Capitolo Trentuno
Lei
Più scendavamo e più la crepa in cui eravamo entrati diventava sempre più piccola, il bagliore del sole attraversava la fessura il quale diventava sempre più tenue e veniva sostituito da un vento fastidioso e da un buio rossastro.
Le ali nere di Leam continuavano a sbattere intensamente, non mi toglieva lo sguardo di dosso, mi stringeva come se avesse paura che potessi scivolargli da un momento all'altro.
Non so quanto tempo passò ma Leam toccò terra e successivamente lo fecero anche gli altri.
Scesi dalle sue braccia, il quale sembrava restio nel lasciarmi. Mi guardai intorno in questo luogo a me sconosciuto.
Un deserto rosso che non sembrava mai finire, non notavi neanche la differenza tra la terra e quello che sembrava il cielo. Era parecchio ventoso, infatti la sabbia si alzava andandomi ripetutamente negli occhi. Ogni tanto erano presenti delle case rudimentali e fatiscenti, piene di cumuli vicino ad esse. In mezzo a tutto quel degrado erano situati alberi secchi e morenti i quali intorno ad essi spuntavano dei crisantemi.
In lontananza si vedeva la dimora di Lucifero un castello nero, maestoso e alto.
Animali striscianti e scuri che alla vista del diavolo sparivano alla velocità della luce.
Successivamente anche gli altri ci raggiunsero.
«Ehi potresti essere più delicato, buttarmi così come un sacco di patate» si lamentò Diocle nei confronti di Yag.
«Guarda che non sei così leggero biondino, poi io volevo portare in braccio il mio zuccherino» Yag si fiondò su Arasio rischiando di farlo cadere.
«Stai fermo pervertito, siamo in una situazione delicata» lo riproverò l'angelo.
«Dov'è il mio my love che si preoccupava per me intanto che ero stato ferito» il demone continuò a sfiorare con il dito la punta del naso di Arasio.
«Avevo assunto sostanze stupefacenti per essere venuto ad aiutarti» l'angelo si scostò da Yag.
Leam dopo essersi riposato per qualche minuto, mi prese di nuovo in braccio e ci dirigemmo in direzione del castello. Volava in maniera zizagata
persino il Dio degli inferi faceva fatica a librarsi con questo vento.
Per me era una sensazione strana non riuscire a volteggiare in prima persona. Di solito io e Leam facevamo a gara di volo quando ero ancora completamente immortale, però devo ammettere che anche sorretta in questo modo stretta tra le sue braccia non mi dava fastidio. Ma cosa stavo pensando? Mi ero forse bevuta il cervello? Quella era una sensazione più che sgradevole.
Qualcosa attrasse la mia attenzione grazie al cielo distraendomi dai miei pensieri. Notai che proprio sotto di noi erano presenti tre bestie strane assomiglianti in qualcosa agli esseri anche se erano molto differenti. Mostri molto brutti alti quasi come un umano medio dalla pelle grigio scura e dai capelli color pece. I loro occhi erano piccoli con un'enorme bocca dalla quale fuoriuscivano delle zanne pronunciate, dal loro capo erano presenti delle corna molto evidenti. Erano quasi completamente nudi se non fosse per qualche lembo di tessuto che copriva i loro genitali. Quelli dovevano essere una delle altre specie di animali infernali che vivevano in questo luogo poco confortevole, trasmettevano paura ma non puro terrore come riuscivano a fare gli esseri. Erano in tre: uno chino sulla sabbia con la testa fracassata e gli altri due si stavano cibando famelici delle sue interiora. Di fianco a uno di loro era presente una clava completamente imbrattata di sangue della povera vittima. I due animali guardarono in alto nella nostra direzione con i musi sporchi, appena incontrarono lo sguardo di Leam scapparono urlando terrorizzati in mezzo alla coltre di sabbia. Leam mi strinse ancora di più tra le sue braccia con fare più protettivo.
Arrivati al castello, Leam tese il braccio destro e l'enorme portone che doveva essere pesante si aprii in un attimo.
Entrammo sulle pareti c'erano delle fiaccole accese le quali rendevano questo posto tetro, all'entrata era presente uno dei demoni che avevo visto l'altra volta quello con metà corpo composto da piume, solo che adesso indossava un completo elegante e aveva sull'occhio destro un monocolo color oro.
«Ben tornato padrone» disse il demone con un tono profondo della voce.
«Ci sono delle novità Corvus? Siete riusciti a scovare le due figure che erano sul Palazzo?» chiese Leam vago.
Corvus scosse la testa«No signore, non abbiamo trovato nessuno sul palazzo, ne sono desolato» si chinò davanti a lui in segno di scuse.
Leam si stava alterando, le pagliuzze d'oro all'interno dei suoi occhi erano più sgargianti che mai, tese il braccio in direzione del demone per scagliarlo da qualche parte. Misi prontamente la mano sul suo polso e abbassai il suo braccio, non si oppose, anzi i suoi muscoli si rilassarono e mi guardò intensamente.
Scossi la testa con dissenso e lui non reagì, pian piano si calmò. Tutti rimasero stupiti per quello che era successo, il demone di nome Corvus era quello più sorpreso di tutti.
Lo guardai e gli dissi «Non è il momento di scaldarsi per una cosa così futile.»
Leam distolse lo sguardo e sciolse delicatamente dalla mia presa per poi superarmi e percorrere il corridoio in totale solitudine.
Il Dio degli inferi era agitato perché io ero in una costante situazione di pericolo, è per quello che gli saltavano i nervi così facilmente. Lo seguii e gli altri fecero altrettanto, Corvus si mise al mio fianco.
«Come hai fatto ad addomesticare il padrone. È sempre stato una bestia selvaggia nei nostri confronti» disse il demone a bassa voce per non farsi scoprire.
«Non ho fatto niente di speciale, l'ho solo tranquillizzato» gli risposi sorridendo cordialmente.
«Angelica» mi chiamò Mauro.
«Riesci a sentire l'anima di tuo fratello o quella di Claudio?» chiese il mio amico di una vita.
«No, è un area molto ampia e non riesco a rintracciarli» risposi frustata. Non riuscivo a sentire le loro presenze come se fossero spariti nel nulla.
«Spero per te che non sia così lontano, l'inferno è così vasto che persino noi demoni antichi non ne conosciamo la sua fine» parlò Veria.
«Già lo spero anch'io di trovarli il prima possibile» dissi speranzosa.
«I demoni più fidati si stanno mobilitando per trovarli se sono ancora vivi li scoveremo, al massimo saranno stati mangiati da qualche demone inferiore» affermò Yag sboccato e con poco tatto, Arasio lo fulminò con lo sguardo.
«Ti sembrano cose da dire» disse l'angelo.
«Oh scusami zuccherino, puniscimi se lo desideri» Yag gli fece l'occhiolino e l'angelo diventò tutto rosso. Li lasciammo indietro, intanto Yag e Arasio iniziarono a conversare in modo animato tra di loro.
Leam dopo il lungo corridoio aprì un'altra porta molto grande.
Entrò e subito lo seguimmo, la stanza era veramente spaziosa divisa in navate, in fondo a quella centrale su una specie di altare erano posizionati due troni. La stanza era anche piena di finestre e al suo fianco delle fiaccole. La navata centrale era delimitata sia a sinistra che a destra da colonne che sembravano fatte di marmo. Inoltre le due navate laterali erano più lunghe e strette rispetto a quella principale, mi ricordava molto la sala del trono che avevamo quando io e Leam abitavamo nel tempio.
Sul trono sulla sinistra era stravaccato il demone che era presente l'altro giorno, quello con le orecchie da gatto e i baffi arricciati all'insù. Dai pantaloni spuntava la sua lunga coda che gli arrivava fino alle spalle.
«Feles scendi subito da lì» gli ordinò Leam con tono autoritario.
«Oh sua infernalità ben ritornato» disse sarcastico il demone.
Leam solo con il pensiero lo sbatté contro una delle tante colonne.
«Ahi!» si lamentò alzandosi lentamente «Però dea Angelica potevi anche fermarlo come avevi fatto nei confronti di Corvus.»
«Te lo sei meritato, sfottevi un po' troppo» alzai le spalle.
«Beh non posso aspettarmi di meno da una castratrice di gatti, vergognati» si parò con le mani l'inguine.
«Castratrice?» domandai dubbiosa e confusa.
«Quel povero gatto che hai a casa e che hai cercato più volte di portarlo dal veterinario per castrarlo, beh... sono io carina» si puntò il dito verso di se.
Io rimasi sorpresa «Che cosa... io avevo un demone in casa e non lo sapevo?»
Ormai erano anni che quel gatto mi seguiva ovunque andassi, vuol dire che era da tempo che Leam mi sorvegliava, non sapevo che i demoni di tipo animale potessero attraversare la barriera come gli esseri. Ed è anche per questo che non li avevo mai visti, erano stati creati di recente.
«Beh anche Corvus ti teneva d'occhio fin da bambina, invece Lupus era la tua guardia quando eri in quella villa di matti» continuò a parlare il demone gatto.
«Fe...le...s» disse a denti stretti Leam, sembrava quasi un ringhio. Io lo guardai con sguardo accusatorio ma lui cercò di ignorarmi fissando in aria il soffitto.
Mi rivolsi a Feles «E io che pensavo che scappassi per andare dalla gatta del nostro vicino.»
«Oltre a riferire a sua mostruosità, andavo anche da quella splendida femmina che ogni volta mi dava il due di picche» il demone fece una smorfia intanto che lo diceva.
Nella stanza entrarono altre due figure, il demone lupo dell'alta volta e Indivia. Nel vederla, mi stava nascendo un fastidio dentro me stessa, non sapevo come giustificarlo, il demone qui presente era uno dei consiglieri più fidati di Leam e una volta responsabile dei giovani demoni appena nati. Era l'unica demone ad essere molto fedele a Leam, era sempre attaccata a lui fin da quando io ero ancora completamente un angelo. Naturalmente era sempre vestita in modo succinto, non era cambiata nel tempo, mora con il caschetto e una grande quantità di rossetto sulle sue labbra. Perché dovevo incontrarla tra l'altro in un luogo così sfavorevole nei miei confronti.
«Ben tornato padrone» risposero i due demoni appena arrivati.
«Avete trovato i due esseri umani?» domandò Leam.
«No signore ma stiamo facendo tutto il possibile» affermò Lupus.
«E se quei buchi neri non portassero solo all'inferno?» fece un'ipotesi Robinia, interrompendo la conversazione.
«Già potrebbe essere un modo per portarti in questo luogo sfavorevole per te Angelica» rispose Matteo.
«Io ne sono sicura che siano qui da qualche parte» insistei.
«Angelica, ti ho portato all'inferno, ti ho messo di fronte al fatto che qui tuo fratello e l'altro coso non ci siano. Che cosa devo fare di più? Sei in pericolo se stai qui, ti riporto a casa» Leam mi prese per il braccio dirigendosi verso la porta in cui eravamo appena entrati.
Io puntai i piedi «Non ci penso neanche di andarmene finché non li avrò trovarti, andrò là fuori a cercarli!»
Leam si girò di scatto era una maschera di rabbia« Che cosa vuoi fare? Se mettessi fuori piede da questo castello verresti uccisa all'istante.»
«Ma che ne sai, mi hai sempre trattato come una bambola di porcellana. Ce la posso fare benissimo da sola, avevo resuscitato apposta gli altri per potermi difendere da sola» gli urlai buttando per terra la parrucca che avevo indosso.
Lui si avvicinò troppo velocemente al mio viso «Anche se hai creato quei fenomeni da baraccone, rimani sempre debole. E poi questa tua insistenza, lo sai dove ci ha sempre portato, alla distruzione, solo tu riesci a mandarmi fuori di matto e farmi diventare una macchina fuori controllo. Sei solo un egoista del cazzo!» ormai non pronunciava frasi di senso compiuto ma mi stava solo sbraitando in faccia. La vena sulla tempia dell'immortale pulsava in modo allarmante.
Ferite, sentivo solo dei fendenti arrivarmi da ogni parte del corpo. Leam era in grado di distruggermi solo con le sue parole, lasciandomi lì ferita e agonizzante. Rivangando gli errori fatti in passato. Riuscii a togliermi dalla sua presa e allontanarmi con calma, mettendo le braccia davanti per non vederlo. Le lacrime iniziarono a scorrermi sul viso, mi sentivo vuota, nelle mie orecchie udivo un flebile suono fastidioso. Una delle mie braccia che avevo messo a forma di x per non vederlo, venne presa e allargata timidamente.
Vedevo il suo viso pieno di frustazione e rimorso.
«Mi dispiace Angelica, ho così paura che tu possa farti del male che io possa perderti. Ho aspettato tanto per rivederti che sarei in grado di polverizzare chi si mettesse tra di noi. Non puoi immaginare quanto sono stato male per quello che ti ha fatto tuo padre, per quello che ti hanno fatto in quel posto. Non sono riuscito a salvarti che dal nervoso mi sono strappato un braccio. Non voglio che risucceda una cosa del genere, questa volta non potrei trattenermi, potrei cancellare sia gli umani che gli immortali. Cerca di capirmi.»
Ogni suo parola, ogni lettera pronunciata da lui era come un macigno sul mio cuore.
Ero così accecata dall'odio che non vedevo la sofferenza che gli avevo inflitto in passato, di quello che gli stavo ancora infliggendo.
L'avevo sempre saputo che per lui fossi la persona più importante della sua esistenza, eppure con la mia insistenza, con il mio egoismo, l'ho sempre portato al limite.
Ho sempre dato la colpa a lui per quello che era successo, ignorando il fatto di essere io stessa la sua benzina che accendeva il fuoco di tutto.
Non oso immaginare quello che aveva provato, quando ha saputo quello che mi avevano fatto anni fa in quel laboratorio. Ancora adesso rischiavo di mandarlo fuori di testa, forse per una volta dovevo lasciare fare a lui.
Lo abbracciai «Leam... scusa se sono un'egoista del cazzo.»
Lui appoggiò la sua fronte sulla mia, chiusi gli occhi per non fissarlo, sapevo che se l'avessi guardato, si sarebbe riaccesa una fiamma che avevo cercato di soffocarla e spenta da tempo ormai.
«In quello che hai detto teniamo le tue scuse e che sei stata egoista. Le ultime parole finali, erano solo dettate dalla rabbia» mi diede un bacio rapido sulla fronte.
Io mi allontai e riaprii gli occhi i miei compagni e i miei amici non c'erano.
«Credo che volessero darci un po' di privacy» disse Leam «Vieni con me so dove sono andati.»
Mi portò in una stanza che sembrava un salotto, lì i presenti stavano mangiando cibo istantaneo. Appena entrata Indivia mi fissò per qualche secondo in maniera truce ma non disse nulla riassumendo la sua solita aria da spocchiosa.
Diocle mi passò una scatoletta con delle posate.
«Tieni, avrai fame, anche se non sembra se fossimo nel mondo umano sarebbero le 8 di sera» disse il mio amico biondo.
«Già, per scendere all'inferno ci vuole un'ora e se il clima non è favorevole com'è capitato oggi, ci si mette anche metà mattinata per raggiungere il castello» spiegò Yag.
Pure Leam si mise a mangiare.
«Per i noi demoni anche se cerchiamo di non darlo a vedere è un grande sforzo fare il viaggio per tornare all'inferno o viceversa» aggiunse Feles il gattaccio.
«Mi scuso se il cibo è in scatola ma per gli immortali non è vitale mangiare, eccetto che si sia fatto un grande sforzo fisico. Inoltre con queste temperature i viveri vanno subito a male» parlò Corvus.
«Ah pensavo che voi mangiaste le anime degli umani» disse Matteo sarcastico.
Arrivò subito un'occhiataccia da parte mia.
«No, la maggior parte dei demoni si mette solo a giocarci con gli umani, è per questo che abitano di più nei gironi infernali o vanno in superficie» rispose Yag.
«Poi ce ne sono alcuni che preferiscono dei bocconcini biondi con occhi azzurri. Vieni qua e fatti imboccare zuccherino» continuò il demone, con la forchetta in mano.
«Stai fermo pervertito» lo mandò via Arasio.
«Sì di ancora quella parola, sai quanto mi piace» disse il demone con occhi sbarazzini, l'angelo diventò rosso per la seconda volta.
Dopo aver fino di "mangiare" Leam diede l'ordine a Lupus di sguinzagliare ancora persone fidate per trovare Zacinto e Claudio.
Inoltre Leam disse che mi avrebbe riportato in superficie di mattina, poiché anche all'inferno c'era una sorte di notte dove molti più animali infestavano questo posto che puzzava di zolfo.
Ad un certo punto quando dalle finestre non entrò più quella poca luce, ognuno di noi prese una stanza, i demoni stavano fuori di guardia.
«Yag lasciami! Non c'è bisogno di trascinarmi nella mia camera, posso camminare da solo!» vedevo Arasio agitarsi verso la mia direzione.
«No sono la tua guardia del corpo, non vorrei mai che qualcuno si intrufolasse nel tuo letto. Per cui dobbiamo dormire assieme» affermò Yag convinto, l'angelo venne preso e trascinato dal suo compagno. Arasio cominciò a dimenarsi in panico tentando di liberarsi ma con poco successo.
«Ti prego Angelica aiutarmi» l'immortale mi guardò supplichevole.
«Non ti sento Arasio, non riesco a capire cosa dici» gli risposi.
La porta della loro stanza si chiuse. Il mio tifo andava a Yag e alle sue doti da demone seduttore.
«Angelica vai pure nella tua stanza io rimarrò fuori a sorvegliare, se hai bisogno di aiuto chiama pure» disse Leam visibilmente stanco.
«Non credo che tu sia un cane per rimanere a dormire fuori dalla stanza» risposi.
Si formò un sorriso malizioso sul suo volto.
«Vuoi che dorma con te nel letto?»
«No! Dormi pure vicino alla porta, ma puoi stare dentro alla stanza. Se fai qualcosa sei un demone morto» lo minacciai.
«Ok» alzò le spalle con un sorriso a 32 denti.
Andai in bagno a lavarmi, a quanto pare erano pochi i posti all'inferno dove era possibile trovare dell'acqua.
Mi ammollai nella vasca, l'acqua era stranamente molto limpida.
Mi stavo rilassando, tra il viaggio e la litigata con Leam ero esausta.
Ad un certo punto sentii odore di acido, l'acqua stava diventando rosso sangue. Improvvisamente, una mano viscida e nera uscii dal tubo di scarico della vasca, cercò di stritolarmi ma io riuscii a liberarmi gridando dallo spavento.
Oltre alla mano, stava pure uscendo il braccio spaccando la vasca e le mattonelle del pavimento.
«Leam!!» urlai spaventata.
Spazio Autrice
Piccolo collage tra Leam e Angelica.
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