capitolo 5. La casa de Rose
Stoner city, anno 744 dell'era di Asaran
Lungo la strada verso la Casa de Rose, l’allegra confusione dei quartieri residenziali periferici di Stoner City, si diffonde per la strada, Holder sorrise.
Le canzoni che si susseguivano partivano da pezzi all’apparenza suonati a orecchio.
Holder non era sicuro che l’incontro di quella sera fosse una buona idea. Essere contattato da qualche vecchio collega del padre poteva rientrare nella normalità, almeno se si trattava di Benerg e dei suoi compagni.
Ma Morris era una faccenda completamente diversa.
<< Dopo tutto >>. Si disse mentre svoltava in una viuzza laterale
fiancheggiata da un canale di scolo all’aria aperta, non si tratta di un ex soldato.
No, non può esserlo, non quel tipo. Eppure "l'orco" il giorno prima era stato chiaro.
La scomparsa della musica, ormai lontana, lo mise a disagio.
Avrebbe potuto salire sulla Warcraft, far rotta verso le Piccole isole e dimenticarsi per sempre di quella gente.
Lo aveva già fatto altre volte. Essendoci di mezzo Benerg sarebbe stato prudente attraversare l’oceano per ritornare a NewGate o in qualche altro scalo dimenticato da Dio.
-Sbuffò-
Esistevano mille porti in cui non era conosciuto. In fin dei conti, Stoner City era una semplice tappa e non la meta del suo personale viaggio della speranza al contrario.
Si domandò quanti tra gli abitanti di quella città avrebbero dato il braccio destro per effettuare il tragitto inverso. Un numero incalcolabile, stabilì.
Nel corso della camminata, passò davanti a un maltenuto negozio di frutta.
Una giovane ragazza sui sedici anni, sistemata all’entrata, gli sorrise dolcemente, senza motivo. C’era anche chi era felice di vivere in quella città.
Con molta probabilità, alla sua età aveva già trovato ciò che cercava nella vita.
Holder , dentro di sé, la invidiò tremendamente, invidia la sua forza nell'essere felice nonostante tutto.
Alla fine, Holder si ritrovò davanti al colonnato della casa affittata da Benerg, per il soggiorno prolungato di quel strano gruppo di ricerca.
Oltrepassata l’austera cancellata, composta da vecchie lancie di ferro usate come pali della staccionata.
Sentí una voce:
<< Sì? >>
Una voce maschile che si focalizzò in ritardo sul viso di un uomo, dai tratti sobri e i capelli neri tagliati corti, a filo del cuoio capelluto.
Uno dei soldatini di Benerg.
<< Sono Holder, devo conferire con il professor Morris >>
Ci fu un silenzio. Dieci secondi per avere conferma dell’appuntamento.
<<Puoi entrare, sei atteso nello studio al piano terra.>>
Il compare dell'uomo che aveva risposto era , Barry Lonegan-qualcosa. Holder non ricordava di preciso il cognome composto, quell'uomo ora lo attendeva nell’ingresso.
Il tale lo squadrò da capo a piedi come fosse la prima volta che si incontravano.
Nel farlo, Barry Lonegan-qualcosa fece sfoggio di un rivoltante senso di superiorità.
Avrebbe irritato chiunque.
<<Sei in ritardo !>>
Disse con tono severo, Holder si infastidì.
<< Benerg non mi ha dato un orario da rispettare. >>
<<Esiste sempre un orario da rispettare. Arriva a destinazione
il prima possibile e non sbaglierai in alcun caso >>
Disse l'uomo di mezza età mentre dalla tasca sinistra della sua veste prese una vecchia pipa nanica, per poi riempirla di tabacco e facendo qualche tiro con la pipa gli gettó il fumo addosso ad Holder.
<< Ok, Ok...
Ho compreso come gira il mondo dalle tue parti.
Adesso vorresti portarmi da Morris, per favore?>>
<< Il professore... >>
L’ex soldato, ora diventato un pirata, rimaneva pur sempre legato al suo re. Parve indeciso se rimproverarlo ancora o lasciare perdere.
<< Per di qua >> disse infine.
Lo precedette attraverso l’ingresso in un largo corridoio ornato ai lati con bassi tavolini dalle gambe sensualmente ricurve. Le vetrate, ben pulite dalla servitù a garanzia di un’ottima vista dell’esteso giardino retrostante la villa, trattenevano i giochi di colore del tramonto, deflettendoli con regolarità sulla passatoia blu che conduceva a una porta chiusa.
<< Sai perché mi ha fatto chiamare? Il professore.>>azzardò Holder .
<< No >> gli fu replicato in un monosillabo ricolmo di molti
avvertimenti, sepolti nel distacco con cui era stato pronunciato.
In particolare, anche se avesse saputo qualcosa, non l’avrebbe certo riferita a lui.
Lonegan bussò alla porta per annunciare la loro presenza e l’aprì un istante dopo anche senza aver ricevuto il permesso.
In.una corrente appena avvertibile, una folata d’aria fresca uscì dal locale.
Il suo accompagnatore cedette il passo a Holder con modi spicci.
Nell’ufficio, perché di questo si trattava nonostante il disordine evidente nelle carte ammucchiate su ogni ripiano disponibile, la porta-finestra che conduceva su una balconata semicircolare era stata lasciata aperta. Da lì penetrava una lieve brezza, insieme al profumo salato del mare e all’odore pungente di pesce proveniente dal barrio portuale.
<<Avanti, avanti! >>
Si sbracciò Morris, in piedi vicino a una mensola. Era assorto nella consultazione delle pagine del suo libro e non alzò neppure lo sguardo per verificare l’identità del nuovo entrato.
Holder si accomodò su un sofà. Qualcuno doveva averlo trascinato lì con parecchio sforzo, si notava dai segni lasciati nel pavimento. E ci aveva persino dormito qualche ora, se faceva fede il cuscino sgualcito e abbandonato su un angolo.
<<Voleva vedermi, signor. Morris? >> Per un interminabile secondo, ci fu solo il fruscio dei fogli mossi dal vento sulla scrivania a contrastare il silenzio.
<<Sì, ma evitiamo il “Signor”>>.
Si riscosse infine il professore, come per svegliarsi dalla profonda lettura di prima. Disinteressatosi di ciò che aveva letto sul libro, si voltò verso di lui.
<<Mi fa sentire vecchio.
Meglio chiamarmi per nome, Mobius, o semplicemente Morris. Capito?>>
Holder liquidò la richiesta con un’alzata di spalle.
<< Per me vabene Morris.>>
<<Ottimo. >>
Il professore si distrasse ancora.
Era in cerca di qualcosa, sulla sua scrivania piena di scartoffie. Si sbarazzò di un fascicolo voluminoso e recuperò un boccone di pane raffermo, nascosto sotto.
Osservandolo mentre se lo portava all'altezza della bocca tremolante, Holder considerò che Mobius faceva fede alla sua reputazione centenaria, anche se era difficile immaginarsi quell’uomo, coi capelli castani arruffati e gli occhi rossi per notti insonni, come un leader.
Non passò inosservata nemmeno la sua mano sinistra, protetta da un guanto di pelle bruna.
Nelle tre precedenti occasioni in cui l’aveva incontrato, Holder glielo aveva visto sempre addosso.
Per nascondere delle ustioni, tirò a indovinare.
<<Mi incuriosisce il motivo per cui mi ha convocato>>.
dichiarò poi, frattanto che Morris si puliva la bocca di briciole.
<<Non ho convocato nessuno. Ti ho semplicemente chiesto di venire da me, Holder>>.
Holder riprese, con un pizzico di
insofferenza.
<< Mi hai chiesto di venire da te... Non è ciò che mi è stato riferito da Benerg. Il suo aveva l’aria di essere un
ordine. >>
Con la mano inguantata, Morris si tirò indietro i capelli intrisi del sudore appiccicoso che caratterizzava qualsiasi giornata, nella calda Stoner city di costiera.
<< Tipico del nostro "orco".
Non domanda, pretende. >>
Holder rise forte, incapace di trattenersi.
<< Lo hai descritto alla perfezione in una sola frase. Ma andiamo avanti, di cosavolevi parlarmi?>>
La luce naturale se ne era oramai andata e Morris si allungò sulla scrivania per accendere una candela da tavolo.
Il piccolo sole della candela sbocciò
nella stanza ferendo in principio gli occhi di Holder.
<<Ho lavorato con tuo padre per due anni >> affermò Morris.
<< Strano, non me ne ha mai accennato. >>
<<Non avrebbe potuto. Era in servizio.>>
Mobius Morris si sedette su una poltrona nell’angolo che portava alla balconata. Col gesto, aveva ristabilito un minimo di equilibrio tra loro.
<<Però non è di lui che ti voglio parlare. Preferisco spiegarti l’esperimento che condurremo sulla Warcraft.>>
<<Non serve. Mi pagherai, per me è sufficiente.>>
<<Invece è necessario. Non vorrei sorgessero equivoci come
sulla Anittam.>>
<< Sulla Anittam? >>
Il chiarimento non giunse.
Morris andò nei pressi della porta-finestra. Lanciò lo sguardo
sotto il cielo scuro, in un grande abbraccio ai frutteti dell’entroterra visibili dietro le querce superstiti che lottavano col clima caldo e umido. Riprese quindi con ritrovata convinzione.
<< La gente comune si guarda intorno pensando che quanto vede coi propri occhi sia tutto ciò che il nostro sapere può costruire, che sarà sempre così. La fede è morta e la fantasia agonizza, mentre il nostro paese è in guerra.
Gli attuali nemici sono i più pericolosi mai affrontati, perché sono come i nostri padri, che ci hanno abbandonato.
Elfi e nani... I nostri padri Naturali. >>
Echeggiò la voce di Morris, ancora voltato verso il giardino.
<< Padri. Non avresti mai sentito quella parola dalla mia bocca. Ancora non mi conosci.>>
<<Dobbiamo diventare tanto intimi? Ahaha>> insinuò Holder.
Puntati gli occhi su di lui, Mobius segnalò il suo disappunto con un minimo movimento del capo.
<<I rapporti personali non c’entrano nulla, una guerra si vince con le armi. Nuove, possibilmente. Per ottenerle servono cervelli e lunghi periodi di ricerca. Entrambi hanno costi molto elevati che non sempre siamo disposti a pagare>>
<< Non mi sembra di avere ancora ricevuto le spiegazioni che eri tanto desideroso di darmi. >>
All’interruzione, Morris non
fece una piega.
<< Tutte stronzate! >>
L’esclamazione scosse Holder.
Era come se Mobius non stesse davvero parlando a lui, ma a
qualcun altro in un passato non tanto lontano. E ancora si sforzava di convincere quel qualcuno.
<< Non capiresti mai, esattamente come gli altri. Si deve vedere, toccare con mano.
Come la verità sulla morte di tuo padre, in questo mondo, la verità è sempre nascosta da un velo di menzogne. >>
<<Come sai queste cose? Come posso credere tu sappia la verità? >>
Domandò a Mobius, ritornato alla
sua postazione accanto alla scrivania, metà immerso nella luce della candela, metà nel buio.
<< Tutto a suo tempo.
Salperai insieme a me e non per scoprire come conosco la verità su questa storia e neppure per capire cosa ha spinto le guardie a usare la malattia come copertura per la morte di tuo padre. No, non lo farai
per questo. >>
Mobius, non era più abituato a parlare così a lungo, non alla sua età. Prese fiato.
<<Verrai con me perché vuoi scoprire la ragione che ha portato tuo padre a suicidarsi. Io ti darò la risposta. >>
Holder sostituì l’amarezza con l’odio per Morris, profondo e senza limiti.
-Lo odiò perché aveva ragione, almeno in parte.-
Pensò Holder.
Optò per l’accondiscendenza.
<< D’accordo, Morris, partiremo.
Ma la tua risposta e dovrà essere convincente.>>
Prima che Scott si chiudesse alle spalle la porta, il viso del
professore si animò di un sorriso indecifrabile
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