74. Waiting for

ICE

"Ora mi sento come se stessi aspettando qualcosa che so che non arriverà mai, perché adoro illudermi, sperare, ti senti più vivo mentre lo fai."
(Charles Bukowski)

L'ultima volta che mi ero sentito così svuotato, era stato quel maledetto giorno in cui Allen mi aveva aperto la porta dell'appartamento di Ember a torso nudo. La mia reazione era stata devastante e distruttiva. Mi ero buttato su donne, alcol e allenamento. Mi ero giocato così l'ultima possibilità che avevo avuto con lei e avevo perso miseramente nonostante l'oro al collo.
Inutile dire che, quella volta, non avevo nessuna intenzione di andare con nessun altra. Avevo già fatto abbastanza cazzate che mi erano costate la mia scoiattolina e provavo repulsione per qualsiasi altra persona che non fosse Ember. Io volevo lei, cazzo. Solo lei. Avevo sempre voluto solo lei. Anche prima di Milano-Cortina era sempre stato così. Avevo cercato di offuscarmi la mente con l'alcol, per sedare la repulsione che avevo per tutte le donne che non erano lei, in modo da poter sfogare la mia rabbia attraverso il sesso.
Ma non era più così. Io non ero più arrabbiato con lei, ma solo con me stesso per aver sputtanato tutto. Quindi dopo il rientro di Ember a Bali, non bevvi nemmeno una birra, non scopai e non mi prefissai nessun obiettivo fisico impossibile. D'altra parte non mi stavo nemmeno allenando. Per lo meno lo facevo quel tanto che bastava per un buon mantenimento, senza però alcun obiettivo agonistico.
Avevo sospeso ogni decisione riguardo il mio futuro.
Ero arrivato ad un punto della carriera in cui dovevo valutare se partecipare ad un ultima olimpiade, con la speranza di fare una uscita di scena spettacolare, oppure passare ad una nuova fase e a nuovi progetti, cosa che in parte avevo già iniziato a fare, nell'attesa di incontrare Ember alla commemorazione. Tuttavia dopo la sua ripartenza per Bali, non riuscivo nemmeno più a occuparmi  dei miei affari. Continuavo a delegare e disinteressarmi. Un'apatia amara e soffocante mi aveva inghiottito immobilizzando le mie giornate, le quali erano diventate irrimediabilmente troppo lunghe, così come le notti infinite a guardare il soffitto della mia camera, chiedendomi come fosse possibile che la mancanza di Ember tra le mie lenzuola, fosse ogni giorno più devastante, nonostante non condividessimo quel letto da ormai due anni.

Ero il fantasma di me stesso e le uniche interazioni che tolleravo erano quelle con le persone in grado di capire il mio stato, ovvero la mia famiglia.
Pranzavo e cenavo con i miei e la cosa di per sé non era così straordinaria. Niente che non facessi normalmente.
Ma quello che mi fece intendere che ero ormai alla frutta, furono le proposte di Ty di andare a correre con lui e le incursioni mattutine di Katy.

Mia sorella era passata dall'ordinare le colazioni a domicilio alla bakery per stare di più a letto con Ty la mattina, ad alzarsi presto e venire a casa dei nostri genitori per stare con me.

Quel giorno eravamo rimasti soli perché papà e mamma erano scesi alla scuola prima del solito.
Stavo sorseggiando il mio caffè amaro, mentre Katy sgranocchiava rumorosamente delle vecchie patatine che aveva trovato in fondo a qualche sportello.

«Ty sa che sei mangi quelle schifezze per colazione?»
«Certo che no! Perché pensi che sia qui tutte le mattine? Per il tuo brutto muso da depresso?»

Le sorrisi. Si sarebbe tagliata un braccio pur di ammettere che era lì perché era preoccupata per me. Sapevo che non mi aveva ancora perdonato per come mi ero comportato con Ember, ma il fatto che mi dedicasse un momento della giornata di cui era in genere molto gelosa, mi faceva capire quanto mi volesse bene, nonostante tutto.

«Non ti invidio sai, vivere con il proprio allenatore deve essere qualcosa di terribile. Con Ty poi... non ci voglio nemmeno pensare, con me era insopportabile senza che ci condividessi il letto!»

Katy strizzò gli occhi, arricciò il naso e la bocca per poi tirare fuori la lingua disgustata.

«Senti, devi proprio rovinarmi la colazione facendomi immaginare mio fratello e il mio fidanzato, nonché allenatore, a letto assieme.»

«Beh, Katy. Almeno in parte sai cosa ho provato io!»

Mi scoccò un occhiataccia e tiro fuori il cellulare.

«Fratellone dobbiamo parlare del tuo profilo Instagram, perché fa davvero schifo. Non dico di ambire allo standard che aveva raggiunto Amber, ma cavolo! Ora è veramente penoso. Quanto hai perso di sponsorizzazioni quest'anno?»

«Non lo so Katy, credo molto.» Sospirai affranto. Massimizzare i guadagni dovuti dalla mia visibilità in seguito alla vincita delle olimpiadi non era stata esattamente la mia priorità.

Mia sorella mi guardo ancora perplessa. «Non lo sai? Oh mio Dio.... La Snow press non ti manda le statistiche?»

Alzai le sopracciglia e feci spallucce. La Snow press era la società a cui avevo delegato tutto gli aspetti che aveva seguito un tempo Ember, dalla gestione social ai contratti di sponsorizzazione. Ovviamente mi mandava i report periodicamente, ma io non li avevo mai letti o per lo meno non lo avevo fatto con attenzione.

Katy sbuffò e riprese a picchiettare sul suo iPhone.

«Certo che potevi anche dirmelo quando sei volato a Bali. Sarei venuta con te, mi sarei divertita con un po' di onde e ti avrei impedito di fare le tue solite stronzate.»

«Katy non ho fatto stronzate, non ho fatto proprio nulla Bali, lo sai.»

Lei alzò un sopracciglio. «E questa non ti sembra una stronzata? È la madre delle stronzate, fattelo dire! Come lo è stato darti alla macchia quando  lei era qui.»

«Katy, ne abbiamo già parlato...» Non le avevo raccontato in realtà dell'anello e di come ci eravamo lasciati.

«Sì beh, no cambia che ti sei giocato tutte le tue possibilità sia a Bali, che alla commemorazione. Se non l'avessi lasciata andare a quest'ora staremmo già programmando di passare la primavera in Indonesia tutti assieme!»
Con la fronte corrucciata tornò a guardare lo schermo e la su bocca si chiuse in una O. «Mio Dio, ma è bravissima sul surf!l»
«Chi?»
«Amber! Stiamo parlando di lei, no?»
«E dove l'hai vista?»
«Sul suo profilo Instagram, e dove se no?»
«Ember ha un profilo Instagram?»
«Sì lo ha riattivato subito dopo che è partita da qui, dopo la commemorazione.»
«Fammi vedere!»
«Ah, Ah, Ah! Scordatelo!» Ritrasse il telefono verso di sé impedendomi di guardare il suo schermo. «Oddio, guarda che spiaggia! E' davvero un paradiso. E caspita! I suoi amici sono davvero dei fighi stratosferici. Quasi quasi vado a trovarla da sola e lascio te e Ty a fare la calzetta qui davanti al camino.»

Sbuffai in preda alla frustrazione. Ember aveva disattivato i suoi profili subito dopo Milano-Cortina. Non che durante la sua permanenza a New York avesse mai pubblicato qualcosa. Il fatto che stesse postando mi sembrò quindi alquanto insolito.

«Certo che a vedere le sue storie è comprensibile come mai se ne sia tornata la!»

Tirai fuori il mio telefono e continuai a guardarla in cagnesco. Cercai immediatamente il numero della SnowPress. «Buongiorno, sono Ian Colton Egawa. Avrei bisogno dei dati di accesso a del mio profilo Instagram, per favore.»

Sul volto di mia sorella comparve un ghigno furbo. «Meglio tardi che mai! Dovremmo aspettarci qualche catastrofe apocalittica considerando che saranno almeno dieci anni che non accedi direttamente al tuo profilo?»

Non la ascoltai, presi nota della password e ringrazia la segretaria della SnowPress.
Dopo pochi secondi avevo installato Instagram e stavo già divisezionando il profilo di Amber Keller, ignorando il fatto che il mio profilo facesse davvero schifo.

Nel suo feed invece trovai tutta la sua vita a Bali, la stessa vita che avevo avuto modo di osservare durante la mia giornata da stalker. Le sue colazioni con i bagel farciti, le albe in spiaggia, alcune foto artistiche dei surf, della vegetazione dell'isola, i volti dei venditori al mercato e tantissimi altri particolari che amava di quell'isola.

Nelle sezione dei tag invece c'erano i viaggi sul pick up con i suoi amici, le cene e le feste serali, le gite con i suoi allievi, le lezioni di yoga in spiaggia e le sue impressionanti evoluzioni sulle onde.

Quelle immagini raccontavano tutto quel film meraviglioso che avevo già avuto modo di vedere con i miei stessi occhi. Mi accorsi solo in un secondo momentaneo del cerchio colorato intorno alla foto profilo e mi apprestati a subito a vedere le storie. Tantissime storie. Ember stava comunicando in modo assiduo con i suoi follower. Li coinvolgeva con ogni pensiero o decisione che dovesse prendere nel corso della giornata.

Mentre ero assorto, notai con la coda dell'occhio che Katy mi stava ancora dedicando il suo sorriso malizioso. Alzai la testa dal telefono e lei mi sorrise ancora di più. Si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla guancia. «Ti lascio solo. Credo tu abbia un bel po da fare ora.» mi diede una piccola e affettuosa pacca sulla spalla ed usci dalla cucina.

Picchiettai subito a sinistra per recuperare le storie che avevo perso durante quella breve distrazione e tornai a vedere quella in cui chiedeva quale tavola prendere in base alle onde previste per quel giorno.

Lascia fluire l'istinto e inizia a digitare senza pensarci molto nella barra in basso dedicata ai messaggi diretti.
«Non mi sembrano un gran che per saltare...sicura che non siano più divertenti quelle da neve?» Faccina con linguaccia.

Poi ancora, alzai la posta con la foto della sua colazione.
«Sembra buono, ma scommetto che non ti fa gemere come quello che ti preparo io.» Faccina sorridente, cuoricino e diavoletto.

Alla foto di lei in costume, sdraiata sulla tavole sparpagliate sul pianale del pick up.

«Touchè! In effetti forse è meglio vederti surfar in un mare caldo senza giacconi...»

I miei polpastrelli si muovevano da soli sulla tastiera. Sapevo di dover rallentare per evitare di sembrare per l'ennesima volta un fottutisismo stalker, ma non ce ne fu bisogno, perché le storie seguenti non riguardavo il pranzo, la scelta di un libro o di un acquisto al mercato. Riguardavano foto di arredi. Ember aveva pubblicato la foto di due  cataloghi, uno noto marchio italiano di arredamento e un altro scandivano con la scritta "accetto suggerimenti".
Non mi sembrò per nulla un buon segno, ma Il post successivo fu ancora peggio. Perché Ember chiedeva ai follower cosa preferissero tra una jeep compass e una Volkswagen Tiguan, mostrando le foto di lei nei rispettivi concessionari.

Un groppo in gola mi bloccò il respiro e iniziai a sentirmi tremendamente stupido per come avevo risposto alle storie precedenti.
A pochi giorni dalla sua partenza Ember non stava valutando la mia proposta, come avevo pensato.

Aveva già preso la sua decisione ed era talmente convinta della sua scelta che stava selezionando arredi costosi per la sua casa e si stava comprando addirittura un fuoristrada in un concessionario Balinense.

Io avevo flirtato con lei via Instagram mentre lei stava consolidando le sue radici a Bali.

Il retrogusto speziato del caffè che avevo avuto in bocca fino a poco prima era diventato improvvisamente più amaro e acido.

Fu così che rinfilai il cellulare in tasca, mi diressi verso il garage e decisi di andarmi a sciacquare la bocca al pub.

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