27. Ice Soul


EMBER

"Dietro la maschera di ghiaccio che usano gli uomini c'è un cuore di fuoco."
(Paulo Coelho)



Mi aggrappai alle sue spalle e affondai il volto tra i suoi pettorali, dove si univano i due lembi della sua felpa. Inspirai a lungo il profumo della sua pelle con l'intento di calmarmi. Avevo ormai accettato che quell'aroma avesse su di me un effetto totalmente sedativo e rilassante.
Ian, in risposta, mi strinse ancora di più e io mi lasciai andare. Per l'ennesima volta, piagnucolai tra le sue braccia. Avevo perso il conto di quante volte era già successo in quella settimana. Tuttavia, il mio autocontrollo era andato a farsi benedire. L'impatto devastante di quel dannato albero a pochi passi da me mi aveva gettato in uno stato di shock. Era stato scaraventato da una raffica di vento contro il balcone che univa la villa di Tak e Mari a quella di Ice. Aveva distrutto la ringhiera e sollevato le pietre della pavimentazione della terrazza. Se solo Ian non mi avesse trattenuto per un braccio, avrei fatto la fine di quelle lastre, che ora giacevano sparpagliate qui e là, disintegrate in tanti piccoli pezzi.
Dovevo prenderlo come un segno del destino? Il mio posto era lì? In quella casa? Fra le sue braccia? Nel suo letto?
E se non fossi più riuscita a lasciarmi andare con lui? O se lui non fosse riuscito a venire a letto con me dopo essere venuto a conoscenza di ogni sordido dettaglio di quello che avevo subito?
In realtà, tutte le volte che c'eravamo andati vicino, Ice era sembrato a suo agio con il mio corpo e sempre molto eccitato. Tuttavia, non potevo esserne certa. Dopotutto, non mi era mai sembrato così precipitoso e impaziente di avere un rapporto completo con la sottoscritta. A parte la prima notte nella dependance, si era mosso sempre molto in modo cauto.
Ma fatti alla mano, Ian era stata l'unica persona che avesse risvegliato in me determinati istinti. Se non ci fossi riuscita con lui, ero sicura non sarebbe mai più successo.
Ero davvero arrabbiata e mi sentivo in parte tradita per quello che aveva fatto, ma da un lato avevo compreso le sue motivazioni e sapevo che mi stavo aggrappando a quello che aveva fatto per avere un pretesto perfetto per scappare.
Ma io ero così stanca di scappare. Stanca di cavarmela da sola. Stanca di fingere che andasse tutto bene. Poco prima avevo fatto le valigie con una determinazione dirompente che mi aveva sfinito e adesso non avevo più forze di reagire. Volevo solo rimanere tra le sue braccia, avvolta dal suo profumo, al sicuro. Volevo smettere di pensare. Volevo farlo solo con lui. Ian era capace di portarmi così in contatto con il mio corpo e allo stesso tempo così lontano da ogni raziocinio.

Rimasi lì ferma nel mio posto preferito e i miei singhiozzi si fecero via via sempre più radi, mentre i nostri respiri divennero sempre più ansanti.
In quel momento un ramo volò contro la porta d'ingresso, spinto da un'altra raffica. D'istinto, Ian mi prese nuovamente per le spalle e mi trascinò nel corridoio, appiattendomi contro il muro, come a farmi da scudo con il suo corpo.
Alzai lo sguardo verso il suo e notai che i suoi occhi erano diventati torbidi e profondi, mentre tra i nostri corpi si era liberata una scarica elettrica che non aveva più niente a che fare con l'adrenalina dovuta al mancato incidente.
«Credo sia meglio stare lontani dalle vetrate per un po'.» disse con una voce troppo roca e bassa per parlarmi di semplice incolumità.
Fu allora che ci perdemmo uno negli occhi dell'altra, finché le nostre bocche collisero rovinosamente. Non so se fosse per il semplice fatto di aver schivato per un pelo la morte, ma quel bacio fu dettato dalla pura disperazione. La disperazione di aver rischiato di perdersi, sia per l' impatto, sia per la discussione precedente.
Le nostre lingue si mossero vorticosamente, così come le mani, tutto senza molta delicatezza. Stavano andando alla stessa velocità del vento. Veloci, impetuosi e forse anche pericolosi.
Ian iniziò a sfilarmi il cappello e la sciarpa, mentre io cercai di togliergli la felpa. I nostri movimenti erano confusi e scoordinati mentre mi spingeva piano attraverso il corridoio.
«Nella stanza degli ospiti.» Mi sussurrò sul collo. «La vetrata lì è più piccola. Sarà più sicuro.»
«Non è più la mia stanza?»
Una risata roca mi solleticò il collo provocandomi delle vibrazioni ancora più intense al mio basso ventre.
«Non lo è mai stata, Ember. Il tuo posto è di là con me.» Disse di nuovo serio con un tono che diramò il fuoco in ogni singola cellula del mio corpo.
Gli tolsi anche la t-shirt, lasciai cadere a terra la mia giacca e mi avvinghiai a lui per riprendere il bacio interrotto.
Da fuori provenivano continui colpi e rumori inquietanti di oggetti che sbattevano, ma Ian non gli diede importanza. Ero sicura che anche se si fosse rotta l'immensa vetrata del salotto, in quel momento non si sarebbe comunque staccato dalle mie labbra.
Tuttavia avevo bisogno di sentire la sua pelle contro la mia, e così fui io a interrompere nuovamente il bacio per togliermi il maglione e la t-shirt. Ian ne approfittò per sbottonarmi i jeans.
Fu così, rimanemmo entrambi mezzi svestiti.
Rallentammo solo in quell'istante. Ian mi squadrò e deglutì vistosamente. Il suo tocco divenne delicato e sensuale rispetto a quello dirompente di poco prima. Seguiva il bordo in pizzo del mio intimo con il respiro sempre più in affanno. Fece scivolare le dita lungo le spalline e sganciò il reggiseno prendendosi tutto il tempo per ammirarmi.
Quando fece per scendere sul mio seno, mi invase un moto di paura che le cose potessero andare come le volte precedenti e io non potevo più permettermelo. Avevo un disperato bisogno di sapere se ero in grado di andare a letto con lui e avevo bisogno di saperlo subito.
«Ice...» Mugolai non molto convinta di interrompere quello che la sua lingua stava facendo ai miei capezzoli. «Niente preliminari e niente sex talking.» gli intimai ansante.
Lui si bloccò ed emise un profondo respiro. «Ok piccola, devo andare di là a prendere un preservativo, però...»
Annuii, un po' preoccupata di come avrei reagito a quel distacco e a cosa avrebbe prodotto la mia mente durante quei pochi secondi in cui non sarei più stata a contatto con la sua pelle, con le sue mani e con la sua bocca. Come ad intuire i miei pensieri, Ian riprese a baciarmi con la stessa veemenza di poco prima. Mi fece girare vorticosamente la testa per poi staccarsi e arretrare verso la porta senza staccarmi gli occhi di dosso. Solo allora mi accorsi che aveva i pantaloni della tuta leggermente calati e che dai suoi boxer fuoriusciva, lucente e fiera, la punta della sua eccitazione. Sparì nella stanza accanto con una movenza veloce mentre le mie viscere si stavano contorcendo ancora per quella visione.
Avrei fatto davvero sesso con Ice? Quella cosa immensa che sbucava dall'elastico sarebbe stata davvero dentro di me? Iniziai a rivalutare il fatto di limitarci a del semplice petting.
Tuttavia quando Ian tornò con una striscia di profilattici in mano e mi trovò con un'espressione perplessa, si affrettò a prendermi il volto.
«Ehi... ehi, piccola, rimani qui con me.» disse riprendendo a baciarmi in modo famelico. Mi avvinghiai alle sue spalle con un braccio, mentre con l'altro lo attirai a me, avvolgendo il suo torace atletico e pregustandomi la sensazione di quei muscoli che si sarebbero dimenati sopra la sottoscritta. In un moto di audacia ritrovata, feci passare gli indici all'interno dell'elastico dei boxer e glieli allargai, facendoli scivolare a terra assieme ai pantaloni.
Un fitta di impazienza ed eccitazione mi pervase alla vista della sua abbondanza.
Ian si apprestò a infilarsi subito il preservativo, mentre io osservavo le sue movenze e mi leccavo le labbra impaziente. Non appena si accorse di quel gesto, un'altra fiamma gli accese quegli occhi già infuocati dalla lussuria ed emise un suono gutturale di apprezzamento.
Con una movenza delicata, ma possente, mi attirò per la vita e mi fece volteggiare invertendo le nostre posizioni. Si sedette sul bordo del letto e mi invitò a salirgli sopra a cavalcioni tenendomi una mano.
Una volta sistemata su di lui, Ian inspirò rumorosamente in mezzo ai miei seni e sollevò il volto. Mi sorrise dal basso e dischiuse le sue labbra come in una supplica. Gliele leccai morbidamente e lui si passò la lingua come ad appropriarsi del mio sapore. Poi il suo sguardo si fece più serio e, con le mani sul mio bacino, mi indirizzò i fianchi sulla sua asta, fermandosi non appena ne ricoprii la punta con i miei umori. A quel punto, lasciò la presa come a concedermi il pieno controllo della situazione, mentre la sua mano buona prese a massaggiarmi le natiche e le cosce, passando per l'interno e sfiorando con il pollice il mio clitoride. Fu con quel gesto che mi scatenò un moto di audacia. Iniziai così la discesa con i suoi occhi impazienti puntati nei miei.
Avanzai piano, lasciando che le mie pareti si abituassero alle sue dimensioni così impegnative, nonostante la mia eccitazione ricoprisse la sua asta e la rendesse scivolosa.
Mugolai ad ogni centimetro, in preda a delle scariche elettriche che si irradiavano dalla nostra unione attraverso tutto il corpo. Il petto di Ian si alzava e abbassava sempre più velocemente finché non si fermò completamente una volta che feci sparire tutta la sua lunghezza dentro di me.
«Ice... tu... sei... sei dentro di me.»
«Sì, piccola. Sono dentro di te.» mormorò sulle mie labbra.
Appoggiai la fronte sulla sua al suono della sua voce rotta dal piacere e feci un respiro profondo spingendolo ancora più in profondità. Non avevo però ancora il coraggio di muovermi. Era tutto così intenso e per un attimo ebbi la consapevolezza che, se avessimo iniziato a dimenarci, niente sarebbe stato più come prima.
Ian prese coraggio al mio posto. Mi posizionò un palmo alla base della schiena mentre mi avvolse con il tutore la parte superiore.
I suoi occhi scrutavano in profondità i miei, andando a pescare quel pizzico di timore che mi aveva pervaso.
«Ice... sta succedendo davvero?»
«Sì, piccola...» mi confermò con una voce tremante che tradiva tutta la sua emozione, per poi protrarsi verso l'alto e raggiungere la mia bocca. Furono le sue labbra a comunicare alle mie quanto quel momento fosse intenso anche per lui.
Quel gesto però provocò una contrattura dei suoi addominali e una conseguente vibrazione dentro di me. Fu quell'impercettibile movimento che fece da sirena di inizio alla nostra prima run.
Mi aggrappai a una sua spalla, appiattii il palmo della mano sui suoi pettorali e iniziai a ondeggiare piano il bacino. Ian mi stava riempiendo talmente tanto che anche il movimento più lieve provocava delle scariche di piacere che resero la pelle di tutto il mio corpo ipersensibile.
Anche i miei capelli, che ondeggiavano sulla mia schiena in preda a lente oscillazioni, contribuivano ad accarezzarmi e darmi alla testa. Piano piano iniziai ad aumentare l'intensità e la velocità dei movimenti e Ian prese ad accompagnarmi riuscendo a spingere la sua ampiezza nei punti giusti. Ripresi a baciarlo e mi resi conto che il suo respiro era quasi tremante. Sentirlo sempre più duro e più grosso dentro di me mi tranquillizzò perché quello che stavamo facendo stava piacendo davvero tanto anche a lui.
Dopo tanto tempo, o forse addirittura per la prima volta, mi sentii completa, rinata e stranamente al sicuro, nonostante fuori da quelle mura imperversasse ancora una inquietante tormenta di neve. Non ci fu niente che mi riportò ai brutti ricordi perché tutto sapeva di Ian Colton Egawa. Il suo profumo, la sua pelle liscia olivastra, il modo in cui gemeva, il modo in cui mi toccava, il modo in cui riempiva con prepotenza e allo stesso tempo con estrema delicatezza il mio ventre.
Era diverso anche da qualsiasi altra esperienza positiva che avessi mai vissuto in passato. Era Ice, sciolto da una passione che non si sarebbe fermata davanti a niente. Così come non si stava fermando davanti ai miei gemiti sempre più ravvicinati.
«Ice... credo di esserci... Sto... Io sto... venendo...»
Quella semplice frase gli diede alla testa e iniziò a spingersi dentro di me con ancora più foga, costringendo ad accelerare l'ascesa del mio orgasmo. Urlai il mio piacere sulla sua bocca mentre lui scandagliava il mio viso beandosi di quello che mi stava provocando.
Non appena le scosse di piacere rallentarono, persi completamente le forze. Sentendomi inconsistente tra le sue braccia, Ian mi fece ruotare su una gamba e mi fece adagiare con la schiena sul letto. Nella manovra si sfilò da me e io protestai subito. Il timore che il più piccolo distacco tra noi rompesse la magia del momento tornò improvvisamente.
«Ember, lasciami qualche secondo o verrò come un ragazzino alle prime armi. Tu non hai idea di quello che mi stai facendo...»
«E se volessi proprio sentirti venire?»
Gli chiesi senza filtri, in totale trasparenza. Era davvero quello di cui avevo più bisogno. Sapere che potevamo avere un rapporto completo. Sapere che quello che mi era successo non influenzasse né me, né lui mentre eravamo a letto assieme.
«Cristo, Ember... non puoi dirmi così.» mi disse di getto, mentre il suo volto si contorse in una espressione di sforzo e la sua fronte si appoggiò nuovamente alla mia.
Mi sollevai leggermente con i gomiti e lo afferrai per il bacino tirandolo giù. Con un movimento fluido, Ian sprofondò nuovamente dentro di me e io tornai a gemere rumorosamente di soddisfazione. Si appoggiò con un gomito e con l'altra mano mi prese il bacino per controllare l'angolazione e la potenza delle sue stoccate, che in quel momento erano ancora lente e profonde, così come la sua lingua dentro la mia bocca.
Inaspettatamente scoprii che averlo sopra di me, mentre era anche dentro di me, mi faceva sentire ancora più al sicuro e ancora più avvolta dalla sua essenza, invece che costretta e bloccata come poteva essere facile immaginare. Fu allora che chiusi gli occhi e mi lasciai andare completamente. I miei sensi erano offuscati, ma mi permisero comunque di percepire Ian tremare sopra di me mentre continuava a spingere. Doveva essere vicino al picco. D'istinto mi aggrappai con le gambe per aumentare l'attrito esterno e lui, intuendo il mio intento, cambiò subito inclinazione per stimolarmi il clitoride con la base della sua durezza. Sapevo che quello che stava arrivando mi avrebbe travolto perché non avevamo mai provato niente di simile, era ancora più intenso e intimo di quanto successo poco prima, in quanto avevo lasciato completamente ogni freno. Quello che non sapevo invece, era che l'orgasmo di Ice mi avrebbe sconvolto ancora di più. Esplose non appena anche i miei muscoli interni iniziarono a contrarsi. Mentre venivamo all'unisono, Ian rallentò e mi prese il volto con la mano sana per assicurarsi che lo guardassi negli occhi. Si assicurò che fossi ben consapevole di quello che stava provando in quel momento. Che io, Ember Sullivan, non ero qualcosa di rotto, ma qualcuno capace di regalargli quel piacere.
Una seconda esplosione di calore nel petto si unì a quella di estasi che le mie parti intime stavano irradiando per tutto il corpo.

Io e Ice avevamo fatto l'amore. C'eravamo solo io e lui. Nient'altro. Uno dentro l'altra. Pelle contro pelle. Bocca dentro bocca. Occhi dentro occhi. Anima dentro anima.
Due anime ghiacciate, anche se per diversi motivi, che si erano completamente sciolte mischiandosi tra loro.
Io, Ember, ero stata la sua brace che aveva sciolto la sua aridità emotiva, portandolo a gettarsi a capofitto in un amore difficile. E lui, Ice, era stato il mio fuoco, sciogliendo ogni mio trauma e riportando la mia anima a galla.


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