Capitolo Sette (passato)

Lei

Da quel giorno la nostra relazione si consolidò ancora di più, tutti e due avevamo bisogno di sfiorarci e di sentirci l'un l'altro, non solo fisicamente ma anche attraverso la nostra anima. L'uno era la parte mancante dell'altra.

Non riuscivamo a stare lontani da quando andavamo a dormire, fino a quando non riaprivamo gli occhi appena svegli. Volevo sempre vedere il suo sorriso che solo io potevo dipingere sulle sue labbra.

Avevamo costruito una casetta di legno nel bosco vicino al praticello di viole.
Un piccolo nido d'amore con al suo interno solo quattro camere di discrete dimensioni.

All'entrata si era subito catapultati nel salotto, l'unica stanza più spaziosa presente in questa casa. L'avevamo arredata con il minimo indispensabile. Al centro di essa avevamo utilizzato del legno di noce per creare una panca che dava proprio davanti al caminetto in pietra.

Dopo che avevamo finito di mangiare, durante le fredde sere d'inverno, io e Leam ci accoccolavamo davanti al caminetto. Lingue di fuoco danzavano e scoppiettavano, rilassandoci con il loro dolce suono.

La panca era imbottita di un tessuto creato dalle gassose nuvole di questo cielo, la stoffa era fatta di un materiale molto simile alle vesti che avevamo addosso.

I morbidi e freddi batuffoli, venivano prima trascinati sul terreno, strizzati con tutta la forza possibile, poi disidratati al sole. Le nuvole dopo una gionata di sole battente si afflosciavano completamente, diventando simile a lunghi e interminabili fili di cotone grezzo, un materiale che sarebbe comparso diverso tempo addietro.

Con molta pazienza mi mettevo a raccoglierlo e a creare soffici gomitoli. Le tinte dei colori mutavano in base al tempo atmosferico variando tra il bianco candido, alle varie sfumature di grigio fino a essere di un nero pece intenso. Raramente dopo violenti acquazzoni quando compariva l'arcobaleno, riuscivo a raccogliere gomitoli dalle diverse tonalità sgargianti.

Invece per estrarre sfumature dorate o argentate dovevo alzarmi molto presto, quando ancora le prime luci dell'alba baciavano il materiale gassoso.

Durante il crepuscolo si ottenevano al contrario fili dalla colazione variabile più rosata e aranciata. Se si aspettava molto dopo il calar del sole, si potevano ricavare fili dalle sfumature più fredde tendenti al blu notte con riflessi violacei. In un futuro sarebbe stato una buona attività redditizia nella comunità.

Oltre alle imbottiture nere della panca, avevo anche creato numerosi e graziosi cuscini su cui appoggiarsi.
Enormi vetrate circondava il salotto rendendola maggiormente luminosa durante le serene giornate. Il panorama era ancora più formidabile, quando la candida neve cadeva lentamente imbiancando la piccola dimora.

Un tappeto blu notte era adagiato tra la panca e il camino dove io e il mio compagno allungavamo i piedi scalzi.

Il salotto era collegato con la piccola cucina in legno, al suo interno
avevamo il tavolo e le sedie dove io e Leam mangiavamo. Sotto alla finestra era posizionato un banco da lavoro sul quale preparavamo le nostre cibarie. Di fianco a esso avevamo un piano di cottura in pietra, la legna prendeva fuoco scaldando le pentole di terracotta.

Poco distante avevo un piccolo lavandino con all'interno due secchi stracolmi di acqua del torrente, per poter lavare le stoviglie. In alto avevo creato una mensola dove adagiare i vari utensili di cucina e i vari bicchieri e piatti puliti.

Sull'asse di legno attaccato al muro, erano posizionate piccole anfore con all'interno diverse spezie ed erbe di questo territorio. Sempre in questa stanza avevamo una zona più umida e priva di luce, dove posizionavamo dei vasi ben sigillati contenenti le provviste di cibo.

La stanza di coppia era molto semplice, avevamo un'enorme cassapanca bianca ai piedi del letto.
Di fianco al giaciglio del riposo erano presenti due comodini, in un angolo della camera era posizionato una sedia a dondolo.

La seggiola veniva costantemente spostata dalla sottoscritta, per poter guardare fuori dalla finestra, quando il sole era in procinto di lasciar posto alla luna.

Il letto era circondato da tutta una struttura in ferro riverniciata di nero. Leam aveva speso diversi giorni per crearla. Costituita da vari ghirigori e fronzoli ma rimanendo esteticamente lo stesso coerente nella sua semplicità.

Il materasso era composto da una sacco bianco imbottito solo con la paglia, i candidi lenzuoli avvolgevano la grossa struttura morbida .

Il bagno invece era solo una stanzetta di piccole dimensioni, con al suo interno una tinozza in legno in cui lavarsi.

Per i bisogni avevamo un luogo al di fuori della casa, in una zona più appartata e collegata a un reticolato di scolo che avevamo costruito.

Dopo la nostra abitazione, creammo vari esseri viventi in grado di provare emozioni molto simili alle nostre. Avevano diverse dimensioni ed erano muniti di: zanne, becchi, unghie, ali per potersi difendere. Alcuni di loro avevano il pelo altri un folto piumaggio. Emettevano piccoli versi ma privi del dono della parola.

Le creature potevano avere delle lunghe orecchie oppure esserne prive, dagli occhi enormi o completamente minuscoli ma che riuscivano a trasmetterti la loro fiducia oppure il loro completo sdegno.
Io e Leam li chiamammo animali.

Dopo tutto quel trasformare e creare, io e il mio compagno decidemmo di riposarci per almeno un giorno.

Quello stesso dì mentre camminavamo nel bosco, mi sentii stanca e persi i sensi. Quando mi ripresi, vidi Leam attraversare nei suoi occhi dorati un moto di preoccupazione.

«Che cos'è successo?» chiesi ancora scossa.
«Sei svenuta. Mi hai fatto venire un infarto non che io sappia cosa sia, però se l'avessi la sensazione sarebbe la stessa.»
Intanto il demone mi accarezzò  teneramente la guancia.
«Non mi è mai capitato» risposi tra me e me ad alta voce.
«Forse ti sto facendo stancare troppo, meglio rallentare i ritmi» affermò Leam, abbozzando un leggero sorriso.
Il suo sguardo diventò malizioso e mi fece l'occhiolino, tentando di smorzare l'aria di tensione di cui era intrinseca la stanza.

«Scemo» dissi dandogli un lieve colpetto sulla spalla.
Il mio volto era completamente arrossato. Quel maledetto riusciva sempre mettermi in imbarazzo con poco.

Quando capii che il capogiro mi era passato, cercai di alzarmi dal letto, ma qualcosa dentro di me mi diede un calcio nella pancia. Rimasi pietrificata. Leam si alzò dalla sedia a dondolo, precipitandosi accanto al letto.

Mi toccai il ventre, era gonfio e tondo. É vero che in questo periodo avevo messo un po' di peso, ma non ci avevo fatto caso che la pancia  fosse aumentata così tanto di volume. Pensavo che fosse tutta la frutta che mangiavo, da poco iniziai a cibarmi anche di carne.

Leam diceva che era buona ma io non ero molto favorevole, uccidevamo le nostre creature e questa cosa non la vedevo di buon occhio.

Un altro calcio arrivò all'interno della pancia, qualcosa continuava a muoversi dentro il mio corpo senza che io potessi controllarlo. Leam appoggiò la sua mano sul mio ventre e mi guardò sorpreso con i suoi occhi gialli.

«Sento i battiti, è vivo» disse sorpreso.
Strabuzzai gli occhi confermando con un cenno del capo quello che percepiva il mio compagno. Non ci avevo fatto caso che avessi un essere nella pancia, era una sensazione strana ma piacevole.
Il viso di Leam dallo stupore si tramutò diventando sempre più cupo.

«Dobbiamo ucciderlo, potrebbe farti del male» disse guardandomi serio.
Solo sentendo quelle parole ero disgustata, dal momento che l'avevo sentito scalciare, mi ero già innamorata per la seconda volta.
«Non ti preoccupare non mi farà del male, è una nostra creatura l'abbiamo creata insieme... è nostro figlio» cercai di rassicurarlo toccandogli la mano.
«Figlio? Suona bene come parola» commentò.
Leam era ancora perplesso, ma ero convita che gli sarebbe piaciuto prendersene cura.

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Passarono dei mesi dopo quella bellissima scoperta, non sapevamo quanto tempo ci avrebbe messo nostro figlio a nascere. Guardavamo gli animali per farci un'idea, alcuni ci mettevano solo un paio di mesi ad avere dei cuccioli altri invece molto più tempo.
Io e il mio compagno eravamo confusi, quanto ancora ci avrebbe messo la piccola creatura a venire al mondo?

Inoltre le modalità in cui nascevano gli animali variavano da specie a specie. Chissà magari avrei partorito un uovo? Solo il tempo mi avrebbe risolto tutti i miei dubbi.

Leam era ancora più premuroso nei miei confronti, aveva sempre paura che mi facessi male oppure che mi stancassi troppo. Più il tempo trascorreva maggiore il mio ventre cresceva, finché un giorno mi bagnai e incominciai a non sentirmi bene. Un male tremendo da urlare come una pazza.

Era sera e avevamo appena cenato. I dolori si fecero sempre più acuti con il tempo e io stavo sempre più male. Il mio viso era imperlato di sudore, le ciocche mi si erano tutte applicate sul perimetro del mio volto.

Leam mi adagiò sul letto in cui dormivamo. Il demone non sapeva assolutamente cosa fare, si mise le mani nei capelli e incominciò a girovagare per tutta la stanza.

Per un attivo avevo avuto il terrore che perdesse i sensi,  lasciandomi da sola a partorire nostro figlio.

A ogni minuto le contrazioni erano sempre più forti, finché a un certo punto istintivamente, allargai le gambe e incominciai a spingere. Il mio compagno decise di calmarsi e di fare qualcosa di utile, monitorando cosa stesse succedendo tra le mie cosce.

Il demone cercava di coccolarmi anche subendo tutte le imprecazioni che pronunciavo nei suoi confronti.
Non so quanto tempo trascorse, sembrava che fossero passati  giorni e non ore dai primi dolori, ma sentii finalmente quella che sembrava una buona notizia.

«Sta uscendo è quasi completamente fuori, ancora uno sforzo amore.»
Successivamente sentii piangere e i miei muscoli si rilassarono, ero esausta ma contenta che nostro figlio/a fosse nato/a.

Leam lo lavò, lo avvolse in una copertina e me lo mise tra le braccia. Quel fagottino era la cosa più bella che avessi mai visto. Il piccolo aveva la pelle color porcellana come noi due, gli occhi color celeste erano come i miei e i capelli erano nero pece come quelli del padre. Per il momento il neonato era privo di ali.

L'appoggiai al mio seno come se fosse una cosa così naturale, la creaturina incominciò a succhiare per cibarsi. Leam mi avvolse con le sue braccia e appoggiò la sua testa sudata sulla mia spalla. Le prime luci dell'alba entravano dalle finestre e con quell'inizio di quella nuova giornata, noi incominciavamo a renderci conto di essere appena diventati una famiglia.

«Come lo chiamiamo Angelica?» mi chiese Leam con occhi stanchi.
Pensai a un nome adatto e me ne venne in mente solo uno.
«Visto che è il nostro primogenito lo chiameremo Serse, sarà il primo dei nostri tanti figli» affermai eccitata dall'idea.
Leam alzò la testa di scatto «Ne vuoi altri? Sei pazza? Sai cosa ho visto lì davanti? Non puoi neanche immaginare.»

Lo guardai male.
Lui se ne accorse e si corresse «Non mi fraintendere mi piace quando allarghi le gambe ma vedere quella testa uscire... me la sognerò di notte questa cosa.»
«Abbiamo l'infinito a nostra disposizione per provvedere alla prole» detto questo l'abbracciai baciandolo sulla tempia.

Pochi giorni dopo mi ripresi dalla nascita di Serse, il bambino sporcava sempre e continuava a piangere. Dovevo stare continuamente attenta, il fagottino aveva sempre bisogno di cure e a fine giornata ero frequentemente stanca.

Io e Leam esausti di questa cosa, creammo di comune accordo un angelo e un demone molto simili a noi, ma assolutamente non uguali. Dovevano avere una loro personalità e muoversi a loro piacimento. Così io utilizzai una goccia della mia aura di luce e plasmai Aletta.

La giovane aveva le fattezze femminili e dal viso delicato. La nuova arrivata aveva una costruzione fisica esile e non molto alta. Il suo viso era incorniciato con dei capelli biondo miele a caschetto. I suoi occhi vivaci e intelligenti avevano una bellissima tonalità blu elettrico. Dietro alla schiena spuntavano due splendide candide ali.

Invece Leam dalle ombre formò Teli. Un demone dalle fattezze maschili, era molto alto e con i capelli lisci.
I suoi occhi erano di un rosso scarlatto brillante ed era munito di ali nere.

Entrambi si prendevano cura loro di Serse, quando io e il mio compagno eravamo molto stanchi. Dopo poco anche tra Aletta e Teli scoppiò la passione e divennero anche loro una coppia.

Adesso non eravamo più soli, anche se stavo bene con Leam mi sentivo più serena nel vedere più gente in questo pianeta così vuoto.

Un giorno saremmo stati talmente tanti da riempire tutto questo sabbioso terreno. Era questo che mi ero prefissata, nasceranno tante storie d'amore tra i vari demoni e angeli, vivremo tutti in pace e armonia.
Ero solo una povera illusa quando lo pensai a quei tempi, non sapendo ancora il significato della parola discriminazione.

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