Capitolo Sedici
Lei
Uscimmo dall'appartamento e intanto che stavamo attraversando il giardino, incontrammo Ibisco e Fulvia.
«Che ci fate qui?» chiesi con fermezza e con tono severo.
«Abbiamo deciso di ritornare vogliamo anche noi lottare» rispose Fulvia.
«Perché? Non è un gioco. Se la prendete così alla leggera, morirete per la seconda volta e non ne ho voglia di resuscitarvi. L'altra volta siete stati fortunati che c'erano anche gli immortali in battaglia, ma in guerra non sempre si vince per caso.»
«Il perché te lo dico subito, ci hai imposto di non uccidere nessun umano ma solo esseri. Ti rendi conto della restrizione che ci stai costringendo a obbedire? Noi siamo degli assassini spacciavamo droga, trafficavamo armi, chiedevamo il pizzo, tutto ruotava intorno a minacciare la gente o uccidere. Che senso avrebbe tornare nel nostro clan se non posso confrontarmi e ammazzare? tanto vale ritornare da te e sfogarsi contro quelle bestie» spiegò Ibisco.
Ero inorridita per quello che stavo sentendo ma non potevo ribattere, erano avanzi di galera e non pretendevo di cambiare la loro natura.
«Fate quello che volete basta che non mi siate d'intralcio» me ne andai lasciandoli soli.
Salimmo in macchina, io mi posizionai sul sedile del passeggero affidai a Matteo il compito di guidare la vettura.
Percorremmo tutta Monacre, sviando dalle trafficate vie del centro. Arrivammo nella periferia della città, non lontano dal quartiere Giazzi. Quella zona era proprio come me la ricordavo, un'area dall'aria malsana adornata da appartamenti fatiscenti imbrattati da diverse scritte volgari. In giro c'era gente poco raccomandabile e barboni che dormivano sul ciglio della strada.
Scesi dalla macchina, toccando con le scarpe lo scosceso marciapiede.
«Matteo tu rimani qui» consigliai.
«Non ci penso nemmeno a lasciarti da sola» ribatté con fermezza scuotendo il capo.
«Non mi succederà niente è mio figlio, non mi farà mai del male.»
«E se dovesse comparire un essere?»
«Tu saresti in un lampo ad aiutarmi» lo rassicurai guardandolo negli occhi.
Il mio amico mi fissò per un momento che sembrava interminabile poi proferì parola.
«Sì è vero ma sono preoccupato per te, non so come potrebbe reagire tuo figlio. Un essere posso anche ucciderlo tranquillamente, ma se dovessi attaccare tuo figlio non so come la prenderesti. Tieni questa si sa mai cosa possa succedere» affermò Matteo.
Mi diede tra le mani una piccola bottiglietta di vetro all'interno era presente dell'acqua santa, lo fissai in malo modo e lo stesso fece la piccola Ardea.
«Guarda che noi siamo ibridi cioè oltre a essere mezzi demoni siamo anche mezzi angeli, se dovesse buttargli addosso l'acqua santa non gli causerebbe molti danni» spiegò Ardea irritata.
«Ma che ne so io di queste cose, tu prendila e basta. Al massimo gli dai un calcio nelle palle, anche se non diventi nonna non sarà la fine del mondo» farfugliò il mio amico.
Scossi la testa sconsolata e me ne andai lasciandolo vicino alla macchina a fumare.
Io e la piccola ci dirigemmo in un vicolo.
La stretta via era poco illuminata, le lampadine degli storti lampioni andava a intermittenza.
Dopo qualche minuto di camminata, trovammo un palazzo che corrispondeva al numero civico che mi aveva dato Claudio.
Era un struttura parecchio poco curata, le ringhiere dei vari balconi erano completamente arrugginite e in alcuni punti ne mancavano dei pezzi.
Emisi un sospiro seccato, cercai di non pensare troppo al tipo di dimora in cui era finito Mìtrio.
Chiusi gli occhi e mi concentrai, immediatamente trovai l'anima di mio figlio.
Una vitale sostanza gassosa dalle tinte argentate, danzava malinconica nella mia mente.
L'ibrido si trovava al secondo piano sulla sinistra del condominio.
Fissai negli occhi Ardea, in tutta risposta la piccola fece un gesto con il capo facendomi capire che anche lei aveva percepito la sua energia.
Ritornai a fissare nuovamente il palazzo.
«Beh se dovessimo bussare alla porta sono sicura che ce la sbatterebbe in faccia. Ci conviene salire sul balcone» affermai l'ovvio.
Ardea annuì guardandosi intorno, vedendo che la via era libera aprì le sue piccole ali di un color argento brillante, sbattendole un paio di volte come un vecchio tappeto impolverato. La bimba dal viso pieno di lentiggini avvolse le sue mani sotto il mio seno, con un solo sforzo balzammo sul sudicio balcone di Mìtrio.
Il poggiolo era di piccole dimensioni, completamente impestato da numerosi sacchetti della spesa con al suo interno qualsiasi genere di spazzatura. A stento riuscivamo io e mia figlia a rimanere in piedi, cercando di pestare il meno possibile l'ingombrante pattume.
Ci avvicinammo alla porta finestra che era completamente spalancata e scrutammo attraverso la zanzariera.
L'interno dell'abitazione era avvolta dall'oscurità, solo la fioca luce del televisore rendeva la stanza meno tetra.
La stanza rispecchiava completamente il balcone dell'appartamento, disseminato dall'immondizia e numerose bottiglie di vetro e plastica. Avevo cresciuto un topo di fogna e non un immortale.
Mio figlio era adagiato in maniera scomposta su un sudicio divano color testa di moro.
L'ibrido stava trangugiando a collo del vino intanto che fissava lo schermo luminoso che trasmetteva il tormentato film canoro "il fantasma dell'opera".
Dei fastidiosi piatti dorati si percuotevano nella mia testa rimbombando in un suono sgradevole. Li ammutii ritornando con la mente sgombera, pronta per ciò che ero venuta a fare.
Guardai Ardea, la quale mi diede un piccolo gesto di assenso, immediatamente feci scattare la zanzariera.
Mìtrio rivolse subito l'attenzione al rumore appena percepito.
«Che cazzo volete voi due?» affermò il biondo.
L'ibrido si alzò in piedi barcollando sorpreso dall'intrusione, per poi emettere un sonoro rutto che minacciava anche un futuro rigurgito.
«Siamo venuti a parlarti» dissi.
«Non ho niente di cui discutere con voi due» urlò mio figlio rosso in viso e biascicando con un italiano appena comprensibile.
Ci scommetto che anche se avesse continuato a sbraitare e a inveire, nessuno avrebbe chiamato la polizia. Tutti in questo quartiere erano abituati a sentire la gente ubriaca a gridare.
«Almeno ascolta tua sorella invece di preferire l'alcool» lo ripresi con tono materno, schifata di come si stava riducendo.
Mìtrio mi sembrava ancora presente anche se i riflessi non erano il massimo.
«Perché dovrei? per sentire di nuovo le stronzate che mi dice?» scoppiò in una risata isterica toccandosi i suoi capelli biondi.
«Mìtrio so che non posso rimediare al passato, però vorrei correggere il presente. La prima cosa che ho fatto ritornando a Monacre è cercarvi. Non vi ho mai dimenticato. Ho disattivato involontariamente la barriera per trovarvi, sai cosa vuol dire? Sono completamente scoperta. Ogni giorno rischio di essere fatta fuori, eppure non m'interessa se non posso essere al vostro fianco» cercavo di convincere me stessa di stare calma, ma un terremoto di emozioni invadeva ancora una volta il mio corpo.
Mi ero preparata il discorso nella mia testa, ma quando mi ero trovata davanti questa situazione era difficile rimane con la mente lucida.
«Non puoi rimediare a una cosa tanto grave. Ho perso il mio occhio sinistro per colpa tua e di quel bastardo» mi puntò l'indice davanti al mio viso.
Mìtrio spostò il ciuffo biondo con la mano, subito spiccarono due profonde cicatrici solcargli la parte sinistra del suo volto. Sembrava che una bestia inferocita l'avesse aggredito.
Sussultai alla vista di quelle lesioni, le mie gambe erano diventate pesanti. Mi avvicinai con la mano incerta sulle ferite, lui non si scompose, rimase fermo e rigido. Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Mi sentivo schifata da me stessa, non ero riuscita a proteggere i miei figli e questa cosa sarà per sempre il mio rimorso più grande per tutta la mia esistenza.
«Mamma» Ardea mi mise una mano sulla schiena per consolarmi.
«Sono una madre snaturata, non sono riuscita a salvare nessuno di voi e chi è riuscito a sopravvivere ha avuto delle ripercussioni irreversibili. Ho tentato di fermarlo dopo aver ucciso vostro fratello Serse, ho cercato di pugnalarlo con la spada, ma non ci sono riuscita, l'unico modo per farlo soffrire era suicidarmi davanti ai suoi occhi. Invece ho solo alimentato la sua rabbia lasciandovi in balia della sua ira. Ho ingigantito la sua gelosia fino a farla esplodere. Sono solo una debole» affermai cadendo sul duro pavimento, completamente schifata da me stessa.
«Mamma non darti la colpa per fatti che non hai commesso» commentò Ardea singhiozzando rumorosamente.
Mìtrio sciolse a poco a poco la sua maschera di rabbia, mutando lentamente sorpreso dalla mia reazione.
«Tu hai cercato di uccidere il bastardo? Non sei scappata? Hai tentato di far fuori il tuo compagno?» la bocca di mio figlio era spalancata dallo shock.
Sapeva che uccidere il proprio compagno era una cosa impensabile, figuriamoci attuarla, era un crimine inimmaginabile.
Annuii con il capo «Sì quello che sapete è solo una mezza verità, una realtà distorta. Mi sono reincarnata in una mortale e sono tornata in questo mondo solo per rivedervi.»
Il secondogenito affondò le dita tra i suoi biondi capelli, fissando il soffitto per un attimo con sguardo afflitto.
Ci mise diverso tempo a rivolgermi la parola, mettendo in ordine i vari pensieri che erano ancora offuscati dai fumi del vino.
«Mamma io non lo immaginavo» affermò l'ibrido cercando di abbracciarmi in maniera molto impacciata.
Qualche minuto dopo Mìtrio si mise a rimettere sul pavimento, peggio della triste fontana presente in viale po a Monacre.
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Passò qualche oretta prima che Mìtrio recuperasse, almeno in parte le sue capacità pensanti.
L'ibrido era coricato sul divano con una mano sulla tempia e l'altra che sorreggeva una tisana che gli avevo preparato.
Mi trovavo di fianco a mio figlio che mi aveva fatto un piccolo spazio per poter sedermi.
Davanti a noi era presente Ardea che era posizionata su una sedia sgangherata che avevamo trovato in cucina.
Quando notai che le acque si erano calmate, decisi di proferire parola.
«Mìtrio è ora che ti racconti che cos'è accaduto quel giorno e cosa mi è successo in passato. Voglio solo che ascolti, è giusto che tu sappia la verità, non pretendo che tu voglia ricucire i rapporti. Ma è corretto che tu conosca tutta la storia.»
Lui
Ero in camera mia sul letto a fare ricerche su Internet. Ero nervoso. Perché aveva fatto sarcasmo sul passato? Sapeva benissimo che mi avrebbe fatto imbestialire.
Inoltre come se non bastasse la radiolina che le avevo regalato, era in un punto fisso nel suo appartamento. Perché non la portava con sé?
Almeno adesso sapevo il luogo preciso in cui abitasse, Feles è sempre stato vago su dove vivesse Angelica. Non potendo raggiungerla la considerava un'informazione superflua, dovevo sempre affidarmi sugli altri per sapere come stesse, ma finalmente quella stupida barriera che aveva creato era svanita.
La radiolina aveva anche una cimice in maniera tale che potessi cogliere qualche informazione in più, ma quei cretini dei suoi compagni l'avevano preso come un giocattolo.
«Oh guarda questo deve essere di Angelica, ma cos'è? » disse voce sconosciuta numero uno.
«Non saprei sembra un piccolo registratore, potrebbe usarlo per quando lavora» affermò voce sconosciuta numero due.
«Adesso registro delle frasi sconce, così impara a dire che le nostre feste fanno schifo.»
«Passa anche l'apparecchio che me ne scappa una.»
Diedi un pugno alla tastiera del portatile, giuro sugli inferi che me l'avrebbero pagata se avessi scoperto chi fossero i due cretini.
«Mmm guarda che sei pessimo se vai a cercare su Internet dei metodi per farsi perdonare dalla propria fidanzata.»
Mi girai di scatto e mi trovai di fianco Yag a curiosare sullo schermo. Quando cavolo era entrato?
Lo buttai giù dal letto.
«Che maniere mamma mia! Comunque quel sito è una cialtronata, ho seguito tutti i punti che ci sono elencati. L'unica cosa che ho ottenuto, è un pugno in faccia oltre un debito epocale dal fioraio. Il mio zuccherino è proprio un cocciuto, te lo dico io un paio di manette e un letto e si risolve tutto» affermò imbronciato, sorreggendo con la mano il pallido viso.
«Fai pure, oltre a un pugno rimedi anche un calcio da altre parti. Ma a proposito tu non eri di guardia?» chiesi al demone.
«Ho cambiato il turno con Lupus e sono venuto qui con Teli, ha un messaggio importante da dirti. Visto che non voleva entrare per primo, per paura di vederti in reparto fai da te, sono dovuto entrare io rischiando di essere traumatizzato per sempre.»
Lo guardai male «Su fallo accomodare.»
Teli entrò lentamente.
Il demone aveva lo sguardo intrinseco di preoccupazione, notai che era pieno di ferite e di tagli che si stavano rimarginando. Ha cercato in tutti i modi di rattoppare il danno fatto all'inferno anche se non lo sopportavo come demone era un buon alleato.
Mi bruciava ancora quello che aveva commesso in passato, aveva tentato di uccidermi dopo la grande catastrofe. È vero avevo ucciso la sua compagna e fatto altri danni disdicevoli, ma un simile tradimento da parte di un mio fedele alleato e primo demone creato era inimmaginabile. Infatti gliela avevo fatta pagare a caro prezzo.
«Che vuoi?» dissi con superiorità guardandolo negli occhi.
Mi stavo innervosendo c'era troppa gente che affollava la mia stanza.
«Signore è successo una catastrofe, stavo controllando le anime che mancano ancora all'appello. Serse è riuscito a scappare dall'inferno» disse cercando di mantenere la calma, ma i suoi occhi trasmettevano ansia e preoccupazione rendendo il magro volto ancora più scarno.
Parole che pregavo di non sentire mai, rimbombavano nella mia testa. La mia più grande preoccupazione è che potesse incontrare sua madre, mi mandava completamente fuori controllo.
Conficcai le unghie nella carne e decisi di prendere per le briglie la mia lucidità mentale, prima che potessi scatenare la mia ira nei confronti dei miei sudditi.
Questa cosa non doveva saperla la mia compagna, avrebbe cercato in tutti i modi di ritrovare suo figlio. Troppo ingenua per vedere l'oscurità del suo primogenito, lui non doveva assolutamente avvicinarsi a Lei.
Nei secoli in cui venne imprigionato all'inferno uscì fuori la sua vera personalità. Io la capivo bene perché non era tanto diversa dalla mia.
Spazio Autrice
Il prossimo capitolo sarà completamente dedicato al passato dei protagonisti. Inoltre saranno presenti scene di sesso e violenza.
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