5. L'Accademia-parte 3
[Revisionato]
Finalmente arrivò la sera. Mi ero messa un pigiama con i pantaloni azzurri e la maglietta nera. Le mie amiche stavano già dormendo, ma io non ci riuscivo. Troppi pensieri mi riempivano la testa rischiando di farla esplodere. E soprattutto non potevo dormire con Ethan in circolazione.
Sapevo quanto fosse bravo a fare casini senza che nessuno lo scoprisse.
Una volta mi trovavo in Inghilterra, nel 1723, stavo passeggiando con un Lord molto importante, quando un vecchio mercante si fermò davanti a noi. Il poveraccio aveva pochi cenci addosso e tre monete in mano che mi agitava davanti agli occhi.
Disse di aver visto un ragazzo dagli occhi rossi e che gli aveva dato quelle tre monete intrise di sangue.
Subito ho pensato fosse pazzo, ma poi lo vidi anche io.
Un paio di occhi rossi e assetati di sangue fuori dalla mia finestra, e nella mano di questo Demone la testa del vecchio. Solo quando riuscii a scorgere anche i capelli biondi di Ethan lo riconobbi.
Da quel momento capii che non c'era più nulla da fare per il povero figlio del conte.
Quella sera, in Accademia, avevo paura, tremavo a ogni fruscio, mi gira o e rigiravo, stringevo l'elsa della mia spada, trasformata in pugnale, come se potesse darmi un po' di pace.
Poi vidi le mie compagne di stanza. Magari le avrei messe in pericolo stando qui. Magari avrei messo in pericolo tutti.
Ero una ricercata. Non avrebbero mai smesso di darmi la caccia. Scappa o da troppo tempo e qualcosa mi diceva di smetrerla. Qualcosa, in quel vicolo, mi aveva detto BASTA, e io, l'avevo ascoltata.
Finalmente mi addormentai.
Non sentii nessun rumore, nessuno scricchiolio. Stavo dormendo beata.
Sentii qualcosa accarezzarmi il braccio e poi scendere sempre più giù. Mi mossi sotto le coperte, ma non mi svegliai. Stavolta la mano mi scostò i capelli dalla faccia mettendoli dietro il mio orecchio.
Una strana sensazione s'insinuò nella mia mente. Una strana imponenza. Non riuscivo a muovermi, era più forte di me. Era come se fossi legata, ma non sentivo corde né catene. La mia mente era nel panico e per questo stupido errore, non riuscii a riconoscere una banale magia facilmente contrastabile.
«Quanto sei bella...» sussurrò una voce al mio orecchio. Avrei voluto alzarmi. Avrei voluto fare qualcosa. Avevo riconosciuto quella voce, ovviamente. Chi se non Ethan? Eppure sembrava triste, non malizioso, non un pazzo. Solo triste e rammaricato. C'erto, abbastanza ambiguo lanciarmi un incantesimo di immobilizzazione nel sonno, ma... non sembrava farlo con cattiveria. Perché lo sto difendendo?, mi chiesi ovviamente.
Le sue mani calde mi sfiorarono ancora. Doveva smetterla. Dovevo fermarlo. Ancora non sapevo cosa fosse ciò che mi aveva fatto, ma in qualche modo (nemmeno io so ancora adesso come) riuscii a svegliarmi. Sentii un grande dolore alle braccia e al petto, poi si concentrò tutto sulla testa. Non appena aprii gli occhi vidi Ethan sobbalzare, confuso da questa mia improvvisa mossa. Cercai di approfittarne, ma non feci in tempo a urlare o a muovermi che avevo la bocca tappata e, un braccio era bloccata da una mano, mentre l'altro col gomito del mio aggressore.
Ethan era a pochi centimetri da me. Cercai di dimenarmi, ma non riuscii a spostarlo nemmeno di un millimetro. Il Demone sorrise malignamente. Non capivo cosa mi stesse succedendo. Un giorno sapevo di essere il demone più forte del mondo e il giorno dopo venivo sopraffatta dal ragazzo che sono riuscita a sconfiggere per anni.
Dopo millenni c'erano ancora tante cose che non capivo.
«Devo farlo, Bella. Questo è il mio compito...» sussurrò ancora mettendosi a cavalcioni su di me. Mi agitai ancora di più dopo questa affermazione, ma lui non cedeva. Iniziò a trafficare con le maniche del suo braccio sinistro, senza alzare lo sguardo su di me. Non voleva. Non ce la faceva.
«Promettimi di non urlare, o le tue compagne ci rimetteranno un arto, o la vita» mi minacciò. Lo guardai con le lacrime agli occhi, poi annuii distogliendo lo sguardo. Non ero mai stata così debole in tutta la mia vita. Per tutto quel tempo, dopo essere fuggita avevo solo cercato di essere buona, di fare buone azioni, di aiutare le persone. Tutto il contrario di ciò che mi avevano insegnato al castello, di ciò che mi aveva fatto vedere mio padre. avevo sempre cercato di fare la scelta giusta: e ora? Come vengo ripagata per queste fatiche? Tutto quello che avevo fatto lo distruggerò con questa guerra? Perché? Perché deve andare così?
Mi staccò lentamente la mano dalla bocca, stando pronto a scattare per ritapparmela. Sospirai e repressi i singhiozzi. Avevo voglia di piangere e di lasciarmi andare per una volta in tutto questo tempo.
«Perché non mi lasci stare... perché non mi lasciate stare... non vi servo a niente...» dissi con un groppo in gola. Il ragazzo chiuse gli occhi e cercò di assumere un tono cattivo.
«La guerra non si vince con uno schiocco delle dita... la libertà non si acquista al supermercato» si avvicinò sempre di più alla mia bocca. La sua voce sembrava più rammaricata che minacciosa, ma fece comunque paura. Se avevano ridotto lui così, cosa succederà a tutto il resto del Regno? Del Mondo Parallelo? Cominciai a tremare come una foglia in inverno. Mi baciò il lato della bocca, poi cominciò a scendere lentamente. Baci pieni di odio, rancore, possesso, ma forse, passione e amore.
Mi baciò il collo tre volte, ma non volle fermarsi. Andò ancora più giù lasciando la scia dei suoi baci rossi sulla mia pelle bianca. Fece per alzarmi la maglietta, ma quella volta non riuscii a trattenermi.
«Lasciami stare!» strillai come una matta. Lo schiaffo arrivò improvviso. Un freddo schiaffo che mi provocò brividi di terrore dappertutto. Trattenni ancora le lacrime, anche se iniziai a respirare male, come se l'ossigeno stesse per finire. Le mani di Ethan si stringevano attorno al mio pallido collo, lo stritolavano, come un boa prima di addentare le sue prede.
«Ti prego, Ethan...» sussurrai in preda alla disperazione.
La presa al collo allentò solo quando sentimmo dei passi veloci in corridoio. Ethan li ignorò e si avvicinò ancora.
«Ho un compito troppo importante per farlo finire in questo modo...» detto questo mi staccò una piuma bianca dalle ali. Urlai di dolore, o forse non urlai per questo. I suoi occhi rossi trafiggevano la mia pelle solo con lo sguardo. Mi sentivo vulnerabile e sapevo che sarebbe successo qualcosa di grave quella notte, sapevo che le cose si sarebbero complicate più di quanto non lo fossero già.
Ethan prese una sua piuma e la staccò, poi intrise le sue dita del mio e del suo sangue e mi fece un segno sul polso, uguale a quello che si fece lui. Urlai ancora: mi sentivo le vene esplodere, assieme a tanti aghi appuntiti e acuminati che mi trafiggevano la pelle. La porta si spalancò di colpo. Il ragazzo che un tempo ritenevo il mio migliore amico, si girò di scatto, poi sparì in una nube nera. Le sue forze erano aumentate. Non riuscivo nemmeno io (o, per meglio dire, non ci avevo più provato) a fare una magia del genere dai tempi dell'Illuminismo.
Improvvisamente la porta si aprì, ma io non volli accorgermene. Fissavo il bianco intonaco della stanza, ancora scombussolata, con la bocca socchiusa a simulare un urlo. Le braccia aperte e ancora il simbolo scritto con il sangue sul polso. Il mio respiro si era velocizzato e non riuscivo a placarlo. C'era qualcosa che non andava.
La paura mi stava consumando, ma soprattutto: Ethan aveva raggiunto il suo scopo? Dov'erano Helena e Luna? Che fine avevano fatto? Avevo urlato e loro non si erano svegliate! Sicuramente quel cretino gli aveva fatto un qualche incantesimo.
«Bella!» Damon cercò di non urlare troppo per non svegliare ulteriori studenti dell'accademia. Mi sdraiai su un lato e avvolsi il mio esile corpo con le ali, decisa a non fargli vedere nulla. Cercai di cancellare quello stupido simbolo e fortunatamente era solo sangue. Damon corse verso di me chiudendosi dietro la porta.
«Hey... stai bene? Cos'è successo? Ti abbiamo sentita urlare... ho... ho detto a tutti che ti succedeva di frequente ma... Bella? Possiamo parlare?» disse freneticamente. Riconobbi il buon gesto, ma mi riconobbi anche che non potevo svelargli nulla. Dopotutto era il Principe dei Demoni Bianchi!
Uscii allo scoperto incerta, non sapendo se fingere che andasse tutto bene o dire la verità rivelandogli della mia paura in termini molto poco precisi. Mi girai verso di lui a sguardo basso. Sentii la sua mano sfiorarmi la guancia e allora lo guardai. Mi mancò il fiato. Le immagini del mio adorato Damon si susseguirono nei miei occhi e non potei fare altro che chiuderli nuovamente, strizzarli per bene, cercando di far cadere quei ricordi che continuavano a condizionare le mie scelte.
Come quella che presi proprio in quel momento. Lo abbracciai. Lo abbracciai forte, lo strinsi a me con quanta forza avevo in corpo. È come abbracciare lui, mi dissi, ma la realtà era ben diversa. Era come abbracciare un fantasma, come accarezzare un cadavere, come fondarsi verso dei ricordi sbiaditi che portavano a fondo.
Stavo andando a fondo. E, sinceramente non volevo risalire.
«Tranquilla...» mi baciò la fronte, e io mi immaginai lui, la sua voce, forse un po' più calante e dal tono saggio che mi sussurrava quelle parole dolci, mi immaginai tra le sua braccia e allora lo strinsi ancora più forte e affondai ancora di più il mio volto nel suo petto. Perché avrei desiderato fosse lui.
Fu uno dei più grandi errori della mia intera vita. Chissà se in quel momento, Damon De Veiller intese quell'abbraccio come qualcosa di più profondo di una grande amicizia, forse troppo affrettata, forse dettata dallo sconosciuto e cieco amore di una persona che pensavo di conoscere a malapena come Damon Alexander De Veillier.
Damon mi distese sul letto con delicatezza, mi osservò bene, soffermandosi su quegli stampi rossi che mi finivano a inizio seno. Me li toccò rosso di rabbia, mentre io già iniziavo ad inventarmi una scusa per non dirgli di Ethan, per non rivelargli tutto, per non farmi odiare, per non lasciarlo andare via.
«Chi ti ha fatto questo?» ringhiò arrabbiato. Lo guardai con una punta di stupore, poi aprii la bocca per parlare, ma ne uscì un urlo soffocato. Nel mio braccio si stavano delineando delle lettere.
Zitta. La prima parola. Damon non si accorse di nulla e io mi affrettai a nasconderlo tra le lenzuola.
Non dire niente o finirai male.
Mi girai di scatto cercando la fonte della voce, ma riuscii a vedere solo la luce della luna che filtrava dalla piccola finestra della stanza.
Il sangue colava dalla ferita e cadeva sul bianco letto, macchiando il povero lenzuolo.
«Cosa sta succedendo, Bella? Devi spiegarmelo, per favore... non ci sto capendo più niente...» disse Damon tra i miei capelli. Si capiva che era spaesato, ma non potevo dirgli niente. Io non sapevo nemmeno il perché. Insomma, se avessi detto tutto, Ethan sarebbe andato in prigione, o comunque lontano da me. Certo non gli avrei detto tutto tutto ma...
Non pensarci nemmeno.
Ancora la voce di Ethan che girava all'interno della stanza. Ma Damon sembrava non accorgersene. Lui non sentiva. Mandai a rassegna tutti gli incantesimi che conoscevo, tutte le maledizioni, ma... non trovai nulla. Era un nuovo repertorio, e io non sapevo gestirlo.
Mi allontanai un po' dal principe continuando a guardarlo negli occhi.
«Scoprirai tutto da solo» sussurrai. Dalla sua faccia, penso che rimase alquanto deluso. poi fece per andarsene. Non so con quale forza di volontà riuscii a prendergli il braccio.
«Ti va di... insomma, puoi restare con me?» dissi tutto d'un fiato, sorpresa di me stessa. Damon si girò sorpreso. Io mi spostai mettendomi stretta in un angolo del letto per incitarlo a venire da me, come se la sua presenza fosse essenziale, lui, insomma, la sua figura e chi mi ricordava. Come se volessi fargli capire che per lui c'è posto nella mia vita quando... forse l'unica persona che desideravo è morta tanto tempo fa.
Lui sorrise, andò verso la porta e la chiuse, poi tornò da me e si distese abbracciandomi con aria protettiva.
«Helena e Luna?» sussurrò, anche lui notando solo dopo il loro stato dormiente.
«Stanno dormendo... credo che chiunque sia entrato le abbia somministrato qualcosa» sussurrai poco prima di prendere sonno.
Ero sfinita. Tutta quell'agitazione, quella paura, quel senso di impotenza che mi aveva dato l'incontro con Ethan quella notte era indescrivibile. Ero stata fragile. E non sapevo perché.
Damon invece mi diede sicurezza per tutta la notte, finché non fu costretto ad andare via.
...
Avevo ancora le lacrime agli occhi per quello che era successo quella notte, anche se rincuorandomi pensando alle braccia forti di Damon stringermi in un abbraccio caloroso.
Tirai su col naso e cercai di svegliare Helena e Luna. Odiavo il fatto che Ethan avesse pianificato tutto questo in modo spettacolare rendendomi pure partecipe ad un non so quale rito. Dovevo scoprire anche come aveva fatto a superarmi di forza. Ancora non riuscivo a spiegarmi nulla. Guardavo e riguardavo ormai la scritta sul braccio ancora imbrattato dal sangue. Zitta. Forse aveva trovato una strana formula per farlo. O centrava con il rito e il simbolo di sangue che avevo sul polso.
Non ne avevo idea.
Le mie due compagne di stanza non si mossero. Con il fiato in gola andai a toccare il loro collo per vedere se c'era il battito cardiaco. Tirai un sospiro di sollievo quando realizzai che stavano semplicemente dormendo.
Le scossi, ma ancora una volta non si svegliarono. Ethan aveva usato una magia molto potente.
«Sono più forte...» dissi stringendo i pugni. La forza fisica di Ethan non vuol dire che la magia fosse aumentata. Probabilmente ero solo spaventata il giorno prima. Mi concentrai tendendo le mani in avanti chiudendo gli occhi, dalle mie dita partì del fumo nero che circondò le mie due amiche. Non mi ricordavo di aver mai fatto quello sciogli incantesimo. Si vedeva che era molto potente e sicuramente non da Demone Bianco. Ma nemmeno da Demone Nero. Dovete sapere che i Demoni Neri potevano fare solo magie di attacco. Crudeli. Per torturare o uccidere. Di solito per avere una magia di guarigione ci volevano almeno tre o quattro demoni. Non era facile per noi in guerra. Perciò ci siamo evoluti con le medicine. Mentre i Demoni Bianchi erano molto più specializzati nel guarire e i loro poteri di attacco erano quelli dipinti sulle ali. Di solito era raro avere un Demone Bianco della Luce che non fosse Reale. Helena, per esempio, era un caso raro. Il potere della Luce era come avere il possesso di tutti e quattro gli elementi. Riuscivi a controllare la natura, anche se con un po' di difficoltà e si era molto più esperto di altri, forse con la manualità negli incantesimi, o forse semplicemente nel parlare latino, la lingua delle formule. Io, forse grazie alla linfa di Damon Alexander, riuscivo a controllare tutto. Anche se usavo lo stesso delle formule, che recitavo velocemente nella mia testa. Di solito focalizzavo meglio così.
Aprii gli occhi di scatto. Erano completamente neri. Sembravano fumo, come quello che mi usciva dalle dita. Era impressionante quanta potenza riuscivo a canalizzare.
«Surge qui dormis famam propter obscuritatem!» dissi con un tono di voce un po' altino. La mia voce vibrava possente, candida e sicura.
Helena e Luna sbatterono le palpebre più e più volte. Io mi rimisi a posto, chiudendo gli occhi e i pugni.
«Ragazze! Siete in ritardo!» dissi, guardandole con occhi sgranati. Loro due balzarono dal letto e corsero a vestirsi. Luna mi lanciò un'occhiata, guardandomi dall'alto al basso, come per controllare che stessi bene. Allora nascosi il braccio sorridendole. La ragazza ricambiò, anche se insicura, per poi andarsene in bagno. Trassi un sospiro di sollievo. Dovevo stare più attenta.
Appena tornarono presi la spada e uscii seguita da quelle due. Arrivammo a lezione cinque minuti in ritardo, ma nessuno se ne accorse per fortuna.
«Oggi faremo lo stesso esercizio di ieri in preparazione del torneo della settimana prossima!» urlò la professoressa per farci zittire. Cercai Damon con lo sguardo e lo trovai che cercava di raggiungermi.
«Però cambieremo le coppie!» aggiunse la Swan. Mi immobilizzai.
«Valery con Gerard, Bella con... Ethan» anche la professoressa si fermò per qualche istante e mi guardò. Ero rimasta pietrificata. Come aveva potuto la professoressa metterci insieme? Anzi, forse non era nemmeno stata lei. Mi guardavo intorno a scatti, finché Ethan non mi venne davanti.
Damon mi raggiunse e mi strinse la spalla. Cercai di riscuotermi, ma sinceramente mi era difficilissimo. Il ragazzo biondo mi guardava con un ghigno.
«Andate a posizionarvi!» disse la Swan. Io, invece che andare ai tappetini mi diressi verso la prof. Mi guardò con sufficienza, anzi, cercò di evitare il mio sguardo.
«Cosa significa?» sibilai al colmo dell'ira. La prof continuò a non guardarmi, ma vedevo anche in lei la preoccupazione salire negli occhi. «Io non posso stare in coppia con lui! Come le è venuto in mente!» dissi ancora. Stavolta gli occhi gelidi della professoressa si piantarono sui miei.
«Non rivolgerti a me in questo modo. Sono la tua professoressa e tu una semplice studentessa» disse allargando gli occhi già resi giganteschi da due chili di matita nera. «Se vuoi sembrare normale devi batterti con chi dico io senza ribattere, già qualcuno si è ribellato e non credo che morire qui ti giovi molto» continuò vedendo che non mi muovevo. Strinsi i pugni e mi diressi da Ethan che si esercitava mandando fendenti tagliando l'aria.
Presi la mia spada e mi misi in posizione.
«Non una sola parola, combatti e basta» dissi risoluta prima che lui potesse aprire la bocca. Alzò le mani in segno di resa e prese la spada.
«Ti dico solo che colerà sangue» mormorò così che solo io potessi sentirlo. Mi scagliai contro di lui con rabbia. Non fece niente. Rimase fermo. Ne approfittai, gli ferii il braccio formando una lunga linea che partiva dall'avambraccio e arrivava al polso.
Urlai. Nello stesso punto in cui l'avevo ferito, nel mio braccio c'era lo stesso segno. Guardai Ethan con disgusto. Solo in quel momento capii il rito che aveva compiuto. Ci aveva collegati. Se lui si faceva male io mi facevo male e viceversa. Guardai l'altro braccio e scorsi la stessa parola che c'era sul mio. Zitta.
Damon arrivò come un angelo celeste, lasciando Helena, cioè la sua compagna a guardarmi rossa, non so se dalla rabbia o dall'invidia.
«Cos'è successo!» urlò rivolto verso Ethan. Il Demone Nero alzò le spalle e se ne andò, diretto non voglio sapere dove.
Sentii il sangue colare e cadere sul tappetino e solo in quel momento capii il significato della frase che aveva detto prima.
«Damon! Noi due non abbiamo finito!» strilla Helena facendo roteare la spada che per poco le volava dalle mani e tranciava la testa a qualcuno.
«Invece credo proprio di sì» ribatte calmo Damon prendendomi il barccio per esaminarlo. Io lo guardavo con la bocca socchiusa. Gli occhi scuri brillavano in una maniera diversa da quelli di Damon Alexander. Forse erano più spenti.
Distolsi lo sguardo. Non pensarci, Bella... Non pensarci.
Helena strinse i pugni, poi corse via cercando di non urlare dalla frustrazione.
«Come ha fatto a beccarti così di striscio...» mormorò incredulo portandomi in infermeria. Non dissi niente, perché come avevo detto la sera prima avrebbe scoperto tutto a tempo debito. Sicuramente era confuso dato che ieri ero perfino riuscita a batterlo senza un graffio.
«Ce la fai a muovere il braccio?» chiese allontanandosi giusto un po' da me.
Annuii e poi ci provai. Faceva ancora male, ma non era grave, poche ore e si sarebbe rimarginato, altre ore e il sangue sarebbe tornato al suo posto.
«È stato lui questa notte?» chiese di punto in bianco Damon. Mi irrigidii.
«No, non credo... non lo so..era buio...» balbettai.
«Avrai visto qualcosa! Voglio solo aiutarti!» esclamò Damon. Srmbrava esasperato.
«Non ne voglio parlare, Damon» risposi secca, cercando di sviare il discorso.
«Okay, ma io sto solo cercando di aiutarti, e non capisco perché non mi vuoi dire niente!» sbotta il ragazzo. Saltai in aria. Mi lasciò il braccio facendomi gemere e se ne andò sbattendosi dietro la porta dell'infermieria.
Rimasi secondi interi a sperare che avrebbe riaperta. Ma non successe. Rimase chiusa.
Improvvisamente sentii un groppo in gola. Fu come perdere Da non per due volte. Era un per sempre quello? Era come uno stupido scherzo del fato che voleva farmi capire che era finita? Che non potevo fare più niente?
«Ah... è così difficile stare con un Demone Bianco quando tu sei l'opposto...» Ethan era alle mie spalle. Come poteva sempre averla vinta? Tutto questo l'ha pianificato lui e non voglio immaginare quanto ci abbia impiegato.
Mi alzai di scatto e indietreggiai, non doveva toccarmi. Non volevo che mi legasse a lui in qualche altro modo. Lui non si mosse né disse niente, restò a fissarmi, osservando ogni centimetro del mio corpo.
«Devi lasciarmi stare, Ethan» dissi risoluta. Sapevo quale sarebbe stata la sua risposta. Perché lui aveva capito che io sapevo del fatto che eravamo collegati. Non potevo sopportare una cosa del genere. Lui sorrise ancora di più.
«Ma come faremo ora che siamo collegati?» disse infatti con aria innocente.
«Perciò è questo il tuo piano?» chiesi allargando le braccia, come a indicare tutto ciò che avevo attorno.
Era tutta colpa sua.
«Il loro, il nostro piano. È stato tutto progettato. E tu non puoi sfuggirci, Bella disse, ma stavolta aveva un tono atono e senza emozioni.
«Perchè lo stai facendo, Ethan? So che puoi respingerli! C'è qualcosa di buono in te! Ti puoi salvare! Posso aiutarti!» esclamai. Mi avvicinai, speranzosa. Ma lui sembrò quasi schifato.
«Sei solo un'illusa. Una stupida bambina illusa che pensa ancora che possa esserci la pace...» scosse la testa, poi continuò a parlare «... quando proprio lei è la chiave per la guerra.»
Scossi la testa. Allibita. E io che volevo aiutarlo.
-Non saremo mai collegati veramente, Ethan perché io. Ti. Odio- dissi scandendo bene quelle parole. Ethan strinse i pugni, poi prese un pugnale e se lo ficcò nella gamba. Urlammo entrambi. Faceva male. Tanto. Mi guardai la coscia e vidi tanto sangue spandersi sui pantaloni.
«Adesso vedi? Senti il dolore che provi? Bene. Lo proveremo insieme. Sempre. Se qualcuno cerca di uccidermi ucciderà anche te, se qualcuno uccide te ucciderà me» continuò. La sua ferita si era rimarginata completamente, mentre nella mia continuava a colare sangue. Non capivo ancora il perché e il per come.
«Dovresti bere il Regeneras Sanguine, sai, il sangue di Demone Bianco ha un buon effetto su di noi...» commentò guardandomi. Ora ricordavo tutto. Una nuova innovazione degli scienziati di mio padre, qualche anno prima della mia partenza. Strinsi i denti e cercai di alzarmi, ma la gamba faceva troppo male. Caddi a terra di nuovo, straziata dal dolore, stringendo i denti quasi a romperli.
Ethan sbuffò e prese una fiala dalla sua tasca. Dentro un liquido rosso. Sangue di Demone Bianco. Lo riconoscevo solo dall'odore, anche se era ancora dentro la fiala. Sentii quasi un desiderio in me che cercai di reprimere. Ma la fame era troppo forte e non vedevo quel liquido invitante da decenni.
Il ragazzo mi prese la mandibola tra le mani e mi aprì la bocca con forza, Mi dimenai, cercai di spostarlo, ma era più forte di me. Ancora.
Cedetti, perché avevo il desiderio di assaggiare nuovanente quel sangue, di guarire velocemente di essere al 100%. Quella brama nascosta che con vergogna avevo sempre cercato di nascondere, si rivelò a galla.
Quando mi lasciò caddi a terra, in preda agli spasmi. Anche la prima volta successe questo, forse anche peggio.
«Da quant'è che non lo bevi?» mi chiese Ethan inginocchiandosi sui talloni.
«Dall'ultima volta che ci siamo visti...» sibilai con rabbia. Lui si alzò con una smorfia di stupore e disgusto in faccia.
«D'ora in poi bevila, te lo consiglio, ti servirà» disse Ethan velocemente, quasi con paura che qualcuno potesse sentirlo, avvertii del rammarico e questo non fece altro che accrescere il pensiero che per lui c'era ancora un po' di speranza. Se ne andò.
Mi alzai senza dire nulla e mi appoggiai al muro respirando profondamente.
Ha ragione... d'ora in poi devo berlo... mi servirà veramente...
Pensai. Abbassai lo sguardo. Alcune gocce si sangue erano cadute sul pavimento. Me ne infischiai e uscii dalla porta per dirigermi in camera mia.
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SPAZIO AUTRICE:
Fatemi sapere cose ne pensate!
Siate stellinosi e commentosi❤
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