Fotografie ad un'Anima (6/6)

Se avesse dovuto descrivere quegli attimi, Luna, li avrebbe comparati al Rodio.
Raro, prezioso.
Resistente alla corrosione.

Mescolato negli angoli più nascosti della sua esistenza.

Catalizzatore di reazioni chimiche.
Luccicanti schegge tra i tizzoni.

Se avesse dovuto paragonarli a una sostanza avrebbe optato per l'alcol: avrebbe disinfettato tutte le ferite.

Se avesse dovuto dire cosa ne avrebbe fatto, avrebbe scelto di raccoglierli in un grande scrigno che avrebbe aperto lontano nel tempo quando ormai ne restava poco più di un ricordo, quando avrebbe avuto bisogno di ascoltare ancora cosa le faceva vibrare il cuore e come.

Avrebbe alzato il coperchio, e come in un film le scene si sarebbero materializzate davanti ai suoi occhi.

Questo avrebbe voluto.

Il tempo sarebbe passato veloce e Luna si sarebbe chiesta perché.
Perché la mente sarebbe stata pronta a ridestare il male vivo, nitido, e invece il bene sarebbe stato solo un'immagine sbiadita.

Un disegno sotto la superficie dell'acqua: bello, ma non efficace agli occhi.

Avrebbe voluto poterli toccare ancora quei momenti, avrebbe voluto trovarli vivi al suo ritorno, ogni volta che avrebbe avuto bisogno di tornare.

Il tempo sarebbe trascorso inesorabile e avrebbe lasciato il vuoto degli attimi.

La panchina ci ospita da un paio d'ore e il senso di pace ci avvolge sotto al fresco verde ombreggiante.

Gli leggo il libro del mio autore preferito ad alta voce, mentre lui scarabocchia segni incomprensibili sui fogli.

La lettura viene interrotta di tanto in tanto solo dalle nostre risa o dai nostri commenti su quanto appena letto.

<<Vieni con me alla mostra?>>

<<No. Non saprei nemmeno che inventarmi con i miei.>>

<<Peccato. Mi avrebbe fatto piacere farteli vedere esposti.>>

<<Ah... Ezequiel!>>

<<Dai, torniamo a casa.>>

Chiudo il mio libro e per mano di lui mi allontano dal paradiso che mai più rivedrò...

"Sono tornata a rivedere quel posto.
Sono stata sulla stessa panchina.
Non c'era più
Non c'era più nulla.
Solo il ricordo di quelle sensazioni.
Tu, ricordi?"

"Sì"

"È difficile per me cancellare. È difficile per me non pensare. È impossibile solo tentare di non cercarli ancora."

"Ci sono stato anch'io."

"Ricordi cosa ci univa?"

"Sì"

"Cosa?"

Silenzio come risposta.

"Quel che ricordiamo è solo un concentrato di ciò che era Ezequiel."

"Mi dispiace..."

"Non ti scusare. Forse è stato meglio così."

"No. Non lo è stato!"

Se avesse dovuto descrivere cosa provava mentre la mano di Ezequiel conteneva la sua, Luna avrebbe detto che le bastava quello per essere felice.

Non le importava quando, come, dove: era il suo rifugio.

<<Lasciami la tua mano.>>

<<No, in realtà ancora mi serve.>> Il sorriso dipinge il suo volto angelico.

Non lo dimenticherò mai.
La natura della sua essenza vaga nel mio corpo come fosse la stessa.

<<Cretino.>>

Un'ombra malinconica mi avvolge.
Amara accettazione di quello che sarà... solo un ricordo.

<<Dai! Sono seduto. Forza! Tutto tuo.>>

Alzo lo sguardo e lo vedo guardarmi con gli occhi lucidi, rassegnati.

Tacito consenso di lasciarsi andare, contro ogni volere.

Cosa urlano le nostre menti, i nostri corpi, non ha importanza.
A pochi passi dal Paradiso... scegliamo di restare in Purgatorio...

Troppo simili.
Troppo forte cosa li univa.

Fuori controllo da ogni ragionevole concetto, da ogni ragionevole gesto, da ogni possibile e ragionevole restrizione.

La ragione.

Se Luna avesse saputo, per l'intera sua vita ne avrebbe fatto a meno.

Se Luna avesse potuto, per l'intera sua sosta sul pianeta Terra avrebbe evitato di usarla.

Sarebbe divenuta la sua dominatrice.
Sarebbe divenuta la sua impertinente padrona...

Ho passato intere ore ad osservare quella mano muoversi.
Comporre una danza che mi ha ballato sul cuore.
Rimasta folgorata dal serpeggiare di quelle dita potenti, sovrane, imperatrici di un luogo incantato.

Se potessi, le sue mani le porterei davvero con me, anche solo per osservarle, per osservare ciò che mi dà flusso vitale tra i vasi sanguigni.

<<Credo di aver finito.>>
Non lo guardo, temo il suo giudizio sopra ogni altra cosa.

<<Bene. Fa' vedere.>>

Si avvicina al tavolo con sicurezza.
Il suo atteggiamento cambia completamente quando c'è di mezzo la "Dama Nera".


<<Beh... brava! È proprio la mia mano. Sì, direi di sì.>>

<<Solo questo?>>

Resto incastrata nella delusione della sua frase asciutta e ruvida.
Sono abituata ad avere le sue lodi.

Forse ho sbagliato qualcosa, forse non è poi così bella come la vedo io.

<<Va bene, posso modificare ancora. Finché non metto il fissativo...>>

<<No, no. Questa è perfetta. Io ho in mente un'altra cosa.>>

Mi dà un bacio sulla fronte e poi si allontana da me.
Rimango in silenzio, mentre comincia a svestirsi.

<<Ah... no. No! Non credo sia una buona idea.>>

Il sudore imperla la fronte non appena comprendo che vuole farsi ritrarre nudo da me.

<<No. No! Non posso. E-e non credo che riuscirei.>>

Rimasto con gli slip, mi osserva da lontano.

Il suo corpo statuario forse è la cosa in assoluto più bella che ho visto in vita mia.

Il cuore comincia ad andare dannatamente per conto suo.
Mi rimbalza nel petto fino a farne eco in gola.

<<Toccami Luna.>>

Attonita lo guardo infilando prepotentemente i miei occhi in quelli di lui.

<<Ma non in quel senso, Scricciola!>> Ride sopra ai miei pensieri errati. <<Devi dare corpo alla tua mente. Devi dare forma alle tue immagini. Solo così potrai riuscire.>>
Continua a sbracciare al centro della stanza accompagnando le sue parole. <<Come hai fatto con la mia mano. Quante volte l'hai toccata?>>

<<Oh... ah. N-No. Non è una buona idea. Quello che vedo non è la tua mano ora.>>

<<Separa la mente da ciò che vedi. Vivimi come un corpo da riprodurre... e fammi vivo su quel foglio, Scricciolo.>>

<<S-sì, sembra facile. Sì. Ce la posso fare.>> Continuo a balbettare parole sensate solo per metà mentre mi avvicino al corpo che devo realizzare.

Col volto coperto dall'imbarazzo e le gambe tremanti comincio a sfiorare delicatamente le curve che delineano le forme.

<<Luna... non devi carezzare. Devi toccare!>>

<<Oh! Sì... scusa.>>

Prende la mia mano e l'accompagna fra i muscoli contratti e incisi sotto la pelle.

<<Chiudi gli occhi Scricciolo, e dimmi cosa senti.>>

Il respiro si fa profondo e intenso.
<<Calore. Morbido. Ho voglia di fondermi con quello che sto toccando>>

<<Mi vedi? Riesci a vedere cosa stai toccando?>>

<<Sì... oddio, io...>>

<<Riesci a materializzarla nella tua mente?>>

<<Sì.>>

<<Bene. Ora va'! E rendimi vivo, Scricciolo.>>

Apro gli occhi, e senza dire altro torno al mio posto.
Non ho altra certezza se non quella di voler concretizzare ciò che ho avvertito sotto le mani.

In questo preciso istante la consapevolezza che questa sarà la mia dipendenza, il mio vortice d'amore e passione, prende forma.

La mia ancora di salvezza da ogni male passato e futuro.
Il mio angolo di beatitudine...

Le mani di Luna erano il dono che Iddio Padre le aveva fatto in cambio di tutta la tristezza, tutta la sofferenza, tutto il male ricevuto.

Ogni linea tracciata, ogni piccola quantità di polvere distribuita le dava vita.
Scariche elettriche in un corpo completamente assuefatto da quelle ombre, da quelle luci, da quelle forme.

Luna voleva le sue creature vive, come le aveva insegnato il suo angelo.

Luna le voleva poter toccare anche dopo.
Voleva poterle toccare senza mai averlo fatto.

Questo voleva, e avrebbe voluto per il resto della sua vita.

Non vi erano fiori, mari, cieli, soli, natura, o qualsiasi altro elemento terrestre, che avrebbe retto il confronto con quei corpi nudi.

Calore della carne, ossigeno, naturale energia della materia...

<<Ezequiel!>> Gli faccio cenno di avvicinarsi.

Si ricompone frettolosamente e si porta accanto a me... alla sua apprendista.

Resta in silenzio.
Per un momento non ha parole. Non riesce a concludere una frase sensata da poter esporre.

<<Che ne dici?>>

Solleva il foglio tra le mani e carezza delicatamente quelle forme.

<<Anima dannata e folle. Tripudio assoluto delle fiamme del Paradiso.>>

<<Beh, sta volta mi è andata bene>> ironizzo sulla sua frase.

Ripone il foglio sul tavolo e si avvicina con le labbra al mio volto.

<<Tu hai quelle fiamme Luna, e quando ce ne accorgeremo, sarà troppo tardi.>>

Serro gli occhi.

Non voglio ascoltare; voglio cancellare le parole come sto facendo con ciò che mi dicono la mente e il cuore in questo momento.

Porta le sue labbra sulle mie, e solo un "Grazie" volato tra il soffio caldo e imperiso della sua bocca, ci divide...

"Penso agli uri* e agli angeli,
al segreto dei pigmenti duraturi,
ai sonetti profetici,
al rifugio dell'arte.
E questa è la sola immortalità che tu ed io possiamo condividere".

Il suo autore scriveva parole, parole che avrebbe avuto l'amaro piacere di scoprire quanto fossero vere.

Luna... e il suo angelo rifugiato e rinchiuso nei suoi disegni.

Solo lì lo avrebbe ritrovato, lo avrebbe sentito, toccato, amato ancora una volta.

L'angelo avrebbe lasciato alla Scricciola vita eterna di passione e cuore pulsante.

Avrebbe lasciato l'unica luce nella sua immensa, duratura e crudele oscurità.

Fine.

uri (o urì) – Adattamento della parola araba al-ḥūr, «(le fanciulle) dagli occhi neri», che ricorre più volte nel Corano per designare esseri di sesso femminile, amabili compagne dei beati nel paradiso islamico.

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