51. Betrayal

ICE

"Il tradimento è l'arma di chi non ha alternative al dialogo."
(Agnese Monaco)

Guidai per più di un'ora tra le strade di Skyville per sbollire la rabbia. Mi sentivo davvero impotente, oltre che un povero coglione.
Mi ero illuso che tra noi fosse tornato tutto come prima, quando invece la nostra felicità era sempre stata così, appesa a un filo.
Ero stanco ed esausto da quella situazione. Avevo retto tutto quel periodo difficile pensando a un traguardo sereno e felice, che però, a quanto pareva, io ed Ember non eravamo riusciti a raggiungere.
Proprio quando avremmo dovuto voltare pagina e iniziare la nostra vita, lasciandoci alle spalle il passato, chiuso a doppia mandata in carcere, era saltata fuori una bella litigata completamente irrazionale. Una discussione accesa, volta solo a sfogare il non detto tra noi. Avevo sottovalutato il rancore che Ember poteva avere nei miei confronti, per averle indirettamente forzato la mano riguardo la denuncia verso Alan e Deamon.
E così mi ero ritrovato senza sapere più cosa dire e cosa fare.
Ero un fascio di nervi, e la tensione si stava accumulando lungo la mia schiena inchiodata al sedile della macchina. Così decisi di andare a casa di Ty. Lui sicuramente sarebbe riuscito a farmi canalizzare tutta quella energia negativa in qualcosa di più costruttivo.

Parcheggiai la macchina nella strada interna del residence e percorsi le scale del suo appartamento. Citofonai, sperando che non fosse ancora a letto. In tanti anni di allenamento insieme, non avevo mai visto Tyrone alzarsi tardi la mattina. Nemmeno dopo i party più sfrenati.
Al di là della porta udii una voce femminile energica, piena di vita e familiare. Davvero troppo familiare.
«Vado io, scimmione. Ho ordinato la colazione a domicilio dalla bakery. Il tuo frigo piang...»
La porta si spalancò e mi trovai di fronte il viso sconvolto di Kathleen Susan Egawa. Mia sorella.
La mia solita postura statuaria vacillò, come se, per la seconda volta in quella assurda mattinata, fossi stato colpito da una secchiata d'acqua gelida. Feci scorrere lo sguardo lungo tutto il suo corpo. Aveva le spalle nude e, dal petto in giù, era avvolta nella nuvola bianca di un piumone che teneva appuntato dietro la schiena con una mano.
«Ian...» bisbigliò con le labbra tremanti.
Ancor prima che la mia testa riuscisse a comprendere il perché mia sorella si trovasse a casa del mio allenatore completamente nuda, sentii la voce del mio amico avvicinarsi.
«Boo, tutto ok con la consegna?»
Il corpo di Ty, alto e scuro, si stagliò dietro quello minuto e dalla pelle diafana di Katy. Era a petto nudo e in vita aveva solo un asciugamano. Giusto nel caso la mia mente avesse ancora bisogno di qualche conferma riguardo al motivo della presenza di Katy in casa sua.
La mia mascella scattò, mentre, senza rendermene conto, le unghie delle mani si stavano già conficcando nei palmi.
Come se fossimo uno lo specchio dell'altro, Tyrone fece lo stesso. Piegò leggermente la testa in avanti, mantenendo gli occhi fissi su di me, e il suo sguardo si fece buio e sospettoso. Sembrava un animale feroce pronto a difendere e a contrattaccare.
Tornai con lo sguardo su mia sorella, la quale, tremando, cercò di coprirsi maggiormente con il piumone. Poi lo riportai nuovamente su Ty.
Fissai lui, ma mi rivolsi a lei.
«Da quanto, Katy?»
Non rispose, perciò avanzai con un movimento rapido e le urlai a pochi centimetri dalla faccia.
«Ti ho chiesto: da quanto va avanti?»

In uno scatto, Ty si frappose tra me e mia sorella. Un istante dopo cadde a terra sul pavimento del suo ingresso, con il naso sanguinante. Era palesemente incazzato, ma il suo sospiro rassegnato mi fece capire che non avrebbe reagito. Si toccò il naso, sporcandosi di sangue, mentre mia sorella si abbassò accanto a lui per soccorrerlo.
Avrei voluto riempirlo di pugni, davvero tanti pugni, ma rimasero entrambi giù a terra, e io, per quanto incazzato fossi, non potei colpirlo ancora. Decisi quindi di andare a sbollire la mia rabbia altrove.

Una volta a bordo della mia auto, iniziai a prendere a colpi il volante con tutta la forza che avevo. Mi sentivo ingannato e colpito proprio dove non me lo sarei mai aspettato. Nel giro di mezz'ora mi sembrava di essere stato tradito da ben tre delle persone più importanti della mia vita, e il mio autocontrollo stava andando a farsi benedire.
Per un attimo mi sentii senza più punti di riferimento. Certo, i miei c'erano sempre. Ma, per quanto fossi arrabbiato con mia sorella, non avrei mai spifferato ai nostri genitori che aveva una relazione con un uomo di quindici anni più grande di lei.
Improvvisamente ricollegai tutte le stranezze dei mesi precedenti. La dinamica strana dopo la bufera. Il comportamento di Ty durante le nostre trasferte. Il suo bisogno di isolarsi. L'infittirsi dei discorsi tra lui e la responsabile del marketing della Artic Edge. Tutto quello scenario voleva dire solo una cosa. Stavano insieme da diversi mesi e Ty stava preparando il terreno per lanciare mia sorella come nuova promessa dell'halfpipe.
Di fronte a quella consapevolezza, il picco di rabbia balzò ancora più in alto. Avevo bisogno di sfogarmi e, memore degli avvenimenti precedenti, sarebbe stato meglio stare lontano dalle piste.
Così entrai in un supermercato, presi una bottiglia di whisky qualsiasi e mi diressi verso il parcheggio della motoslitta. Una volta spento il motore, diedi una rapida occhiata al cellulare. C'erano tre chiamate di Ember, due di Ty, una di mia sorella e alcuni messaggi.

Ty: Mi spiace che tu lo sia venuto a sapere così. Ho aspettato a dirtelo perché volevo prima che le cose con tua sorella fossero stabili. E quando sono diventate serie, non era proprio il periodo più roseo per parlartene. Quando ti andrà di chiarirci, ci sono.

Fanculo! Aspettare che diventassero serie? Ma stava scherzando? Doveva parlarmene prima, cazzo!
Chiusi la chat con Ty senza rispondere e aprii quella di Ember.

Scoiattolina: Ian, ti prego, torna a casa. Mi spiace aver reagito così. Non ce l'ho con te per il processo. Non posso che essere contenta per come sono finite le cose. Sono solo un po' stanca. Non voglio litigare con te.

Certo! Non ce l'ha con me per il processo. Non ha voluto nemmeno festeggiare. Da quando il giudice aveva emesso il verdetto, si era comportata come se avesse perso la causa, invece di gioire per la vittoria netta.
Chiusi anche quella chat. Non avevo voglia di parlare con nessuno di loro in quel momento. Ero troppo arrabbiato e ferito. Avevo paura che avrei detto o fatto qualcosa di cui mi sarei pentito, soprattutto nei confronti di Ember. Non ero abituato ad agire in quello stato, quindi decisi di isolarmi per un po' in attesa di recuperare il controllo di me stesso.
Non richiamai, né risposi ai messaggi. Lasciai il telefono in modalità silenziosa e lo infilai di nuovo nella tasca della giacca. Una volta sceso dalla macchina, respirai a fondo l'aria fresca. Poi salii sulla motoslitta con il mio sacchetto di whisky e mi diressi verso la cupola.
Una volta all'interno, un senso di angoscia si impossessò delle mie budella. Avevo sbagliato tutto con Ember, fin dall'inizio. La mia smania di vederla felice e liberarla dai traumi del passato,  mi aveva portato sempre, in ogni occasione, a forzarle la mano. Avevo forzato la mano a letto, convinto che avesse bisogno di recuperare la sua vita sessuale per sentirsi bene. Le vetrate di quella cupola ne erano testimoni. Così come avevo forzato la mano, forse inconsciamente, portandola a denunciarli. Non avrei mai dovuto permetterle di andare a processo, ma ero comunque arrabbiato con lei perché aveva preso una decisione senza nemmeno dirmi nulla. Senza nemmeno chiedermi cosa, tra la mia carriera e la nostra relazione, avrei salvato. Mi aveva messo davanti al fatto compiuto e ora, nonostante quel messaggio puramente diplomatico, sapevo che c'era qualcosa che si era incrinato tra noi.
E Ty? Cazzo, sapevo che Ty aveva ragione. Ripensando agli ultimi mesi, non c'era stato un solo istante tranquillo per poter affrontare un argomento simile. Il nostro rapporto, per un motivo o per l'altro, era stato spesso teso e, se non era teso, io ero in mezzo a qualche bufera mediatica, qualche dramma di Ember o nel pieno di un processo. Questo però non mi faceva comunque passare la voglia di spaccargli la faccia. Si stava scopando mia sorella, a mia insaputa, da mesi, oltretutto!
Così decisi di staccare la spina per qualche ora, almeno fino a quando non avrei ripreso il controllo di me stesso e avrei risolto quel macello. Volevo spegnere quel fuoco di rabbia che mi divampava nel petto con il whisky, proprio come mi aveva insegnato Tyrone. E così la mia ira si affievolì piano piano, una sorsata dopo l'altra, finché anche i miei occhi si spensero e svenni in un sonno profondo.

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