Epilogo (Bonus)

( Un epilogo al peperoncino per digerire il pranzo di Natale! )

🎄🎄🎄

Buon Natale a tutte! 😘



EMBER

Aprii gli occhi e la vista confortante e familiare della nostra camera da letto mi strappò un sorriso e mi colmò il cuore di gioia. Era la mattina di Natale e io ero a letto con Ian.

Quando mi svegliavo in giro per il mondo, c'era sempre quella piccola e terrificante frazione di secondo in cui mi domandavo se fosse stato tutto un sogno, prima di rendermi conto che il suo corpo caldo e solido fosse davvero affianco a me.
Per lo meno questo succedeva quando Ian non dormiva avvinghiato a me, come spesso faceva probabilmente per via della paura che potessi ancora scappare dall'altro capo del mondo; oppure quando non mi destavo ansimando perché si era infilato sotto le lenzuola per regalarmi una dolcissima sveglia, cadenzata da delicate umide e bollenti stoccate della sua lingua.

Non era il caso di quella mattina, però. Eravamo troppo stanchi e assonati dalla notte precedente, trascorsa in una maratona di sesso celebrativo. Lo avevamo fatto selvaggiamente sul tavolo da pranzo, interrompendo subito dopo l'antipasto quella che doveva essere la nostra cenetta romantica tête-à-tête . Considerato che mi aveva fatto sdraiare nuda sull'elegante tovaglia di Natale, e si sbarazzato dei centro tavola rompendo qualche bicchiere, alla fine avevamo consumato la altre portate in una modalità un po' atipica. Lui in piedi in cucina e io con le chiappe sul marmo freddo della bancone in modo da lenire il rossore dovute alle sculacciate che mi aveva inferto ad ogni affondo, creando quel piacevole formicolio che intensificava in modo esponenziale il puro godimento dovuto al senso di pienezza. Inutile dire Ian consumò anche il dessert in cucina, cioè la sottoscritta, a gambe divaricate sul piano da lavoro. Questo prima di girami a pancia sotto e prendermi da dietro ancora in modo più rude di prima.
L'amplesso successivo, consumato sotto lo stesso albero di Natale che avevamo preso assieme all'inizio della nostra relazione, fu invece più dolce e languido, ma a tratti ancora infuocato, come le fiamme del camino davanti a noi.
Rimanemmo accoccolati sul tappeto a lungo, davanti al divano che gli avevo regalato, e avvolti nella mia coperta preferita, che sapeva di casa e tenerezze.

Lì mi addormentai per qualche breve minuto. Ero davvero stravolta da tutti i viaggi dell'ultimo periodo, ma Ian, non ancora sazio, mi svegliò con dei languidi baci sulla clavicola, che sbucava da quel groviglio di morbido cachemire. Solo allora, in piena notte, ci spostammo pigramente nella nostra camera.
Ancora più pigramente facemmo l'amore un ultima volta. Lentamente. Talmente lentamente che fui convita che furono le nostre anime a muoversi, mentre i nostri corpi rimanevano quasi immobili, sottoliando che saremmo rimasti uniti per sempre.

Come richiamato da quei bollenti ricordi, la splendida catena montuosa di muscoli della sua schiena si mosse in un flebile, ma virile suono gutturale. Quella vista assieme ad una zaffata del suo odore muschiato, reso più dolce e invitante dal profumo di tutti i nostri amplessi, mi provocò un calore intenso in mezzo alle gambe.
Ian ispirò sprofondano sul mio collo come a fare incetta della stessa aroma che mi aveva già eccitando oltre ogni limite. Mi fece passare il palmo della mano sulle pancia e mi attirò a sé con un grugnito. Il suo corpo era bollente, e assieme al calore del mio, sembrò quasi scottare.

Mossa dall'eccitazione mi strusciai sui suoi pettorali e risi maliziosa, sentendo la sua erezione mattutina che mi premeva sul ventre.

Ian grugnì ancora più forte e mi fece passare le dita lungo la spina dorsale, provocandomi un brivido caldo. La percorse fino alle natiche, seguendone la curva fino alla piega che si formava con la coscia. Un altra scossa mi percorse lungo quel tragitto e finì per formicolare fin dentro nelle mie parti più intime. Serrai le gambe in cerca di attrito.

Ian scosse la testa pigramente, ma in modo del tutto autoritario.

«Apri le gambe per me, piccola...»

Di tutta risposta le spalancai e lui risalì velocemente il mio interno coscia.

«Cazzo, Amber! Sei già così bagnata...»

«È colpa del tuo odore... mi sta mandando fuori di testa.» ansimai.

«Sono ancora tutto intorpidito cazzo, ma voglio vederti venire, subito. Ora...»

Gemetti al suono di quelle parole e urlai quando mi scostò le mutandine e affondò tre dita dentro di me senza e prese a massaggiarmi il clitoride con il pollice, senza alcuna delicatezza.

Non so se fosse per il suo tono perentorio o per il fatto che il mio corpo non avesse mai avuto segreti per lui, ma raggiunsi l'apice in pochi secondi. Il suono del campanello però interruppe quell'ascesa proprio sul più bello.

«Ancora qualche secondo...» digrignò tra i denti e premette il pollice ancora più forte. Io però gli afferrai il polso e lo sfilai dalle mie gambe.

«Cazzo!» sbuffò esasperato e si lasciò cadere sulla schiena.

Frastornata, cercai di mettermi seduta per riprendere il più in fretta possibile il respiro, mentre tastavo il copriletto in cerca di una t-shirt.

Dal soggiorno, udii il suono della chiave che girava nella serratura.
«È permesso? Qui siamo molto impazienti!»

In reazione alla voce di suo padre, Ian fece roteare indice e pollice sulle palpebre e si mise anche lui seduto, pronto all'incursione.

Dei piccoli e veloci passi colmi di aspettativa rimbombarono per tutto il corridoio e subito dopo un piccolo tornado precipitò nel nostro letto, in mezzo a me e mio marito.

«Mamma! È arrivato, è arrivato! Babbo Natale ha fatto un bel casino dí la! Ha sparpagliato la vostra cena e ha fatto anche un pisolino davanti al caminetto. Nella tua coperta preferita!»

«Davvero, amore mio? Ma che birbante!» Stritolai mio figlio ispirai il suo odore.

«Vieni, papà! Vieni a vedere anche tu quanti regali ci sono sotto l'albero.» Ian mi dedicò un occhiata di finta insofferenza che malcelava tutto il divertimento e la gioia di quel momento.

Scostò le coperte con un movimento energico e si infilò velocemente i pantaloni della tuta. Io feci lo stesso con dei pantaloncini e un cardigan lungo. Ci dirigemmo tutti e tre in soggiorno, dove Takashi ci aspettava con un aria tra il divertito e il dispiaciuto.

«Non riuscivo più a contenerlo... È sveglio già da un po', mi spiace.»

Ian alzò la mano con un fare rassicurante, come a dire al padre che non c'era nessun problema.

«Tak, non c'è niente di cui dispiacersi. Che Natale sarebbe altrimenti?»

Mi marito mi scoccò un'altra occhiataccia ironica colma di promesse. Si mise alle mie spalle e mi avvolse tra le braccia, per osservare nostro figlio che iniziava a scattare i regali.

«In effetti è difficile scegliere cosa sia meglio, se la vigilia o la mattina di Natale.» Esordì mio marito proprio davanti a suo padre e i diventai paonazza. Intuendo il motivo del mio rossore, rincarò la dose e prese a bisbigliarmi nell'orecchio, in modo che potessi sentirlo solo io.

«Se solo avessi avuto ancora trenta secondi in più...»

Gli diedi una piccola gomitata nel fianco in risposta alla sua impertinenza.
Ero già imbarazzata per il fatto che le condizioni in cui versava il nostro salotto, non lasciassero molti dubbi su come avessimo festeggiato l'anniversario del mio ritorno da Bali. Erano ormai erano quattro anni che Takashi e Himari ospitavano il nipotino a dormire la notte di Natale, proprio per permetterci di vivere da soli quella ricorrenza così importante per la nostra relazione.

La mia mente tornò inevitabilmente a cinque  Natali prima, quando avevo deciso di concedermi  finalmente di essere davvero felice. Di concedermi di essere amata, da Ian e dalla sua famiglia. E sopratutto di concedermi di amare mio marito, senza più riserve, senza freni a mano e senza più alcuna di via di fuga.

Non sapevo scegliere quale fosse stato il Natale più felice. Se quello del mio ritorno, quando ci eravamo chiusi in casa a recuperare il tempo perso, dalla mattina della vigilia fino al pranzo di Natale; oppure quello in cui avevamo annunciato che ci saremmo sposati l'estate successiva; o quello ancora in cui avevamo annunciato di aspettare il piccolo Kris.

Non che i successivi non fossero costellati di eventi meno importanti, come il primo natale in cui mio figlio aveva assaggiato dei piccoli pezzi di tacchino; o quello dopo ancora quando aveva imparato a scartare i primi regali e aveva intonato jingle bell con tutta la dolcezza delle sue paroline un po' raffazzonate; o infine quello che stavamo vivendo, in cui quel piccolo tornado era più consapevole della magia del Natale.

Per tutta la mia vita, le feste non avevano fatto altro che rimarcare la mia solitudine, ma da quando ero tornata a casa Egawa, il periodo natalizio era diventato il momento dell'anno che più amavo, perché ci concedevamo di fermarci dal turbinio dei nostri impegni e stavamo tutti assieme, a casa.

Tra un Natale e l'altro, infatti, ci furono numerosi cambiamenti. Contrariamente a quanto ci si potesse aspettare da una giovane mamma, la mia carriera era esplosa. Questo grazie al fatto che avevo permesso che l'ingente patrimonio di mio marito, ci concedesse qualche comodità, come l'assunzione di una baby sitter e una assistente personale che ci seguissero in tutti i nostri viaggi. Le due erano qualificate in modo da intercambiarsi e la cosa mi concedeva di essere concentrata sul lavoro e, allo stesso tempo, quando staccavo, di godermi del tempo di qualità con il piccolo Kris, senza essere fagocitata da mille impegni organizzativi.

Appena tornata da Bali, trascorremmo le vacanze Natalizie a fare l'amore e recuperare il tempo perso, aiutando ogni tanto i suoi genitori con la segreteria della scuola, ma a Gennaio Ian riprese ad allenarsi con Martin e io ripresi a fargli da Manager e a gestirgli tutta la comunicazione. Inizialmente mi occupai solo di lui, ma presto anche Katy mi chiese di fare lo stesso. La sua carriera era ormai decollata. Inizialmente aveva cercato di gestire tutto da sola con l'aiuto di Ty, ma era ormai diventata una star dell'ambito sportivo, almeno quanto il fratello. Il fatto che fossi diventata la manager dei due snowboard più famosi al mondo, innescò una richiesta dei miei servizi per diversi atleti.

Tuttavia, anche se la carriera di atleta professionista di Ian era giunta quasi al termine, quella di Katy era all'apice. Decisi perciò di accettare le richieste solo di altri tre atleti emergenti usciti dalla Warm Peak Academy e mi specializzati proprio nel lanciare le giovani promesse di Snowboard.

Ne conseguì che assunsi anche una ragazza per farmi aiutare con la gestione dei profili social. Questo mi permise di avere più tempo per stringere accordi per sponsorizzazioni, pubblicità, testimonianze, eventi, apparizioni, interviste, shooting e gare varie per tutti i miei assistiti.
In pratica, per la prima volta, mi ero concessa anche di crescere professionalmente e la mia carriera era letteralmente decollata.

Ero felice, mi stavo godendo ogni aspetto della mia vita con Ian, del mio lavoro, del mio essere mamma.

«Ma che diavolo è successo qui dentro? È un campo di battaglia! Non vi vergognate?»

La voce di Katy irruppe in soggiorno e mi strappò dal mio piccolo bilancio esistenziale.
In risposta a quella battuta, Tak alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso beffardo e si congedò. «Vado ad aiutare vostra madre. Ci vediamo più tardi di là.»

«Zia, Zia... hai visto cosa ha combinato Babbo Natale?»

«Sì vedo, piccolo mio, si è dato proprio da fare... Babbo Natale...»

Ty tossì dietro di lei come ad ammonirla.

Non contenta mia cognata si voltò verso di noi.

«Quindi vi siete dati alle cose a tre con Babbo Natale?"»
«Kathleen!» Ringhiarono all'unisono sia Ian che Tyrone.

«Vieni qui e smettila! Buon Natale, amica mia!» le dissi abbracciandola, anche un po' per zittirla.

«Dio... odori di...» si interruppe perché Ian e Ty si erano già irrigiditi e l'avevano fulminata.

«Va bene, va bene. Ho capito. Passiamo a cose più da bambini.» Si arrese alzando una mano al cielo.

«Ehi tu, moccioso! Lascia stare quei pacchetti sotto l'albero e vieni qui! Secondo te chi è più brava a scegliere i regali? Un vecchio ciccione che vive al Polo Nord o quella gran strafiga di tua zia?» disse sventolando un grosso pacco dalla sagoma inconfondibile.

Kris prese a saltellare tutto eccitato verso Katy.
Avanti apri. Con impazienza mio figlio stracciò la carta scoprendo una piccola tavola da Snow. Non appena comprese che avrebbe potuto usarla come il suo papà, il soggiorno fu invaso da urla e gridolini assordanti.

Spostai lo sguardo verso mio marito, il quale nel frattempo si era versato la sua tazza di caffè amaro al di là del bancone, mentre fissava nostro figlio con gli occhi velati di umido orgoglio. Se era vero che io avevo scongelato la sua aurea glaciale, la paternità l'aveva praticamente fatta evaporare.
Lo raggiunsi, gli passai una mano intorno alla vita e gli scostai una ciocca dal volto.

«Come hai potuto pensare che potessi non volere tutto questo?»

«Non lo so. Ora mi sembrano inconcepibili tutte le nostre incertezze di qualche anno fa. Se devo essere sincero ho sempre immaginato la nostra vita assieme così come è oggi, ma anche nelle fantasie più belle non avrei mai potuto aspettarmi così tanta felicità.»
Mi attirò a sé e io mi beai del calore del suo corpo. «Piccola, sei stata la sorpresa natalizia più bella di tutta la mia vita, un regalo che mi toglie il fiato ogni volta che ti guardo.» Il palmo della sua mano percorse le curve della mia schiena fino alla nuca. «Con te, Amber Keller, ogni giorno è perfetto proprio come lo è la mattina di Natale.
Sei la brace nel camino che mi scalda l'anima, che colora ogni singolo aspetto della mia vita, che illumina tutte le mie run, che mi spinge sempre più in alto e che mi permette di guardare il mondo da un punto di vista talmente alto da far sembrare tutto ancora più bello.»
Mi spinse il volto verso il suo e le sue labbra catturarono le mie, prima morbidamente con dolcezza, ma subito dopo tornarono avide e fameliche come a riscuotere ciò che avevano dovuto interrompere. La testa prese a girarmi immediatamente e io mi feci inconsistente tra le sue braccia, ma lo schiarirsi rumoroso della voce di Katy, mi riportò fuori dalla nostra bolla magica.
«E poi avete il coraggio di sgridare me per quello che dico?» ci redarguì mia cognata.

Ian ringhiò spazientito, ma poi qualcuno mi tirò il Cardigan e mi scoprì una spalla. Il suo sguardo si incendiò all'istante, ma quando guardò verso il basso si edulcorò di tenerezza. Mi chinai e presi in braccio il piccolo Kris e lo inclusi nell'abbraccio avvolgente del padre.

«Mamma, vojo provare la tavola dopo la pappa! Mi porti papà su quella pista strana? Ti prego!»
In quel momento fui certa che nel giro di tredici anni avrei avuto un terzo Egawa nella mia scuderia di atleti.

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