Capitolo 10

Enrico

Mi svegliai quando sentii Francesco entrare in camera.

- Ah scusa Enrico, non volevo svegliarti -

- Com'è andata con Sofia? - biasicai con la voce impastata dal sonno.

- È abbastanza insopportabile. Parla troppo e mi sta appiccicata, si vende lontano un miglio che le piaccio - sbuffò mettendosi sotto le coperte.

- A te va meglio - aggiunse laciandomi uno sguardo pervertito.

- Ma stai zitto Franz - sghignazzai per poi tirargli un cuscino.

- È la verità! - mi restituì la cuscinata.

Ad un tratto Francesco si mise a sedere sul letto e afferrò il suo cellulare, come stesse cercando una soluzione ad un problema.

- Domani sono a casa, niente università! Devo trovare un modo per evitare che Sofia venga a starmi addosso. Hai visto che c'era Valentina al piano di sotto? -

- Francesco, non mi interessa okay?! Come devo fartelo capire? -

Parve voler ribatte e invece scrollò le spalle e si mise a dormire.

*

Il mattino dopo faticai ad uscire dal letto. Avevo freddo e lasciare il caldo delle coperte fu terribile.

Quando scesi nella sala per le colazioni trovai entrambi i miei genitori impegnati in una discussione.

- Buongiorno tesoro, dormito bene? - mia mamma venne a darmi un bacio sulla guancia.

- Sì grazie. Papà ma tu non hai il turno dopo pranzo? - chiesi vedendolo già alzato.

- Si esatto -

- Io vado, ci vediamo dopo - mia madre uscì dal bed&breakfast.

- Puoi prendere tu la macchina oggi visto che sta a casa anche Francesco -

- Grazie papà -

Dopo colazione tornai in camera a prendere la giacca.
Mi accorsi che la porta della stanza vicino a quella dei miei era socchiusa. Mi avvicinai per sbirciare dentro e vidi Valentina che dormiva.

- Ieri sera non stava propio benissimo -
Mi accorsi di Francesco accanto a me.

- Ah e allora deve dormire qui quando ha la casa a due metri di distanza? -

- Dai Enrico smettila di fare lo scontroso. Quando sono tornato ieri sera ho trovato papà di sotto sul divano con Valentina che dormiva. Mi ha detto che mentre bevevano il caffè lei è crollata. È convinto che non ha mai parlato a nessuno di quello che ha visto e non è il massimo tenersi tutto dentro senza affrontare il problema. - Francesco incrociò le braccia.

- Quello che ha visto? Parli dell'incidente di cui parlano tutti? -

- Esatto. Credo che papà vuole provare ad aiutarla -

Valentina si mosse nel sonno.

Rimasi in silenzio, dubbioso, fino a quando non mi accorsi dell'orario.
Andai prendere la giacca e di corsa scesi le scale.
Solo quando uscii dal bed&breakfast mi ricordai che quello era l'ultimo giorno che avremmo passato li; finalmente la nostra nuova casa era pronta per essere abitata.

*

- Domani ci siete vero? -

- Sì Sofia, verremo dopo cena - ripetei esasperato.

La festa di compleanno dell'indomani era il principale argomento di discussione della mia compagna di banco.
Non ne potevo più delle sue chiacchiere, comprendevo pienamente mio fratello quando diceva che Sofia era insopportabile.

Le ore di lezione non passavano più quella mattina.
In più continuai a pensare al fatto che avrei dovuto suonare un duo con Valentina.
Ezio aveva insistito e la ragazza non si era fidata a ribattere. Avevo notato fin da subito quanto rispetto portava al mio insegnate, così avevo accettato anch'io la situazione.

Sapevo di essere uno sbruffone quando si trattava di suonare, conoscevo le mie capacità.

Quando l'ultima campanella della giornata annunciò la fine delle lezioni, mi precipitai fuori dall'edificio.
Addocchiai subito la fermata dell'autobus gremita di ragazzi e ringraziai il cielo di avere la macchina.

Senza pensare guidai verso casa di Valentina, ascoltando i Trivium.
Solo quando parcheggiai mi tornò in mente che adesso alloggiavamo nella casa nuova.

Accesi nuovamente il motore e uscii dal parcheggio minuscolo.

In quel momento vidi passare due enormi cani bianchi seguiti da un rottweiler e un border collie.
Dopo qualche attimo arrivò la loro padrona insieme ad un terzo cane bianco, un pastore australiano e un piccolo cocker.

Incrociai il suo sguardo e quasi mi spaventai quando vidi le scure occhiaie che le circondavano gli occhi.
Mi passò davanti con indifferenza.
Prima di sparire lungo il sentiero che portava nel bosco, notai che un cane in particolare non si allontanava mai da lei, le stava accanto attento a qualsiasi cosa succedesse nei dintorni.
Quel grosso cane bianco mi incuteva timore.

Scossi la testa e tornai a casa. Quella villa che da quel momento avrei dovuto cominciare a chiamare casa.

*


Le cuffie. Senza cuffie non uscivo mai e quella sera non ricordavo dove le avevo lasciate.

- Enrico! Cazzo siamo in ritardo, ti decidi a muoverti?! - Francesco urlava dal piano terra mentre io ero ancora in camera mia.

Lasciai passare ancora un quarto d'ora.
Per qualche oscuro motivo avevo un senso di agirazione addosso all'idea della festa di compleanno di Mattia.
Non avevo voglia di vedere gente.
Sarei rimasto volentieri in camera mia a suonare il violino.

Quando mio fratello comparve sull'uscio della mia stanza cercai di spiegargli il motivo del mio ritardo, ma non arrivai a parlare molto che mi afferrò per un braccio e mi strattonò fino in giardino.

- Franz non ho voglia di venire, mica sono obbligato -

- Silenzio! Vieni e basta, non puoi restare sempre chiuso in casa! -

Ci incamminammo verso la piazza che raggiungemmo in pochi minuti.
Mio fratello venne subito avvicinato da Sofia e dalle sue amiche.

- Andiamo, gli altri sono già dentro - seguimmo tutti una ragazza bionda, non molto alta.

Ci condusse in una sala all'interno dell'edificio più grande del paese; ospitava gli uffici comunali, postali e un piccolo teatro oltre alla sala normalmente utilizzata per gli eventi.

Un lungo bancone attrezzato di tutto punto ospitava il servizio bar, accanto ad esso un ragazzo circondato da consolle si dedicava alla musica.
Luci verdi, blu, rosse, viola...
Sembrava quasi di essere in una discoteca.
Tutto sommato l'ambiente non era male.

La pista era gremita di ragazzi e ragazze che ballavano, alcuni già alterati dall'alcol.

- Enrico, tieni - Sofia mi porse un bicchiere stracolmo di chissà quale superalcolico.

- Non ho molta voglia di bere sta sera -

- Sssth, so che voi che venite dalla città non reggete l'alcol, ma almeno uno lo devi bere - la ragazza indicò il bicchiere.

Sentii la rabbia ribollire.

- Uh non ci posso credere! Vale mi porti tu a casa sta sera allora? - un'amica di Sofia agitò un braccio in direzione della porta di ingresso.

- Scordatelo, sono qua solo perché Mattia mi ha supplicato in ginocchio di uscire di casa -

Mi voltai a guardarla. Era visibilmente stanca, con quel sorriso spento, quasi forzato.
Vestiva un paio di pantaloni neri attillati, una maglietta scollata e un giubbotto di pelle, abbastanza corto, anch'esso nero.
Riconobbi subito il logo della band metal In Flames, una delle mie preferite, disegnato sulla sua maglietta nera.
Quando Valentina si girò per andare a cercare Mattia, mi accorsi che lo stemma degli Slipknot occupava gran parte dello spazio sul suo giubbotto di pelle, sulla schiena.

- Se te lo stai chiedendo, sì Valentina ascolta quella robaccia. Non so come faccia a sopportare tutto quel rumore! -

Solo dopo qualche secondo riconobbi la voce di Rebecca, la ragazza che avevo incontrato a scuola di musica.
Svuotai il bicchiere in un sorso solo.

- Non sapevo saresti venuto anche tu sta sera - Rebecca mi guardò con espressione dolce.

Non risposi e la bionda parve restare delusa dal mio comportamento.

Passai il resto delle due ore successive a bere in compagnia di altri ragazzi che aveva conosciuto mio fratello. Sembravano simpatici e alla fine non mi pentii di essere uscito di casa quella sera.

- Dai un altro giro!! - Edoardo ordinò boccali di birra per tutto il gruppetto.

Sentii di cominciare a essere alterato dall'alcol e cercai di convincere il ragazzo a evitare di ordinarne altro per me.

- Bevi, sta sera ci divertiamo. Dopo si balla amico! - Edoardo mi fece l'occhiolino per poi spostare la sua attenzione sulle ragazze in pista.

- Ehi Valentina vieni qui! - afferrò la ragazza seduta a un tavolino e la trascinò al bancone dove eravamo da un po'.

- Edo ho sonno, penso di andare a casa - si interruppe quando Edoardo le mise tra le mani un boccale traboccante di birra.

- Aiutami ad insegnare a Enrico come si beve da queste parti - il ragazzo tracannò in fretta mezzo boccale, leccandosi le labbra.

Valentina sghignazzò debolmente per poi posare il suo sguardo su di me.

Mi sentii andare a fuoco in un attimo.
I suoi maledetti occhi ambrati.
Scossi la testa, stringendo la mascella, lasciandomi invadere dall'odio.
Svuotai il boccale in pochi secondi e lo posai sul bancone con forza.
Edoardo sorrise.
- Così mi piace! Hai capito tutto! - ordinò ancora.

Ignorai Valentina, appoggiandomi al bancone accanto a Edoardo.

- Vacci piano, non ascoltare questo idiota - Valentina mi toccò una spalla, obbligandomi a voltarmi nuovamente verso di lei.

Il suo sguardo di disapprovazione fece vacillare per un attimo la mia sfacciataggine.

- Fatti i cazzi tuoi tesoro - ringhiai verso di lei.

In risposta inarcò un sopracciglio e strinse le labbra.

- Non farci da mamma, grazie - anche Edo si girò a guardarla e le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé.

Svuotai un bicchierino di una grappa a me ignota quando vidi Edoardo tentare di baciare Valentina.

Lei si scostò in fretta dal ragazzo e dopo averlo fulminato con lo sguardo, andò verso Sofia e le altre ragazze.

- Fredda e diffidente come un aminale selvatico - sbuffò il mio nuovo amico.

- È sempre stata così noiosa? - chiesi, mentre un ragazzo ci porgeva un altro drink da dietro il bancone.

- No, non hai idea di quanto sia cambiata. È già un miracolo che sia venuta alla festa. Penso che cercare di farla ubriacare sia impossibile - scoppiò a ridere.

*

Era mezzanotte passata quando cominciò a girarmi la testa sul serio e decisi di uscire a fumare una sigaretta.
Nella sala c'era praticamente solo gente ubriaca che ballava in pista o beveva ancora.
Sapevo che fuori sarebbe stato freddo ma non ricordavo dove avevo lasciato la giacca.
Intravidi Francesco che baciava Sofia in un angolo.
Su alcune poltrone altre coppiette facevano lo stesso.

Cercai di raggiungere la porta di uscita, barcollando tra la gente, finché non urtai Valentina.
Ero convinto se ne fosse andata, non l'avevo più vista per il resto della serata.

- Ma guarda dove vai! - biascicai convinto fosse colpa sua e la guardai con odio.

Parve capire che non ero in me, immaginai si notasse il mio stato; ero abbastanza ubriaco.

- Se vai fuori prendi la giacca che è freddo -

- Non dirmi cosa devo fare! - venni accecato dalla rabbia e senza pesare la spinsi di lato.

Il suo sguardo stanco e malinconico fu l'ultima cosa che ricordai di quella sera.



Anima Ferita continua...

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