Fotografie ad un'Anima (5/6)

Se avesse potuto, non lo avrebbe fatto.

Luna mentì.

Oggettivamente non le era così complicato, ma le veniva richiesto di farlo solo per cose che "dovevano" restare occulte dietro immagini dissimulate e mimetizzate nell'universo inconsapevole che la circondava.

Universo, forse, ignaro per metà. O forse per nulla.

Mentì Luna, ma non ebbe mai timore del gesto fatto, non ebbe mai timore di macchiare l'anima con l'intento di ingannare il prossimo.
No.

La sua più grande paura erano le conseguenze che avrebbe portato tale atto semmai fosse stato scoperto.

Non le importava.

Spinta dai suoi istinti si ritrovò davanti a quella porta.

Quella porta.

Se Luna avesse saputo cosa le avrebbe portato dopo, forse non l'avrebbe mai chiusa.

Incontro fortuito di due anime, vigorose, luminose, solo in quelle mura.

Quella porta...

"Signori della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini, i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali."

Il suo autore narrava parole, parole che Luna scoprì essere veritiere sulla propria pelle.

Per quella porta, si sarebbe trovata sotto il giudizio spietato di tanti, sotto l'ira di alcuni, sotto l'odio di altri...

L'ingresso si apre e una forte luce irradia il mio corpo.
Agitata e impaurita, attendo.
Non ho fiato da tirar fuori dalla mia bocca serrata.

<<Luna...>>

L'uomo rimane interdetto sulla soglia nello stesso silenzio che colpisce me.
Esita un momento, incerto di quale sia il passo giusto da fare: chiudere la porta davanti alla mia faccia o dietro alle mie spalle.

<<Vuoi entrare?>>
L'uomo a debita distanza riceve come risposta solo un cenno affermativo della mia testa.

<<Vieni.>>
Mi prende per il polso e mi tira dentro.
Nell'imbarazzo pesante creatosi, mi lascia la mano repentinamente.

Con gli occhi seguo i suoi movimenti fino a poggiarli sulla mia mano ora senza quella stretta calda, ora sola.

Tracce nere hanno imbrattato la mia chiara pelle.

<<Oh, scusami. Stavo lavorando e... mi dispiace averti sporcato.>>

Resto ad osservare il segno delle dita impresse sull'epidermide.
Un trucco permanente che non cancellerò mai più.

<<Siediti pure. Vado ad avvertire di là. Sai...>>

<<Mi dispiace averti interrotto. Posso andare via se vuoi. Cioè in realtà non vorrei, ma se vuoi...>>

<<Ehi! Luna davvero, non​ ti preoccupare. Vado solo a dire alla ragazza di mettersi su qualcosa>> mi dice per poi allontanarsi.

Sgrano gli occhi ma rimango composta nel corpo.
Vorrei sparire in un frangente.

- Mettersi su qualcosa? Oddio... ma dove mi sono infilata? Porca vacca! -

<<Sta tranquilla! Non è come pensi!>>

Dalla sala, l'uomo alza il tono della voce per farsi sentire.
Il mio volto prende i colori dell'arcobaleno.

Decido di sedermi per far rilassare le gambe che ormai vanno per conto proprio.

Volto lo sguardo verso la voce, e un corpo di donna vaga nudo tra i riflessi che illuminano la stanza.

Il gelo mi piomba all'istante sulla seduta.

La convinvinzione che sto sbagliando, che devo andare via all'istante, che devo volatilizzarmi dietro quella porta, mi gonfia la testa.

Ma non lo faccio.

Resto a guardare il corpo di quella donna muoversi sinuoso tra il chiaro raggiante della stanza, mentre si infila una veste con naturalità.

<<Va bene Luna! Adesso puoi venire!>>

Rimango stordita da ciò che sta accadendo.
Quel corpo nudo mi genera un groviglio di sensazioni alle quali non so dare natura.
Mi chiedo perché l'abbia fatta rivestire, ma questi restano miei pensieri dell'attimo.

Mi avvicino lenta e timorosa percorrendo passi che saranno fatalmente destinati alla mia ricompensa, al mio pomposo e superbo regno dei cieli...

Il regno dei cieli, tanto acclamato, tanto supplicato, non avrebbe avuto niente a che vedere con quello che Luna avvertì mettendo piedi lì dentro.

Sarebbe stato il suo Giardino dell'Eden.
Il suo peccato originale.

Violazione volontaria di tutti i comandamenti, desiderio dello stato di colpa.

Assoluta accettazione alla condanna...

<<Come ci sei arrivata fin qui?>>

Continuo a fissare i fogli appesi come fossero creature celestiali calate da chissà quale parte dell'universo.

<<Ah, sì. Quelli sono i miei disegni>> mi dice ridendo e dando poca importanza ai suoi lavori.

<<Ti ho seguito qualche giorno fa>> rispondo frettolosamente per concentrarmi altrove. <<Ma come diavolo fai!>>

<<Io non faccio niente, sono le mie mani.>>

Corpi pendenti prendono vita sotto i miei occhi.

Vivi, perfettamente materializzati su questi fogli bianchi.

Simmetrie rotanti attorno all'asse della completezza.

Luce nera sul bianco vergine, contaminato dal seme della passione.

Corrispondenza esclusiva, piena, di ciò che le iridi sono in grado di trasmettere per l'intera carne di entrambi.

Vivere l'incanto con lo stesso sguardo.
Il mio.
Il suo.
Uno solo.

<<È la Dama Nera. Vieni.>>

Di nuovo quel tocco sul braccio.
Le sue mani.

Incontro i suoi occhi.
Magneti in mezzo al verde striato.

I rintocchi del mio cuore si espandono fino alla testa.
Le sue emozioni... facilmente palpabili.

<<Ecco>>, mi avvicina al tavolo, <<la ragazza è il mio modello per questa creazione.>>

La donna da vicino la finestra accenna un saluto restando a sorseggiare la bevanda nel suo bicchiere.

<<Fa attenzione a non toccare quella polvere, ti potresti sporcare.>>

Il piano sostiene matite, colori, quella strana polvere e al centro si stende la carta sulla quale la donna è quasi completamente riportata.

Resto solo sbalordita.

<<Ma quanto è grande?>>

<<Credo che superi il metro, ma non è quello che fa la differenza.>>

Poggia le mani sul tavolo sfiorando la sua creatura: <<Allora? Ti piacciono?>>

<<Sono meravigliosi.>>
Tremo in segreto soffocando l'istinto di toccare quella donna sul piano.

<<Li realizzo con la grafite pura, quella polvere lì.>>

Non dico nulla.
Faccio il giro del tavolo e mi avvicino a quella sostanza grigia.

Immergo il dito. Spingo tra il soffice richiamo.

Miscela esplosiva dei sensi.

Chiudo gli occhi e assorbo quella sensazione fino a sentirla lungo la spina dorsale.

<<Tu sei un'anima dannata e folle, Luna>> mi bisbiglia fra i capelli.

Il gesto mi desta violentemente dal mondo idilliaco che sta passando fra i miei pensieri.

<<Vuoi provare?>>

<<Oh... no. No. Non sarei capace. Io...>>

<<D'accordo. Allora prova con le matite.>>

<<Ma... ma io. Non...>>

<<Fai silenzio Luna>> si avvicina e mi porge uno dei suoi fogli. <<Il soggetto?>>

<<Eh?>>

Fluttuante in un pozzo di emozioni, resto come un'ebete col foglio in mano.

<<Cosa vuoi rappresentare?>> Mi sorride di nuovo.

<<Ah... beh. Vanno bene quei fiori.>>

<<Lei.>> Punta col dito la donna in disparte.

<<Oh, no. No! Non credo. No.>>

Per risposta ho la matita puntata contro.

Lo fisso, e di colpo tutte le paure svaniscono nei suoi occhi.

Prendo gli strumenti e mi siedo.

La donna compie pochi passi, e fatta calare la veste resta nuda di fronte ai miei occhi.

Contraggo ogni singolo muscolo del mio corpo e ingoio con la gola arsa.

Il respiro inadeguato mi appanna la vista per qualche secondo, finché le mani di Ezequiel si poggiano sul piano chiudendomi in uno spazio stretto... stretto, ma sufficiente per trovare respiro della mente, del corpo.

Col volto quasi appoggiato sulla mia spalla resta ad osservare silente.

I suoi sono solo gesti, compiuti per accompagnare i miei.
Linee tracciate con le dita.

"Correggi qui", "Questa linea più curva", "Più morbida Luna".

No.
Non parla, ma io posso udire...

Se Luna avesse potuto conoscere il giardino delle delizie, senza ombra di dubbio avrebbe consumato la sua esistenza in quello.

Avrebbe affondato la bocca su quei frutti succosi e colpevoli di darle alito di vita, nutrimento essenziale della sua esistenza.

Sarebbe restata a peccare senza contegno alcuno.

Il corpo di Ezequiel emanava calore, energia, sensuale potere chimico.
La mano a correggere quella di lei.
Ardente torpore della ragione.

Fecero all'amore, miei cari lettori, senza la carne.

Incontro di essenze, di passioni, tormenti e patimenti dell'ardore per la dedizione.

Vibrazioni dei corpi, calde mani.

Forse un atto sessuale vero e proprio non sarebbe stato così carnale, così dissoluto.

Le porte della rinascita sarebbero state spalancate.

Iddio Padre avrebbe udito.

Le fiamme dell'inferno sarebbero restate cenere.

Il suo Angelo le avrebbe aperto il Paradiso Terrestre.

Il primo disegno in assoluto fatto in sua presenza era pronto.

A Luna sembrò un'opera d'arte.
Il primo disegno al quale era riuscita a dare un senso.

Implosione di carne e spirito.

Ma ciò che non avrebbe mai scordato Luna, sarebbero stati tutti i battiti lasciati in quelle mura.

Passione accecante subordinata al tempo, allo spazio, alle loro presenze.

Prede dell'istinto.
Vittime della ragione.

Ragione che spezza le ali, che immancabilmente uccide l'anima.

Quel filo che li univa si sarebbe spezzato.
La ragione sarebbe stata piena ed appagata.
Il cuore morto.

Ma questo solo dopo l'avrebbero appreso.

Solo con la reciproca assenza

Continua...

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