Capitolo 11

Valentina

Noia. Quel genere di feste finiva sempre per annoiarmi.
Dopo che Edoardo aveva cercato di baciarmi, me ne ero andata ad ascoltare i pettegolezzi delle ragazze con cui mesi prima uscivo regolarmente.
Avevo finito per addormentarmi su un divanetto, con vicino Sofia e Francesco.

A svegliarmi era stata una canzone orribile, un cantante trap.

Osservai ragazze e ragazzi completamente ubriachi ballare a caso con bicchieri e drink in mano.
Mi alzai dal divano e riconobbi subito Sofia che baciava Francesco, in un angolo della sala.
Decisi di cercare Edoardo per salutarlo e infine andarmene a casa.

Farsi largo tra tutta quella gente ad una festa non è certo una cosa semplice, specialmente quando si è assonnati.

Enrico mi urtò bruscamente, facendomi barcollare di lato.
Quando incontrai il suo sguardo, capii subito che non doveva essere sobrio.

- Se vai fuori prendi la giacca che è freddo - gli consigliai, squadrandolo da capo a piedi.

Mi rispose in malo modo per poi spintonarmi facendomi perdere l'equilibrio.
Lo vidi uscire barcollando vistosamente.

Quando un ragazzo per sbaglio mi rovesciò addosso il suo drink, venni accecata dalla rabbia.
Mi alzai di scatto e nel sentire la mia maglia bagnata e appiccicosa, persi la ragione.

Uscii senza prendere il giubbotto e corsi dietro ad Enrico con il desiderio di prederlo a schiaffi.
Il freddo mi fece rabbrividire.

Quando lo raggiunsi però mi bloccai, incredula.
Era seduto su una panchina, lontano dalla festa, completamente al buio.
Piangeva.

Per la prima volta provai a mettermi nel suoi panni.
Si capiva subito che non era contento di aver lasciato la città per venire in montagna.
Come ci si deve sentire nell'essere obbligati a lasciare tutto ciò con cui si è cresciuti per andare verso l'ignoto?

- Cosa ci fai qui?! - la sua voce tremante e carica d'odio mi distrasse dai miei pensieri.

- Beh... non è meglio se torni dentro? Qui fa freddo e in più sei ubriaco. La cosa migliore sarebbe se tu tornassi a casa -

In una frazione di secondo mi ritrovai scaraventata all'indietro e quando finii in un monte di neve fresca ammucchiata dallo spazzaneve, avvertii il freddo penetrarmi fin nelle ossa.
Rimasi senza parole, cosa mi era saltato in mente? Non volevo prenderlo a schiaffi?
Enrico torreggiava su di me, instabile sulle gambe.

- Pensa per te e lasciami in pace! - strascicò le parole, traballando all'indietro.

Si appoggiò al tronco di un albero e vomitò tutto l'acol che aveva bevuto.

Nel cercare di alzarmi affondai con un braccio nella neve sentendomi gelare.
Appena in piedi cominciai a tremare per il freddo, essendo solo con una maglia a maniche corte.
Ero completamente fradicia.

- Eccovi finalmente! Ma che cavolo... -

Francesco corse verso di noi.
Prese Enrico per un braccio e dopo aver scoperto in che stato si trovasse, gli diede uno schiaffo talmente forte che mi fece sussultare.

- Ho il fratello idiota! Adesso cosa faccio con te?! Razza di incosciente, mica posso portarti a casa in questo stato! Papà ti ammazza se scopre che hai bevuto così tanto! Anche se te lo meriteresti -

Cercai di seguire la conversazione ma i brividi di freddo non mi lasciavano in pace.

Tornammo alla festa e immediatamente corsi a prendere il mio giubbotto.

- Io vado a casa, ci si vede! - salutai Francesco, l'unico sobrio. Enrico dormiva su una delle poltrone mentre Sofia fumava all'estero della sala senza smettere un attimo di ridere.

- Tutto bene? Stai tremando - Francesco mi strofinò una mano su una spalla.

- Sì sì ho solo freddo, meglio che vado -

Prima che arrivassi a fare un solo passo, Francesco mi strinse forte in un abbraccio.
- Buonanotte e grazie per tutto Vale -

Corsi in fretta dove avevo lasciato Pippo, montai in sella e chiesi all'animale di muoversi.
La strada di ritorno, sebbene non si impiegasse più di una decina di minuti a cavallo, mi sembrò lunghissima.

Quando arrivai a casa sistemai Pippo per la notte e finalmente entrai al caldo.

I brividi di freddo si facevano sempre più violenti.
Preparai una tisana prima di andare sotto le coperte.

*

Quando aprii gli occhi la mattina seguente, un mal di testa come non mi capitava da tempo mi diede il buon giorno.
A fatica mi alzai dal letto e dopo aver indossato i soliti vestiti da lavoro, scesi al piano di sotto.

Trovai Stefano intento ad alimentare il fuoco nella termocucina.

- Ben alzata! Hai visto che ore sono? Da oggi gli animali si preparano la colazione da soli?! - il tono brusco del ragazzo non mi sfuggì affatto.

Mi appoggiai al piccolo tavolo della cucina e osservai l'orologio da parete.
Le otto e mezza. Tardissimo.

Stavo per rispondere quando una fitta di mal di testa improvvisa mi costrinse a chiudere gli occhi e a sedermi in fretta su una delle sedie lì accanto per evitare di perdere l'equilibrio.

- Scusa Valentina, non avrei dovuto risponderti così  è solo che i cavalli erano piuttosto nervosi sta mattina ed ho fatto fatica a farmi ubbidire. Ora sono nel recinto qui dietro, tranquilli. Stai bene? -

Si sedette di fronte a me, accigliato.

- Non ti preoccupare Stefano, sono io che ti devo delle scuse per come mi sono comportata l'altra sera - chiusi nuovamente gli occhi e mi presi la testa tra le mani.

- Valentina guardami - mi afferrò entrambi i polsi e mi spostò le mani dalle tempie.

- Sono solo stanca, ieri sera sono tornata tardi -

- Hai le mani fredde come il ghiaccio ragazza mia, è meglio se oggi riposi e non esci di casa. Fuori si gela, sono otto gradi sotto lo zero -

- Oggi ho la stalla dei cavalli da pulire e da controllare il biberon di Iris -

- Ci penso io, tu resta qui che secondo me hai anche la febbre - mi appoggiò una mano sul collo.

Rabbrividii violentemente e cercai di spostarmi.

- Scotti come un termosifone, ora ti metti qui sul divano al caldo -

- Ma non posso, io... -

- Puoi eccome invece, vieni -

Obbedii in silenzio.

- Ora devo andare, torno questo pomeriggio, mi raccomando riposa -

Appena il ragazzo uscì di casa mi alzai per guardare fuori dalla finestra.

"Non cambia nulla se sto fuori un po', giusto il tempo di pulire la stalla"

Mi convinsi ad uscire. Indossai una felpa in più e la giacca invernale pesante.

Per quel semplice lavoro che di solito mi portava via non più di una mezz'ora, impiegai tutta la mattina.
Quando entrai nuovamente in casa era ora di pranzo e il solo fatto di stare in piedi mi richiedeva un enorme sforzo.

Cambiai i vestiti sporchi da lavoro con un paio di pantaloni felpati e la felpa nera con il logo degli In Flames.

Non avevo fame quindi cominciai a preparare il latte per il biberon della piccola agnellina.
Avevo quasi finito quando sentii arrivare Stefano e Manuel.

- Avrei scommesso un milione che non saresti stata capace di restare ferma sul divano -
Stefano scosse la testa contrariato, ma sorridendo.

- Valentina ti prego vai a dormire un po', sei bianca come uno straccio - Manuel mi si avvicinò, supplicandomi di fare come mi stava dicendo.

- Vorrei prima essere sicura che sia tutto in ordine - chiusi il biberon per Iris e lo lasciai sul tavolo.

Improvvisamente il mal di testa che non mi lasciava in pace da ore tornò a farsi sentire.
Chiusi gli occhi in preda alle vertigini e barcollai di lato.
Mi ritrovai addosso a Stefano che mi strinse le spalle sorreggendomi, capii quindi che si aspettava che prima o poi avrei perso l'equilibrio.
Quando anche Manuel si avvicinò a me venni colta dall'ansia senza saperne il motivo.

- Calma ragazza, non è nulla - lasciai che Manuel mi passasse due dita sul collo e mi alzasse le palpebre.

Un'altra fitta di mal di testa mi convinse che forse era meglio dare retta ai due uomini.
Cercai di divincolarmi dalla stretta di Stefano per andare a letto, ma al contrario mi strinse più forte e un attimo dopo mi cedettero le ginocchia.

La paura per non so cosa si impossesò di me, cominciai a tremare e a supplicare Stefano di lasciarmi stare.

Fu a causa dell'ennesima vertigine che cominciai a sentirmi distante da tutti. Le parole di Manuel mi arrivavano come ovattate.
Smisi di divincolarmi un momento prima di perdere i sensi.

Anima Ferita continua...

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top