47. Viaggio-parte 5
La pantera ci ringhiava contro, coninuando a girarci intorno imperterrita, mentre noi eravamo impietriti sul posto.
Guardai in alto. No. Troppi alberi per poter volare e la pantera ci avrebbe raggiunti balzando sui tronchi.
Potevamo solo combattere. La pantera era una, noi due, avevamo la meglio.
Sfoderai la mia spada che rifletté i pochi raggi di sole che ci raggiungevano attraverso quell'intrico di foglie verdi scarlatto.
Alex mi imitò, sicuro di ciò che stava facendo, ma prese una pistola. Guardai anche io la mia spada. Era la prima volta che la trasfiguravo. Grazie alle nuove magie dell'Accademia poteva diventare qualsiasi arma desideravo.
Mi immaginai un revolver nero e lucente e dopo un secondo, ecco che ce lo avevo in mano al posto della spada.
Provai a sparare alla pantera, ma quella si spostò velocemente evitando la pallottola. Alex si inginocchiò per evitare che venisse colpito da me e iniziò a sparare anche lui a raffica. Se lì davanti ci fosse stato un uomo al posto di una pantera sgangherata avrebbe già mille buchi sul petto. Se. Invece la pantera li evitava tutti.
Guardai preoccupata Alex. Cosa facciamo?, diceva continuamente il mio volto. Lui mi rispose lanciando un'altra pallottola, incerta, non precisa. Stava a significare un bel "non lo so" a mio parere.
Provai a lanciare una pallottola, seguivo con il revolver la pantera che si spostava, invece, ai colpi di Alex con grande agilità senza curarsi minimamente di me. Ad un tratto le pallottole di Alex smisero di turbare il leggero rumore del vento che soffiava nella foresta. Anche la pantera si fermò, continuando a fissare Alex. Sparai. La pantera si girò di scatto verso di me, sgranando gli occhi come un essere umano. Cercò di schivare, ma fu troppo lenta, la pallottola la beccò al fianco. Alex urlò alzandosi, mentre io lo guardai stranita. Avevo appena ucciso la pantera! L'animale che voleva ucciderci!
Alex corse dalla pantera e cercò di toglierle la pallottola dal ventre. Io ritrasformai il revolver nella mia spada e, sorpresa, andai dal ragazzo.
-Alex...- provai.
-È lo spirito di tua madre, maledizione! Mi ha detto che avevi una barriera imbattibile nella testa e quindi stava parlando con me- urlò infuriato girandosi. Divenni bianca. La pantera iniziò a schiarirsi e dal fumo che creava riuscii a distinguere la figura di mia madre. Quella voce... Era lei... Ecco perché mi era sembrata familiare... Mi scese una lacrima.
-Scusami...- sussurrai.
-Bella... Piccola mia... Non hai potuto farci nulla...- mormorò lei tendendo la mano verso di me. Cercò di accarezzarmi il capo, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu di oltrepassarmi. Ritirò di scatto la mano. -Bella... Dovete correre al castello... Damon è disperato, pensa tu sia morta, dovrete subito andare da lui e fare saltare la cerimonia. Helena non è degna del trono- esclamò ricomponendosi. -Sta attenta...- le parole divennero un bisbiglio mescolato, non si riusciva a capire molto, anzi niente.
-Mamma... Mamma!- urlai, ma lei era già svanita con un sorriso sulle labbra. Alex mi aveva fissato per tutto il tempo. Mi sentivo in colpa, tantissimo. Non riuscivo a darmi pace. Se solo non avessi sparato avremmo scoperto il seguito della frase, avremmo potuto avere mia madre al nostro fianco, ma ero stata stupidamente troppo avventata. Troppo.
-Andiamo, mia madre ha detto di sbrigarci- dissi decisa. Alex mi osservò ancora per pochi secondi, poi annuì e mi incitò a fare strada.
Ore in silenzio. Non spiccicammo parola. Il cuore mi si stringeva ad ogni passo che facevo, non riuscivo a resistere, dovevo parlargli dovevo chiedergli cosa aveva fatto in questi decenni, tutto. Lui mi lanciava qualche volta delle occhiate in obliquo, proprio quando io mi voltavo di scatto. Una situazione drastica. Decisamente drastica. Gli alberi iniziarono a diradarsi, mentre la collina iniziava a farsi vedere. Dopo quella avremmo potuto vedere il castello, la nostra salvezza.
-Siamo sulla collina- mormorai. Alex, a quella affermazione che avevo detto quasi come se fosse stato un sogno diventato realtà rispose con una smorfia.
-Non è niente, dobbiamo arrivare al castello, non alla collina- commentò acido. Mi fermai di botto.
-Piantala- dissi dura. Lui incrociò le braccia e si piazzò davanti a me.
-Come scusa?- chiese come se non avesse capito, cosa non vera.
-Hai capito benissimo. Piantala di essere duro con me. Smettila. Non ti ho fatto niente. Avrei potuto anche andarmene da sola senza di te da quel castello, avrei potuto andarmene, ma non l'ho fatto perché ti volevo bene... E ora cosa fai? Mi eviti? Cerchi di non parlarmi? Non si gioca col fuoco, Alexander- gli spiegai per "rinfrescargli la memoria".
-Dimmi... Chi sceglieresti tra me e Damon?- chiese duro. Sgranai gli occhi e socchiusi la bocca... No... Non poteva essere arrabbiato per quello... Non poteva essere geloso... Non poteva pensare che io preferissi Damon...
-Io... Nessuno dei due... Siete entrambi miei grandi amici... Non sceglierei mai tra di voi...- balbettai.
Un giorno dovrai farlo...
Zitta coscienza!
Ti sto solo dicendo la verità, prendi una decisione adesso. Ti servirà...
No, io devo avere tempo per scegliere... Non so nemmeno se sceglierò... Probabilmente morirò e ciao ciao alle mie scelte.
Alex annuì per niente convinto, poi cercò di foggiare un sorriso e mi incitò a camminare.
Un'altra ora passò, il sole era alto in cielo, ci faceva sudare ancora di più e ogni nostro passo diventava sempre più pesante. Arrivammo davanti ad una grotta a ci sedemmo dentro, a riparo dal sole, ma vicino all'uscita, magari c'era un animale e... sentimmo un ruggito.
Basta... Due bestie in una giornata no...
Ti do ragione stavolta...
Dovresti darmela sempre...
Mmmm... No, non credo...
Alex aveva preso la sua pistola, così come me che avevo trasformato la spada. Dagli alberi uscì una specie di yeti con il pelo bianco e un occhio solo azzurro con intorno pelle fucsia. Feci qualche passo indietro. Era davvero gigantesco.
Sarà stato alto tre metri e qualcosa. Alex e io ci guardammo intensamente con un segno di intesa e ci togliemmogli anelli. Le mie ali ancora del tutto nere mi delusero parecchio, ma non ci potevo fare niente.
Iniziò un combattimento cruento. Lui ci sbatteva contro gli alberi e le nostre ali erano ormai insanguinate e piene di graffi. Mi beccai anche una botta in testa a causa della quale rischiai di svenire. In compenso avevamo ferito gravemente lo yeti alla gamba e al braccio destro.
Era una battaglia senza fine, con le sue mani goffe riusciva a sbatterci ovunque e con tutto quel sangue che avevo perso non ero sicura di poter resistere ancora per molto...
Urlai battagliera scagliandomi contro di lui non più con la pistola ma con la spada. Gli tagliai l'intero avambraccio di netto. Il sangue mi schizzò tutta. Era rosa chiaro e bruciava a contatto con la mia pelle. Urlai di dolore cercando di togliermelo di dosso. Lo yeti urlò cadendo a terra, ma prima di svenire riuscì a prenderci per le braccia e cadere con lui facendomi sbattere di nuovo la testa. Non vidi più niente se non rosso. Sangue...
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