Capitolo 12

Enrico

Mi svegliai per colpa della luce che entrava dalle finestre.
Il mal di testa causato dal post serata si fece già sentire.
Mi alzai dal letto con fatica, barcollai fino al bagno dove mi accorsi che ero ancora vestito come la sera prima.

"Che cavolo è successo... come sono arrivato a casa?" domandai a me stesso guardando il mio riflesso nello specchio.

Mi lavai la faccia con l'acqua gelida per poi indossare dei vestiti puliti e scendere al piano terra.

Trovai Francesco impegnato nello studio.

- Dove sono mamma e papà? -

- Mamma è a lavoro, è mezzogiorno e mezzo se non te ne fossi accorto! Papà è con Stefano a casa di Valentina -
La sua risposta tagliente accompagnata da uno sguardo più  che cubo mi confermò che quella notte avevo combinato qualcosa.

- Franz devo chiederti una cosa...-

- Ma non lo vedi che sto studiando?! -

- Cosa è successo ieri sera? L'ultima cosa che ricordo è che ero con Edoardo -

- Ti sei ubriacato e te la sei presa con Valentina. Ho dovuto portare a casa sia te che Sofia, ubriachi da far paura. Sei un coglione Enrico! -

Non risposi sapendo che mio fratello aveva ragione.

Passò più di un quarto d'ora prima che Francesco mi rivolse nuovamente la parola.

- Fossi in te raggiungerei papà. Quando sta mattina Stefano lo ha chiamato, diceva che Valentina non stava per niente bene e sono sicuro che è tutta colpa tua! -

- Colpa mia?! -

- Certo! L'hai fatta uscire senza giacca e l'hai spinta nella neve fresca, ma ovviamente eri troppo ubriaco per rendertene conto, vero? -
Francesco si alzò di scatto e sparì in camera sua lasciandomi perplesso.

Per togliermi ogni dubbio decisi di seguire il suo consiglio e di andare a casa di Valentina.

Mi preparai in fretta e uscii di casa.
Seguendo il ripido sentiero che scendeva nel bosco, arrivai all'azienda agricola in poco tempo.

Vidi Stefano che usciva da una delle stalle e gli andai incontro.

- Ciao Enrico, cerchi tuo padre? -

- Ciao ehm, sì e poi volevo sapere come sta Valentina. Mio fratello mi ha detto che si è sentita male sta mattina -

Con lo sguardo stanco il ragazzo annuì.

- Vieni, stavo giusto entrando in casa, ho appena finito di dare da mangiare a Iris -

Lo seguii in silenzio rimanendo impressionato dalla moltitudine di cani che abbaiavano al di là del recinto delle pecore.

Appena all'interno, il calore del fuoco acceso mi fece sentire subito meglio.
Lasciai le scarpe bagnate ad asciugare in cucina su ordine di Stefano per poi seguirlo in una stanza poco distante.
Trovai mio padre seduto accanto al letto dove scorsi la ragazza adagiata sotto alle spesse coperte di lana. L'ambiente era semibuio, l'unica fonte di luce proveniva da una lampada accesa su una scrivania in un angolo.
Con un cenno del capo mi chiese di avvicinarmi.

- Come stai? Vi siete divertiti ieri sera? - parlava pianissimo, sussurrando.

Annuii, sentendomi terribilmente a disagio.

- Bene, mi fa piacere. C'era anche Valentina? Perché dubito che abbia passato una bella serata - così dicendo mi prese una mano e mi appoggiò le dita sul collo della ragazza. Dalla pelle caldissima e dal battito alterato capii subito che doveva avere una febbre da paura.

Ricordando le parole di mio fratello mi sentii terribilmente in colpa. Non riuscivo a capire però se mio padre avesse saputo ciò che era successo da Francesco o al contrario non sapeva nulla.

- Quando siamo arrivati io e Stefano a stento si reggeva in piedi, sai se è successo qualcosa?-

- No... non so nulla - la mia voce risultò poco convincente.

Rimasi ad osservare mio padre che copriva Valentina fino alle spalle per poi uscire con lui dalla stanza.

- Come sta? -

- Non bene, la febbre è salita ancora, sono stato costretto a farle un'iniezione. Ora devo sbrigare alcune pratiche, tra un ora torno a vedere come sta -

- Grazie Manuel sei gentilissimo -

- Ci mancherebbe! A più tardi allora e per qualsiasi cosa chiamami subito -

Dopo poco che mio padre se ne fu andato uscì anche Stefano per occuparsi delle pecore.
Rimasi solo e per passare il tempo presi camminare per la casa, senza pensare a dove andassi.

Attraversai la sala da pranzo e passando per la stanza accanto, piena di libri e documenti, notai un pianoforte verticale nero. Un semplice yamaha.
M

i avvicinai, vedendo il coperchio sollevato e gli spartiti sul leggio.

Mazurka op. 68 n. 2 - F. Chopin

Spostai un foglio per sbirciare quali altri brani stava studiando Valentina.

Reverie - C. Debussy

Arabesque n. 1 - C. Debussy

Intuii preferisse la musica del periodo romantico, visto l'epoca di vita dei compositori.

Romanza op. 50 n. 2 - L. V. Beethoven

Lo spartito per l'accompagnamento.... rimasi di sasso. La stessa romanza che stavo studiando con il violino.
Spostai in fretta anche quello spartito.

Arabesque op. 18 - R. Schumann

Ma certo! Il brano che le avevo sentito studiare a lezione lo scorso pomeriggio.
Un brivido mi scosse la spina dorsale al ricordo di quel pomeriggio.
Avevamo suonato insieme come se fosse la cosa più facile e naturale del mondo.
Il senso di colpa tornò a farsi vivo nel mio essere.
Alla fine lei non mi aveva mai fatto nulla.

Immerso nei miei pensieri salii al piano superiore dell'enorme abitazione.
Il lungo corridoio del primo piano era spoglio e in penombra. L'unico arredamento era una scarpiera e uno specchio.
Quando entrai nella stanza che pareva essere di Valentina, rimasi ancora una volta sorpreso.
Un enorme poster di Ozzy Osbourne era appeso al muro accanto alla finestra, circondato da altre foto dell'artista e di altre band quali Orbit Culture, In Flames, Children od Bodom, Trivium, Divine Heresy, Slipknot e altre in minor numero.

Sulla parete opposta, uno stupendo collage fotografico di Valentina durante saggi e concerti di pianoforte. C'erano foto che la ritraevano molti anni prima, quando aveva appena cominciato a studiare, da piccola.
Una in particolare attirò la mia attenzione: lei con un lungo vestito nero e un paio di scarpe eleganti con un piccolo tacco, i capelli sciolti e due orecchini che brillavano come avessero luce propia. Stava in piedi vicino ad un pianoforte a coda nero con la scritta dorata "FAZIOLI" a lato della tastiera, una mano appoggiata sul bordo del prestigioso strumento. Accanto a lei un uomo con il suo stesso sorriso la teneva stretta in un abbraccio.
Capii subito di star osservando suo padre e mi si ghiacciò il sangue nelle vene nel leggere la data dello scatto: 24 giugno.
Il giorno in cui avevo sentito dire fossero morti i suoi genitori.

Tornai di sotto confuso.

- Ma cosa ci fai qui?! - sbarrai gli occhi nel trovarmi davanti Valentina, appena all'entrata della stanza dove aveva il pianoforte.

- Dovrei chiedertelo io -  la sua voce era poco più di un sussurro ma riuscii comunque ad afferrarne il tono acido.

Quando si appoggiò allo stipite della porta chiudendo gli occhi, decisi di cambiare atteggiamento.
In effetti ero io in casa sua e se fossimo sempre andati avanti a risponderci malamente, avremmo finito per litigare di nuovo.

- Come fai a stare ancora in piedi? Con la febbre che hai dovresti stare a letto - mi avvicinai e dolcemente la afferrai per un braccio.

Uno sguardo tagliente fu la sua risposta prima che una nuova fitta di mal di testa la fece barcollare.
Ne approfittai per farla spostare dal muro. Si appoggiò a me, evidentemente rassegnata.
Non smetteva un attimo di tremare, scossa da violenti brividi di freddo.
La condussi a letto, chiedendomi cosa volesse fare quando aveva deciso di alzarsi.

- Mi dispiace per quello che è successo ieri sera, non ero in me - cominciai a dire, con le guance in fiamme.

- Lascia perdere... è andata così ormai -

Dopo qualche minuto di silenzio presi di nuovo la parola.

- Tra poco dovrebbe tornare papà -

Non ottenendo risposta mi voltai per uscire dalla stanza, in quel momento sentii Valentina che mi chiamava con un filo di voce.

- Non lasciarmi sola ti prego ‐

Non capii se stava delirando o diceva sul serio.
Tornai sui miei passi e mi misi seduto sul letto accanto a lei, con la schiena appoggiata al muro.
Aveva il respiro corto e tremava come una foglia.
Quando i nostri sguardi si incrociarono vidi nei suoi occhi l'ansia che poco a poco la invadeva. Con delicatezza le appoggiai la testa sulle mie gambe e le accarezzai i capelli.

- Di cosa hai paura Vale? -

Non rispose così rimasi in silenzio anch'io.


Anima Ferita continua...

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