Capitolo Diciassette (passato)La fine
Lui
Osservai la mia immagine riflessa nello specchio che io stesso avevo forgiato, per far in modo di dare la possibilità ad Angelica di potersi guardare ogni qualvolta avesse voluto. Da una parte avevo dovuto ripararlo perché un giorno, quando tornai in stanza lo trovai con un pezzo mancante.
Qualcuno era venuto a conoscenza del suo potere?
Per evitare che altri episodi come quello dello specchio succedessero, minacciai di nascosto dalla mia compagna l'intero persona presente nel tempio. Inoltre dovetti mettere in guardia Angelica di non lasciare la sua spada che avevo creato per Lei in giro, doveva rimane nella sua stanza apposita ben custodita.
Ogni strumento creato da noi era divino e poteva avere effetti di guarigione oppure di distruzione se usati in modo errato. Comunque se qualcuno si fosse intrufolato di nuovo nella nostra stanza gli avrei mozzato le mani, stavo già facendo delle ricerche su chi fosse il colpevole non era tanto lontano doveva per forza lavorare qui a palazzo.
Il riflesso del mio viso non era sereno aveva assunto un colore giallastro, per non parlare del mal di denti e un gran senso di nausea che avevo da ore. All'improvviso mi sembrò che dal riflesso una parte del mio volto si stesse sciogliendo. Tentai di riprendere il controllo prima di andare in scena, chiusi gli occhi inspirai ed espirai. Il viso ritornò nella sua normale fisionomia, bello e cupo al tempo stesso.
Non dovevo destare sospetti per Angelica altrimenti il mio piano sarebbe andato in fumo. Tutti dovevano morire: immortali, ibridi, meticci, umani compresi chiunque avesse ostacolato la nostra serenità. Ormai non riuscivo più a trattenere la mia gelosia e gli ultimi avvenimenti di questi giorni ne erano la conferma.
Lei era sempre più assorbita da questa comunità che le succhiava l'anima. Questo macigno me lo porto appresso da ben diversi anni dopo la creazione degli angeli e dalla nascita di Serse e di Mìtrio. Angelica ebbe ancora quattro figli due femmine e due maschi, la più piccola Flora aveva solo un paio di mesi. Il tempo anche a causa loro era sempre più limitato. Il giorno che scelsi per dare una fine alla mia sofferenza era una normalissima giornata di giugno, dove l'aria era sempre più calda e il sole spaccava le pietre.
Angelica entrò in stanza con il viso sconvolto e i capelli arruffati.
«Finalmente un pochino di pausa» si massaggiò le spalle doloranti.
«Ti do io una mano per rilassarti» le feci l'occhiolino.
Lei diventò rossa e imbarazzata, era adorabile anche dopo tutto questo tempo che la conoscevo.
«Se vuoi tanto scherzare cerca almeno di farmi dei massaggi decenti visto che sono tutta indolenzita.»
Oggi faceva tanto la difficile ma sapevo che era in astinenza come me, nell'ultimo periodo facevamo poco l'amore a causa di tutti i suoi impegni.
Si tolse l'abito bianco ritirando le sue ali dorate sdraiandosi in posizione prona sul letto a baldacchino. La stanza era la riproduzione esatta di quella in cui vivevamo nella nostra piccola casina in legno, portandoci appresso i vecchi mobili familiari che utilizzavamo quando ancora c'era serenità mentale nel mio cranio.
Presi dell'olio profumato dal cassetto e iniziai a spargerlo su tutta la schiena con movimenti circolari.
I suoi muscoli si rilassavano a ogni mio tocco e il suo viso trasmetteva serenità, era raro vedere questa sua espressione nell'ultimo periodo.
Mi avvicinai al suo orecchio volevo stuzzicarla un po' «Però non è solo la schiena in tensione, anche gli altri muscoli li sento rigidi e tutti questi vestiti sono solo una limitazione.»
Iniziai a baciarle il collo per poi dirigermi sulla spalla destra, i suoi respiri diventarono irregolari, stava cedendo. L'angelo si rigirò nel letto e i nostri volti per poco non si sfioravano.
Angelica si sfilò la tunica in maniera lenta e seducente fissandomi con sguardo pieno di desiderio.
L'angelo si sporse con il capo catturando le mie labbra, avvolgendo le sue mani attorno al mio collo affossando le dita nel mio ciuffo.
La mia compagna mi strappò la tunica in due, l'angelo era sempre più bisognosa di affetto e di contatto. Oggi era veramente scatenata e questo mi piaceva e mi eccitava.
Angelica ribaltò i ruoli e si mise completamente nuda sopra di me e ricominciò a baciarmi, affondai le mie mani nei suoi lunghi capelli, era tutto perfetto.
Angelica iniziò a baciarmi sul collo e si spostò sull'addome per poi andare sempre più giù. Prese in bocca il mio membro mandandomi poco dopo tempo in estasi.
L'immortale ritornò alla posizione precedente accogliendo completamente il mio pene e cavalcandolo. Affondai la mano nei riccioli chiari della sua intimità per poi farla scivolare sul morbido gluteo, inarcai il bacino cercando di sentirla ancora di più intimamente.
Angelica aveva la bocca dischiusa e dal respiro ansante, il pallido volto di porcellana aveva assunto delle sfumature scarlatte.
I capelli erano spettinati e selvaggi. Bellissima.
Ripresi la mia lucidità e ribaltai le posizioni ancora pieno di desiderio, Angelica mise le sue gambe sulle mie spalle e le caviglie intorno al collo. Incominciai a penetrarla prima dolcemente poi sempre più velocemente facendo un gran rumore con il letto a baldacchino.
La mia compagna sospirò il mio nome, le sue guance erano rosse i suoi capelli spettinati e i suoi occhi trasmettevano amore graffiandomi gli arti con foga. Arrivai al culmine urlando il suo nome.
Angelica era tutto ciò che desideravo la mia essenza, la mia ossessione. Il mio angelo mi seguì subito. Ci sdraiarmi sul letto completamente appagati.
«Angelica ho sete ti devo andare a prendere anche per te dell'acqua?» chiesi con fare gentile sfiorando con le nocche il suo profilo.
«Sì grazie» disse sorridendomi con sguardo sfinito.
Mi misi dei nuovi vestiti e andai in cucina, presi la brocca e dalla tasca estrassi delle erbe che avevano un effetto soporifero. Le misi nel bicchiere in infusione e con i miei poteri feci ritornare il liquido al suo colore limpido.
Ritornai in camera in fretta e furia, Angelica bevve tutta d'acqua senza che destasse il ben che minimo sospetto.
Dopo mezz'oretta le sue palpebre diventarono sempre più pesanti. «Leam mi sento stanca, potresti svegliarmi tra qualche ora. Avrei dei compiti che devo finire di sbrigare» affermò con bocca impastata.
L'angelo avvolse il lenzuolo attorno alla sua figura, chiuse gli occhi e mi voltò le spalle per poi mettersi a dormire.
«Certo tesoro» le baciai capo e uscii della camera.
Attraversai il corridoio e mi trovai nella stanza principale per dirigermi all'entrata. Nel mio sangue iniziò a scorrere l'adrenalina e l'entusiasmo per quello che stava per succedere.
La temperatura del mio corpo stava salendo a dismisura, un piccolo ghigno era comparso sulle mie labbra e le mie mani tremavano impazienti.
«Mio creatore mi scusi» domandò una voce stridula.
Mi girai lentamente, un vecchio con gli abiti malandati mi stava guardando al centro della stanza
«Scusi se la disturbo potrebbe chiamare la Dea Angelica. Avevo un'udienza urgente con la creatrice. Il nostro villaggio sta morendo di fame, le nostre terre stanno soffrendo per colpa della siccità, abbiamo bisogno d'aiuto» rispose l'uomo con pochi denti in bocca.
Ecco un altro misero mortale che chiedeva il suo aiuto, non potevano farcela da soli? No, dovevano chiedere sempre pretendere le sue cure, portandola sempre allo sfinimento.
Ecco la prima vittima, un vecchio decrepito la società non aveva bisogno di un peso del genere, soprattutto il mio angelo. La rabbia e il desidero di uccidere era cresciuto sempre di più fino a farmi scoppiare, però questa volta potevo sfogarla.
Con un gesto fulmineo perforai con la mia mano il petto dell'uomo. Lui mi fissò sbalordito e strabuzzò gli occhi per la sorpresa emettendo un verso di dolore che si tramutò in un tenue sibilo. Poco dopo il vecchio cadde e non si mosse più schizzando sangue a fiotti sul pavimento lucido.
Era uno spettacolo magnifico.
Quel maledetto mi aveva sporcato la tunica inzuppandola con il suo odore di sangue vivo.
Una giovane immortale sentendo le grida, entrò senza esitazione.
Quando vide il cadavere emise un urlo stridulo.
L'angelo si mise le mani alla bocca guadandomi con occhi lucidi, non riuscendo a nascondere lo sgomento.
Approfittai di questa sua confusione mentale per avvicinarmi velocemente, alzai il braccio e gli staccai la testa all'istante.
La testa rotolò per qualche metro, i lunghi capelli biondi della giovane erano raccolti in due trecce che si rigiravano come gomitoli di lana.
Uscii dal tempio e cominciai ad ammazzare qualsiasi essere mi venisse incontro, immortale o mortale per me non faceva nessuna differenza, mi sentivo libero un sollievo per il mio cuore. Era affascinante come saltavano le teste o una parte del loro corpo.
Per non parlare come le mie orecchie si inebriarono di scricchiolii di ossa rotte e di tessuti lacerati. Le loro urla di terrore e i loro visi pieni di sgomento erano una spinta maggiore per continuare.
A un certo punto mi accorsi di una presenza che mi stava fissando, mi voltai lentamente e vidi mio figlio Serse che mi osservava spaventato e inorridito. Si trovava all'entrata del tempio ed era a qualche metro di distanza.
«Vieni qui Serse, papà non ti fa niente» dissi con tono rassicurante.
Feci un passo in avanti nella sua direzione, ma il mio primogenito tentava di allungare la distanza con passo lento, quasi come se avesse davanti una bestia selvatica stando attento nel cercare di non attirare la sua ira.
Stanco di aspettare che la mia vittima facesse qualche passo falso, feci un balzo e mi avventai su di lui lacerandogli profondamente il ventre.
«Mamma!» gridò prima di accasciarsi a terra piangendo.
«Che cosa hai fatto!» urlò Aletta la balia dei miei figli, accorrendo per salvare il mio primogenito oramai morente.
Mi avventai su di lei, l'angelo riuscì a parare il colpo e a darmi un pugno sul naso. Barcollai ma mi ripresi subito, lei era l'ultima che poteva inorridirsi per ciò che stavo attuando.
Le diedi un pugno allo stomaco che la fece piegare in due dal dolore e colsi quell'attimo di distrazione per strangolarla, mi graffiò facendomi sanguinare il polso finché il suo respiro cessò.
La presi a pugni sul pavimento, schizzi di sangue mi sporcavano la faccia già in condizioni pietose, i miei capelli erano appiccicati al viso che oramai erano incrostati da grumi di sangue .
Pezzi di cranio di Aletta saltavano lungo tutto il pavimento lucido, come piccole stelle comete in mezzo al più completo buio del cielo. Mi fermai solamente quando mi accorsi che qualcuno mi stava osservando di nuovo, ma questa volta era una sensazione diversa, il mio corpo si irrigidii come un bambino che viene beccato a trafugare un vasetto di miele.
Quando capii chi era mi si gelò il sangue, com'era possibile che fosse sveglia? Forse l'intruglio non aveva fatto un gran effetto al suo corpo da essere superiore. Mi voltai lentamente.
Angelica mi guardava, era uno sguardo di odio puro continuando a muovere la testa in segno di dissenso colsi completamente la sua indignazione come uno schiaffo morale, la creatrice non credeva a quello che stesse vedendo. L'angelo stava indietreggiando lentamente mi alzai anch'io con altrettanta mole per non spaventarla.
«Ti posso spiegare non è come pensi» cercai di difendermi scuotendo la testa e allargai le mani insanguinate nella sua direzione.
Più io avanzavo maggiormente lei indietreggiava, arrivata all'entrata dell'atrio mi diede le spalle e incominciò a correre. Io la seguii con altrettanta velocità.
«Angelica fermati!» gridai.
Non capiva che lo stavo facendo per Lei?
La Dea si diresse in una delle nostre salette personali e spaccò la teca contenente le nostre due spade. Brandì la sua e mi minacciò.
«Perché l'hai fatto? Rispondi!» puntò l'arma nella mia direzione in maniera difensiva.
L'impugnatura sulla spada non era ben salda e parecchio tremolante, l'oggetto contundente poteva scivolare da un momento all'altro.
Continuai ad avvicinarmi ignorando il suo stato di allerta, ero più che convito che non avrebbe mai avuto il coraggio di colpirmi.
Mi misi la mia mano destra insanguinata sul petto «Ti giuro che l'ho fatto per te» le risposi sorridendo.
«Cosa? Uccidere parecchie persone? L'entrata è piena di morti!» traspariva indignazione a ogni parola pronunciata.
«Tu eri sempre stanca e loro ti prosciugavano le forze, inoltre nei tuoi confronti non contavo più nulla» vomitai tutta la mia frustrazione scuotendo il capo.
«Ma ti senti quando parli Leam? potevi spiegarmi cosa ti turbava invece di comportarti da mostro. Poi questa cosa che ti trascuravo ne potevamo parlare. Tu sei il mio compagno, colui che ho sempre amato. Fa male questo tradimento, molto male. Leam tu hai ucciso mio figlio, il nostro bambino! Con una leggerezza disarmante» le lacrime le stavano rigando il volto e si comportava come una nevralstenica.
«Tu non capisci» dissi rassegnato.
«No ho capito, tu sei un mostro!» si avventò su di me.
Cercò di pugnalarmi ma io riuscii a bloccare l'attacco, la disarmai e le scaraventai la spada in fondo alla parete.
Rimasi stupito per il suo comportamento discutibile, non avrei mai immaginato che cercasse di farmi del male.
Angelica approfittò della mia distrazione per darmi un pugno nello stomaco e un calcio in faccia. Caddi per il dolore e per lo sgomento toccandomi le parti lese.
Lei riprese la spada e intanto che mi rialzavo mi ferì sulla lunghezza dell'addome. Gridai per il male, non volevo farlo ma mi costrinse a bloccarla al muro con tutta la mia enorme stazza.
«Perché non vuoi capire solo io e te siamo la perfezione, tutto il resto è solo d'intralcio» le gridai in faccia.
«Tutte fesserie!» urlò anche lei.
Angelica riuscì a liberarsi dalla mia presa e mi diede una gomitata al naso, riprendendo ben presto la sua spada. Barcollai come un ubriaco, ma mi rimisi in sesto pulendomi con il dorso della mano il naso insanguinato.
«È l'unico modo per fermarti» quelle furono le sue ultime parole.
Ci guardammo per qualche secondo prima che la situazione degenerasse, l'azzurro dei suoi occhi annegava nel giallo dei miei. Capii cosa volesse fare e cercai di fermarla ma lei si trafisse con molta ferocia al ventre.
Il mio mondo cadde a pezzi in pochi secondi, tutto quello che per me era la cosa più importante della mia stessa esistenza stava scomparendo.
La Dea bionda cadde sul pavimento morente, mi avvicinai a lei le tolsi la spada tentando di tamponare la ferita. Il suo vestito bianco stava diventando di una tinta rossa, il sangue scorreva a fiotti.
Provai l'ultima opzione rimasta mi tagliai il polso e immessi nella lacerazione il mio sangue.
Ma non servì a nulla. Lei mi guardò un ultima volta.
«Mi fai schifo» sentii quelle flebili parole per poi chiudere gli occhi per sempre.
Il mio viso fu rigato dalle lacrime per la prima volta. Mai un gesto del genere mi era capitato di provare, una fitta atroce al petto faceva male molto male. Il dolore si trasformò in rabbia, quello che era successo era colpa di tutti loro, umani o immortali che siano.
Un bruciore forte pervase nel mio essere, appiccai delle fiamme nella stanza, questo posto doveva scomparire anzi questo pianeta doveva essere cancellato per sempre.
Mi allontanai da lei a malincuore ma più le stavo vicino, più la mia sete di vendetta cresceva. Presi la sua spada e uscii dalla stanza.
Un pianto di un bambino colse la mia attenzione entrai nella camera dei miei figli e uccisi i più giovani con dei fendenti, prima la più piccola e poi l'altro mio figlio che era in camera a giocare.
Uscii dal tempio oramai inghiottito dalle lingue di fuoco. Sulle scalinate mi trovai davanti me: Mìtrio, Ardea e Odalindo. Mi ricordai che i miei figli erano andati a fare una passeggiata nel bosco ai confini di Monacre.
Rimasero sconvolti per lo spettacolo che li circondava, fissandomi tutti e tre con gli occhi azzurri completamente inghiottiti dal terrore.
Alzai la spada e colpii Mìtrio in pieno volto, l'ibrido cadde a terra sporcando con il suo sangue l'intero viso della sorella più piccola.
Ormai non mi importava niente di chi avessi davanti avevo rinunciato a qualsiasi parvenza di moralità presente nella nostra società.
Successivamente toccò a Odalindo, il ragazzo cercò di scappare ma con un gesto fulmineo gli tagliai la gamba. Mi girai verso Ardea, l'ultima rimasta, la giovane stava tremando e piangeva terrorizzata tendendo le braccia davanti al volto.
«Ti prego non farlo Papà» era disperata, lacrime e sangue si mescolavano sul suo pallido volto.
La vendetta mi stava accecando e le sue suppliche erano solo timidi tentativi per potermi riallacciare alla realtà. Alzai di nuovo la spada pronto per colpire, all'improvviso un lampo nero comparve davanti alla mia visuale.
Teli il primo demone che creai, mi sbucò in un improvvisamente davanti ai miei occhi, come era comparso svanì in un istante portandomi via Ardea in volo.
Non persi tempo aprii le mie ali e cercai di raggiungerli.
Teli diventò molto veloce oppure ero io che stavo perdendo troppo sangue.
Infuriato per non riuscire a raggiungerli, lanciai una maledizione a mia figlia prima che furono troppo lontani.
Tornai indietro per cucirmi la ferita, stavo diventando troppo debole.
Mi accorsi in lontananza di un angelo che stava soccorrendo Mìtrio. L'immortale dalle ali bianche si alzò di scatto, la sua attenzione venne assorbita da un giovane demone che le stava venendo incontro.
Perché dovevo soffrire solo io? Se non ero felice a causa della perdita della mia compagna nessuno doveva esserlo. Loro avevano portato via la creatura che più amavo al mondo.
Mi fiondai sull'angelo e la uccisi, il demone emise un urlo di rabbia. Cercò di avventarsi su di me ma lo freddai in un secondo. La mia ferita continuava a sgorgare sangue, anche se non era molto profonda mi ero mosso troppo e non riuscivo a farla cicatrizzare. La mia vista mi abbandonò in un attimo come le mie energie e svenni.
Quando mi rialzai il cielo era intrinseco di luce e la terra aveva assunto una sfumatura rossastra. La vegetazione era assente per migliaia di chilometri solo inondata da fiumi di sangue.
Il cielo si aprì e gli angeli volarono in alto come attirati da un forte bagliore. Io diedi un pugno al terreno dove si creò una crepa molto lunga e stretta, mi ci buttai dentro e attirai tutti i demoni rimasti.
Quel giorno venne chiamato il grande massacro/ il giorno della catastrofe. Dove fu creato il Paradiso e l'Inferno, fu l'ultima volta che gli angeli e i demoni s'incontrarono ma l'astio tra i due non fece che aumentare, accusandosi a vicenda dell'accaduto.
Spazio Autrice
(Quadro Angelo caduto/ fallen angel
di Alexandre Cabanel)
Salve, questo è uno dei capitoli più cruenti, spero che non sia stato troppo violento, vi aspettavate un fatto del genere?
(Piccola curiosità, i due immortali che vengono uccisi per ultimi da Leam prima di svenire, sono Luna e Michele di incubo un'altra mia opera sempre collegata con Anima Angelica)
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