Capitolo Cinquantanove
Lui
La mattina seguente pagai il conto dell'albergo di Angelica.
L'angelo si mise di fianco a me nel sedile del passeggero, incrociava le braccia borbottando arrabbiata «Potevo benissimo pagarmelo io il conto Leam.»
Accesi la macchina e partii per andare nel mio appartamento.
«Con che soldi avresti saldato il debito? te ne sei andata di casa senza il portafoglio»
«Sono dettagli» affermò sbuffando, fissandomi con i suoi occhi chiari.
Risi per come si stesse comportando, Lei e il suo orgoglio.
«Mamma se il tuo fidanzato ha i soldi, fallo pagare» affermò la figlia di Angelica.
Quei due bambini erano molto interessanti, di solito erano poche le persone che riuscivano ad attrarre la mia attenzione.
Corvus mi raccontò cosa erano riusciti a fare per contrastare Serse, devo ammettere che sono pochi gli ibridi che alla loro età sono così forti.
«Certo che la bambina è sulla buona strada» risi.
Angelica mi guardò male.
«Comunque no Enìmia anche se ha pagato, non è il mio fidanzato» affermò Angelica fissandomi con sguardo giocoso.
Questa era veramente una frecciatina, anzi mi aveva lanciato l'arco e le frecce addosso.
«Ma come? vi abbiamo visto dalla finestra e sembravate dei fidanzati quando litigavate» continuò la piccola agrottando le chiare soppracciglia.
Angelica splancò gli occhi «Che cosa avete visto?»
«Oh niente di che, tranne che litigavate come dei matti e poi vi siete abbracciati e avete tirato fuori le ali. Che spettacolo disgustoso» affermò il gemello in modo annoiato.
Era la prima volta che lo sentivo parlare, pensavo fosse muto.
Fissai il piccolo dallo specchietto «Bambino quando sarai grande, certe smancerie non le considererai così disgustose.»
Guardai Angelica che era diventata rossa dalla vergogna «Pensavo che vi foste assopiti.»
«Come facevamo a dormire con tutto il casino che avevate fatto vicino alla porta?» aggiunse la gemella.
«Ma allora tu hai le ali nere e fai uscire il sangue dagli occhi, sei un demone?» continuò la bambina, non finiva più di parlare.
«Sì» risposi.
Angelica si girò e li guardò «Voi sapete chi sono gli immortali? Non ve ne ho mai parlato.»
«Ce l'ha spiegato zio Yag. Mamma tu sei la Dea e anche noi deriviamo dagli immortali. Beh vedendo Enìmia si nota subito che non è normale» disse il bambino prendendo in giro la sorella.
«Ehi!» la bimba gli diede un pugno sul braccio.
«Comunque Yag ce l'ha spiegato, nessuno ce ne parlava e noi notavamo che eravamo differenti rispetto alle persone normali. Cambiando discorso signore vestito di nero, lei sa girare la testa di trecentosessanta gradi e nel mentre vomitare come zio Yag?» continuò la piccola intanto che dondolava sul sedile.
La giovane stava cercando di mettere alla prova il mio autocontrollo, non stava mai ferma e saltava da un discorso all'altro così velocemente da farmi venire il mal di testa, per non parlare di quanto fosse logorroica.
«Posso fare molto meglio di Yag» risposi vantandomi.
«Allora me lo farai vedere.» disse la gemella.
«Come mai date dello zio a Yag?» chiese Angelica perplessa.
La piccola fece le spallucce «Dice che lo ringiovanisce di un paio di secoli chiamandolo così.»
Il mio angelo scosse la testa sorridendo.
Ci fu un attimo di silenzio, grazie agli inferi la gemella aveva smesso di parlare, solo il rumore del motore faceva da sottofondo.
Il bambino continuò a fissarmi ispezionandomi con lo sguardo sospettoso per tutto il viaggio.
«Mamma per caso lui è nostro padre?» disse inchiodandomi con i suoi occhi azzurri molto simili a quelli di sua madre.
Angelica stava sudando freddo, non credo che abbia mai parlato del loro padre. Ed era un bene visto il soggetto che si ritrovano, mi chiedo come mai si sia messa con un elemento del genere?
Pur di dimenticarmi si è gettata tra le braccia del primo sconosciuto o forse era un altro modo per punirmi? preferisco non toccare questo argomento con lei, non so come potrei reagire.
«Beh ecco... bambini...» Angelica continuava a balbettare e si stava torturando con i denti le secche cuticole .
«No, non sono vostro padre. Almeno non direttamente» dissi l'ultima frase a bassa voce, in modo tale che mi sentisse solo Angelica.
In un certo senso lo erano anche loro delle mie creature.
Angelica aveva all'interno il mio sangue, di conseguenza le mie capacità da demone venivano trasmesse anche alla sua progenie diretta.
Adesso che li osservavo meglio, un po' erano simili a quel pezzo di merda di Claudio.
La bambina assomigliava molto di più ad Angelica, infatti sembrava lei da piccola, mi sarebbe piaciuta incontrarla dopo la reincarnazione quando era solo in fasce.
Se non ci fosse stata la barriera di mezzo avrei cercato di farla innamorare di me poco a poco con il tempo.
Magari sarebbe finita come ora, noi due insieme e lei avrebbe evitato tanti traumi inutili in questa sua nuova vita.
«Comunque devo dissentire su quello che ha detto vostra madre.» Angelica si girò verso la mia figura e mi guardò in modo confuso.
«Io non sono il fidanzato di mamma, sono il suo compagno di una vita che per il linguaggio umano è come se fossimo sposati.»
La guardai, Angelica era arrossita e mi osservava di sottecchi. Toccai la sua gamba avevo bisogno di un contatto fisico.
«Ah ho capito, la mamma ti ha mollato all'altare per un altro uomo. Poi si è pentita e vi siete rimessi insieme» disse la piccola biondina che iniziava a darmi sui i nervi.
«Dovrei smettere di lasciarvi davanti alla tv con Diocle che guarda certe soap opere di dubbio gusto» affermò Angelica.
Arrivammo vicino al mio appartamento parcheggiando in uno degli stalli liberi, in mezzo tra due enormi alberi dai busti massicci completamente privi di chiome.
I bimbi si guardarono attorno alzando la testolina all'insù.
«È ora di pranzare, andiamo in quella pizzeria qui vicino» suggerii.
La bimba prima fissò i vari complessi di appartamenti per poi rivolgere la sua attenzione al sottoscritto.
«Signore vestito di nero, lei abita in uno di questi palazzi?»
«Sì» risposi.
La piccola fissò di nuovo sua madre facendo un gesto con la manina.
Angelica si spostò leggermente dal sedile chinandosi alla sua altezza, sua figlia si avvicinò al suo orecchio mettendo la mano per coprire la bocca.
«Mamma tienitelo ben stretto questo qui è pieno di soldi» parlò a bassa voce per non farsi sentire.
La mia compagna scosse la testa sconfitta.
I bambini erano davanti a noi, avevamo attraversato per andare a mangiare, Angelica mi tirò la manica della giacca e si avvicinò al mio orecchio «Non voglio che tu paghi il pranzo, non ho soldi con me per dimezzare il conto.»
«Suvvia Angelica certe volte sei così testarda, vi offro il pranzo tutto qui. Prossimamente quando sarà finita questa storia dei tuoi genitori, ti sdebiterai quando staremo una giornata noi due soli soletti» le feci l'occhiolino.
Lei mi sorrise e si appoggiò al mio braccio incrociando le nostre dita.
Entrammo nel locale, era un posticino carino un po' spartano ma trasmetteva aria di casa.
I tavoli erano in legno opaco imbanditi da tovaglie color vinaccia, le sedie erano parecchio scomode e molto scricchiolanti.
Le pallide pareti erano abbellite da diversi quadri di famiglia del gestore del locale, alcuni invece era immortalato il fiume e il boschetto di Monacre, altri ancora raffiguravano le vie storiche della città.
Sul muro proprio davanti a me era appeso un violino divenuto un simbolo cardine di questa città.
Ai lati dello strumento musicale erano presenti alcuni volti in ceramica, molti di essi erano: deformati, schiacciati o allungati, ignorando completamente le normali regole della fisionomia umana.
Li trovavo molto graziosi per mio gusto personale, soprattutto in quelli dove i volti si stavano liquefando.
Uno tra tutti mi balzò maggiormente all'occhio rispetto agli altri, erano due visi di diverso genere, le due maschere erano uno di fianco all'altra, ai alti delle loro guance spuntavano un paio di labbra che si sfioravano tra di loro in un casto e delicato bacio.
Sfogliai le pagine dell'ingiallito menù.
Tutti e quattro ordinammo le pizze, io decisi di prendela con il cotto.
Il cameriere che venne a prendere le comande continuava a fissare Angelica completamente incantato, dovevo mantenere la calma non vorrei farlo diventare un ingrediente per la pizza.
Quando l'insulso umano decise di andarsene, il mio angelo si sporse davanti alla mia figura.
«Pensavo che prendessi la pizza alla diavola» scherzò la mia compagna.
Una delle battute più brutte che avessi mai sentito.
Feci finta di ridere in maniera plateale.
«Ah...ah...ah gli angeli e il loro grandissimo senso dell'umorismo.»
Il cameriere che aveva preso le nostre ordinazioni, continuava a osservare nella nostra direzione e in particolar modo non toglieva gli occhi da Angelica, scansionandola minuziosamente.
L'umano mi fece immediatamente saltare i nervi, bloccai il tempo per alcuni secondi.
Tutti si erano fermati tranne e io e quello stupido ragazzetto con il pizzetto.
Feci diventare i miei occhi gialli e aprii la bocca, mutai la mia lingua rendendola appuntita e biforcuta, distorsi anche il mio viso riproducendolo in maniera orrenda e molto simile alle maschere appese ai muri.
L'umano urlò dal terrore lasciando velocemente la sala.
Subito dopo mi arrivò un calcio da sotto il tavolo, mi girai e vidi che Angelica aveva incrociato le braccia e mi guardava in cagnesco.
Mi ero dimenticato che adesso i suoi poteri erano ritornati ed era immune dalle mie distorsioni temporali.
Feci ritornare tutto alla normalità, i clienti nei vari tavoli continuarono a gesticolare a casaccio come normalmente anche noi immortali eravamo abituati a fare.
«Sarai contento adesso» Angelica picchiettò l'indice sul braccio.
«Continuava a fissarti, a meno che dessi fuoco al locale, era l'unica soluzione» mi giustificai con un innocente alzata di spalle.
«Demoni e la loro gelosia» disse la mia compagna con tono sconfitto, alzando di occhi al cielo.
La gemellina sbuffò «Ecco non è giusto, ha fatto una cosa incredibile da demone e io non l'ho vista» la bimba gonfiò le guance dalla rabbia, sbattendo le posate sul tavolo aspettando impaziente la sua pizza.
Continuammo a mangiare finchè finalmente sentivo le loro anime molto vicine, non so se Angelica la prenderà bene, ma almeno uno dei tanti problemi che le affollano la testa si sarebbe risolto (almeno spero).
Formai la barriera intorno al nostro tavolo.
I bambini guardavano stupiti girando il capo.
Tutto intorno a noi era presente il nulla, il nero più totale.
«Che cos'hai in mente?» mi diede un'occhiataccia Angelica corruggiando le chiare soppracciglia.
Immaginavo che si sarebbe infastidita, era così nervosa che in questi due giorni pensavo che le fosse venuto il ciclo.
La barriera si distorse segno più che evidente che stavano entrando.
Il primo fu Yag con le mani in tasca, successivamente Arasio, poi Ardea e infine Mìtrio.
Angelica li fissò confusa, forse non si aspettava di certo che i suoi figli dopo quello che era successo, stessero nel medesimo luogo in cui ero presente io e la mia compagna.
Ma il bello doveva ancora arrivare, entrò anche Teli con in mano delle catene nere.
Dopo che mi ripresi forgiai con le mie mani dei bellissimi nuovi impedimenti da affibbiare al il mio primogenito, in modo tale che assorbisse la sua energia per renderlo innocuo, una funzione molto simile a quelle adoperate nel carcere angelico qui presente sulla terra.
Il demone tirò queste catene e dalla distorsione della barriera entrò Serse, quel maledetto con il complesso di Edipo mi piaceva vederlo così tutto legato senza via di fuga.
Aveva delle manette intorno ai polsi e una maschera di ferro che gli ricopriva metà faccia.
Queste erano le uniche precauzioni in cui ero sicuro che lui non si liberasse, il metallo di cui mi ero sevito aveva una grande assorbenza.
I demoni più infimi al solo tocco sarebbero morti ma lui essendo pieno di potere, un paio di catene non l'avrebbero certo ridotto in fin di vita.
Essendoci Teli a tenerlo sott'occhio ero più tranquillo, uno degli immortali più vecchi e uno dei demoni più forti della nostra società.
Incredibile che all'inferno venne battuto da qualcuno che era riuscito a liberare mio figlio, doveva essere un avversario veramente forte.
Teli non si accorse nemmeno della sua presenza, bastò solo due colpi per metterlo fuori uso.
Angelica spalancò ancora di più i suoi occhi chiari dalla sorpresa.
La figlia del mio angelo si alzò in piedi sulla sedia e puntò il dito contro Serse.
«Guarda Iglis un pregiudicato!»
Suo fratello gli diede un pugno alla gamba «Stai zitta! non vedi che non il momento di dire cavolate?»
La bimba si risedette sconsolata non cogliendo la situazione che era diventata molto tesa.
«Bambini venite con me, gli adulti devono parlare» disse Yag.
I gemelli se ne andarono con il demone e il suo compagno. Finalmente c'era più silenzio.
Feci comparire altre sedie e distesi il braccio «Prego sedetevi pure.»
Angelica non spiccicava parola ed ero preoccupato per questo, non sapevo come interpretare il comportamento della mia compagna.
«Secondo te eseguiremo i tuoi ordini a bacchetta? Se volessi stare in piedi» disse Mìtrio.
«Non è il momento di dare in escandescenza Mìtrio, siediti e basta» parlò quello sgorbio di Ardea.
Tutti si recarono al tavolo in silenzio.
Angelica mi fissava di sottecchi.
«Perché li hai fatti venire qui, anzi riformulo la domanda, perché li hai costretti a venir qui?»
«Angelica non ho costretto nessuno dei presenti a raggiungerci. Ho solo spiegato ai nostri figli di recarsi in questo luogo perché sarebbe ora di risolvere i problemi che sono rimasti in sospeso da diversi secoli oramai» risposi non solo a lei ma a tutti i presenti.
Ero così in tensione da mettermi a toccare in continuazione lo stelo del calice.
Perché gli avevo detto di recarsi in nostra presenza? mi davano già i nervi al solo vederli.
Ah già, dovevo fare bella figura nei confronti di Angelica.
«Non c'è molto da dire, tu sei uno stronzo e lei una povera illusa che tu possa cambiare» parlò Mìtrio con un tono minaccioso puntandomi l'indice contro.
«Abbassa la voce biondino» voltai il capo alla mia destra, intimai con un ringhio il mio secondogenito di rimanere al suo posto.
«Beh a modo suo, sono d'accordo con Mìtrio. Mamma non dovresti frequentare Lucifero. Lui ti rovinerebbe ancora una volta.» parlò Ardea in maniera diplomatica, si era collocata davanti a me e proprio di fianco a sua madre.
La mia compagna fissava il tavolo, toccando con la mano il tessuto della tovaglia e non emettendo una sola parola.
Sbattei i pugni sulla superfice in legno «Perché non volete che vostra madre sia felice?» cercai di trattenere la rabbia.
Serse si era collocato a capotavola ed era proprio di fianco ai suoi fratelli.
L'ibrido si mise a sghignazzare e battere la mano sul tavolo. «Proprio tu parli di felicità? Ma se l'hai ammazzata nella sua vita precedente? Mamma sei destinata al meglio, uno come me che ti potrebbe amare come meriti.»
«Veramente è il contrario, io ho cercato di togliere la vita a Leam e non riuscendoci mi sono suicidata, solo per fargli un torto» disse il mio angelo con un tono inespressivo.
La Dea non fissava nessuno in volto, torturando una briciola di pane che aveva trovato sul tavolo.
Il sorriso di Serse sparì «E chi ti ha portato a questo?»
Angelica non rispose.
«La penso come Serse, si andrà a finire come quando ci fu la grande catastrofe» disse Mìtrio.
Digrignai i denti tentando di non far trasparire le mie zanne che fremevano per uscire.
Perché non capivano che oggi doveva essere un modo di sotterare l'ascia di guerra? Invece tutti quanti stavano solo trovando un modo per farmi incazzare.
Angelica mise la sua mano sopra la mia e immediatamente mi tranquillizai, sapevo che lei era dalla mia parte «Io continuerò a frequentare Leam.»
«Mamma sei troppo ingenua per stare con un mostro del genere. Ti stai schierando nella fazione sbagliata» continuò Mìtrio.
«Perché devo sempre scegliere da che parte stare? Se per un solo secondo e parlò per tutti, smetteste di trattare le persone come se foste di vostra proprietà, se cercaste per un secondo di non covare odio, forse potremmo ritornare a essere famiglia» disse Angelica con fermezza.
Angelica si alzò e andò verso la barriera.
«Per i miei figli ci sarò sempre. La facilità con cui avete avuto il coraggio di ignorarmi in queste settimane è disarmante. Fatevi tutti un esame di coscienza.»
Detto ciò se ne andò.
Ci fu un attimo di silenzio, noi tutti avevamo sbagliato.
Io di certo non potevo negare le mie colpe, ma avrei evitato di fare gli stessi errori che avevo commesso in passato.
«Beh vado a pagare il conto» mi alzai e me ne andai lasciandoli soli.
Spazio Autrice
Ciao a tutti ;) vi piace il nuovo capitolo?
I volti di cui ho preso ispirazione come arredamento della spartana pizzeria, sono delle sculture dell'artista cinese Johnson Tsang.
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