45. Laax Open
ICE
"Il dolore può badare a se stesso, ma per capire il pieno valore della gioia bisogna avere qualcuno accanto con cui condividerla."
(Mark Twain)
L'aria sferzava inclemente sul mio volto, la sera della finale. Fino all'ultimo c'era stata la possibilità di un rinvio, per condizioni meteo avverse. La visibilità era scarsa e il vento gelido mi rendeva difficile concentrarmi, ma il pensiero che Ember sarebbe stata in fondo a quei duecento metri di Superpipe mi aiutava a rimanere focalizzato sui miei obiettivi: eseguire impeccabilmente tutti i trick che avevo preparato, baciare Ember e festeggiare l'oro con lei al mio fianco.
I Laax Open erano il mondiale più prestigioso in Europa. Ogni anno, i migliori trecento rider al mondo si riunivano a Crap Sagn Gion, la mecca degli half pipe. Partecipavo a quella gara ad ogni stagione, ma stavolta tutto sembrava diverso. Sia per Ember, sia per quello che avevo in mente di fare. L'adrenalina sfrigolava in tutto il mio corpo e, per la prima volta dopo tanto tempo, sentivo l'eccitazione attanagliarmi le budella.
Tirai tre pugni sul guanto della mano sinistra, Ty mi diede la solita pacca sulla spalla e mi avvicinai al totem che segnava la partenza.
"Ice, Ice, Baby" iniziò a pompare dalle casse lungo tutta la pista. Abbassai il volto per nascondere una risata nel colletto della giacca. Dovevo ringraziare Ember se, invece di chiamare semplicemente il mio nome all'inizio della gara, il DJ di turno metteva la celebre canzone di Vanilla Ice. L'aveva usata talmente tante volte per i reel sui social media che avevo perso il conto.
Diceva che era perfetta per rendermi più umano, divertente e per togliermi di dosso l'immagine di freddo robot dedito all'autocontrollo.
La cosa, in effetti, aveva funzionato. I follower erano aumentati, così come le sponsorizzazioni e le richieste di post e storie a pagamento. I numeri nel report che Ember mi aveva consegnato erano infatti impressionanti.
Tuttavia, non aveva ancora voluto firmare, sostenendo che non appena la stampa avesse unito i puntini tra la nostra relazione e l'assenza di Alan Ross dalle gare, la cosa sarebbe potuta diventare un'arma a doppio taglio e rovinare la mia immagine.
L'ufficio stampa che gestiva la comunicazione di Alan aveva dichiarato che la sua assenza era ancora dovuta alla mancata risoluzione del precedente infortunio, ma sapevo che era solo questione di tempo, prima che qualcuno iniziasse a scavare sulla questione.
Speravo solo che ciò avvenisse a processo concluso e con una bella condanna che spiegasse al mondo intero chi fossero davvero Alan Ross e il suo allenatore.
Non appena sentii il mio nome uscire dagli altoparlanti in modo più ufficiale, scrollai le spalle per scacciare via quei brutti pensieri che avevano invaso la mia mente proprio nel peggior momento possibile. Non avevo più tempo per concentrarmi di nuovo. Derapai leggermente, fermandomi abbastanza in alto per poter guadagnare la velocità necessaria. Mi presi ancora qualche istante per visualizzare Ember all'arrivo e i cinque trick che dovevo eseguire.
Il brusio di sconcerto del pubblico posto ai bordi dell'half pipe mi fece capire che la mia partenza ritardata stava risultando alquanto insolita, così mi tirai leggermente su i pantaloni da sopra le ginocchia e feci scivolare la tavola verso il coping.
La gente si zittì all'istante, a parte qualche "Uh, Uh!" denso di eccitazione. I bassi del pezzo che il DJ aveva messo dopo Vanilla Ice mi vibrarono fino alle budella, mentre il fruscio ruvido e duro della tavola sulla neve ghiacciata mi fece rizzare i peli delle braccia.
Con un piccolo salto portai la tavola in verticale facendola scivolare sulla prima parete.
L'attrito dell'aria gelida sul naso e sulle guance diventò ancora più pungente, ma mi servì per comprendere se la velocità che avevo guadagnando fosse sufficiente per eseguire quello che avevo in mente.
Tutti i miei compagni di gara avevano eseguito dei trick per cercare di battere i record in altezza. Io, invece, avevo puntato sulla complessità delle evoluzioni per quel mondiale.
Quando risalii a tutta velocità la parete di destra, ebbi la conferma di avere tutto ciò che mi serviva per battere il record che mi ero prefissato.
Come al solito, mentre ero in aria, percepii tutto a rallentatore. Pochi millesimi di secondo dopo che la mia tavola lasciò il bordo, calò un brevissimo istante di silenzio, seguito da un iniziale flebile "ooh" quando raggiunsi un'altezza di oltre cinque metri. Trattenni il respiro e portai il mio corpo ad agire oltre ogni velocità. Un boato assordante e pieno di sgomento scoppiò quando volteggiai su me stesso per tre volte. Una scarica di adrenalina si impossessò di ogni mia cellula alla consapevolezza del record che avevo appena infranto.
Atterrai con una potenza talmente devastante che in un attimo ero già sulla parete successiva ad eseguire un back-to-back 1440 in onore di Shaun White, e poi ancora un Frontside double cork 1620.
La gente che fiancheggiava l'half pipe era impazzita. Le urla erano assordanti e per un istante temetti di deconcentrarmi. Atterrai nuovamente con un'eleganza e una perfezione che non avevo mai raggiunto nemmeno durante la tranquillità degli allenamenti, così conclusi con scioltezza con un backside double 1299 e un Frontside 900.
Quando giunsi all'arrivo, la gente stava saltando e urlando in preda all'euforia per quanto avevano appena assistito. Mi sganciai velocemente un attacco e mi avvicinai alla transenna. Con tutta quella confusione non riuscivo a individuare Ember, poi qualche fan, probabilmente ben informato della nostra relazione, le fece largo in modo che potesse raggiungere la prima fila.
Mi gettai con mezzo busto oltre la recinzione, e la baciai premendo il mio volto contro il suo, mentre tutta la gente intorno a noi mi tirava pacche sulle spalle o mi scuoteva la testa.
In quel momento mi accorsi che anche i commentatori ufficiali erano in visibilio e stavano urlando il mio punteggio.
Mi voltai verso il tabellone illuminato da tanti puntini che formavano un 98,5. Quel numero era la conferma che l'oro fosse mio. Sapevo che quel risultato complessivo sarebbe stato impossibile da raggiungere, considerando i punteggi precedenti dei miei compagni.
Assaporai quella vittoria con ogni fibra del mio corpo. Una vittoria così diversa dalle altre.
Aver eseguito il triple cork in quella gara era già un risultato impensabile. Aver eseguito il triple cork e, allo stesso tempo, aver vinto l'oro era qualcosa di straordinario. Ma aver eseguito il triple cork, vinto i Laax Open e allo stesso tempo avere la possibilità di festeggiare tutto con la mia scoiattolina mi stava facendo toccare il cielo con un dito. Ero l'uomo più fortunato e felice sulla terra.
Mi voltai nuovamente verso Ember, la ribaciai e portai le labbra vicino al suo orecchio.
«Ti amo, piccola.»
«Ti amo anche io, campione!» replicò, prima di stringermi ancora più forte per un breve istante. Poi, con le lacrime di gioia che le rigavano il volto, si allontanò, conscia del fatto che dovevo andare per le foto di rito.
Mi fece un cenno che sembrava una promessa di riprendere il nostro bacio lontano dalle telecamere. Sparì tra la folla e io mi apprestai a sganciare completamente la tavola, scrollarla dalla neve e raggiungere lo stand con gli sponsor sullo sfondo e le due hostess.
Feci il mio dovere, mettendo in mostra la tavola, sorrisi a favore delle telecamere e cercai di non esultare per mantenere un atteggiamento rispettoso nei confronti di chi doveva ancora scendere.
Quando però mi rifugiai dietro le quinte e Ember mi corse incontro, il mio autocontrollo andò a farsi benedire. Gettai la tavola a terra, la sollevai per la vita e la issai sopra di me. Lei si avvinghiò stringendo le gambe intorno alla mia vita e finalmente potei baciarla come volevo.
Si staccò da me quel tanto che bastava per guardarmi negli occhi.
«Ian, sei stato eccezionale in un modo assurdo! Dovevi sentirli! Erano tutti in visibilio!»
«Tutto grazie a te, piccola.» Dissi, stringendola ancora più forte e baciandola ancora più intensamente.
«Ehi, così mi soffochi!» si lamentò lei. Con riluttanza la rimisi a terra per lasciarla respirare. Sapevo che non appena avessi allentato la presa dalla mia ragazza, sarei stato risucchiato da quel turbine di persone che volevano condividere con me un briciolo di quel momento.
La successiva ora fu infatti all'insegna della confusione e della frenesia: saluti, pacche sulle spalle, complimenti, celebrazioni, domande dei giornalisti, promesse di alcuni manager degli sponsor, autografi, selfie e tante altre situazioni che mi fecero sentire come se fossi dentro una centrifuga.
Solo quando salii sul palco lasciai di nuovo spazio alle mie sensazioni. Con stupore mi resi conto che non mi sentivo così emozionato dalla prima volta che ero salito sul podio di un mondiale, quando ero solo un ragazzino.
In quel momento ebbi la certezza che il mio burnout fosse completamente risolto, e dovevo tutto a Ember.
Nel pieno della cerimonia cercai il suo sguardo, e i nostri occhi si comunicarono ancora una volta il nostro amore. Mentre acclamavano il terzo posto del mio compagno di gara australiano, i miei occhi si spostarono per un momento su Tyrone. Il suo orgoglio era evidente. Non per il primo posto, già vinto in passato, ma perché Ty era fiero del fatto che fossi riuscito a ritrovare la motivazione, a migliorarmi e, soprattutto, a godermi appieno quel momento.
Mentre premiavano il secondo posto, lo ringraziai tacitamente con un cenno per aver tenuto duro con me, per avermi spronato e guidato, sia come allenatore, che come amico.
Arrivò quindi il mio momento: salii sul podio e mi godetti tutte le urla e l'euforia che esplosero quando il conduttore pronunciò il mio nome e mi infilò la medaglia al collo.
Mi congratulai con i miei compagni di podio e, dopo le classiche foto con la medaglia tra i denti, ci passarono le bottiglie di spumante per la consueta "champagne shower".
Completamente innaffiato dagli altri vincitori, scesi esausto dal palco. Ember mi aspettava ai piedi degli scalini e, irremediabilmente, le rubai un altro bacio.
Anche Ty mi abbracciò di nuovo. E così fece Kev, rimasto in disparte fino a quel momento in quanto concentrato sulle riprese.
«Quanto puzzi di spumante, fratello!» Esclamò Ty.
«Vuoi un bacio anche tu?» mi avvicinai alla sua bocca in tono di scherno, ancora tutto gocciolante.
«No, ma vorrei andare giù a festeggiare il fatto che il mio amico è finalmente tornato a tutti gli effetti.»
«Beh, possiamo andare anche subito!» annunciò Ember.
«Piccola, ma abbiamo ancora la conferenza stampa.»
«E invece no! Hai finito con i convenevoli per oggi, campione. Hanno spostato la conferenza stampa a domani pomeriggio a causa dello slittamento del programma per le condizioni meteo.»
«Davvero?»
Ember mi rispose con un cenno, tutta felice. Ci trattenemmo ancora per un po' di minuti per qualche pubblica relazione, prima di sfrecciare con le nostre tavole verso valle, diretti al party del Rock Resort.
Ero ancora fradicio di spumante e i miei capelli si congelarono durante la discesa, ma non appena arrivato nell'arena, il calore emanato dalla massa di gente mi scongelò e asciugò in pochi minuti.
Kev e Ty arrivarono con due bocce di champagne che ci passammo bevendo direttamente dal collo della bottiglia, ballando e saltellando in mezzo alla folla.
Considerando quanto non fossi abituato all'alcol, dopo poco l'adrenalina della vittoria si trasformò in un euforico torpore con un sottofondo di eccitazione sessuale.
Mentre ballavamo, le mie labbra e le mie mani cercavano sempre di più il corpo di Ember.
La baciai e mi strusciai su di lei a ritmo di musica, come se tutta la gente intorno a noi non esistesse.
Quando il DJ mise nuovamente "Ice, Ice, Baby", la folla cantò la canzone a squarciagola indicandomi. Sorrisi, guardando le labbra di Ember, e poi feci qualcosa di completamente inaspettato. In preda all'euforia, alzai un braccio verso il cielo e iniziai a cantare e rappare anche io, sotto gli occhi divertiti e felici della mia scoiattolina.
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