Capitolo 15

Valentina

Alzai gli occhi dal libro.
Qualcuno stava bussando alla porta d'ingresso, sentivo i miei cani da guardia ringhiare.
Con fatica mi alzai dal divano. Era il quarto giorno che non uscivo di casa e il primo in cui finalmente mi sentivo meglio.

Quando aprii la porta mi trovai davanti la postina del paese.
Mi porse una scatolina di cartone e due buste.
Tornai in fretta sul divano, sotto le  coperte.

La scatola, lo sapevo già, era da parte di mia nonna; la mia carissima nonna, madre di mio padre, novantaseienne, stava dai miei zii in una villa enorme sul lago di Garda dove era andata a vivere anche la mia sorella minore.

Sapevo che questo era il regalo per il mio compleanno da parte sua, arrivato in anticipo di due giorni.
Lasciai il pacco chiuso e mi dedicai alle buste.
Come è ovvio mi aspettavo fossero fatture e bollette da pagare. Una di esse invece era stata spedita dal Conservatorio di Bolzano.
Rigirai la lettera chiusa tra le mani, per poi decidere di non aprirla; non ne avevo voglia, era la seconda che mi arrivava in tre mesi.

Avevo frequentato il conservatorio per due anni, dopo l'incidente mi ero ritirata e per quattro mesi addirittura non avevo più suonato il pianoforte.

Lasciai la posta sul pavimento e tornai a leggere il libro.

Qualche ora più tardi, verso sera, comparve Stefano.

- Tutte le tue bestiacce sono sistemate - sorrise per poi continuare a parlare.
- Se non ti dispiace, domani porto fuori i due cavalli -

- Certo, grazie Stefano -

Lo vidi muoversi verso la cucina per preparare la cena.
Decisi di suonare un po'.
Raggiunsi il pianoforte cercando di ignorare il mal di testa ancora presente sebbene molto diminuito e sopportabile rispetto ai giorni scorsi.
Indugiai qualche secondo con le mani sulla tastiera per poi cominciare con il primo tempo di una sonata di Clementi, la cui vivacità mi scosse di dosso la malinconia dovuta all'impossibilità di uscire all'aperto.
Dopo Clementi mi dedicai a Schumann perfezionando l'Arabesque  e qualche brano tratto da Waldszenen op. 82.

Fu quando arrivai a Chopin che involontariamente sorrisi.
Inutile dire che fosse il mio preferito.
Nella sua musica trovavo qualcosa che in altri compositori mancava, qualcosa che mi faceva sentire capita e di conseguenza meno sola.

Cominciai con il valzer op. 69 n. 1, chiamato anche Valzer degli Addii.
Conoscevo la storia di quel pezzo, avevo letto molto su Chopin, il suo carattere, i suoi brani, la storia della sua vita e ogni minimo dettaglio che scoprivo su di lui me lo faceva amare sempre di più.
Scritto per una ragazza amata, l'ultima volta che si incontrarono, in quel valzer c'era nostalgia, a tratti un pizzico di rabbia, poi una melodia che sembrava ripercorrere ricordi felici e ancora nostalgia e dolore.
Chopin sapeva che non la poteva avere, non la poteva amare, così come lo sapeva lei, Maria Wodzinska.

Avevo studiato quel pezzo anni addietro ma sempre un brivido mi faceva tremolare le mani quando arrivavo alla conclusione come se il dolore del compositore fosse diventato il mio.

Lasciai che la vibrazione delle ultime note galleggiasse nell'aria fino a sfumare e sparire.
Rimase solo il silenzio, rotto dal debole ticchettio dell'orologio a parete della libreria.

*

Sei dicembre, il giorno del mio compleanno.
Sperai non venisse a trovarmi nessuno.
La febbre era passata del tutto da un giorno e mezzo, stavo di nuovo bene, ma ancora non potevo uscire di casa su ordine di Manuel.
Costretta al riposo, avevo fatto entrare Luna in casa così da avere un po' di compagnia.
Stavo osservando i fiocchi di neve scendere lentamente dal cielo, quando sentii dei rumori provenire dal piazzale davanti a casa.
Quando Luna alzò la testa drizzando le orecchie decidi di alzarmi dal divano e andare alla finestra.

Fuori non vidi nulla di strano. Tutto era coperto da un manto bianco, tutto era fermo e silenzioso.
Tornai sul divano, scrollando le spalle.

Stavo per addormentarmi quando Luna cominciò a ringhiare.

- Ma cosa diavolo succede? -
Sentii dei colpi all'esterno, come dei calci ai muro della casa.
Ascoltai con attenzione.

- Saranno i cavalli, Luna fai la brava! -

Non troppo convinta, la mia maremmana decise di stare buona e di salire sul divano accanto a me.

Non combinai nulla per il resto della giornata, solo verso sera mi alzai per salire al piano di sopra a prendere i vestiti che avrei usato l'indomani a lavoro.

Passando davanti alla porta di ingresso notai delle buste sul pavimento.
Le raccolsi curiosa.
Era una busta di carta, poco più grande di un foglio A4.
Non era firmata.
La aprii immediatamente.
Trovai al suo interno una lettera scritta a mano e alcuni fogli rilegati avvolti nella carta da pacchi.
Dimenticando i vestiti da lavoro, tornai in soggiorno e apii la lettera.

#spazioautrice

Anima Ferita continua...

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