Capitolo Cinquantaquattro (passato)
Lei
Passò qualche settimana e ricominciai a parlare. Qualcosa in me si era sbloccato. Gli incubi erano diminuiti ma non si erano dissipati. Ero nel salotto comune con i miei amici. Stavamo facendo i compiti prima di ritornare a lavoro.
«Qualcuno sa risolvere questo problema?» chiese Matteo.
«Dai qua che ti spiego» mi offrii.
«Aiuteresti anche me?» Mauro mi guardò supplicante.
«Va bene, ma sono 5€ a testa per problema» risposi.
I miei amici fecero una faccia inorridita «Da quando sei diventata così attacca ai soldi?» mi domandarono.
«Da quando Licerio non paga Diocle e i gemelli, sfortunatamente per me in qualche modo devo mantenerli quei morti.»
«Ancora con questa storia, prima ti inventi l'amico immaginario, poi questa cosa che sai resuscitare la gente. Cosa sei Dio?» Matteo scoppiò a ridere.
«Già Angelica devi farti vedere da uno bravo. Abbiamo chiesto al tizio biondo con la barba e dice che non è vero» continuò Mauro asciugamdosi la lacrime dal ridere.
Sbattei le mani contro il tavolo e mi alzai «È la verità!»
In quell'esatto momento entrò Diocle, finalmente il biondino poteva confermare la realtà dei fatti.
«Che avete da far tanto casino?» chiese l'uomo toccandosi l'incolta barba.
«Digli la verità, non mi credono che io ti abbia resuscitato» affermai.
Lui mi guardò confuso «Ma di che cosa stai parlando bambinetta? io sono sempre stato vivo e vegeto. Sei pazza per caso?»
Vedevo chiaramente che se la stava ridendo sotto i baffi anzi sotto la barba.
«Bugiardo!» gli lanciai una mela che era nel cestino della frutta.
Beccai il malcapitato in testa.
«Ahi!» si buttò per terra melodrammatico.
«Starà bene?» chiese Mauro.
«Sì sta benissimo lo scemo.»
Li presi per mano e li trascinai sulla grande scalinata.
«Dove stiamo andando?» domandò Mauro.
«Nella mia stanza»
«Hai per caso perso il lume della ragione? sai che non possiamo andare nel dormitorio femminile» affermò Matteo arrossendo, tentando in vano di divincolarsi.
«Diocle e Sario non si sono mai fatti scoprire. Inoltre adesso la maggiorparte dei maggiordomi è a servire la famiglia. Abbiamo via libera.»
Entrai in camera mia e guardai sotto il letto, il libro era sparito. Colta dal panico, mi recai di nuovo al piano inferiore. Diocle ne sapeva di sicuro qualcosa.
Aprii la porta facendola sbattere. L'uomo era sul divano tutto intento a guardare la tv.
«Dov'è il libro?» cercai di non alterarmi.
«Quale libro?» mi fissò con aria annoiata.
«Il tomo con la copertina nera che avevo sotto il letto»
«Ah quel libro, non lo so è sempre stato lì e io non l'ho mai toccato»
«Dove sono Diana e Sario?»
«Fuori a raccogliere i frutti dagli alberi.»
Me ne andai e raggiunsi la zona dietro il dormitorio.
Era un giardino di discrete dimensioni completamente a disposizione della servitù.
L'area era costituita da qualche aiuola fiorita e piena di alberi da frutto di tutti i tipi. Generalmente erano i due i responsabili del dormitorio a prendersene cura.
Vicino all'albero di fico nella parte finale della casa, proprio situato accanto al muretto dell'abitazione trovai i due gemelli.
Diana era sulla scaletta e Sario gliela teneva ferma.
Mi avvicinai con passi pesanti, tutti e due si accorsero subito della mia presenza.
«Dov'è il mio libro che era sotto il letto?» dissi subito senza convenevoli.
«Non l'abbiamo toccato» parlò Diana mettendo diversi fichi nella cestina di vimini.
«Non ne sappiamo niente. Qualche giorno fa era ancora sotto il letto» aggiunse il gemello.
«Se scopro che uno di voi me l'ha rubato, vi rispedisco da dove siete venuti. Tanto tutte le formule del libro le ho imparate a memoria, non mi serve neanche più.»
«Modera i termini bambina. Da quando sei diventata così maleducata?» mi guardò in modo duro Sario.
Gli voltai le spalle ignorandolo e me ne andai.
«Sai che cosa le è appena successo» disse Diana sottovoce.
«Non è un buon motivo per trattarci così» rispose il gemello alla sorella.
Tornai in camera e trovai Mauro appoggiato sulla sedia della mia scrivania e Matteo seduto per terra.
«Allora questi zombie dove sono?» scherzò Matteo.
Tra poco non riderai più.
Accesi le candele, chiusi le griglie e spensi la luce.
«Adesso lo vedrete»
«Chi avresti in mente di resuscitare?» mi chiese Mauro.
Riflettei per un secondo poi mi vennero in mente i volti dei tre bambini di cui avevo stretto amicizia in quel postaccio.
«Quando sono stata buttata nella fossa comune...»
Entrambi i miei amici strabuzzarono gli occhi. Era la prima volta che ne parlavo apertame.
«C'era Teodoro, Termine e la piccola Cecilia morti, erano complementare coperti di tagli. Io li desidero rivedere.»
«Tu sei stata buttata lì dopo che ti hanno torturata? Pensanvano che fossi morta?» parlò Mauro.
Annuii con il capo.
I due si fissarono tra di loro senza fiatare, chissà che cosa stessero pensando? Scossi la testa per non rifletterci troppo e mi morsi il pollice sinistro.
Guardai il polpastrello sanguinante per qualche secondo, ma prima che si coagulasse disegnai per terra il solito cerchio, pensando intensamente ai bambini che avevo conosciuto. Cercando di ricordarmeli vivi e ancora pieni di speranza e non quei tre tristi cadaveri.
Dal cerchio spuntarono quattro mani e pian piano i due giovani uscirono dal sibolo circolare.
Il disegno si strinse fino a scomparire solamente, quando i due bambini comparvero completamente sul pavimento.
I miei amici impallidirono nel vedere la scena ed emisero dei versetti di paura. Termine e Teodoro cominciarono a respirare e a muovere la testa, presi due asciugamani e coprii le loro vergogne. La cosa che mi faceva rimanere perplessa è il perchè non ci fosse anche Cecilia, avevo pensato pure a lei intanto che li evocavo.
Istintivamente mi sfiorai gli occhi, la mia vista si era sfocata per qualche minuto, notai solo adesso che avevo delle cicatrici sotto alle palpebre inferiori. Mi alzai e mi recai nel mio bagno, per la prima volta da quando ero tornata a casa mi specchiai, mi ero rifiutata fino adesso di farlo e solo ora ne capivo il motivo.
Quelli che vedevo riflessi in quello specchio bugiardo, non erano i miei occhi ma quelli di Cecilia.
Mi toccai il viso con le mani tremanti e piantai un urlo con grande aberrazione.
Che mi avevano fatto? Mi ritornò su il pranzo che avevo mangiato e vomitai nel lavandino, non poteva essere vero quello che stavo vedendo.
Entrò Matteo nel bagno e mi accarezzò la schiena «Va tutto bene?»
«Sì» risi amaramente.
«Quel sorriso non preannuncia niente di buono. Dimmi la verità» insistette.
«Matteo sto bene» gli risposi in modo educato, ma non con un tono calmo.
«Okay» lasciò perdere, aveva recepito il messaggio.
«Ci serve una mano per quello che sta succedendo di là» cambiò argomento.
Inarcai il soppracciglio biondo «Allora mi credi?»
Lui sospirò «Adesso sfortunatamente sì. Anche se speravo vederti trascinata con una camicia di forza in qualche manicomio.»
Gli diedi un pugno leggero sulla spalla e uscii con lui dal bagno. Termine e Teodoro si guardavano intorno spaesati.
«Dove siamo?» parlò Termine, il più giovane del gruppo.
«Eravamo in uno strano posto pieno di luce, non si stava male. Forse era solo un sogno» disse Teodoro, intanto osservava le sue mani e si toccava, pensando che tutto questo non fosse vero.
«So che sembra una cosa impossibile ma vi ho resuscitato» spiegai.
«Io non so come, ma prima di essere segregata in laboratorio, avevo trovato un libro in biblioteca in questo dormitorio. Lo lessi e provai a resuscitare mio zio ma con scarsi risultati. Sembra una cosa così incredibile che a stento neanch'io ci credo» continuai a parlare.
«Magari sei una specie di sensitiva? ne dubito che tutti ne siano capaci» ipotizzò Termine.
«Voglio provarci anch'io» disse Matteo.
«Guarda che non è una cosa su cui scherzare. Quando ho resuscitato Diocle per mantenerlo in questo mondo non é stata una cosa così semplice» spiegai.
«Tentar non nuoce» Mauro assecondò l'amico.
«Chi potrei resuscitare?» si domandò ad alta voce Matteo.
«Prova con Cecilia, Angelica non è riuscita a riportara indieto» suggerì Mauro.
«Non credo che sia una buona idea» insistetti.
Matteo fece un'alzata di spalle «Ci provo lo stesso» si chinò.
Si morse il pollice e disegnò sul pavimento, appena finì il cerchio, si scottò il dito. Il cerchio emise una fiamma tremula intorno al suo perimetro e dopo pochi minuti sparì.
Matteo si girò verso la mia direzione «Com'è possibile che tu riesca a farlo?»
«Cecilia non ha più una parte del corpo forse è per questo.»
«E tu come fai a saperlo?» domandò Termine.
« Quel fatidico giorno sono entrata dopo di lei, in quella stanza con il tavolo al centro e ho visto all'interno di un barattolo i suoi occhi. Per questo lo so» dissi una mezza verità che non stava in piedi.
In realtà per quanto un corpo sia martoriato o fatto a pezzi, sarei riuscita a portarlo in vita ma attualmente un suo organo era in mio possesso, in una persona vivente invece che a decomporsi in qualche zolla di terra.
Credo sia proprio per questo che Cecilia in questo momento non può essere riportata tra noi, forse non ci riuscirò neanche in futuro se non recupero le mie biglie celesti.
«C'è da dire che quel giorno in cui scoppiò l'incendio, tu ti comportavi in maniera strana» parlò Mauro.
«Sarà stato lo shock» presi una scusante.
«Angelica c'è qualcosa che ci nascondi?» Matteo mi guardò con i suoi occhi indagatori color nocciola.
Stavo per rispondergli, quando di sentì un grido da fuori. Ci affacciammo e vidi che un altro essere, una creatura disgustosa che avevamo incontrato nella nostra prima missione, stava infestando il giardino.
Era più piccolo rispetto a quello con cui abbiamo dovuto scontrarci l'ultima volta. Il mostro aveva preso la mia responsabile del dormitorio femminile e l'aveva scaraventata contro un albero.
La poverina svenne dal brusco colpo, l'essere aprii le sue grandi fauci e prese la rincorsa, si stava avventando contro di lei. Istintivamente mi buttai dalla finestra, l'essere si accorse della mia presenza e cambiò preda. Cercò di prendermi ma con una capriola lo schivai.
Diana e Sario allarmati dal trambusto, accorsero in aiuto. I gemelli sbucarono fuori da qualche cespuglio e immediatamente si trasformarono in due pistole dal design completamente identico. Anche Diocle comparve dal nulla, il biondino con gli occhi verdi riuscii a dare un destro nello stomaco di quella bestia schifosa.
Intanto salii su un albero e sparai dietro alle spalle dell'essere mirando la testa. Smisi di attaccare finchè all'animale non rimase solo il cranio sfondato dai colpi di arma da fuoco.
L'essere cadde schizzando sangue nero dal capo, numerose parti del suo cervello caddero come coriandoli sull'erboso prato. Ero affannata ma decisamente soddisfatta per come si era conclusa la situazione.
Diedi il cinque a Diocle, finalmente i nostri allenamenti erano serviti a qualcosa. Lo sapevo che prima o poi sarebbero ricomparsi, ma non ne capivo il motivo.
Il mio corpo si contrasse, mi ricordai solo ora di aver dato spettacolo, mi voltai verso la mia finestra e i quattro bambini mi guardavano sbigottiti. Chi l'avrebbe mai pensato che in futuro il piccolo gruppetto, si sarebbe palesato come una mia nuova risorsa e più precisamente davanti a me avevo: la mia falce, il mio arco, la mia katana e per ultimo la mia mazzafusto.
Subito dopo la mia attenzione era rivolta da un'altra parte, verso le finestre della casa dei Lùf. Anche se gli spari potevano non averli sentiti perchè la residenza era lontana, ma chiunque poteva benissimo avermi visto.
Infatti Guglielmo mi stava guardando in modo meravigliato e divertito. Il padroncino battè le mani per lo spettacolo che avevo appena dato. Nel mentre il lupo più grande di questa casa, comparve dal nulla per poi trascinare l'essere nell'oscurità.
Lui
Ero all'inferno nel seminiterrato del castello, aprii il portone ed entrai nel girone infernale in cui si trovava Teli, avrei allergerito la sua pena. Mi serviva per far sì che Serse rimanesse al suo posto.
In questi anni la sua anima era riuscita a crescere e non a rimanere invariata come avevo pianificato. Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere, dovevo tenerlo sotto controllo.
Mi preoccupava questo aumento di forza, non vorrei che mi si ritorcesse contro.
Finalmente scorsi la sua figura, lo vedevo era lì con gli arti legati ad un palo di legno. Il sole artificiale batteva persistente, non c'era nulla che potesse fargli ombra, talmente forte da poter spaccare le pietre.
Persino per me era quasi insostenibile tutta questa afa. Un demone di rango infimo, dalla postura ingobbita e dai pochi stracci luridi di cui era avvolto. Si era fatto più insolente, permettendosi senza alcun mio ordine di frustate un immortale con di gran lunga più importanza rispetto all'omuncolo.
Quando la bestiola mi vide si mise a treamare completamente impaurita, feci comparire delle fiamme che lo bruciarono in pochi minuti. Meno male che i demoni di un rango molto basso non resuscitavano, morivano e basta una seccatura in meno.
Teli che stava fissando il terreno, alzò lentamente la testa e quando mi vide sputò sulle mie scarpe di pelle.
«Che cazzo vuoi?» mi disse con tono dispregiativo.
«Ti sembra il modo di trattarmi così? Voglio ricordarti che sono il Dio degli inferi» gli diedi un pugno.
Sputò sangue ma non emise nessun verso di dolore.
«Comunque sono venuto qui per proporti un affare.»
Lui si mise a ridere «E chi ti dice che accetterei?»
Gli voltai le spalle pronto per andarmene «È un vero peccato avevo in mente una cosa da nulla. Sai i tempi son cambiati, gli angeli quelli uccisi nella grande catastofe si stanno reincarnado e un giorno questa dannata barriera cadrà. Non vorrai mica star qui a marcire per sempre, intanto Aletta potrebbe trovarsi un altro compagno, magari un misero umano.»
Teli sgranò gli occhi per quello che avevo tetto, accentuando maggiormente il color rosso delle sue iridi.
Avevo fatto bingo.
«Aspetta!» urlò.
Mi girai e lo guardai «Non avevi declinato la mia offerta?»
«Dimenticati quello che ho detto. Che cosa consiste questo compito?»
Mi riavvicinai al demone «Beh niente di così difficile per te. Devi fare da guardiano a Serse per l'eternità.»
Ci riflettè per un attimo, soppesando ogni singola parola che avevo pronunciato fino a questo momento.
È sempre stato un demone intelligente.
«Dove sta l'inganno?»
«Nessun inganno. Lo dovrai sorvegliarlo per sempre, sta diventando una spina nel fianco e non posso liberarmene. Allora ci stai?»
Ci fu silenzio per qualche minuto «Accetto.»
Immediatamente feci scomparire i pali che tenevano legato il demone e Teli cadde in malo modo sulla terra sabbiosa.
Mi chinai e gli strinsi la mano «Affare fatto.»
Uscii dall'inferno con un problema in meno. Ad aspettarmi c'era Indivia, il demone era appoggiato su uno degli stipiti di pietra della grande stanza collocata nei sotterranei più profondi del castello.
«Che cosa ci fai qua? hai già portato il libro dove ti avevo detto?»
«Che modi signor Lucifero. Comunque sì, Corvus me l'ha consegnato e io l'ho portato dove me l'ha ordinato» rispose.
«Perfetto così non userà più le arti oscure.»
Indivia emise un colpo di tosse plateale.
«Veramente, le sa usare senza il libro. Ha già resuscitato altre due persone, però questa volta le ha ripescate dal regno dei cieli, con una la formula maledetta a noi sconosciuta che generalmente usa di solito. Inoltre per finire in bellezza, oggi si è difesa da un essere che è comparso dal nulla.»
Scattai furibondo «Che cosa lei sa resuscitare senza il libro? Perchè quell'angelo non sta fermo per una buona volta? Vorrà farmi impazzire? Per non parlare di quegli incompetenti, non gli basta aver mangiato tutti quegli umani che erano scappati dal laboratorio come punizione?»
Indivia fece le spallucce «Stavano per intervenire, ma l'angelo li ha bruciati sul tempo, anche se ci lasciasse le penne che perdita sarebbe se non la fine di questo mondo. Tu meriti di meglio» commentò Veria accarezzandomi il braccio in modo sensuale.
La guardai schifata e la scaraventai al muro «Non dire stronzate, poi dovrei cedere a una come te... ma per favore. Dovrei essere proprio disperato.»
Me ne andai lasciandola lì attaccata al muro.
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