Capitolo Venti
Lei
Era proprio come me lo ricordavo un giovane dalla pelle ambrata, i capelli castani erano arruffati come la prima volta che lo incontrai e gli occhi color nocciola mi fissavano con insistenza.
L'unica cosa che non quadrava è che aveva le sembianze di un adulto. Questa cosa non era possibile, anni addietro quando lo uccisi era poco più che un ragazzino. Di norma quando un essere umano muore la sua anima e il suo corpo rimangono invariati.
Ed è per questo che quando resuscitavo un morto se era troppo giovane e immaturo, gli attivavo una specie di finta "crescita" il quale sarebbe andato avanti a maturare finché non ragionasse come un adulto.
Le anime troppo giovani erano difficili da controllare, infatti questo problema l'ho avuto maggiormente con Termine che era quello più ingestibile, non che Mauro e Matteo fossero tanto diversi. L'unica eccezione fu Teodoro essendo caratterialmente molto calmo e riflessivo.
Invece per quanto riguarda gli altri (Diocle,Fulvia, Ibisco, Diana e Sario), essendo anime che erano morte in età adulta o comunque non giovanissimi, non avevo mai avuto grandi problemi nel gestirli.
«Dove sono?» chiesi spazientita.
«Oh non così in fretta Angelica. Voglio giocare un po' con te prima di distruggerti» affermò Termine con un sorriso malefico dipinto sul viso.
Il giovane si fiondò verso la mia figura, prontamente riuscii a bloccargli l'attacco.
«Pensi che non sappia come ostacolarti? Saranno passati anni ma conosco ancora bene come combatti» commentò facendomi uno sgambetto e con un calcio mi scaraventò contro il parapetto.
Teodoro venne staccato dalla mia mano e scagliato dalla parte opposta trasformandosi nuovamente in umano. Termine mi prese per i capelli e cominciò a prendermi a pugni nello stomaco con enorme ferocia.
«Fa male vero? Ecco come mi sono sentito quando mi hai fatto fuori! Sento ancora nel mio palato il sapore dei tradimento. Ah non hai idea cos'ho in mente di farti, bambolina la notte è giovane» disse scoppiando in una fragorosa risata.
Il suo viso si distorse talmente tanto da non sembrare neanche più umano, un misto di rabbia e dolore.
Ogni cellula del mio corpo mi urlava di contrattaccare, non potevo cedere così facilmente. Bloccai il suo pugno e gli conficcai le unghie nella carne andando in profondità.
Termine urlò per il dolore, tolse la presa dai miei capelli tentando di darmi un pugno in faccia con la mano libera, ma fu bloccato da Teodoro.
«Stattene al tuo posto Giuda» lo minacciò Termine. Il viso dell'umano era pieno d'odio, i suoi denti bianchi erano scoperti e le sue iridi nocciola erano spiritate.
Il giovane nemico voltò indietro il capo e sputò sul viso di Teodoro.
Teodoro irritato da quel sgradevole gesto gli fece lo sgambetto, riuscendo ad atterrare Termine sul pavimento della terrazza. Ne colsi l'occasione per conficcargli un coltello che avevo in tasca proprio come il maggiordomo dei Lùf mi aveva insegnato, sul fianco sinistro lacerandogli in profondità i numerosi tessuti della pelle, facendo sgorgare una certa quantità di sangue dalle sue ferite.
Il nemico gridò a squarciagola per il dolore, provò a indietreggiare ma con scarsi risultati essendo completamente immobilizzato.
Improvvisamente smise di urlare in maniera fastidiosa, mutando i suoi occhi nocciola in un rosso brillante oltre a ciò comparve un ghigno preoccupante sulla sua faccia. Rimasi esterrefatta da questo, a eccezione di Leam solo i demoni potevano avere gli occhi scarlatti.
Con un gesto repentino della mano Termine mi scaraventò contro il parapetto facendomi volare dalle mani l'arma, invece il mio alleato venne schiacciato a terra come se la gravità fosse mutata improvvisamente.
Dalle mani di Termine uscì una sostanza viscosa nera e appiccicosa. La diresse in direzione di Teodoro il quale fu colpito ai piedi, pian piano l'elemento putrido si espanse e il mio alleato urlò per il dolore, una puzza di carne bruciata si insinuava nell'aria. Mi trattenni per non vomitare a causa dell'odore intenso.
Nel mentre che io ero distratta e preoccupata per le condizioni di salute di Teodoro, Termine trasformò il suo braccio sinistro in un arco e fece comparire due frecce nere. Entrambe all'unisono si conficcarono nella mia carne, una nella spalla sinistra e l'altra in quella destra trapassando oltre alla carne anche il metallico parapetto.
Urlai e piansi dal dolore. Termine si avvicinò alla mia figura facendomi prima sbattere la testa contro il parapetto, emettendo un rumore sordo e metallico. Cercò di strangolarmi con inaudita ferocia, l'ossigeno era sempre di meno e io ero quasi stordita dal male, tentai di muovere le braccia conficcando la freccia sempre più in profondità nelle ferite.
Quando riuscii a graffiargli la sua mano, smise di stringermi il collo. Si allontanò di qualche metro con occhi da spiritato «È giunta la tua ora angelo, volevo giocare ancora un po' con te ma mi sto annoiando. Visto che Teodoro ci sta deliziando con un sottofondo così romantico è ora di lasciarci.»
Il giovane dal temperamento volubile, mutò nuovamente il braccio in arco al quale comparve anche una freccia, la diresse con estrema precisione in mira al mio capo, chiusi gli occhi per la paura, ormai era la mia fine.
Nel mio cervello si intrufolò forti e lente note della marcia funebre che vibravano prepotenti contro la mia cupe parete mentale. Dalle canne presenti nell'antichissimo organo fuoriuscivano dei fiumi di sangue, percorrevano l'intero strumento adagiandosi prettamente sui tasti fino a ricadere sullo scuro pavimento immaginario. Tutta questa tetra musica venne improvvisamente spazzata vita e tutto tacque.
«Da quando ti arrendi così? Leam potrebbe esserne molto deluso» ribombò una voce presente nella mia testa.
«Stai zitta! E adesso vattene» tentai di scacciarla.
Era una presenza a me non gradita.
«Mantieni la calma giovane Dea, verrà un giorno in cui avrai bisogno ancora del mio aiuto ma non oggi. Sono quello che ti è sempre mancato, il tuo nero più totale» continuò a parlare.
«Che cosa stai dicendo?» ero confusa.
Non arrivò nessuna risposta da quella voce che si faceva sempre sentire nelle situazioni più sgradevoli.
Un rumore mi fece riaprire gli occhi, la porta in cui eravamo entrati era sfondata. In terrazza era presente un gatto rosa, il felino aveva delle enormi fattezze di un peluche, i suoi occhi erano così grandi da occupare più della metà del suo muso.
L'animale prese tra le sue zanne Termine e fece agitare il corpo destra e a manca su tutta la terrazza.
«Mamma! Stai bene?» affermò preoccupata Enìmia la quale stava correndo incontro con Iglis.
Grazie al cielo non si erano fatti niente. Iglis mi estrasse delicatamente le due frecce dalle spalle. L'essere rosa era l'ombra di Enìmia la quale a causa mia era nata con poteri demoniaci, al mio interno avevo del sangue di Leam che mi era entrato in circolo molti secoli fa.
«Come avete fatto a liberarvi?» chiesi tentando di connettere i miei neuroni. Le forte botte che avevo preso al capo mi avevano parecchio stordita creando una fitta nebulosa presente nel mio cervello.
«Enìmia ha richiamato dalla sua ombra quel coso mostruoso e si è pappato tutti i mostri viscidi che facevano da guardia. Subito dopo abbiamo incontrato Diocle e l'abbiamo aiutato a far fuori gli ultimi esseri rimasti» rispose Iglis.
«Non è vero che Batuffolo è mostruoso è così carino con quei occhioni dolci, dopo dovrò fargli prendere la medicina per il mal di pancia» sbuffò Enìmia.
Dire che era carino era un eufemismo con quegli artigli e quelle zanne, inoltre era pieno di sangue nero dappertutto sembra uscito da un film dell'orrore da quattro soldi ma era meglio non contraddirla.
«Enìmia fammi un favore di a quel coso, cioè vorrei dire... a Batuffolo di non uccidere chi ha tra i dentini, ci serve per avere delle informazioni. Inoltre togli quella sostanza nera da Teodoro che lo sta uccidendo.»
«Agli ordini mamma» mi fece il gesto militare.
«Batuffolo aspira tutto anche quell'affare di carne ma non digerirlo» la gemellina ordinò all'animale disgusto e pieno di peli.
Batuffolo ingoiò in un sol boccone Termine e aspirò la sostanza viscida da Teodoro che lo aveva paralizzato dalle gambe in giù. Era pieno di ustioni e respirava a fatica.
Mi diressi verso il mio compagno ferito, solo ora mi accorsi che erano presenti altre due persone collocate vicino alla porta uno era Diocle e l'altro Claudio, mi si gelò il sangue quanto aveva sentito della convenzione tra me e sua figlia? Dalla sua faccia sorpresa si percepiva che aveva capito qualcosa.
Anche se avevano tutti e due i capelli biondo cenere si vedeva lontano un chilometro che assomigliavano a Claudio, soprattutto Iglis era praticamente la sua coppia sputata. Avrà già fatto due più due. Nel mentre che ero persa nelle mie supposizioni, Diocle prese in braccio Teodoro che era svenuto dal dolore.
«Angelica tu ce la fai a camminare?» chiese il biondino.
«Sì certo non ti preoccupare» risposi.
Dopo essere rientrati nell'edificio, intanto che stavamo percorrendo le scale percepii lo sguardo di Claudio passare dalla mia direzione a quella dei gemellini.
Enìmia non si era accorta di niente e saltellava come se nulla fosse invece Iglis lo scrutava dubbioso. Giunti fuori dalla struttura il primo che ci venne incontro fu Arasio raggiunto subito da Yag che lo abbracciava da dietro, l'angelo cercò di scacciarlo ma senza successo.
«Angelica stai bene? Sei piena di sangue sia in faccia che sulle spalle» chiese l'angelo allarmato.
«Non ti preoccupare fa male ma Diana mi medicherà» cercai di alleggerire la cosa.
«Chi c'era dietro a questi scemi? Ci ha solo fatto perdere tempo» chiese il demone Veria.
«Termine, l'avevo resuscitato tempo fa, ma per problemi di forza maggiore l'ho dovuto rispedire all'inferno» spiegai velocemente.
«Ah era una delle anime che Teli non era riuscito ad imprigionare» disse Yag picchiettandosi il mento.
«Quante anime sono scappate? Soprattutto mi sembra strano che Teli sia stato fregato così facilmente, c'è qualcosa che devo sapere?» chiesi con tono indagatore.
Teli è sempre stato eccellente nelle sue mansioni mi sembrava strana di questa sua negligenza.
«Niente che possa preoccuparti sono anime di poco conto. Teli e gli altri demoni si erano distratti per qualche secondo tutto qui» spiegò il demone.
«Adesso dov'è questo tizio di nome Termine?» domandò Robinia un angelo di vecchia data.
Veria la sua compagna non la perdeva un attimo di vista ma percepivo ancora tensione tra di loro.
«È imprigionato qua dentro» feci cenno a Enìmia di far comparire batuffolo e lei eseguì subito ciò che le avevo chiesto. I presenti fecero un verso di dissenso.
«Ma che cos'è quello schifo?» rispose Yag disgustato simulando conati di vomito.
«È qui dentro termine, dopo ci dovrà spiegare molte cose» toccai la pancia morbidosa di batuffolo, Sentivo Termine muoversi come un disperato, vedendo comparire la sagoma del suo viso sulla pancia del mostro sofficioso.
Gli immortali dopo un momento di disgusto, capirono che quel coso strano era in realtà il potere demoniaco che aveva la bambina con il mio stesso odore. Tutti guardarono impauriti Leam terrorizzati da una sua imprevedibile reazione, anche lui aveva capito che Enìmia aveva il mio odore e la sua anima mi assomigliava ma non successe niente, lui mi fissava con gli occhi spalancati guardando il mio corpo pieno di ferite.
Ero stata avventata per aver fatto conoscere i miei figli agli immortali e soprattutto a Leam. Poteva succedere che Lui andasse fuori controllo, ma in un certo senso era scontato che l'immortale era a conoscenza della loro esistenza e questa era una conferma, figuriamoci se non mi avesse spiato per tutto questo tempo, dovevo solo scoprire come.
Riunii tutti i miei compagni per andarcene. La neonata (l'unica sopravvissuta in quell'edificio) fu data a Diana, mi sentivo la responsabile dell'accaduto un'altra vittima coinvolta in questa guerra infinita.
«Aspetta Angelica voglio venire con te come rappresentante e comandante delle schiere angeliche, noi tutti vogliamo sapere la verità da quel tizio e poi se fossi ancora in pericolo non me lo perdonerei mai» disse Arasio.
«Aspettatemi vengo anch'io. Anche noi demoni vogliamo delle rivelazioni. Inoltre non vorrei mai che Mister malefico se la prenda con me se dovessimo rimane indietro» si aggiunse Yag, molto probabilmente lui era più interessato a stare con Arasio.
Riflettei se due immortali importanti come Yag e Arasio si fossero ricongiunti, magari anche le altre coppie miste avrebbero seguito il loro esempio, per noi immortali questa battaglia sarebbe meno dura da vincerla.
«Okay venite tutti e due» risposi a tutti e due gli immortali.
Detto ciò iniziai a incamminarmi verso casa.
Mi sembrava strana la reazione di Leam, era rimasto lì a fissarmi forse tutte quelle ferite gli ricordavano il giorno della mia morte? Bah meglio non dare tanto peso alle reazioni di quel demone.
Tornati nel mio appartamento con gli altri, Yag si mise ad accarezzare il mio gatto «Ma che bel micio, pucci pucci. Ahi! Mi hai graffiato sei sempre il solito stronzo.»
«È colpa tua che non lo lasci stare» lo incolpò Arasio.
«Non essere così cattivo anche tu zuccherino, guarda mi sta sanguinando il dito potresti succhiarmelo»
«Demone pervertito e sfacciato» Arasio si alzò dal divano rosso in volto.
«Ehi voi due invece di fare i fidanzatini venite con noi» li richiamò all'ordine Diocle.
Entrammo nella stanza insonorizzata nella quale era situata una gabbia, Diocle aveva così insistito che io la creassi per situazioni scomode che alla fine accettai il suo suggerimento. Enìmia richiamò batuffolo dalla sua ombra, il felino rosato sputò Termine nella gabbia insieme a tutto un misto di saliva nera gelatinosa.
Diocle incominciò a prendere a schiaffi Termine per svegliarlo ma fu inutile.
«Niente da fare non si sveglia. Avrò bisogno di torturarlo per avere delle informazioni al più presto, Ibisco e il demone devono aiutarmi. Non preoccuparti angioletto tu ci dirai solo quando stiamo superando il limite» affermò il biondino seccato.
L'umano richiuse la gabbia lasciando il corpo inerme di Termine.
Uscii dalla stanza, non ci tenevo a vedere cosa sarebbe successo tra un paio di ore. Mandai i miei due figli a farsi un bagno e poi a letto. Mauro e Matteo erano andati a riposarsi invece Fulvia stava mangiando. Intanto io ero in salotto a farmi medicare da Diana, Sario stava dando il latte alla bambina.
«Che cosa ce ne facciamo della piccola?» mi chiese Sario.
«Per ora abiterà qui, poi a tua sorella piacciono molto i bambini credo che non le dispiacerà un'altra piccola combinaguai» risposi.
«Già, sperando che non evochi esseri mostruosi. Come la chiamiamo la piccina?» domandò Diana.
«Io direi un nome di un fiore» suggerì Sario.
«Sarebbe un bel nome Margherita» commentai.
«Allora andata» risposero all'unisono i due gemelli, coloro che consideravo meglio dei miei genitori.
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