38. Here

ICE

"Il vero significato del coraggio è avere paura – e poi, con le ginocchia che tremano e il cuore che batte, fare comunque il salto."
(Oprah Winfrey)

Lasciai cadere il bilanciere in un tonfo stridente sul pavimento ammortizzato della palestra della federazione.
Tyrone alzò lo sguardo dal cellulare e io lo fulminai.
«Si può sapere con chi cazzo sei al telefono? È più di venti minuti che scrivi e non mi dai retta, cazzo! Fino a prova contraria, espulsione o no, saresti ancora il mio allenatore, ricordi?»
Ty ruotò gli occhi al cielo e sospirò.
«Forse ti preferivo quando eri freddo e impassibile. Comunque, per la cronaca, sto cercando di capire se la tua carriera è già finita, se finirà tra qualche ora o se c'è un barlume di speranza che continui in qualche modo senza che tu debba chiedere di essere naturalizzato in Giappone per avere una chance di vedere ancora sulla pettorina quei fottuti cinque cerchi colorati.»
«E sentiamo? Con chi staresti cercando di capirlo scrivendo in una chat?»
«Con Kathleen.»
«Che cazzo c'entra mia sorella?»
«Senti Ice, credo che tu debba richiamare Ember.»
«Ember?» sbottai ad alta voce in una risata amara che riecheggiò per tutta la palestra, attirando l'attenzione di alcuni atleti di big air. «Ember non mi risponde da questa mattina, cazzo! Come minimo sarà già scappata a New York!»
Ty sospirò rassegnato. «Erano qui.» ammise.
«Chi era qui?» ringhiai con rabbia, completamente esasperato dalle ultime ventiquattro ore.
A partire dalla mia totale perdita di controllo, quando Alan Ross mi chiese con un ghigno provocatorio, tra i corridoi degli alloggi: «Piace anche a te quando piange mentre glielo sbatti in gola, vero?»
Passando per i lunghissimi istanti in cui il sangue di quel porco schifoso, che fuoriusciva a fiotti dal naso spappolato, stava impregnando la moquette del corridoio.
Fino a quando fui chiamato nell'ufficio del direttore della Snowboard United State Association, per sentirmi dire che avrebbe parlato con il consiglio per farmi espellere dalla squadra nazionale e quindi squalificarmi dalle prossime olimpiadi.
Per concludere con il fatto che Ember non aveva risposto alle decine di chiamate e messaggi che le avevo inviato in tarda mattinata in preda ai rimorsi.
Ma il punto di non ritorno del mio esaurimento nervoso lo raggiunsi quando Ty non rispose alla mia domanda.
Gettai a terra i guanti da palestra, afferrai il mio amico per la felpa e lo alzai da terra nonostante fosse anche più grosso del sottoscritto.
«Cristo, Ty! Ti rifaccio la domanda. Chi. Cazzo. Era. Qui?» urlai di nuovo fuori controllo, talmente tanto forte che quando vidi avvicinarsi a noi la segretaria del direttore della federazione, non ebbi nemmeno la decenza di mollare la presa del suo colletto.
La mia posizione dopo aver pestato a sangue Alan Ross era già stata compromessa e in quel modo la stavo solo peggiorando.
«Il presidente vi vuole nel suo ufficio. Subito.»
Rimasi interdetto per qualche istante, poi scoccai un'occhiata ancora furiosa a Ty, per fargli capire che non era finita lì.
Charles Donovan, il presidente dell'associazione,
ci accolse nel suo ufficio con un cenno, mentre era ancora impegnato in una conversazione telefonica.
«Certo, Comandante. Ci aggiorniamo per quanto riguarda l'arresto. Rimango in attesa di sue nuove.»
Cazzo! Arresto? Alan mi aveva davvero denunciato? A quanto pareva non solo la mia partecipazione alle olimpiadi era sfumata, ma l'intera mia carriera era giunta al termine.
«Certo... Sì. È qui davanti a me.» disse fissandomi intensamente. «Ora gli spiegherò tutto.»
Deglutii e cercai gli occhi di Ty, il quale mi stava riservando uno sguardo intenso, ma stranamente rilassato.
Che cazzo stava succedendo?
Rimasi a fissarlo inebetito e trasalii quando Donovan sbatté il ricevitore nella base del telefono.
«Eccoci. Allora Egawa, direi che ci sono parecchie novità. Non so nemmeno definire se belle o brutte...» disse con una voce cupa.
«Intanto voglio complimentarmi con lei, la sua fidanzata è una donna di rara bellezza, intelligente e decisamente coraggiosa. Senza contare che ha un'aria decisamente familiare anche se non riesco ancora a capire dove l'ho vista...»
«La mia fidanzata?» chiesi completamente disorientato. Il presidente guardò Ty con aria confusa e poi me.
«La signorina Sullivan non è la sua ragazza?»
«Sì, ma...»
«Non è a conoscenza del fatto che questo pomeriggio ha fatto irruzione assieme al suo avvocato nella sala riunioni nel pieno del consiglio e ha richiesto di parlarmi in modo, diciamo, piuttosto "energico"?
La caduta della mia mascella fu una risposta esaustiva alla domanda di Donovan, il quale sospirò e si gettò indietro sulla poltrona, arrotolandosi le maniche della camicia.
«Ok... allora facciamo un passo indietro! La signorina Sullivan è venuta qui, accompagnata da sua sorella, per spiegarmi come mai l'eccellenza della nostra nazionale, noto per la sua freddezza e compostezza, abbia assalito un compagno di squadra mandandolo in ospedale... E detto tra noi, Egawa, alla luce di quello che mi ha detto la sua dolce metà, fossi stato in lei, lo avrei mandato direttamente al cimitero.»
Avevo smesso di respirare e la mia bocca era ancora spalancata nella più completa incredulità. Quando mi voltai verso Ty, lui mi fece un semplice cenno con il capo, come a rassicurarmi che quello che avevo appena sentito fosse reale.
«Il commissario mi ha aggiornato inoltre sul fatto che hanno ottenuto un mandato di arresto per Ross e Smith. Considerando le prove schiaccianti fornite dalla Signorina Sullivan, dubito che torneranno in circolazione molto presto. Questo però ci porta ad un altro problema.»
Una risata amara comparve sul volto di Donovan.
«E pensare che per un attimo me l'ero bevuta che non ti avesse denunciato per spirito di squadra.... che gran bastardo! Ora però, considerando che non ha più niente da perdere, dobbiamo prevedere la possibilità che Ross ti denunci per aggressione e in quel caso non saprei come tutelarti. Sai bene quanto sia ferrea la nostra posizione riguardo la violenza di ogni genere. Per quanto tu abbia la mia comprensione ora, ho le mani legate purtroppo. Ho provveduto a cancellare i filmati della sicurezza e dichiarerò che la telecamera era guasta. Ma non potrò fare altro. Se si scatenerà una guerra mediatica, la federazione dovrà mantenere una posizione imparziale, almeno fino alla fine del processo e relativa condanna di quei due animali schifosi.»
Il mio sguardo doveva essere ancora perso perché il presidente mi richiamò subito.
«Egawa, ha capito cosa le ho detto?»
Mi passai le mani sul volto strofinandomi gli occhi, come se fossi rimasto addormentato per tutto il tempo.
«Sì, certo, Presidente. Mi scusi, sono rimasto solo sorpreso. La ringrazio davvero tantissimo per tutto il suo aiuto. Lo apprezzo molto.»
Non riuscii a dire nulla di più. La mia mente riusciva a pensare solo al fatto che Ember fosse stata seduta qui sulla mia stessa sedia, poche ore prima, per fare tutto ciò che aveva sempre evitato, ovvero esporsi e rivivere quell'incubo.
I sensi di colpa iniziarono a schiacciarmi il torace come un rullo compressore. Faticavo a respirare, le mani presero a tremare e lo scivolare di una goccia di sudore sulla mia tempia sancì il mio crollo di nervi.  Donovan mi guardava con il volto inclinato e la fronte aggrottata.
«Egawa, vada dalla sua ragazza ora. Quando vorrà parlare meglio di questa faccenda mi troverà qui.»
Scattai in piedi dalla sedia e mi asciugai il sudore delle mani sui pantaloncini felpati della nazionale.
«Grazie, Signore. Grazie di tutto.»
Gli strinsi la mano e mi fiondai fuori dal suo ufficio, con in mano il telefono e una chiamata già avviata verso il numero di Ember. Camminai nervosamente senza una direzione precisa, mentre gli squilli a vuoto mi martellavano la testa. Sentivo Ty seguirmi pochi passi dietro di me. Al decimo squillo, mi arrestai di colpo e mi voltai, soffiando con il naso a pochi centimetri dalla sua faccia.
«Ty, dimmi dove sono!»
«Stanno già tornando a Skyville.» Disse con un tono neutro, mentre però i suoi occhi mi trasmettevano comprensione e dispiacere.
«Come...? Perché a casa? Perché non si è fermata? Tyrone si strinse nelle spalle. «Non lo so amico, so solo che ti ha davvero salvato il culo...» In quel momento il cellulare si illuminò nelle mie mani e una notifica mi tranquillizzò sul momento vedendo il nome di Ember.
Scoiattolina: Ian, perdonami. Non ce la faccio a parlare ora. Ho bisogno di metabolizzare.
Ice: Piccola, maledizione, non dovevi farlo!
Scoiattolina: Invece sì, avrei dovuto farlo molto tempo fa.
Ice: No, non era quello che volevi. Non avresti dovuto farlo solo perché ho perso la testa.
Ice: Mi dispiace così tanto Ember...
Ice: Dove sei ora?
Scoiattolina: Siamo a un'ora e mezza da Skyville
Ice: Il tempo di farmi una doccia e parto anche io. Ci vediamo a casa così vendiamo assieme come affrontare tutto.
Scoiattolina: No, Ice. Rimani a Park City. Te lo chiedo come favore. Ho bisogno di rimanere sola per un po'. Tu rimani lì e pensa ad allenarti. Ci sentiamo domani, ok?
Rimasi a fissare lo schermo. La mia carriera probabilmente era salva, ma qualcosa mi diceva che ero molto vicino a perdere Ember.

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