaretta.
Fumare non era un vizio per me, potevo farne tranquillamente a meno, ma mi distrava per qualche minuto dai miei pensieri e riuscivo così a riflettere in maniera più serena.
Dopo qualche minuto, gli alberi si interrubbero bruscamente e davanti a me ebbi modo di ammirare tutta la valle dall'alto.
Il maso di Valentina era appena sotto e potevo vedere tutti i prati, i campi e i recinti che lo circondavano.
Mi sedetti per terra, sull'orlo del muro che sosteneva il sentiero.
Osservai il gregge di pecore mangiare avidamente dalle mangiatoie e i due cavalli crogiolarsi al sole, uno accanto all'altro.
Ad un tratto una pecora cominciò a belare molto forte e si lanciò verso il cancello del recinto in ferro dove alloggiavano. In pochi seconti tutte le altre la imitarono.
Continuai a fumare in silenzio, domandandomi cosa fosse preso agli animali.
Non dovetti aspettare molto per capirlo.
Apparve Valentina con un secchio contenente filo di ferro, un martello, una scatola di chiodi e una tenaglia.
Posò il secchio accanto al cancello ed entrò nel recinto.
Subito le pecore cominciarono a spintonarsi a vicenda per cercare di avvicinarsi alla loro padrona e lei sorrideva senza sforzo, sussurrando qualcosa ai suoi animali.
Notai che teneva sempre la mano destra appoggiata sul collo di una pecora in particolare, mentre con la sinistra accarezzava le altre.
Mi scoprii a sorridere davanti a quella scena.
Mi alzai scrollando le spalle, decidendo di tornare in camera. Guardai ancora verso la valle, venendo in un attimo assalito dai ricordi del posto che ero stato costretto a lasciare.
Una morsa mi stritolò lo stomaco.
Sospirai.
Prima di voltarmi per tornare al bed&breackfast, lanciai un'ultima occhiata al recinto delle pecore.
Valentina era intenta a riparare la rete metallica in alcuni punti, dall'esterno del recinto.
Dall'altra parte della rete il piccolo gregge la seguiva e la osservava attento.
*
- Non fate tardi ragazzi - mia madre andò a sdraiarsi sul suo letto con un libro in mano.
- Certo. A dopo - Francesco mi afferrò per un braccio e mi costrinse a scendere le scale e ad uscire dall'edificio.
- Franz non ho voglia di venire in paese. Sono stanco - mi lamentai sbuffando.
- Non mi interessano le tue scuse, sta sera vieni con me al bar a conoscere qualcuno e a vedere se ci sono belle ragazze in giro, anche se tu la ragazza l'hai già trovata -
- Smettila idiota! - gli tirai un pugno su una spalla.
Mi chiusi la porta di ingresso alle spalle e rabbrividii per il freddo.
- Ma ci andiamo a piedi? - mi lamentai.
- Sssth vieni qui e stai zitto -
Mi avvicinai a Francesco, appoggiato alla staccionata della stradina.
- Cosa c'è adesso? Se hai ancora da prendermi in giro io... - mi interruppi bruscamente appena udii il suono di un pianoforte.
Una melodia molto dolce e triste. Rimasi immobile, catturato da quella musica.
- È brava, deve studiare pianoforte da tanto - sussurrò mio fratello.
- Magari è un CD e non Valentina che suona -
- Enrico sei un coglione. Non senti che non si ferma nemmeno tra un brano e l'altro? È lei che suona, ne sono sicuro -
Sussultai quando il brano cambiò drasticamente melodia e dal suono lento e dolce passò ad un'interminabile susseguisi di note veloci ed energiche.
Non mi mossi finché mio fratello mi tirò di nuovo per il braccio.
Perfortuna mio padre ci aveva lasciato prendere la macchina.
In cinque minuti arrivammo in paese e scesi dal mezzo controvoglia, seguendo poi mio fratello dentro il bar.
Un locale non molto grande ma decisamente accogliente. Arredato in stile vintage, sparsi per la sala c'erano diversi tavolini tutti della stessa dimensione, un grande televisore appeso al muro in un angolo trasmetteva musica pop come sottofondo mentre nell'angolo opposto alcuni ragazzi giocavano a freccette.
Il bancone, lungo quanto un'intera parete, era abbastanza affollato quella sera.
Ordinammo una birra a testa.
- Eila ciao, ma voi siete quelli che si sono trasferiti qui dalla Toscana? -
Una voce femminile squillò accanto a Francesco.
- Sì... io sono Francesco e lui è mio fratello Enrico -
- Piacere, Sofia -
Risposi debolmente al saluto e quando la ragazza ci invitò a sedersi al tavolo con gli altri suoi amici, uscii per fumare una sigaretta.
- Freddo sta sera vero? - un uomo sulla cinquantina mi guardò curioso.
- Abbastanza - risposi con la sigaretta tra le labbra.
- Bella casa la vostra... ah comunque puoi chiamarmi Daniele - sorrise e gli strinsi la mano.
- State giù da Valentina per questi primi giorni? -
- Sì, fuori dal mondo - mi pentii di quella risposta, temendo di averlo offeso. Invece Daniele scoppiò a ridere annuendo.
- Nemmeno io riuscirei ad abitare lì, da solo per giunta. Non so come abbia fatto a superare la perdita dei suoi genitori e a mandare avanti tutto. Io sarei morto di dolore - rise di nuovo.
- La perdita dei suoi genitori? - chiesi accigliato.
La porta si aprì di scatto e comparve mio fratello che mi afferrò per un braccio borbottando qualcosa e mi trascinò all'interno del bar senza nemmeno lasciarmi il tempo di spegnere la sigaretta.
Rimasi seduto a un fottuto tavolo per più di due ore, ad ascoltare gli altri parlare.
I ragazzi e le ragazze che avevamo conosciuto quella sera sembravano simpatici ma non avevo nessuna voglia di parlare o scherzare. Mio fratello, al contrario, si era già inserito nel gruppo e Sofia continuava a fissarlo e a sorridergli.
Quando finalmente tornammo al bed&breackfast ero sfinito.
- Allora? Com'è andata ragazzi? - mio papà era rimasto sveglio ad aspettarci.
- Benissimo c'è un sacco di gente simpatica - Francesco sorrise con gli occhi che brillavano di felicità, diede la buonanotte a tutti e andò in fretta a dormire.
Rimasi nella sala al pianoterra con mio padre.
- Enrico cosa c'è che non va? - mi chiese dopo qualche minuto di silenzio.
Ero girato di schiena rispetto a lui. Sospirai prima di rispondergli che andava tutto perfettamente bene.
- Non ci credo ragazzo mio, ti conosco troppo bene. Se è perché hai dovuto interrompere le tue attività puoi ricominciare qui. -
- No per il momento no, davvero. Va bene così - mi girai a guardarlo cercando di sorridere.
Dopo aver ricevuto uno sguardo accigliato da parte sua, finalmemte si alzò dalla sedia.
- D'accordo. Ma se vuoi parlare, io ci sono. Ricordatelo Enrico - concluse, abbracciandomi.
Salimmo al piano di sopra.
Appena toccai il cuscino con la testa, mi addormentai profondamente.
Anima Ferita continua...
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