23. Flash Back
EMBER
"L'inferno è il posto in cui lo spazio per i desideri è già tutto occupato."
(Alessandro D'Avena)
Dopo quella dichiarazione, Ian mi baciò dolcemente, senza più fretta, senza più disperazione. Semplicemente godendosi quell'attimo. Tuttavia, il mio stomaco non fu molto d'accordo riguardo quel momento romantico ed emise dei suoni imbarazzanti proprio nel pieno silenzio dell'igloo.
Ian si staccò da me e mi sorrise. «Credo che la scoiattolina abbia bisogno di qualche ghianda, io però, d'altro canto, potrei avere bisogno di tenerla ancora vicino a me.»
Si voltò, spostò il tavolino e unì due chaise longue formando un enorme letto matrimoniale. Poi spense tutte le luci, tranne una piccola candela a led dentro una lanterna di metallo nero.
Mi porse una mano per aiutarmi a coricarmi, per poi sistemarsi anche lui sulla seduta. Stappò la bottiglia e mi passò il cestino di fragole, dei grissini artigianali al rosmarino e un tagliere di salumi e formaggi dall'aria decisamente europea.
Rimanemmo abbracciati a guardare le stelle mentre sorseggiavamo champagne e assaporavamo quel piccolo aperitivo rustico.
«Hai già delle foto ufficiali di questo posto?»
«No, non ancora.»
«Se ti fa piacere, le posso scattare io prima di partire... per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me.»
Improvvisamente, sentii il corpo di Ian irrigidirsi e un silenzio glaciale raffreddò improvvisamente l'ambiente. Ian, come suo solito, stava mutando l'atmosfera. Da calda e passionale, tutto ad un tratto sembrò di essere sotto un igloo di ghiaccio, invece che di vetro con tanto di riscaldamento. Solo dopo qualche istante in cui smembrò soppesare la risposta, sospirò e si rilassò.
«Mi farebbe molto piacere che facessi le foto ufficiali... del prototipo, ma anche del progetto ultimato.»
Lo guardai di sottecchi, ma non protestai per non far calare nuovamente quel silenzio gelido. Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi beai del suo abbraccio avvolgente.
«Pensi che dovrei far servire un aperitivo più sofisticato?»
«No, non credo che la gente si aspetti un aperitivo gourmet in questo tipo di esperienza. Dipende però dal target a cui ti vuoi rivolgere. Forse qualche piccolo pezzo più sfizioso, come ad esempio delle mini quiche, dei croissant farciti con pancetta e castagne, dei mini tacos di polenta ai funghi e speck, potrebbero stupire anche gli ospiti più altolocati. Ovviamente, sarebbero perfetti se fossero anche molto instagrammabili, così da creare degli UGC riguardo il servizio di ristorazione. La cupola e l'esperienza, direi che non hanno bisogno di spinte in questi termini. Sono già instagrammabili di per sé. Però, dando visibilità alla parte food, ne gioverebbe anche il rifugio, rendendolo ancora più esclusivo e di conseguenza potrai alzare i prezzi.»
«Wow, sembra che tu abbia le idee chiare sulla comunicazione di questo posto. Come faccio a lasciarti andare se il tuo apporto sarebbe così prezioso anche su questo progetto?»
Mi ero praticamente fatta un autogol con i fiocchi. Fortunatamente, fui salvata da quella conversazione spinosa dal rombo del motore della motoslitta di Torres, in arrivo con la nostra cena.
Ian mi scoccò un'occhiata da "non è finita qui" e si diresse verso la porta per prendere le borse termiche dalle mani di Torres.
La cena consisteva in un risotto al radicchio rosso e una riduzione di Cabernet; straccetti di manzo alla brace con topinambur, castagne e tartufo nero. La presentazione nelle borse termiche non era il massimo. L'ideale sarebbe stato trovare dei contenitori dal design più accattivante, magari qualche produzione emergente che necessitava di bucare il mercato e che fosse interessata alla sponsorizzazione tramite fornitura, in cambio di visibilità verso un target esclusivo. Tuttavia, me ne guardai bene dal suggerirlo per non compromettere ulteriormente la mia fuga da Skyville.
«Preferisci che separiamo i letti e rimettiamo il tavolino al centro?»
«No, va benissimo così. Mangeremo come gli antichi romani.» Dissi sorridendo.
Degustammo quindi la cena accoccolati sui materassi. Era stato tutto così delizioso e perfetto.
«Alla fine mi sembra che tu non abbia bisogno della mia consulenza, la cena è stata deliziosa e sofisticata, nonostante la logistica difficoltosa.»
«Lo chef che ho assunto per il rifugio non è per niente male e con le tue imbeccate potrà correggere il tiro sull'aperitivo. Ma rimane il fatto che io ho sempre bisogno di te, Ember.»
La sua voce era diventata più roca e bassa. Mi soffermai ad osservare i suoi lineamenti così delicati e allo stesso tempo così mascolini e seducenti, ma rimasi in silenzio.
«Vuoi il dolce? Posso chiedere a Torres di portarci qualcosa dal rifugio.» sussurrai.
«No, sto bene. Credo di aver mangiato anche troppo, a dire la verità. È stato tutto veramente perfetto. Grazie, Ian. Non mi sentivo così da quando i miei genitori mi avevano portato all'acquario all'età di quattro anni. Sono pochi i ricordi con loro. Sai, se ne sono andati per un incidente d'auto quando avevo solo sei anni. Il mio fratellastro ne aveva diciassette e mezzo all'epoca e non appena compì la maggiore età, chiese il mio affidamento. Glielo concessero grazie al suo dignitoso conto in banca. È sempre stato molto attento, premuroso e presente con me, ma era troppo impegnato a tenere la sua carriera ai vertici. Sapeva che se avesse fatto un passo falso e le cose sarebbero andate economicamente male, mi avrebbero rimesso in un istituto. Non ci sono stati momenti come quello di stasera nei miei ricordi con lui, ma è stato comunque un fratello meraviglioso ed era tutto quello che avevo.»
«Era?»
Sospirai, ignorando il volto pieno di sgomento di Ian e riportai lo sguardo su, verso il cielo stellato.
«È infantile, lo so, ma mi piace pensare che sia da qualche parte lassù.»
«Ember... io...»
«Guarda!»
Tre meteore ravvicinate si stavano vaporizzando nell'atmosfera, lasciando una scia così lunga che anche Ian fece in tempo a voltarsi e vederle. Fissò per un attimo il bosco pensieroso, poi tornò sul mio volto e prese a parlare con una voce più roca.
«Io ho espresso il mio desiderio, scoiattolina, e tu?»
Non gli risposi, mi limitai a schiudere la bocca e fissarlo negli occhi fino a far cadere poi lo sguardo sulle sue labbra. Ebbi la netta sensazione che il mio desiderio di sentirmi di nuovo viva con Ian si sarebbe avverato in modo praticamente istantaneo.
Come immaginavo, Ice non perse tempo e mi baciò con il suo solito equilibrio tra un'accensa veemenza e un dolce rispetto. Il mio corpo si incendiò e iniziò a sciogliersi proprio come una meteora a contatto con l'atmosfera. Cominciai ad ansimare, lasciandomi andare a quelle sensazioni travolgenti, confortata dalla sicurezza che le braccia di Ian riuscivano a trasmettermi.
Più emettevo mugolii, più Ian aumentava l 'intensità del bacio, fino a prendermi per la vita e issarmi sopra di lui. Quando le nostre parti intime entrarono in contatto attraverso i tessuti tecnici dei nostri pantaloni, mi bloccai piacevolmente stupita dal desiderio che si stava facendo strada nel mio petto. Volevo essere completamente nuda.
Ero in un igloo trasparente, decisamente esposta e nel mezzo del nulla, eppure mi sentivo al sicuro come mai ero stata prima. E ancora di più, volevo sentire la pelle di Ian a diretto contatto con la mia. Presi a togliergli il maglione con audacia e feci lo stesso con il mio. Ian mi seguì togliendosi la t-shirt e mostrandomi il suo ampio torace perfettamente scolpito in ogni suo muscolo. Quella visione aumentò sia il mio desiderio, che la mia sensazione di sicurezza, così mi tolsi a mia volta la maglietta.
Ice mi fissò intensamente mentre fece scorrere la mano lungo la mia schiena fino al gancio del mio reggiseno, ma si bloccò.
«Sei sicura, scoiattolina? Non dobbiamo per forza...»
«Non lo so!» Lo zittii impulsivamente. «Non so fino a che punto riuscirò ad arrivare, ma per ora non desidero altro che continuare.» Ammisi in totale trasparenza.
«Ember, voglio che tu sappia che possiamo fermarci in qualsiasi momento. Qualsiasi. Intesi?»
«D'accordo. Ora però, ti prego. Non fermarti!»
Lui emise una specie di suono gutturale estremamente erotico e mi slacciò il reggiseno con un semplice gesto sicuro e misurato. Mi guardò un'ultima volta negli occhi, prima di tuffarsi a banchettare sui miei seni. La sua lingua, i suoi denti e la presa forte delle sue labbra sui miei capezzoli, mi provocarono delle scariche incontenibili in mezzo alle gambe. Iniziai a muovere il bacino convulsamente, ma il tessuto airtek dei nostri pantaloni stava vanificando ogni attrito ed emisi un gemito frustrato.
Ian mi prese istintivamente per la vita e mi fece girare supina sul materasso. Si bloccò all'istante, probabilmente memore del mio irrigidimento nella dependance. Si appoggiò sul gomito con il braccio imprigionato dal tutore, mentre tenne l'altro teso in modo da non schiacciarmi e bloccarmi con il suo corpo.
Senza distogliere i suoi occhi dai miei, scese verso i seni soffermandosi ad adorarli ancora per qualche istante. Poi proseguì lasciando una scia di baci umidi fino all'ombelico.
Appoggiò una mano sulla cintura integrata dei miei pantaloni e si fermò in cerca di un mio consenso, che ricevette all'istante.
Me li slacciò con un'espressione tra il serio e il famelico. Sembrava quasi che si trattenesse, ma quando li sfilò, tradì la sua impazienza perché si trascinò dietro anche i miei slip, provocandomi dei brividi al solo passaggio del tessuto sulle mie cosce. Era ancora trattenuto, quando mi resi conto di essere completamente nuda davanti a lui. Una punta di disagio fece capolino nella mia testa, ma quando Ian tornò sul mio volto appoggiandosi nuovamente sui gomiti e mi baciò, spazzò via ogni mia incertezza.
«Posso baciarti, Ember?» disse con una voce sempre più roca e sensuale.
«Sì... Ice, ti prego...» implorai, ben consapevole che non si stesse riferendo alla mia bocca.
Ian emise un altro brontolio con la gola, probabilmente a causa del fatto che lo avessi chiamato ancora con il suo soprannome in un momento così intimo. Mi diede un'occhiata languida e poi scese lentamente, lasciandomi scie di respiro bollente in mezzo ai seni e sull'addome.
Abbassai le palpebre quando sentii il suo alito caldo proprio sulle mie parti più intime. Continuò a soffiare quel calore magico fino a farmi aumentare il tremolio. Solo quando riaprii gli occhi e lo fissai nei suoi, lui affondò lentamente la sua bocca umida tra mie pieghe.
Gettai la testa all'indietro, in preda alla mancanza d'aria, e spalancai le gambe, con il risultato che la sua faccia si immerse ancora di più tra le mie cosce.
Iniziò a baciare il mio centro morbido, innondandomi di un calore umido. Man mano che la mia mente iniziò ad offuscarsi, le sue labbra diventarono sempre più dure e mi stimolarono in modo intenso il clitoride , portandomi sempre più vicino al picco di piacere. Ad ogni passaggio della sua lingua mi contorcevo e mi dimenavo sempre più in modo convulso. Ian appoggiò le entrambe le braccia sulla pancia tenendomi ferma il bacino. Il fatto di sentirmi completamente in balia della sua bocca mi diede alla testa. Iniziai a gemere ed ansimare sempre più intensamente. Mi aggrappai alla pelliccia con entrambe le mani, fino a quando giunsi all'apice e iniziai a gridare.
«Ice... Ice... Io... Sto... Ve...»
«Brava piccola, così. Urla per me, urla quanto vuoi, non ci sente nessuno qui.»
«Urla quanto vuoi puttanella, tanto non ti sentirà nessuno.»
Avevo una mano ferma sulla gola mentre Alan pompava senza sosta dentro di me. Nel mentre Demon mi teneva per i polsi e mi strattonava i capelli impedendomi di parare gli schiaffi che Alan mi riservava ogni volta che gemevo dal dolore nonostante tutte le droghe e i vasodilatatori che mi avevano fatto assumere. La luce del controsoffitto della camera dell'albergo mi bruciava l'occhio, l'unico che ero ancora in grado di tenere aperto, mentre il sangue proveniente da una nuova spaccatura sul labbro mi colava giù per la gola.
Con un grugnito disgustoso, Alan venne dentro di me. Mi asciugò le lacrime mischiandole al sangue nella mia bocca e mi imbrattò tutta la faccia riservandomi una espressione di disgusto. Poi mi diede un pugno su un fianco.
«Girati a pancia in giù ora. Tocca a Deamon!»
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