69 Il patto - parte 1

Entrado c'erano delle sale, molto grandi e sontuose, ma che servivano sicuramente per l'insegnamento ai reali. Ad un certo punto aprirono un grande portone d'oro e vidi la sala più grande che io abbia mai visto.

Le decorazioni sul soffitto erano inimmaginabili, raccontavano la storia della creazione dei Demoni Bianchi.

C'erano gli angeli, poi un fiume di sangue che partiva da un bambino. Una donna cadere, Beka sicurente. Poi, in un altro quandro, la stessa donna di prima con le ali nere creava i Demoni Neri e nell'ultimo quadro c'era Beka che creava i Demoni Bianchi.

-Luna?!- urlò qualcuno dal fondo della grande sala. Damon mi guardava con gli occhi strabuzzati. Di fianco a lui c'era Alex, che invece mi sorrise e mi corse in contro.

-Luna! Pensavo non fosti più arrivata!- esclamò Alex abbracciandola. Poi guardò Lefkò. -Finalmente ho l'onore di incontrarti!- esclamò con un piccolo inchino il ragazzo. Intanto Damon si era avvicinato e guardava stravolto Luna.

-Luna ma tu...?- mormorò stupefatto.

-Damon... è una storia lunga ma comunque... ora non c'è tempo. Dov'è Bella?- chiese Luna senza troppi giri di parole. Entrambi i ragazzi abbassarono lo sguardo.
-Alex, dov'è Bella- sibilò Luna scandendo ogni minima parola.

-È nelle segrete. In questo momento la staranno torturando... mi dispiace ma non possiamo fare niente. Abbiamo già provato, ma le guardie ci hanno intercettato e ci hanno letteralmente trasportato in camera nostra e ci hanno chiuso dentro a chiave.- rispose Damon mentre Alex stringeva le mani in due pugni stretti. Luna trattenne il respiro.

-Dobbiamo assolutamente trovare il modo per liberarla e...- Luna non finì di parlare che il padre di Alex e Damon entrò nella sala con le mani sporche di sangue.

-Ragazzi! Non pensavo avessimo ospiti! Chi sono queste due ragazze?- chiese il Lucas mentre un servitore gli puliva le mani.

-Lei è Luna, la figlia del Leggente Superiore mentre lei è Lefkò, figlia dell'Angelo, sorella del bambino ucciso da Beka- disse Alex sfidando con lo sguardo il padre che rimase di stucco.

-Oh! Potevate avvisarmi! Potevo presentarmi meglio!- esclamò Lucas ridacchiando. -Guardie!- chiamò. Cinque guardie vestite di tutto punto come i militari e con degli strani aggeggi simili ai fucili messi a tracolla sulla schiena arrivarono sotto il suo cospetto e s'inchinarono.

-Accompagnate le due ragazze nelle loro stanze- ordinò in tono duro.

-In realtà...- esordì Lefkò. -Io devo parlare assolutamente con Bella. Dovete liberarla immediatamente!- disse facendo un passo avanti. Il sorriso del Re sparì immediatamente dal suo volto.

-La prigioniera resterà dove merita. E ora...- detto questo si rivolse alle guardie. -...accompagnatele nelle loro stanze e chiudetele a chiave.- continuò.

-Come si permet...- iniziò ad urlare Lefkò, ma il Re la bloccò con una semplice magia, immobilizzandola a mezz'aria. Stavo per intervenire, ma fece la stessa cosa con me e con i fratelli.

-Bella resterà dov'è.-

•••

BELLA'S POV
Non vidi più nulla da quando le cinque guardie mi circondarono. Sentii solo un forte dolore al collo.

Quando mi risvegliai fu per una grande fitta di fame. Aprii gli occhi e cercai di muovermi, ma ero bloccata. Mi guardai attorno con gli occhi impastati. Ero su una sedia di ferro, mani e piedi erano legati con grosse catene. Persino il busto. Le ali dolevano come non mai. Provai a muoverle, ma sentii il tintinnare delle catene.

In quel momento mi sentii come un maiale in una macelleria. Legato come un salame e pronto ad essere tagliato.

In quel momento entrò qualcuno. Una bambina. Aveva i capelli biondi, stava a testa bassa. Mi mise in bocca un piccolo pezzo di pane e mi fece ingoiare dell'acqua, poi, non appena sentì un piccolo rumore fuori dalla porta sparì correndo verso il muro.

-No! Non te ne andare!- urlai come una pazza. Iniziai ad agitarmi su quella sedia. Avevo ancora fame. La bambina mi aveva aiutata senza motivo e poi era sparita come una fantasma. Fuori dalla porta sentii delle voci.

-È diventata pazza dalla fame...- disse uno e poi due risero. Entrarono tre uomini con un carrello pieno di strani oggetti, sicuramente poco rassicuranti.

-Allora signorina, che ne dici di dirci un po' che ci fai qui? Perché eri col nostro principe e magari dirci i piani del tuo caro paparino?- chiese uno.

Aveva i capelli rossicci e gli occhi verde scuro. Era tatuato quasi dappertutto, aveva un piercing [non so come si scriveee] sull'orecchio e un orecchino con un teschio con i diamantini.

Aveva la faccia piena di lividi e segni di un passato pieno di alcool e varie schifezze, il labbro gli tremava leggermente, ma sicuramente era per un tic. Era inquietante.

-Non sono in vena di parlare- risposi fredda. L'uomo rise, poi prese dal carrello un coltello molto affilato e ci giocò un po' continuando ad avvicinarlo a me, cercando di spaventarmi.

Gli altri due restavano a guardare con un ghigno sul volto, erano divertiti, ma io non gli avrei dato tanto facilmente le mie grida e le mie lacrime.

Mi fece un grosso segno sulla guancia e sentii il sangue iniziare a gocciolare. Strinsi i pugni ma non emisi nemmeno un gemito.

-La principessa vuole fare la difficile...- commentò l'uomo guardando i suoi compagni. I due risero senza nemmeno un motivo. Si vedeva che avevano paura del tizio con i capelli rossi.

Quest'ultimo si allontanò un po' e appoggiò il pugnale per prendere invece dei guanti con le borchie sulle nocche.

-Sai... mi sono piaciuti tantissimo i tagli sullo stomaco...- detto questo non riuscii a capire nemmeno cosa fece. Sentii solo un forte dolore al ventre. Mi sforzai di non urlare, ma i miei occhi divennero lucidi e io non potei farci nulla.

Partirono altri pugni molto vicini alla ferita, ma resistetti cercando di reagire, ma questo mi procurò solo dei grossi segni violacei sui polsi.

Ad un certo punto l'uomo si fermò e io iniziai a respirare pesantemente.

-Uscite- ordinò con un ringhio ai due che se la stavano bellamente chiacchierando. Si zittirono di colpo e uscirono senza dire una parola.

-Senti: rispondi a questa semplice domanda o se no giuro che ti ficco un pugnale sulla gamba e non lo tolgo fino a domani mattina- mi minacciò. No, non avevo paura. Per niente. Me lo avesse lasciato pure venti giorni. Io non avrei risposto a nulla.

-Come hai fatto a resuscitare il principe?- mi chiese. Restai zitta per un lungo lasso di tempo.

-Non lo so, io...- stavo per continuare ma un pugnale si ficcò con violenza nella mia coscia e io mi misi ad urlare soprattutto per la sorpresa, poi sentii la porta sbattere e dopo ancora mi appoggiai su quella sedia che sarebbe diventata il mio sostegno morale finché i due cari principi non sarebbero riusciti a tirarmi fuori.

Avevo sentito le loro urla che chiedevano di entrare e di liberarmi, ma evidentemente non c'erano riusciti. Io continuavo a sperare. E non avrei perso per nulla al mondo la speranza.

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