Capitolo Sessanta
Lei
Lasciai il locale completamente furente, perché non capivano la mia situazione? Sono riuscita a far pace con me stessa, sono anche stata in grado di superare il mio rancore che avevo nei confronti di Leam.
Non lo perdonerò per ciò che ha fatto quel giorno nei confronti dei miei figli, prendendosela anche con tutta la popolazione di Monacre, ma a malincuore ho capito che senza di Lui non posso vivere.
La sua presenza, i suoi occhi, il suo sorriso è l'unica cosa che mi fa sentire viva.
A un tratto due braccia forti mi cinsero da da dietro, abbracciando completamente la mia figura.
Il demone adagiò il suo volto tra il collo e la spalla, inspirando profondamente il mio profumo.
Leam mi baciò teneramente sulla tempia.
«Va tutto bene? Andiamo a fare due passi per calmarci» affermò sottovoce vicino al mio orecchio.
Annuii con il capo senza parlare.
Leam si mise di fianco a me e iniziammo a passeggiare lentamente mano nella mano.
Il mio sguardo era fisso a terra non avevo il coraggio di esprimermi, preferivo notare i minuscoli fiocchi di ghiaccio che adornavano la strada rendendo il terreno scivoloso.
Le temperature erano veramente rigide in questi giorni e il vento gelido mi schiaffeggiava in volto.
Nella mia testa si affollavano mille pensieri.
«Che cosa ti turba?» mi chiese.
«Niente» risposi vaga fissando altrove.
«Se non avessi niente mi guarderesti in faccia» affermò con tono indagatore.
«Ti ho detto che non ho nulla» continuai.
Lui si fermò, chinò il capo per poi guardarmi in viso.
Incontrai i suoi occhi che ora erano completamente neri, il suo sguardo trasmetteva forte preoccupazione e molti dubbi.
Il tempo passò e nessuno dei due aveva intenzione di parlare, finché non fu proprio lui a interrompere il silenzio.
«Che cosa attanaglia il tuo cuore?»
Il volto del demone trasmetteva insicurezza, aveva paura di aver fatto qualcosa di male.
Non ora ma se un giorno ricapitasse una situazione del genere, sfiorando nuovamente la pazzia e ammazzasse di nuovo a destra e a manca, riuscirei a sopportare ancora un dolore del genere?
Lo guardai nei occhi «Leam, promettimi che non farai mai più quello che hai fatto secoli fa? Giurami che non ti vedrò più con quell'espressione da demonio. Non credo di riuscir a sopportare ancora una situazione del genere.»
Lui si staccò dalla mia figura e si allontanò come se si fosse scottato.
«Davvero credi che non abbia imparato la lezione? Sono in grado di controllarmi ora.»
«Ma tu ogni tanto perdi il lume della ragione. Dimmi adesso come fai a scaricarti senza distruggere qualche pianeta? Sei una pentola pressione basta vedere che cos'hai fatto a Termine.»
La sua espressione era intrinseca di frustrazione «Ti ho detto che adesso riesco a controllarmi. Per caso vuoi lasciarmi?»
«No! Sono dubbi che mi attanagliano Leam» cercai di mantenere i toni calmi.
Dal suo pallido naso uscì qualche goccia di sangue, il demone stringeva i pugni fino a far diventare le nocche ancora più bianche del solito.
«È stato uno sbaglio farti incontrare con i tuoi figli. Perché devi sempre avere dei dubbi su di me? se dovessi farlo giuro su quello che ho più caro, cioè te Angelica che mi allontanerei io stesso da te, anzi creerei una barriera per tenerti a distanza da questa orrenda creatura.»
Lo fissai negli occhi e immediatamente nacque in me questa domanda.
«Se fossi proprio io a fare uno sbaglio nei tuoi confronti. Tu come la prenderesti?»
Lui fece una smorfia e scosse la testa toccandosi i capelli nervosamente «Non credo che possa mai succedere una situazione del genere.»
«Ti fidi troppo di me» gli risposi.
«Vorrei che questa cosa fosse reciproca» si incamminò lasciandomi indietro, lo raggiunsi e mi misi di fianco a lui.
La situazione si era capovolta, adesso era Lui che non incrociava il mio sguardo.
Continuammo a camminare in silenzio non guardandoci in volto, doveva essere incavolato nero.
Ci trovammo in centro dove una sfilza di negozi era abbellita con luci accese e graziose stelle di Natale.
Una di esse mi balzò agli occhi, era priva di fronzoli ed era rimasta invariata da anni.
Era da moltissimo tempo che non ci mettevo piede e l'ultima volta fu con Licerio e con i miei amici, quel negozio di strumenti musicali era rimasto il solito e polveroso posto.
Tirai la giacca del mio compagno come una bimba emozionata di fronte a un negozio di giocattoli.
Leam mi guardò diffidente.
«Entriamo» dissi tirandolo per il braccio.
Lui fissò l'insegna e poi diresse l'attenzione su di me «Non ne ho voglia di scherzare. È meglio che torniamo a casa» disse in modo annoiato e scuotendo la testa.
Lo trascinai nuovamente per un braccio e aprii la porta del negozio senza dar peso alla sua opinione.
«Ascolta quello che ti dice la gente» parlò Lucifero a denti stretti.
Sapevo che si stava trattenendo nel non fare scenate, ma dovevo vedere se riuscivo nel mio intento di farlo tornare a un livello di tolleranza normale.
Varcammo l'uscio della piccola struttura.
L'interno come l'esterno non era cambiato, rimanendo invariato nel tempo.
Sulla parete centrale color menta erano appese delle chitarre elettriche proprio in bella vista, poco più in basso invece c'erano le chitarre acustiche.
Dall'altra parte del negozio era presente qualche batteria e delle pianole, vicino erano adagiati diversi strumenti a fiato come: il flauto traverso, ottavini, clarinetti, saxofoni e via dicendo.
Ma il muro a cui ero più interessata era quella di sinistra, dove erano allestiti gli strumenti a corde strofinate, non erano moltissimi ma erano lì che mi guardavano gli stumenti simbolo di questa città: i violini.
Anche se erano industriali sembravano fatti bene.
Licerio mi trascinò qui e io lo scelsi come mio strumento musicale.
Iniziai a suonarlo per punizione, non mi ricordo neanche che cosa gli avevo fatto.
Quando migliorai e divenni più brava, Licerio mi comprò un violino prodotto da un famosissimo liutaio di questa città (non oso immaginare quanto l'avrà pagato).
Li guardai estasiata, era da molto che non li vedevo dal vivo, non ebbi più il coraggio di toccarli dopo quello che successe in quel laboratorio, chissà quanto ero fuori forma.
Il commesso del negozio che era dietro al bancone di legno, si avvicinò con andatura dondolante e con la schiena ricurva.
Il mortale proprietario del negozio era proprio come me lo ricordavo, solo un po' più invecchiato.
Un uomo basso, rotondetto e stempiato con gli occhiali perennemente attaccati alla loro cordicella di perline.
Aveva in mano dei plettri e prima che noi entrassimo li stava collocando vicino alla cassa.
«Le interessano questi violini? Sono molto bell... oh ma io credo di averla già vista» disse il signore posizionandosi gli occhiali sul naso.
«Sì venivo sempre da bambina con i miei amici e Licerio, il maggiordomo, quel signore alto con la faccia sempre corruggiata.»
L'uomo si picchiettò il mento con l'indice «Ah sì, infatti non eri una faccia nuova, sei così cresciuta che non ti avevo riconsciuta al primo colpo. Vuoi vedere qualche violino? Se non sbaglio suonavi quello strumento»
«Sì, quale mi consigli?» chiesi annuendo.
«Guarda, questo è quello che vendiamo di più è di una marca ottima anche se sono di tipo indutriale» l'uomo lo prese in mano e me lo passò subito.
«Prego provalo pure» disse il commesso.
Lo presi in mano, un senso di nostalgia mi pervase.
Toccai con l'indice e il medio la liscia sagoma, pizzicai le corde solo per sentire il loro suono e con l'altra mano strinsi l'archetto fino a farmi diventare le nocche bianche.
Mi sentivo euforica.
Come se andassi incontro a un vecchio amico.
Osservai Leam negli occhi, il demone aveva il viso ancora imbronciato e guardava altrove visibilmente seccato.
Sorrisi al mio compagno e lui in tutta risposta aggrottò le scure sopracciglia in maniera confusa.
Presi fiato.
Ci staccammo da tutto, innalzai una barriera eravamo solo noi due, mi concentrai per visualizzare il paesaggio perfetto.
Cercai di simulare il nostro primo luogo d'incontro, il nostro bosco e il nostro praticello.
Lui continuò a guardarmi monoespressivo.
Presi un secondo respiro cercando di recuperare la concentrazione.
Speravo di ricordarmi ancora a memoria il testo che suonai anni fa pensando a Lui.
«Leam questa l'ho dedicata a te diverso tempo fa, quando qualche ora dopo fui presa in ostaggio. Il mio più grande rammarico era di non avertela mai fatta sentire, spero di esserne all'altezza come quando la cantai la prima volta.»
Notai in lui un rilassamento del viso misto a un altro sentimento che non riuscii a decodificare.
Non so cosa stesse pensando, vedevo i suoi occhi incuriositi e preoccupati.
Le mie parole l'avevano portato indietro anni fa.
Chissà cos'avesse provato quando seppi di quello che mi avevano fatto?
Mi misi in posizione, lo fissai negli occhi, finalmente avrei potuto cantargliela come avevo immaginato da bambina.
L'arco strofinò le corde e io insieme a esse cominciai a cantare. Pian piano a ogni nota a ogni parola, Lui si addolciva.
Finalmente stava ritornando a essere il mio compagno, non Lucifero, non Satana, non il signore degli inferi... solo Leam.
Finii che non avevo più fiato in gola, le mie guance era rosse per l'imbarazzo e per lo sforzo, le mie gambe erano diventate molli ma le sue braccia forti mi sorressero dandomi un bacio sulle labbra.
«Mio angelo è bellissima» mi disse vicino al mio orecchio.
«Sono contento che ti sia calmato» gli dissi ricambiando il bacio.
«Sei tu che giochi a farmi saltare i nervi, mio angelo pieno di complessi.»
Ci staccammo e tutto ritornò normale, ero così tesa che non riuscii a tenerla per molto la barriera.
Il signore ci stava ancora fissando imbambolato.
«Può pure iniziare» mi disse.
«La ringrazio ma non lo com...»
«Lo acquistiamo, quanto costa?» parlò Leam.
Lo guardai confusa.
«Ottimo allora» disse il signore cogliendo subito la palla al balzo.
Uscimmo dal negozio e lo tirai subito in un angolo appartato «Perché l'hai comprato?» domandai ancora confusa.
Lui sorrise «Altrimenti come farai a deliziarmi senza il violino? Voglio ancora sentirla all'infinito quella canzone.»
Arrosii.
«È già imbarazzante cantartela adesso per farti tornare il buon umore, figurati per l'eternità. Inoltre hai speso soldi per niente?»
«Beh, allora vuol dire che supererai questa timidezza. Inoltre per sdebitarti dormirai una settimana a casa mia» disse con un sorrisetto malizioso.
Finalmente era tornato quello di sempre.
«Non ci penso nemmeno, quando avrò il portafoglio ti restituirò tutto» affermai orgogliosa.
Lui fece una smorfia «Ma come signorina Fiore, non vuole passare delle intere giornate con un demone di spicco come me?» disse con finta sofferenza sul volto.
«Mi dispiace signor Saveri, non mischio la vita privata con il lavoro» continuai con la recita.
Lui scoppiò a ridere «Beh vuol dire che il suo debito aumenterà finché lei dovrà accettare la mia proposta.»
«Ma dove hai tutti quei soldi per permettersi di spenderli così facilmente?»
Era un dubbio che mi ero posta fin dalla prima volta che l'ho visto insieme al mio capo.
Il demone smise con la nostra recita e parlò seriamente.
«Vedi Angelica, quando gli uomini facoltosi che nella vita hanno sempre usato il loro denaro in modo errato, non pensando che quando arrivano al capolinea sono destinati alle calde viscere della terra. Loro stessi mi scongiurano di non ucciderli e di non farli finire all'inferno, allora acconsento a un patto. Li lascio vivere ancora su questo mondo, ma loro devono pagarmi questo tempo con una sorta di tassa che ogni giorno aumenta sempre di più, finché non sono più in grado di estinguere il debito. Da quel momento termina la loro vita e vengono portati in un determinato girone infernale, dove vengono legati con la faccia rivolta verso il terreno roccioso, lì il sole picchia costantemente rendendoli pieni di scottature. I corvi si cibano della loro schiena, i demoni di infimo livello si mettono a giocare non solo con le vescicole presenti sulla loro schiena ma anche con il loro corpo. Lo so ho fiuto per gli affari. Spero non averti innorridito troppo mio angelo.»
«Praticamente mi stai dicendo che sei un usuraio?»
Perché non ero così stupita di questa cosa?
Lui fece le spallucce «Sono punti di vista.»
«Non voglio neanche immaginare la fantasia perversa che hai nel giudicare le anime dannate» dissi.
«Gli do solo quello che si meritano. Comunque la mia fantasia perversa preferisco usarla sul mio angelo» si avvicinò e mi morsicò il lobo dell'orecchio in pubblico.
Diventai rossa dall'imbarazzo e gli diedi uno schiaffo sul petto «Cretino.»
Lui sorrise per la mia reazione «Non fare così Angelica, lo so che anche a te non dispiace questa cosa» ci prendemmo per mano e non lo guardai in faccia, lui mi scompigliò i capelli.
Sì, adesso era decisamente di ottimo umore.
«A proposito di inferno e paradiso, non sei ancora salita in alto dopo la caduta della barriera?» mi chiese.
Scossi la testa «No, Arasio mi ha detto che ogni tanto ci sono delle discussioni nel regno dei cieli. La giunta di angeli se la sta cavando decentemente nel gestire il paradiso.»
«Capisco, beh ma dargli lo stesso una controllata là in alto. Sei tu il capo. Sono pur sempre immortali non dargli troppa libertà» mi suggerì.
Leam si fermò davanti a un negozio.
«Finalmente siamo arrivati. Volevo portarti un altro giorno dopo l'arrabbiatura, ma adesso che sono di ottimo umore possiamo entrare.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top