6. L'Accademia-parte 4
[Revisionato]
Ethan mi aveva proprio sorpresa, Damon era arrabbiato con me, Helena e Luna avevano alcuni sospetti... perfetto insomma, sarei dovuta scappare presto. Nemmeno dei mesi di pace... ero riuscita a stare in quell'accademia solo una settimana!!! E ora che avevo anche Ethan a rincorrermi sarebbe stata sempre più dura. La mia prossima tappa era Saint Francisco.
Sì, insomma, stavo già iniziando a progettare la fuga e come raggiungere in fretta l'aeroporto senza farmi seguire. Oppure, più semplicemente, usare qualche portale nascosto, ma sarebbe stato più difficile, di quei tempi i portali si erano ridotti e fabbricarne uno era immensamente difficile e aveva un processo troppo lento.
In camera trovai Helena e Luna parlare. Mi accostati alla porta, volevo sentire di chi o cosa parlavano.
«È strana. Succedono cose strane intorno a lei.» la voce di Helena era come un soffio, ma le mie orecchie da Demone Nero la amplificarono. Grazie al sangue mi ero come rigenerata. Dopo tanto tempo, ero tornata quella di prima. E, anche se mi vergogno di dirlo, stavo veramente bene.
«Stai parlando di Bella?» chiese Luna, invece, molto sorpresa. A queste parole mi avvicinai di più alla porta. Volevo vedere le loro espressioni. Volevo vedere cosa provava Helena per me.
«E sennò di chi?» ribattè acida la prima.
«Lo dici solo perché oggi Damon è corso da lei quando era ferita e ti ha mollato da sola come uno stoccafisso» disse allora Luna, per poi mettersi a ridacchiare. Avrei voluto anche io unirmi a lei. Ma la curiosità va prima di tutto.
Qui sta per prendere una brutta piega... Pensai mordendomi il labbro inferiore, anche se divertita.
«Ah! Io...» Helena rimase ad aprire la bocca e a fare gesti senza dire nulla, spiazzata. «Io non sono l'unica che la pensa male di Bella» concluse incrociando le braccia.
«Lo so... ma io credo che sia solo una ragazza normale, cioè... come noi...» disse balbettando Luna, sembrava stesse cercando una scusa. E quando lo dico vuol dire che è quasi sicuro, dato che invento scuse ogni ora, minuto, secondo... Qualcosa di strano aleggiava attorno a Luna e volevo assolutamente scoprire di cosa si trattava. Quella ragazza mi trasmetteva un senso di pace e di sicurezza che non avevo mai provato.
«Tu sei troppo buona!-» strilló Helena. A quel punto entrai, come se non avessi sentito niente. Anche se rovinando tutto poco dopo.
«Perché urli tanto, Helena?» chiesi con voce innocente. Lei rimase immobile, sicura che avessi sentito. Iniziò a torturarsi le mani e a guardare dappertutto tranne che me, cosa che mi diede fastidio.
«Niente» rispose infine, anche se con un tremolio nella voce. Annuii e sistemai la mia spada sul letto. Ma non riuscii a trattenere i pensieri che rischiavano di esplodere nella mia mente
«Sapete... mi sorprende il fatto che pensate male di me e non di Ethan» dissi. Mi fermai subito.
Perché non sto mai zitta? Perché?!
Helena e Luna mi guardarono impietrite.
«Hai origliato» riuscì, dopo due ore, a capire Helena.
«È arrivato il genio della lampada...» commentai acida. La ragazza trattenne il fiato, mentre Luna sospirò rumorosamente.
«Tutti pensano tu sia strana... e poi perché dovremmo spospettare di Ethan?» chiese Luna in modo gentile, ma scorgevo una strana luce nei suoi occhi.
Le guardai strabuzzando gli occhi.
«Perché?! Non avete forse notato che ha le ali interamente nere?!» dissi quasi urlando. Le due ragazze mi guardarono come se fossi pazza.
«Bella, ha le ali nere e azzurre...» disse Helena guardando Luna che annuì lentamente. Buttai la testa all'indietro sospirando.
«Incantesimo di occultamento... me lo dovevo aspettare» mormorai ridacchiando istericamente. Sì, diciamo che una bella vacanza a Saint Francisco non mi avrebbe fatto male.
«Cosa?» chiese Helena non riuscendo a sentire. La sua voce ora somigliava più al verso di una gallina che alla mia sveglia.
«Niente... adesso andiamo ad... Arti Magiche» dissi guardando il foglietto e fingendo un sorriso. Presi la borsa e uscii come se mi stesse inseguendo un segugio infernale. Ero troppo tesa e tutto faceva ricadere su di me i riflettori. Non andava bene. Dovevo andarmene... ma ovviamente pensare è tutt'altro che fare e io pensavo, pensavo, progettavo, ma le gambe non si spostavano, non si decidevano a eseguire gli ordini.
Le mie due amiche mi seguirono trafelate arrivando un po' in ritardo rispetto a me. Quando entrai in aula tutti gli occhi erano puntati su di me.
Cercai di far finta di niente, ma era inevitabile. Mi accorsi che Damon era lì nel mio stesso orario di lezioni ed era l'unico che non mi guardava. Di fianco a lui il posto era vuoto. Andai lì decisa a spiegarmi e mi sedetti di fianco a lui senza dire una parola.
«Sei riuscita a guarirti da sola...» disse con sarcasmo il ragazzo, senza però rivolgermi mezzo sguardo.
«Sì, mille anni rincorsa dai Demoni Neri ti allenano» mormorai con un sospiro, cercando di inventarmi al più presto qualcosa. Damon fece per ribattere, ma un essere entrò dalla porta.
Era una donna di mezza età e... era qualcosa che avevo visto rare volte, nei miei pochi viaggi in Francia e Brasile... qualcosa di spettacolare: il corpo era sospeso da terra di tre centimetri, i piedi non si vedevano, aveva una veste verde e bianca, il corpetto era morbido e di un verde intenso, poi, man mano che scendeva andava schiarendo e alla fine scompariva del tutto, come un ologramma. La pelle era bianca come il latte, gli occhi erano molto più grandi rispetto al normale, con la pupilla bianca e l'iride verde chiarissimo. I capelli erano molto lunghi, anche quelli un misto tra bianchi e verdi. Sembravano tutti attaccati, come nei cartoni animati. Una ninfa.
«Scusate per il ritardo ragazzi, io sono Aishâ, la vostra insegnante di Arti Magiche. Oggi vedremo di cosa siete capaci, iniziando con il vostro potere...» fece aleggiare il suo sguardo per tutta la classe, puntandosi sui miei occhi neri. «Damon, vieni qui» disse Aishâ con una vocetta da ragazzina. Sospirai, sollevata, pur sapendo che prima o poi sarebbe toccato a me.
Damon si risvegliò dal suo stato di shock e si alzò titubante lanciandomi un'ultima occhiata.
«Adesso vieni e fammi vedere di cosa sei capace» disse Aishâ. Damon mosse le ali a disagio. Nessuno ancora sapeva che era il principe, perciò fare vedere il potere della luce era abbastanza rischioso. Andò da Aishâ e alzò il palmo della mano. Da lì uscì una piccola sfera luminosa che rimase fluttuante sul suo palmo.
«Un purosangue... e della luce... sarai utile all'esercito, sai?» commentò la professoressa, con un sorriso a trentadue denti.
Lui fece un sorriso forzato, poi tornò di fianco a me senza nemmeno guardarmi. Quella fase di "non-ti-parlerò-mai-più" non mi piaceva. Uno dei miei strani difetti è quello di affezionarmi alle persone in poco tempo. Successe con Damon Alexander. Successe con Damon. (E poi perché mai dare lo stesso nome a due figli!!!).
«Adesso... la ragazza di fianco a Damon...».
«Bella» dissi io con voce tremante. Pensavo avrei avuto più tempo per pensare. Per pensare a cosa dire e fare, non a Damon. Lei annuì sorridente e mi fece gesto di andare da lei.
Mi alzai con gambe tremanti. Se le avessi fatto vedere la luce avrebbe scoperto che ero una mezzosangue e mi avrebbe chiesto cos'altro sapevo fare, se le avessi fatto vedere l'ombra mi avrebbero arrestato e il sogno di una settimana di vacanza assieme a quello di un volo per Saint Francisco si sarebbe polverizzato.
«Facci vedere cosa sai fare» disse in modo cordiale la professoressa. Sospirai profondamente. Alzai il palmo come aveva fatto Damon, e una sfera di luce si formò sul mio palmo, ma qualcosa andò storto.
La sfera cominciò a diventare nera. Andai nel panico e chiusi di scatto il palmo prima che Aishâ potesse vedere, ma comunque questa rimase un po' dubbiosa, ma non mi disse nè chiese niente sul fatto del mio secondo potere. Per questo la ringraziai. In quella scuola c'erano professori strani...
«Brava, credo che faremo grandi cose con te» disse distratta. Andai a sedermi velocemente, anche se sapevo che i suoi occhi bianchi erano su di me.
«Cos'è successo?» chiese Damon continuando a passare lo sguardo da me alla professoressa. Lo guardai con un finto sguardo interrogativo, allora lui sbuffò arrabbiato e si appoggiò allo schienale della sedia. Stavo solo peggiorando le cose...
La lezione continuò così. Mi annoiai a morte, ma ero molto preoccupata, perché Aishâ continuava a fissarmi intensamente. Quando finirono le due ore di lezione di quella prof mi alzai subito e me ne andai. Venni afferrata per un braccio. Mi girai e vidi Damon.
«Emmm... cosa c'è?» chiesi titubante. Lui mi guardò intensamente. Cioè, dai! Era la trecentesima volta che qualcuno mi fissava in quel modo!!!
«Ci sei tu. Da quando sei arrivata non riesco a capire più niente, non capisco chi sei stata e cosa sei stata. Ma soprattutto chi sei stata per Damon, mio fratello» disse con sguardo severo. Trattenni il respiro. Dopo un paio di minuti abbassai lo sguardo. Cosa ero stata per Damon? Cosa eravamo stati? Perché io lo ricordavo ancor prima di quel giorno al castello?
«Basta, Bella! Smettila! Io devo sapere tutte queste cose, perché so che in fondo è tutto collegato a mio fratello!» trattenni ancora il fiato. Era tutto collegato a Damon Alexander, vero!
«Sai una cosa?! Sono qui solo perché tu sei identico a lui! E in realtà ti sto vicino solo perché sei stramaledettamente come lui! Anche i tuoi comportamenti! Persino la tua voce è simile! Quindi, sì, è tutto collegato a Damon Alexander.» ed ecco cosa avrei voluto dirgli. Ma stetti zitta. Perché avevo paura di non poter avere un terzo Damon in futuro.
La conversazione finì con il mio silenzio. Sentii solo i suoi passi rimbombare per il corridoio e una strana sensazione al petto.
•••
Erano passati due giorni da quell'ultimo scontro di sguardi con Damon.
Era un venerdì quello che vi sto per raccontare.
Quella mattina mi svegliai presto, volevo farmi una passeggiata per schiarirmi le idee, non ero ancora sicura di aver passato più di 48 ore senza nemmeno vedere l'ombra di Ethan, ma questo non significava mica qualcosa di buono... poteva voler dire che aveva organizzato un attacco in Accademia o che si era organizzato per rapirmi e il piano era quello di calmare le acque per poi prendermi alla sprovvista. Col tempo avevo imparato che tutto era possibile, se parlavamo della famiglia del conte Kalan.
Non credevo ci sarebbe riuscito, però. Anzi, a dirla tutta ci speravo... ma mai sottovalutare un Demone Nero. Mai.
Mi misi la solita e pallosa divisa nera e bianca e come scarpe feci apparire degli anfibi neri. Una cosa che da sempre mi piaceva fare era quella di far apparire vestiti. Insomma. Tutte le ragazze normali dovevano andare in un negozio, trovare il vestito giusto e poi pagarlo, mentre io no. Mi sentivo superiore. Già, non mi comportavo da Demone Nero, ma si vedeva proprio che lo ero.
Preparai la borsa con dentro tutti i libri delle varie materie e mi ricordai che quel giorno avrei avuto Storia del Mondo dei Demoni. La professoressa mi aveva presa di mira. Ogni volta che qualcuno aveva un dubbio lei chiedeva a me e ogni volta che non ero attenta mi riprendeva e mi faceva fare delle figure molto brutte... come Severus Piton con Harry Potter.
Uscii dalla stanza lasciando un biglietto a Luna perché se l'avessi fatto a Helena non mi avrebbe nemmeno calcolato... non so cosa prendeva in quei giorni a quella ragazza. Il primo giorno era così allegra, simpatica e disponibile, mentre ora... era una serpe. Luna continuava a dirmi che era gelosia, e mi intimava di stare calma e di non perdere il controllo, come se sapesse che se avessi voluto avrei potuto uccidere la nostra compagna di stanza. Non so nemmeno il perché era tanto arrabbiata, dato che Damon e io ci salutavamo a malapena.
Senza nemmeno accorgermene mi ritrovai nell'enorme giardino dell'Accademia. Le panchine bianche riflettevano fiere la luce del sole. Mi sedetti su una di esse e chiusi gli occhi respirando profondamente. I caldi raggi del sole accarezzavano la mia pelle, forse facendola anche arrossare. Ma questo era forse qualcosa a cui avrei dovuto dedicare più tempo invece che pochi secondi.
«Anche tu qui?»
Mi girai verso Damon che si era seduto comodamente di fianco a me. Mi venne un colpo al cuore. No ragazze, non quello che immaginate voi. Un dolore vero, come di tanti stiletti che mi puntellavano. Qualcosa scattò in me e un frammento della adolescenza (che non ricordavo di avere) mi balenò davanti.
"Le fronde di un vecchio salice oscillavano dolcemente, per accarezzare di tanto in tanto il mio volto cadaverico. Avevo voglia di una passeggiata mattiniera. E proprio quel giorno decisi di andare a quel salice, nel Regno dei Demoni Bianchi.
«Principessa! Quale onore è rincontrarvi nel mio Regno?» chiese Alex, avvicinandosi a passi lenti e misurati. Io mi alzai, con un sorriso sincero sulle labbra.
«Ringraziate le magnifiche coincidenze, Maestà! La mia voglia mattutina di una lunga passeggiata mi ha portata fin qui dove il sole batte sereno e il vento porta buon auspicio» spiegai con un inchino elaborato e sfacciato.
«Sarete sorpresa di sapere che abbiamo entrambi avuto la stessa idea, di solito le mie passeggiate mattutine sono costantemente vigilate dalle guardie di mio padre, ma quest'oggi sono fuggito al loro sguardo, per arrivare fin qui, dove ho udito il vostro canticchiare e ho visto i suoi inconfondibili vestiti adatti più ad un uomo che ad una giovane donna di alto rango» disse il principe Damon Alexander De Veillier, prolungandosi in un attendibile monologo.
«È forse un'abitudine di voi Demoni Bianchi questa bizzarra voglia di una passeggiata al cantar del gallo, o una vostra idea?» chiesi allora, curiosa. Mentre iniziavano a camminare tra gli alberi verdi, a braccetto.
«Un'abitudine tutta mia, principessa» rispose con un sorriso indimenticabile. Improvvisamente, però, le immagini divennero sbiadite e poi ritornai al presente, come se nulla fosse."
«Già, sono molto mattiniera... tu piuttosto, pensavo che solo tuo fratello si svegliasse così presto per fare una passeggiata» commentai, senza nemmeno rendermene conto, per poi dimenticare il ricordo. Cosa che mi infastidì molto. Lui si girò di scatto. Feci una smorfia di disappunto. Cavolo! Me lo sono sempre ripetuta di parlare troppo. Un vizio insopportabile...
«Tu sai troppe cose su mio fratello, e questo è alquanto curioso. Ma tu come al solito mi dirai che io scoprirò tutto poi ma questo poi non arriverà mai, penso io» disse scuotendo la testa e continuando a fissare quel groviglio di rose rosse davanti a noi.
Sospirai senza sapere che dire. Lui chiuse gli occhi e ai girò verso il sole.
«Dobbiamo andare a lezione» commentò alzandosi. Lo imitai fissandolo. Anche lui prese a fissarmi. Solo la campanella ci risvegliò dal nostro stato di shock.
«Maledizione!» dissi prendendo a correre. Damon cercò di starmi dietro ma gli venne più difficile a causa della mia natura.
Arrivai in classe in ritardo di qualche minuto, ma dato che, come prima avevo accennato, per iniziare la giornata avevo la professoressa di Storia del Mondo dei Demoni, era come se fossi arrivata in ritardo di un'ora.
«Bella! Come al solito in ritardo!» sbraitò la prof. Cercai di non ucciderla all'istante e restai con lo sguardo abbassato. Da finta dispiaciuta.
«Adesso come punizione mi dirai le caratteristiche dei Demoni Neri rispetto a noi, dovresti saperlo visto che l'ho dato da studiare proprio ieri per oggi...» concluse con un sorrisetto da idiota.
Solo una scusa, tanto me lo avrebbe fatto lo stesso... e comunque... grazie per la domanda, la stupirò... Pensai con un ghigno stampato in faccia, che incuriosì alcuni sei presenti.
Andai al mio posto e conficcai i miei occhi in quelli della professoressa che invece sorrise ancora di più, sicura di avermi in pugno.
«Ma certo, per cominciare i Demoni Neri hanno alcune qualità migliori delle nostre, come per esempio la vista, l'udito, la velocità e per alcuni la forza e sono i più abili spadaccini dei Mondi, hanno le ali solo nere e la maggior parte di loro domina l'ombra. Mentre i Demoni Bianchi sono molto specializzati con il tiro con l'arco, il tiro con il giavellotto e con uno strumento di loro invenzione chiamato "Stordimus cantorum" loro ci soffiano dentro e dal buco esce un suono assordante che per le orecchie sensibili dei Demoni Neri è insopportabile e i più deboli muoiono in preda agli spasmi, hanno le ali nere e di un colore che rappresenta il loro potere. Per di più i nostri scienziati sono molto più avanti dei demoni neri nel realizzare nuove medicine e nello sviluppo della civiltà» dissi con calma godendo lo spettacolo della professoressa che pian piano socchiudeva la bocca, sorpresa.
«P-puoi sederti» disse con un soffio di voce. Sorrisi furba mettendomi comoda sulla sedia. Molti mormorii si erano alzati dai compagni dietro di me. Me ne infischiai, ero già troppo arrabbiata con Ethan e Damon per occuparmi anche dei chiacchiericci dei miei compagni...
«Ragazzi oggi impareremo come riconoscere un Demone Nero» annunciò la professoressa sorridendo e facendo spuntare le sue guanciotte arrossate. Erano la cosa più carina (forse l'unica) che mi piaceva di lei. Sì, l'unica. Ora che ci penso...
Quando fece quel l'annuncio io mi irrigidii. Perché tutto contro di me? Non potevo avere una vita normale almeno per un giorno o due di seguito??? Credo che sarebbe stato impossibile a quell'epoca.
«Allora, per iniziare vi dirò che i Demoni Neri non sono più forti di noi, possiamo batterli, noi abbiamo molti poteri diversi e per la maggioranza collegati alla natura, mentre loro hanno solo l'ombra come ha già detto Bella» prese un bel respiro dicendo il mio nome. No, non gli stavo proprio simpatica...
«Noi oggi concentreremo sulla famiglia reale.» disse prendendo un gessetto e scrivendo a grandi lettere "FAMIGLIA REALE".
Di male in peggio... pensai allora io.
«Vedremo come si può ucciderli, perché sono i demoni più forti dei Mondi, dopo, ovviamente il nostro re» la professoressa cambiò subito la frase aggiungendo quei convenevoli assolutamente inutili. Lo dico perché ero e sono io la più forte... (Okay, sono un po' vanitosa, ma non ci posso fare niente).
«Per uccidere la famiglia reale bisogna avere la spada Nera, cioè quella della principessa dei Demoni Neri, la quale è scomparsa secoli fa e quando è stata ritrovata, i nostri studiosi hanno deciso di renderla una qualunque arma, mettendola assieme a quelle dell'Accademia» quando la professoressa disse quelle cose mi irrigidii istantaneamente ancor più di prima. Tutti mi stavano fissando. E la professoressa si era fermata.
«Bella, hai qualcosa da dire al riguardo?» chiese con un sopracciglio alzato. Solo in quel momento mi accorsi di essere saltata in piedi.
«N-no... Scusi, avevo... visto un ragno!» borbottai, inventando la prima scusa che mi venne in mente. Alcuni miei compagni si misero a ridere e non posso evitare di dire che le mie gote si erano infiammate, così come il desiderio si ucciderli tutti. La professoressa mi guardò molto male, poi continuò la lezione e io mi rimisi seduta.
«La spada Nera è solo uno degli strumenti per uccidere quella fantomatica famiglia di pazzi» strinsi i pugni «il resto delle armi sono quasi tutte sparse per il mondo - indovinate di chi era stata l'idea...- e senza molto potere, anzi siamo sicuri che l'abbiano perso perché sennò li avremmo recuperati... Sono tutti dispersi a parte il Pugnale di Giada, ma sfortunatamente ed anche fortunatamente, quello è diventato un antidoto molto prezioso, un solo graffio e ti sparisce la maledizione o il sigillo che ti è stato inflitto. Ma questo solo per i Demoni Bianchi. Per i demoni neri, per avere un effetto simile c'è bisogno di una pugnalata. Cosa che aicuramente li farebbe morire. Perciò è inutile che provino a prenderlo» continuò la professoressa. Andò avanti su spiegazioni dettagliate per tutte e due le ore, poi finalmente potemmo alzarci. Ero sfinita. Completamente. Appena vidi un posto tranquillo mi ci sedetti. Respirai profondamente finché un dolore attanagliante non mi riscosse facendomi portare gli occhi sulla gamba e sul sangue.
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