Capitolo Quattordici
Lei
Camminai lentamente a causa delle fastidiose vescicole che mi si erano formate vicino ai talloni e sui minoli del piede.
I tacchi li avevo già tolti a metà strada e buttati in qualche cespuglio, i sassolini del marciapiede si conficcavano sotto la pianta del piede.
Camminavo in maniera claudicante e goffa a causa di Ardea che era dietro alla mia schiena completamente dormiente.
Avevo lasciato la macchina parcheggiata alla palazzina e anche se la strada non era molta, volevo tornare a casa a piedi, riflettendo su tutto ciò che era accaduto alla festa.
Ripensai su quanto fossi stata inutile nella faccenda, non ero riuscita a battere tutti quei esseri e avevo avuto bisogno di tutta quella gente per sconfiggerli.
La prossima volta starò più attenta e porterò la scorta. Oltre a questo, un altro dubbio mi attanagliò la mente, se fosse vero quello che aveva detto Arasio? Se fossi io una delle cause della comparsa di quelle creature malefiche?
Prima della mia nascita nessuno le aveva mai viste. Dovevo fermare questa strage il prima possibile, il paradiso e l'inferno non riuscivano a stare a dietro con tutte queste anime umane che gli esseri si cibavano.
Se fosse coinvolta quell'organizzazione in tutto questo? No impossibile, fu distrutta da me molti anni fa.
I miei occhi iniziarono a bruciare solo al ricordo.
«Angelica!» delle voci mi stavano chiamando.
Alzai la testa erano Mauro e Matteo, i miei amici di una vita che mi stavano venendo incontro.
«Eravamo a fare la ronda quando ci siamo accorti che eri in pericolo, stavamo venendo in soccorso ma siamo stati accerchiati dagli esseri» disse Matteo abbracciandomi.
Picchiettai la spalla del mio amico per poi staccarmi da lui.
«Sto bene, ero alla festa con Ardea e improvvisamente c'è stato un blackout. Gli esseri sono comparsi al piano di superiore, ci hanno pensato gli immortali con Fulvia e Ibisco a farli fuori» aggiunsi frettolosamente.
«Oh c'erano anche loro, non si fanno sentire per un giorno ma giustamente si mettono ad ammazzare gli esseri.» rispose Mauro sdegnato.
«Claudio gli ha dato il comando, potevano benissimo fregarsene. D'altronde non pretendo molto, anche con voi e gli altri ho fatto fatica all'inizio, se non dovesse funzionare ritorneranno all'Inferno. Li ho resuscitati per rimediare al guaio di mio fratello, basta che non infrangano le poche regole che ho stabilito.»
«Sei troppo ottimista nei loro confronti, sai come sono fatti e da dove vengono, prima o poi violeranno quelle poche regole» commentò Mauro.
All'improvviso il cellulare di Matteo iniziò a suonare.
«Sì è qui con me, no non si è fatta niente. Va bene adesso torniamo» disse il mio amico con tono serio.
«È Diocle era preoccupato per te anche gli altri hanno avuto un attacco a casa. Sarebbe opportuno tornare» spiegò Matteo.
Appena arrivati notammo che l'appartamento era devastato: tende strappate, vetri rotti, mobilia rovinata, quanto dovrò spendere per riaggiustare tutto? Giustamente le stupide riviste di gossip di Fulvia non furono intaccate.
Distesi Ardea su quel poco che era rimasto del divano.
«Che cos'è successo Diocle?» domandai.
«Ci hanno attaccato degli esseri. Meno male che erano di infimo livello, non so come ci abbiano trovato. Io e gli altri siamo riusciti a farli fuori tutti, intanto Diana faceva la scorta ai gemellini che sono sani e salvi» argomentò il biondino scocciato per l'accaduto, toccandosi l'ispida barba chiara.
«Adesso che mi ci fai pensare, quando ero alla festa hanno cercato di attaccare prettamente la sottoscritta, ma erano di un livello maggiore» ripensai all'accaduto.
«Dobbiamo fare delle indagini, c'è qualcuno di molto intelligente dietro a quei cosi rivoltanti» rifletté ad alta voce Diocle.
«Angelica adesso hai bisogno di protezione, faremo a turno per farti da scorta. Guai a te se vai in giro scoperta» disse Matteo in modo protettivo toccandomi la spalla.
«Va bene» affermai era inutile protestare.
«Inoltre vi devo svelare una cosa che è successa durante la serata, mi sono alleata con gli angeli» continuai con il mio discorso.
I miei compagni non furono così tanto sorpresi.
«Era ora, così almeno avremo meno problemi» commentò Teodoro, il membro più piccolo del gruppo.
«Ma non siete sorpresi?» aggrottai le chiare sopracciglia, ero confusa dalla loro reazione.
«Angelica sono sempre stati dalla tua parte. Anche se ti senti in colpa per quello che reputi di aver fatto, loro non la pensano così. Per loro sei una Dea unica e irripetibile.» disse Sario il gemello.
«È ora di andare a dormire altrimenti domani non arriverò mai a lavoro, credo che anche voi sarete stanchi» affermai con voce impastata.
Il giorno seguente mi alzai di malavoglia e mi recai a lavoro con Teodoro. Oggi era peggio del solito, la mia vista non era proprio il massimo. Ogni tanto vedevo sfocato e dovevo mettere il collirio per poter decifrare ciò che avevo davanti.
La mattina trascorse senza intoppi nessuno fece delle domande su Teodoro, l'avevo lasciato in zona relax vicino al mio ufficio a bersi un cappuccino. Tra l'altro non era passato inosservato al genere femminile di questo piano, le segretarie e le mie colleghe cercarono ogni scusa per poter andare alle macchinette.
In effetti Teodoro era un bel tipetto, morettino, non molto alto con due occhi scuri magnetici e dal colorito olivastro. Aveva due folte sopracciglia scure e una barba curata. Classica bellezza mediterranea e dall'accento siciliano che oramai si era sfumato durante gli anni in cui aveva vissuto con la famiglia Lùf.
Alcune ci provavano in modo spudorato, peccato che Teodoro fosse molto timido quando si toccava quell'argomento e non riusciva a cogliere i segnali. Un eterno ragazzino.
Era quasi ora di pranzo, mi stavo alzando per andare a prendere un panino dal paninaro Giambattista quello in fondo alla strada.
La sua attività era un camioncino color menta che gestiva con la moglie, al suo interno friggeva le patatine oppure sfrigolava deliziose salamelle con peperoni e cipolle caramellate.
Oggi avrei optato per qualcosa di più leggero, non volevo addormentarmi sulla scrivania.
Quando decisi lasciare la stanza, sentii dei brusii proprio vicino alla mia porta.
Le voci si fecero sempre più acute, a ogni parola riconobbi subito i due elementi che stavano discutendo. Percepivo già odore di seccatura.
Aprii la porta e trovai Teodoro che tentava di non far entrare Leam placcandolo a ogni movimento.
«Oh salve signorina Fiore, mi potrebbe spostare il suo fidanzato geloso?» disse Leam con un sorriso tirato.
«Teodoro spostati. Che cosa vuole?» risposi seccata.
Lo faceva apposta o cosa? In ufficio davanti a tutti, sentivo le risatine soffocate dei miei colleghi di lavoro e c'erano pure quelli che stavano lì a guardare.
Adesso chissà che telenovela si stavano facendo in testa.
«Le sembra appropriato rispondere così a un vostro socio?» alzò il sopracciglio scuro in segno di sfida.
«Chiedo venia signor Saveri, per che cosa posso esserle utile?» mi stava innervosendo.
«Le piacerebbe venire a pranzo con me?» mi chiese sorridendo e con un tono suadente, intanto il demone si sistemò la cravatta.
«No!» urlò Teodoro furente.
«Non lo sto chiedendo a te lurida carogna. Adesso sparisci» disse Leam in un ringhio, utilizzando una bassa tonalità di voce per non farsi sentire, trattenendo a stento le zanne.
«Perché dovrei accettare?» domandai scettica.
Se andavamo avanti così avrei saltato la pausa pranzo.
«Vorrei parlarti di affari e poi offro io sono un gentil uomo, non farei mai pagare a una creatura così incantevole»
«Sto per vomitare» si lasciò scappare il mio amico.
Leam lo fulminò con lo sguardo.
«È incluso anche il dolce?» domandai.
«Certo» affermò Leam.
Il suo sorriso si allargò ancora di più pregustando la vittoria.
«Allora accetto» affermai, tanto ero convinta che mi avrebbe lasciato mai andare facilmente.
«Ma...» ribatté Teodoro scandalizzato.
«Non ti preoccupare è solo per affari e nient'altro. Tu aspettami qui» rassicurai il mio amico.
Ci dirigemmo verso gli ascensori.
«Oh signor Saveri salve» affermò il mio capo che ci aveva visto dal suo ufficio, il quale si stava affrettando per raggiungerci.
Leam aveva un'espressione di disgusto e di panico. Guardò con ansia il display degli ascensori. Quando il primo si aprì, Leam prese il mio polso e ci fiondammo dentro.
«Mi aspetti, blocchi la fotoc...» stava dicendo il mio capo correndo più velocemente ma le porte si chiusero.
«Oh grazie agli inferi» Leam tirò un sospiro di sollievo.
«Lasciami! Poi è maleducato non aspettare la gente» mi districai dalla sua presa.
Leam sembrò infastidito.
«Una volta non ti disturbava così tanto.»
«Il passato è passato» affermai aggressiva.
Era più interessante guardare le porte dell'ascensore che i suoi occhi.
«Allora potresti perdonarmi?» sentivo il suo sguardo inchiodarmi.
«Mai» risposi con fermezza.
L'atmosfera stava diventando pesante e mi sentivo soffocare qua dentro.
Uscimmo dal palazzo e mi portò in un ristorante vicino al mio ufficio.
Entrammo era molto raffinato per i miei gusti.
Le tavolate erano imbandite di biache tovaglie, sopra di essi a ogni posto erano presenti un calice per il vino e uno bicchiere per l'acqua. Sulla sinistra erano posizionate le varie forchette, il coltello, un cucchiaio e il tovagliolo.
Le sedie erano imbottite e rivestite di un tessuto rosso, davanti a noi avevamo la parete con impilati in maniera ordinata numerosi tipi di vino del nostro territorio e alcuni localizzati in tutta la penisola dello stivale.
Ci sedemmo a un tavolo posto in un angolino discreto, dove nessuno poteva sentirci. Arrivò il cameriere, era un uomo di mezz'età calvo e con dei baffetti discutibili.
«Vi lascio il menù intanto che cosa vi porto da bere?»
«Una bottiglia di acqua naturale grazie» lo liquidò Leam.
«Se io avessi voluto l'acqua frizzante o del vino?»
«Non metterti a fare la bambina adesso, sei tu di tua spontanea volontà ad aver deciso di accettare l'invito. Da quando sei diventata così schizzinosa per il bere voglio, ricordarti che una volta ti dissetavi con l'acqua di fiume» dibatté sfoderando il suo miglior sorriso.
Ignorai le sue frecciatine e mi misi a sfogliare il menù dalla copertina rilegata in pelle. Il locale aveva dei prezzi da capo giro, sarei stata tentata di prendere la cosa più costosa, magari non avendo abbastanza soldi avrebbe potuto staccare la testa al cameriere se gli avesse portato un conto troppo salato, meglio evitare.
Il dipendente ritornò con una bottiglia «Che cosa volete ordinare?»
«Linguine con le vongole» dissi cordiale.
Sono sicura che non cercherà di baciarmi se avrò l'alito puzzolente. Mi stavo comportando proprio come una bambina.
«Costata e la cottura dev'essere al sangue» ordinò Leam.
Il cameriere tutto bell'infiocchettato con la sua divisa, scrisse velocemente sulla comanda annuendo ogni tanto.
Ci ignorammo finché non arrivarono le ordinazioni, durante l'attesa il re degli inferi continuò a guardarmi con i suoi occhi neri per tutto il tempo.
Oggi l'oboe pregiato aveva il ciuffo ribelle che gli ricadeva sugli occhi, incorniciando perfettamente il pallido volto immortale.
Il mio primo arrivò in un baleno era veramente buono meritava tantissimo e le vongole erano molto fresche.
Leam toccò con l'indice lo stelo del bicchiere per poi concentrare tutta la sua attenzione su di me.
«Angelica il motivo per cui ti ho fatto venir qui, è che non so come sia possibile ma alcune anime in questi giorni sono scappate dall'inferno. È già capitato qualche volta che delle anime riuscissero a sfuggire dai loro gironi infernali, ma prima che potessero giungere ai portoni del mio castello venivano incastrare in una punizione ben peggiore del loro castigo. Quel posto lo trovo veramente inquietante, non so quale idea malsana mi sia venuto in mente nel plasmarlo. Al solo pensiero di danzare per l'eternità "il ballo dei cadaveri" cantata da Neutro mi fa già diventare pazzo. Tu che ami la musica ti potrebbe piacere, le anime ballano in cerchio e i demoni presenti utilizzano la loro gabbia toracica come strumento a percussione» affermò Satana toccandosi il retro del collo con un sorriso abbozzato sul suo volto.
Non trovavo per niente divertente in ciò che stavo sentendo, solo un'altra sua strana forma di sadismo. Per i cieli, non osavo neanche immaginare sentirsi ribombare nelle pareti del cervello la stessa macabra melodia per il resto della mia esistenza.
Vedendo che non ero partecipe alla sua grande allegria, il demone decise di ricomposi usando tono più serioso.
«Teli e i miei altri subordinati stanno cercando di tamponare questa sgradevole situazione. Le anime scappate non erano umani comuni e alcune facevano parte di quell'organizzazione. Stiamo ancora valutando chi ci sia sfuggito, per cui ti prego stai attenta già mi hai fatto venire un infarto quando ieri sei andata in giro da sola, non farlo più. Inoltre anche se hai riallacciato i rapporti con gli angeli, vorrei che tu prendessi questo.»
Affermò con sguardo cupo e serio, appoggiandomi sul tavolo una specie di radiolina nera con un tasto bianco. Guardai quell'affare poco convinta.
«Sai l'ultima volta che mi hai regalato qualcosa, me la sono infilzata nel ventre» dissi di getto, senza pensare alla tempesta che avrei scatenato.
Lo guardai in faccia con un certo timore.
Le sue mani erano congiunte e le vene erano più evidenti sul pallido corpo come un fiume che bagna le sabbiose spiagge.
La vena sulla tempia pulsava a intermittenza.
Il demone divenne una maschera di rabbia, per un attimo i suoi occhi diventarono gialli, mi sembrò di vedere comparire per un secondo le sue zanne fuori dalla sua bocca.
«Non scherzare su certe cose, potrei dare fuoco al locale con un dito» picchiò i pugni sul tavolo.
«Signori volete il dolce?» comparve il cameriere ignaro di poter perdere la vita se ci avesse interrotto di nuovo.
Leam lo folgorò con lo sguardo e il cameriere cominciò a sudare freddo.
«Sì grazie. Che cosa avete?» chiesi interessata.
«Millefoglie con fragole e meringhe, panna cotta, tiramisù, semifreddo agli amaretti.»
«Ci faccia delle piccole porzioni di tutto.»
Poco dopo un altro cameriere arrivò con i miei dolci che erano tutti ottimi.
Ci alzammo dal tavolo, presi lo stesso quella specie di radiolina che mi aveva dato, non volevo farlo innervosire ulteriormente e me la misi in tasca, sperando non fosse una bomba. Leam non mi guardò e non mi disse niente per tutto il tempo, questa cosa mi innervosiva. Arrivò il conto e pagò senza batter ciglio. Uscimmo dal ristorante e mi decisi a parlagli.
«Come mai tutti quei soldi? dove saltano fuori?» ero incuriosita di questa cosa.
«Dalla tua polizza sulla tua vita, meno male che l'ho fatta prima che tu abbia deciso di diventare uno spiedino» affermò serio con un sorriso crudele dipinto sul suo chiaro viso.
Ma quanto era stronzo? Beh forse me la sono cercata, ma lui stava esagerando.
Continuai a parlare ignorando quell'uscita infelice «Per caso in quella radiolina c'è dentro una spia?»
Lui si fermò un istante e mi guardò negli occhi «Secondo te farei mai una cosa del genere? So benissimo cosa vuol dire la parola privacy. Per chi mi hai preso?»
Prese le distanze lasciandomi indietro, era pensieroso come se fosse in un mondo tutto suo. Dopo qualche minuto si rimise a parlare.
«Beh oltre a pensare che io sia così crudele, sono anche un demone molto intelligente» affermò a caso, girandosi improvvisamente e dandomi un bacio sulla bocca.
«Ci hai provato angelo con quelle linguine alle vongole facendoti puzzare l'alito di aglio, ma con me non funziona non sono mica un vampiro» mi guardò un ultima volta e se ne andò lasciandomi sola.
Non capivo se fosse arrabbiato oppure no? Entrambi eravamo Dei del creato eppure ci stavamo comportando in maniera così vergognosamente infantile.
Spazio Autrice
Ciao a tutti, vi presento i prestavolto di Mauro e Matteo.
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