62. Chance meeting
ICE
"E qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale."
(William Shakespeare)
Provai a far risultare quel bacio appassionato e coinvolgente, come se lei significasse qualcosa per me. Le divorai le labbra, le riempii la bocca con la mia lingua e la premetti contro il mio volto con un finto fervore. Lei rispose a tono, del tutto indifferente al fatto che potessero licenziarla. Come se baciarmi davanti a tutti fosse più importante di qualsiasi altra cosa.
Quando la sentii quasi gemere, mi staccai.
«Festeggiamo insieme più tardi?»
«Con piacere, non vedo l'ora» mi rispose, prima di tornare al suo lavoro.
Un singhiozzo proveniente dalla mia destra mi fece capire di aver centrato in pieno l'obiettivo. Mi voltai e trovai Ember con il volto completamente paonazzo e le lacrime che le rigavano il viso. I nostri occhi si incrociarono per un istante, ma lei abbassò la testa subito dopo.
«Beh...ancora congratulazioni. Io ora devo proprio andare...» disse con una voce spezzata dal dolore. Il fatto che simulasse così bene la parte della vittima in tutta quella situazione mi fece imbestialire ancora di più. Ember alzò lo sguardo e i suoi occhi si inasprirono ulteriormente.
«Ciao, Ice» sussurrò in un soffio, prima di vederla fare ciò che le veniva meglio. Scappare.
Rimasi lì con Katy e Ty che mi fissavano come se fossi stato un mostro a tre teste.
«Che cazzo avete da guardare? Non dovevate portarla qui! Ma cosa vi è passato per la testa?»
L'espressione inebetita e innocente di mia sorella e la compassione con cui Ty mi scrutava mi mandarono ancora più fuori di testa. Mi congedai da loro ringhiando e cercai di distrarmi con tutti i convenevoli che richiedevano quel momento, ma dentro di me la rabbia continuava ad aumentare fin quasi a soffocarmi.
Mentre parlavo con l'atleta australiano che era arrivato secondo, la biondina mi si avvicinò, portando una mano sul mio orecchio, e io mi piegai verso di lei per ascoltarla.
«Io ho finito qui, se vuoi possiamo andare.» La fissai con irritazione. Mi era già servita allo scopo. Ember era scappata e io non avevo intenzione di replicare la scopata una seconda volta. Non lo facevo mai, per non essere frainteso riguardo al fatto che fosse solo del mero sesso occasionale, ma la rabbia mi stava mangiando vivo e non sembrava volersi placare. Nemmeno tutto lo champagne che avevo bevuto era stato di aiuto. Così decisi di portarmela in albergo. Una scopata era proprio quello che forse mi avrebbe aiutato. Per lo meno avrei rimandato per qualche ora la sensazione di vuoto devastante.
Così la presi per mano e ci dirigemmo verso l'hotel. Non appena entrammo in ascensore, la hostess cominciò a saltarmi addosso e aprirmi la giacca. Improvvisamente la sua confidenza e la sua audacia mi infastidirono, e da un lato mi pentii di averle concesso un secondo giro di giostra; dall'altro, però, avevo paura che quella repulsione centrasse qualcosa con un determinato incontro avvenuto poco prima e quindi mi sforzai di non respingerla per dimostrare a me stesso che Ember non significasse più nulla. Quando le porte dell'ascensore si aprirono e me la ritrovai davanti, mentre stringeva uno dei suoi dannatissimi trolley viola, con gli occhi ancora gonfi, il volto contorto dal dolore e completamente pietrificata, mi rimangiai tutto.
Risposi al bacio con altrettanta veemenza e mi appoggiai alla porta per bloccarne la chiusura. Non era il mio piano, ma trascinai comunque fuori la biondina, senza mai smettere di baciarla e, allo stesso tempo, guardando dritto negli occhi Ember. Proprio quando due goccioloni stavano sgorgando dalle sue pozze blu, la biondina interruppe il bacio e si voltò verso di lei.
«Ehi Baby, ma chi è questa che continua a seguirti e piangerti addosso come una sfigata?»
Ember, in un primo momento, sembrò ignorare quell'uscita. L'imbarazzo del momento fu inoltre interrotto da Marcus Allen, il quale uscì dalla prima porta del corridoio davanti a noi.
Improvvisamente mi ricordai che era diventato un presentatore di un programma sportivo e non riuscii a contenere una risata densa di sarcasmo e astio. «Cristo, quindi è con lui che sei venuta a Livigno? Ma non hai davvero un minimo di decenza?»
A quelle parole il suo volto si indurì improvvisamente. Mi fissò con astio e poi spostò lo sguardo verso la biondina, la quale si avvinghiò ancora di più al mio braccio in preda alla sorpresa.
Ember le allungò una mano.
«La sfigata si chiama Amber. Amber Keller, piacere.»
La biondina rispose titubante al saluto non capendoci un accidente e io rimasi per un attimo interdetto, non comprendendo perché si fosse presentata con un altro nome. Prima ancora che riuscissi a formulare un misero ragionamento, afferrò il suo trolley dal colore improbabile, mi sorpassò con una spallata e entrò nell'ascensore.
Rimasi a fissarla spaesato mentre le porte si chiudevano tra di noi. Non aveva senso quello che era appena successo. Mi passai la mano sulla nuca e mi voltai verso Allen per verificare se anche lui fosse rimasto di stucco come me, ma invece mi stava guardando con lo stesso sguardo astioso di prima.
In quell'istante, un profumo sofisticato impregnò il corridoio e notai che una ragazza avvolta in una pelliccia era appena uscita dalla sua stessa camera di Marcus.
Ci guardò tutti leggermente sconcertata e infilò una mano sotto il braccio di Allen.
«Amorino, che succede qui?»
Marcus si irrigidì per un attimo, prima di iniziare a parlare, o più precisamente a inveire contro di me.
«Sei un vero coglione, Ian Colton Egawa. Un emerito coglione. Non hai capito ancora un cazzo, vero? Non hai ancora unito i puntini? Lei è la sorella di Chris Keller. Quando quella valanga ti ha sepolto sotto la neve, ha rivissuto l'esperienza più brutta della sua vita. Ancora più brutta di quella che le hanno fatto passare quei due depravati. Era solo una bambina quando è successo e aveva già perso i genitori. Dopo pochi anni si è trovata completamente sola al mondo. E stava risuccedendo, Cristo Santo. Tu le hai fatto rivivere quell'incubo.»
Soffiò con il naso, scuotendo la testa.
«Tu per lei eri tutto, razza di imbecille! Ed è proprio per questo che ti ha lasciato. Perché aveva paura di perdere di nuovo tutto, ma allo stesso tempo non voleva intralciare la tua carriera. E sei ancora più un coglione se pensi che io e lei siamo andati a letto assieme. Non ci siamo mai nemmeno baciati. Io ero l'unico suo legame rimasto con Skyville. L'unico amico rimasto che si poteva permettere perché sufficientemente lontano dalla tua cerchia. E ho fatto di tutto quest'anno perché non soccombesse nel dolore della tua mancanza. E ora...» disse, indicando me e la biondina. «Ora che lei era venuta qui per te, proprio perché voleva essere con te in un momento importante e spiegarti tutto, tu l'hai ferita in modo irreparabile. Era già ridotta a uno straccio, ma dopo il tuo comportamento non ho la più pallida idea di come farò ad aiutarla questa volta.»
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