66. Nel Regno-parte 9

Estrarre il veleno. Estrarre il sangue malato. Ecco le due soluzioni. Poi mettermi vicino alla biglia. Ma non toccarla. Fine.

Era già passata mezza giornata. Ci rimaneva una notte e un giorno e mezzo. Mi sdraiai su un letto. Alex al mio fianco che mi stringeva la mano e Ulaj dall'altra parte pronto a compiere uno strano rito.

Scoprii una cosa: Ulaj, aveva bevuto sangue di Demone Nero, e ora era immortale, poi è stato anche influenzato dagli altri Demoni e ha acquisito un pizzico di potere che, grazie a delle erbe che aveva scoperto man mano andava avanti con gli anni, erano aumentati.

Prima di iniziare mi aveva detto che avrebbe fatto male. Mi aveva avvertita. Ma io gli avevo detto che non mi importava. Io volevo solo tornare ad essere normale.

Anzi, normale non è la parola giusta. Io e normale non possiamo stare nella stessa frase se non per contraddizione. Volevo tornare ad essere quella di prima. Ecco. Questa frase mi suona meglio.

Il rito iniziò. Chiusi gli occhi e mi rilassai, come mi aveva detto di fare Ulaj. Non sentii niente per un lasso di tempo che mi sembrò una vita, ma poi iniziai a sentire fitte sempre più forti in ogni parte del corpo.

Strinsi la mano di Alex che continuava ad accarezzarmi. Ad un certo punto sentii qualcosa premere contro all'occhio e cacciai un urlo acuto. Alex mi strinse ancora di più la mano. Il mio fiato si fece pesante. Sentivo i cristallini incastrati nella mia pelle continuare a premere. Non riuscivo a sopportare tutto quel dolore. Sentivo chiaramente le parole di Ulaj, non dovevo svenire, dovevo resistere.

-Apri gli occhi- sussurra al mio orecchio Alex. Li aprii, come mi aveva detto. Vidi lui che mi sorrideva, per farmi forza. Non provai nemmeno a sorridere, perché dopo due secondi un'altra scarica di dolore mi perverse tutto il corpo e saltai letteralmente in aria.

-Sta per finire- sussurrò di nuovo Alex. Risposi con un altro urlo straziante. Quando aprii di nuovo gli occhi vedevo tutto sfocato. No, non dovevo svenire.

Strizzai gli occhi e sentii una lacrima cadere e venire asciugata subito da una mano calda. Ulaj iniziò a recitare la formula più velocemente e allora sentii il dolore solo agli occhi. I cristallini non volevano togliersi, erano come incatenati alla mia pelle.

D'improvviso Ulaj smise di recitare la formula e guardò Alex e Kiara, che era stata in un angolo a leggere il suo libro per tutto il tempo, con molta preoccupazione.

-Il rito non funziona del tutto!- urlò trafficando con le boccette.

Io, a mio parere, stavo per morire. Guardavo il bianco soffitto con gli occhi socchiusi, cercando di aprirli ogni volta che provavano a chiudersi.

Il mio respiro si fece sempre più affannoso mentre un sudore freddo iniziava a percorrermi il volto. Deglutii per poi iniziare a respirare anche con la bocca.

-Che facciamo- disse Alex accarezzandomi il volto e stringendomi la mano.

-Dovremo fermarci qui. I cristallini sono troppo forti per noi. Adesso poggiate sul suo petto il sacchetto con a biglia.- spiegò Ulaj, poi, mentre Alex andava a prendere ciò che il mio amico gli aveva detto, si avvicinò.

-Sei stata bravissima, ma ora riposa- sussurrò. Annuii e chiusi finalmente gli occhi per poi piombare nel buio più profondo.

•••

Tic. Tic. Tic. Tic. La pioggia ticchettava sui miei occhi implacabilmente, cercando di farli aprire. Il mio corpo era fradicio e i vestiti erano attaccati alla mia pelle, oltretutto era anche sospeso a mezz'aria da una forza invisibile e i capelli bagnati dondolavano nel vuoto, facendo scendere tante goccioline per terra.

Il cielo grigio era pieno di lampi bianchi che lo squarciavano, mentre l'erba verdognola si muoveva al tempo del vento.

Aprii gli occhi tormentati dalla pioggia e mi guardai intorno. Un'immensa distesa d'erba. Non si vedeva nient'altro. Cercai di mettermi con i piedi per terra, ma appena ci provai iniziai a rotolare lentamente su me stessa.

Sembrava non ci fosse gravità. La pioggia iniziò a fermarsi a mezz'aria e si formarono tante piccole gocce che si spostavano ad ogni minimo movimento. Mi feci strada come se stessi nuotando. Scrutai l'orizzonte e vidi un'albero. Era molto grande. Sembrava un salice. Riuscivo a intravedere lo scintillio della brina che dondolava assieme ai lunghi rami che, stranamente al resto del paesaggio, andava verso il basso. Mi avvicinai e notai intorno ad esso un grande cerchio e da lì l'erba si era estinta. Esitai ad entrare nel cerchio, come sapendo che dopo avrei dovuto fare i conti con qualcosa, ma alla fine presi il coraggio e non mi feci pregare.

Non appena fui dentro al cerchio notai che la pioggia era sparita e che io toccavo terra. Come se ci fosse stata una bolla intorno all'albero, estraniata da tutto il resto. Mi avvicinai al salice e vidi un cerchio inciso sulla corteccia. Alex. Il segno che aveva fatto Alex al salice dove di solito ci incontravamo.

-Già, proprio quello-

Mi girai, chiedendomi di chi fosse quella voce infantile.

Davanti a me stava una bambina bionda, dagli occhi coperti da un lungo mantello nero e le due codine che ricadevano sul petto.

La osservai senza dire nulla. Non mi ricordavo di averla mai vista. Indossava il lungo mantello nero con una maglietta bianca e un gonnellino rosso. Le scarpette erano del medesimo colore della gonna. In mano aveva un lungo bastone. Era più alto di lei. Alla fine si intrecciava in un modo indescrivibile facendo in modo di sorreggere una sfera rosso sangue e da lì partiva una catenella con tante pietre rosse, bianche, nere e azzurre sparse un po' dappertutto.

-Chi sei?- chiesi con un sussurro che quasi pensai non l'avesse sentito, ma il silenzio era così pesante che anche ogni minimo fruscio si poteva udire alla perfezione. Vidi un sorriso spuntare dalla bocca della bambina.

-Un'amica- disse inclinando la testa. Non sembrava per niente una bambina. Il tono, il modo in cui parlava mi dava dei motivi per dubitare del suo aspetto.

-Sii più precisa...- dissi allora io mettendomi sui talloni e iniziando a saltellarci su. Ero quasi alla sua altezza, forse un po' più bassa.

-Un'amica che incontrerai presto e che ora ti aiuterà- sussurrò lei di rimando avvicinandosi.

Sorrisi dolcemente, cercando di scorgere qualche particolare da sotto quel cappuccio. La bambina si ritrasse continuando a tenere quel sorriso che iniziò a diventare inquietante.

-E come pensi di aiutarmi?- chiesi alzandomi e appoggiandomi all'albero con le braccia incrociate. Ci vorrebbe un miracolo per aiutarmi. La bambina restò zitta per qualche secondo, poi indicò il mio volto.

-Quello che ti sta accadendo non era previsto. Entrambe siamo qui per questo- disse. Abbassai lo sguardo portando la mano agli occhi e constatai che i cristallini c'erano ancora dato che urlai dal dolore.

La bambina si avvicinò a me e puntò il bastone sugli occhi.

-Farà male- mi disse. Presi un profondo respiro. Avevo paura. Già. Tanta paura. Sentii un caldo tremendo percorrermi il volto, poi gli occhi si surriscaldarono e fu in quel momento che il dolore si fece sentire. I critallini si stavano staccando uno dopo l'altro, cadendo a terra e portandosi dietro grandi gocce di sangue. Quando tutto finì mi lasciai andare buttandomi in ginocchio, con ciocche di capelli che mi untralciavano la vista delle scarpette rosse della bambina che si muovevano per venire verso di me.

Chiusi gli occhi per pochi secondi e subito sentii qualcosa toccare i miei capelli. Questi si sciolsero ricadendomi del tutto sulle spalle.

Grazie a Theresa erano diventati più corti... Chissà come stanno... Come sta Lux, quello scalmanato di suo fratello, Luna, la timida Theresa e Bryan. Il ragaxzo divertente che ogni volta riesce a farci tornare su di morale... Chissà dove sono...

Sospirai finché qualcosa non ricadde sulla mia spalla. I miei capelli erano legati in una morbida e contorta treccia. Alzai lo sguardo verso la bambina e le sorrisi.

-Grazie- sussurrai. Lei ricambiò il sorriso, poi fece ruotare il bastone e io iniziai a vedere doppio, finché il buio non mi accolse d nuovo nel suo gelido abbraccio.

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